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Autore: Elizabeth_Keats    24/08/2008    2 recensioni
La vera storia di cosa successe alla Compagnia dell'Anello e ai suoi derivati... Premettendo che non tutto il merito va ai soliti noti, soprattutto quando c'è di mezzo un orsachiotto che darà del filo da torcere ai nostri eroi... P.S.:sentitissime scuse alla memoria del grande John Ronald Reuel Tolkien; che non si offenda troppo per la storpiatura della sua illustrissima opera. P.P.S:sono gratite le recensioni
Genere: Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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html cap6 il signore degli orsetti

6.  Su e giù per la Terra di Mezzo (ovvero: cosa successe mentre…)

 

 

Buck non seppe bene quanto tempo passò in quello stato di trance, ma aveva la netta sensazione che fosse stato un periodo lunghissimo, quasi quanto un coma. Ogni tanto, tra la nebbia soffocante che tentava di espugnare la sua mente, si rendeva vagamente conto del continuo passare del tempo, ma sapeva di non poter fare assolutamente nulla per fermarlo. D’altronde svegliarsi era troppo difficile e gli pervenivano solo poche e sfocate immagini, simili a cartoline, dal mondo reale, che seguitava a scorrere, mentre lui vagava nel limbo. Buck, in quella strana specie di coma in cui era caduto da quando quel Goblin di tre tonnellate gli si era abbattuto addosso, quando non era oppresso dalla nebbia e dall’oscurità, faceva strani sogni, che però non sapeva discernere da quei pochi sprazzi di realtà. Una volta, ad esempio, aveva sognato, o forse l’aveva vissuto veramente, non sapeva spiegarselo, di trovarsi in una strana foresta tra gli Elfi, in una contrada chiamata Lorien. Lì si trovava davanti ad una specie di vasca per gli uccelli, in cui però si riflettevano strane immagini lontane nel tempo. Ma, no, che stupido! Quella vasca, quella strana cosa simile ad uno specchio d’acqua, non era altro che un televisore al plasma ultima generazione, sul quale qualcuno era intento ad eseguire una complessa operazione di zapping. E anche lui, Buck, quel povero orsetto speciale, voleva vedere in tv l’ultima partita del campionato, ma, per sua sfortuna, non riusciva a trovare il telecomando di quello strano apparecchio, ovunque guardasse. In più, a complicare le cose, ci stava una vecchia e bionda megera vestita di bianco, simile a un’Elfa, forse, che seguitava a volerlo allontanare da quello che lei chiamava “il mio specchio delle visioni”, prendendolo a calci e pungi. L’ultima cosa che Buck notò, prima che quello strano sogno riguardante quella strana terra chiamata Lorien svanisse per lasciar di nuovo posto alle tenebre, fu che la megera portava al collo un medaglione d’argento, con su inciso quello che doveva essere il suo nome: Galadriel.

 

 

Intanto che Buck perseverava a rimanere immerso in quello stato di semi-coscienza, erano molte le cose importante che stavano accadendo attorno a lui, a partire dal proseguimento del viaggio sul fiume Anduin, il più melmoso di tutta la Terra di Mezzo. E, mentre lui dormiva nello zaino di Frodo, non si accorse nemmeno dell’attacco degli Orchetti di Saruman, dell’uccisione di Boromir (accidenti, non aveva neanche avuto il tempo di salutarlo!), del rapimento di Merry e Pipino, che frignavano come poppanti, e della brusca divisione della Compagnia dell’Anello. Lui era ora in cammino con Sam e Frodo verso Mordor, attraverso uno schifosissimo massiccio roccioso in cui l’unico segno di civiltà erano dei vecchissimi cartelloni pubblicitari dei bastoncini Findus. Aragorn, Gimli e Legolas, invece, erano corsi all’inseguimento degli Orchetti per salvare i due fratelli. Ah, Gandalf era inciampato in un burrone a Moria e tutti l’avevano creduto morto, quando invece… ma lo vedremo dopo. Mentre per l’orsetto, Frodo e Sam il viaggio si era rivelato lungo, difficoltoso e soprattutto noioso (ma tanto Buck dormiva…), per gli altri, invece, fu tutto un susseguirsi di avventure tra le più straordinarie. Merry e Pipino si persero in una foresta oscura, dove furono accolti da una banda di manifestanti di Greenpeace vestiti da ortaggi, che si facevano chiamare Ent e si battevano per la protezione delle foreste. Aragorn, Legolas e Gimli, nella loro corsa per salvare gli Hobbit, avevano rincontrato Gandalf, assunto come cameriere in un famoso pub di Rohan. L’avevano, quindi, costretto a seguirli nelle loro avventure, arrivando a rompere le balle al re di Rohan in persona, che continuava ad insistere perché Aragorn sposasse sua nipote, quella bruttissima cozza di Éowyn. Ma il cuore del prode eroe era tutto per la sua bella Arwen, e quindi dovette rifiutare. Tutti furono, quindi coinvolti in un epica battaglia contro il malvagio mago Saruman, riportando la vittoria dopo una lunga partita a scacchi. Infine, un’altra guerra aveva sorpreso Aragorn, Gimli, Legolas, Gandalf, Merry e Pipino, quella di Minas Tirith, a Gondor. Ma, come disse Micheal Ende, questa è un’altra storia e dovrà essere raccontata un’altra volta.

Ci basti sapere che, sebbene si trovasse ormai a molte leghe di distanza, Buck era ancora in grado di mettere nei guai i suoi ex compagni si ventura. Accadeva infatti che, mentre l’orsetto, Frodo e Sam continuavano a marciare verso al terra nera, nel punto nevralgico della battaglia di Gondor, nella quale le forze occidentali del Bene si scontrarono violentemente con quelle orientali del Male (i soliti kamikaze!), che Buck avesse dimenticato nello zaino di Pipino un oggetto di notevole importanza e di altrettanta capacità distruttiva. Si trattava, infatti, di un convertitore supersonico, che era stato regalato all’orsacchiotto da ET quando si erano incontrati a Hollywood (è una lunga storia). Il convertitore supersonico è un piccolo utensile, simile a un telecomando universale, in grado, però, se acceso, di trasformare la cosa a cui si sta pensando in qualcosa di impensato e totalmente diverso, il che faceva sì che fosse un ottimo utensile per gli scherzi. Ma però quel macinino, se caduto nelle mani sbagliate al momento sbagliato, avrebbe potuto causare un sacco di guai. Ed è esattamente ciò che successe…

Imperversava la battaglia. Minas Tirith, la bellissima città di Gondor che risplendeva come un gioiello di marmo bianco nella pianura del Pelennor, era assediata dalle forze oscure di Sauron: Orchi, Orchetti, Goblin, cecchini, Lupi Mannari, fantasmi, scheletri, kamikaze e tutto il resto erano ormai alle porte, pronti ad uccidere chiunque si parasse sulla loro strada. La battaglia era durata per tutto il giorno e alla sera ancora infuriava. Il clangore delle armi e le urla degli agonizzanti non avevano avuto pausa da quella mattina e tutto ciò spaventava Pipino peggio delle parate di mostri ad Halloween. Il povero Hobbit, armato di tutto punto, se ne stava accovacciato in un angolo, lasciando agli altri il compito di tentare di difendere al città. Raggomitolato lì come un cane con la coda tra le gambe, il povero Pipino piangeva come un bambino, pregando che il clamore delle armi, che tanto lo spaventava, cessasse all’istante. Cercò di distrarsi, frugando nel suo piccolo zainetto che, con lui, aveva percorso tanta strada dalla Contea fin lì. E fu proprio in quell’occasione che trovò il convertitore supersonico di Buck.

«Uh, guarda, un telecomando!» si disse, rigirandoselo tra le mani. «Chissà come c’è finito nel mio zaino; non l’ho mai visto prima… A cosa potrà mai servire?».

Si mise così a giocherellarci, tanto per cercare di allontanare la paura della battaglia che gli colmava il cuore. Il rumore delle armi, quell’insopportabile rumore metallico, gli riempiva le orecchie e non riusciva proprio a toglierselo dalla mente. Pipino fece volteggiare in aria lo strano oggetto, riprendendolo al volo, lo osservò con attenzione e si mise a schiacciare quattro tasti a caso, sicuro che non sarebbe successo nulla di nulla. E invece…

Con un vellutato puf! le armi, il cui rumore terrorizzava l’Hobbit, di tutto l’esercito di Gondor, ma non di quello avversario, si tramutarono all’istante negli oggetti più insperati. Al posto delle loro solite lame mortifere, delle spade pesanti, delle lance dalla lunga ombra, delle mazze e degli scudi, degli archi e delle frecce, i soldati all’improvviso si ritrovarono in mano palloncini colorati, cuscini a forma di cuore, mestoli e cucchiai, sveglie, portamatite, teiere e caffettiere, tutti oggetti più che inutili in battaglia. Si può solo immaginare l’espressione di stupore e rabbia che si dipinse repentinamente sui volti dei guerrieri, nel vedersi reggere in mano, al posto della famigliare spada, una graziosa Barbie vestita da sera. E altrettanto facilmente si possono presumere le risa rauche che riecheggiarono tra l’esercito avversario, vedendo i loro nemici così ridotti in brache di tela.

E proprio lì, sulle mura, mentre fronteggiava un enorme Troll assetato di sangue, dall’aspetto ripugnante e armato di un’enorme mazza chiodata, Gimli, reggendo una teiera in porcellana stile Nonna Papera, pigolò: «Una tazza di tè?».


 

Sì, ok, capitolo corto... Infatti (adesso qualcuno mi ucciderà T_T chiedo umilmente perdono) siamo ormai agli sgoccioli: questo è il penultimo capitolo (vi ho deluso eh? ma ogni storia deve avere la sua fine, se lieta o no lo vedrete...).

Un ringraziamento particolare a Ceci Princessofbooks: grazie per essere sempre entusiasta di questi capitoletti dimmerda XD sì, in effetti non so da dove siano sbucati fuori chi Orchetti con il tutù rosa e gli hobbit con le padelle, ma credo che "l'allucinazione da cannabis" abbia contribuito parecchio alla creazione di questa storia XDXDXD io la cannabis, la marijuana, il crack, le anfetamine e tutto il resto ce le ho nel DNA (e si vede che mi stanno rosicchiando il cervello sìsì) XDXDXD Ciao e grazie 1000000000000000 ancora e ancora!

  
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