Fanfic su artisti musicali > 30 Seconds to Mars
Segui la storia  |       
Autore: Calimon    01/07/2014    2 recensioni
Si dice che anche il semplice battito d'ali di una farfalla possa causare un uragano.
Tratto dal secondo capitolo:
Meredith si rese conto con orrore che il suo Karma faceva ancora più schifo di quanto pensasse.
Le opzioni erano due: o nella vita precedente era stata l'equivalente umano del meteorite che sterminò i dinosauri, oppure Dio, o chi per lui, aveva un becero senso dell'umorismo. [...] Per quanto aveva aspettato quel momento? Quanto aveva desiderato di poter parlare con loro e con Tomo? Aveva immaginato almeno quindici scenari diversi, tutti molto improbabili, di come sarebbero potute andare le cose, ma nemmeno nelle sue fantasie più assurde sarebbe mai riuscita a pensare ad un evento simile.
Era stata investita dai fratelli Leto, e ci aveva quasi lasciato le penne, per giunta.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio, Shannon Leto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 photo carawendy_zpsaad9d24a.gif


No matter how many breaths that you took you still couldn't breathe


 
Quella mattina Meredith era su di giri: finalmente le avrebbero tolto il gesso e i cerotti che ancora coprivano la ferita sulla fronte.
«Quasi quasi mi dispiace toglierlo...» disse ad Agness che, da fedele compagna di avventure e disavventure, l'aveva accompagnata in ospedale. 
«Ma sei seria?» le domandò l'amica incredula
«Guardalo! Lo avevamo decorato così bene!» 
Il gesso era rimasto bianco solamente per i cinque giorni in cui era stata costretta a rimanere in ospedale, ma appena era tornata a casa Agness aveva provveduto a riempirlo di piccoli disegni e alcuni dei suoi colleghi, che nei giorni precedenti erano andati a trovarla, vi avevano scritto sopra delle frasi incoraggianti; all'altezza della caviglia c'era una scritta minuscola e disordinata: keep calm Meredith.
Jared aveva scritto quella frase l'ultima volta che era andato a trovarla, poco prima di andarsene, e lei non era riuscita a capire se volesse semplicemente prenderla in giro o confermare quanto le aveva detto alcuni giorni prima circa l'essere un umano come tutti; tuttavia aveva una certezza: lui aveva lasciato un segno, e non solo su quel pezzo di gesso.
Quell'uomo ricco e famoso, che nascondeva bene la sua personalità dietro ad una facciata di impenetrabile freddezza, si era preoccupato per lei quando avrebbe potuto semplicemente mandare qualcuno del suo staff a sbrigare le pratiche burocratiche al posto suo.
Si era preso del tempo per andare fino in quel piccolo appartamentino di Brooklyn, informarsi su come stava e passare del tempo con lei, tentando di conoscerla e pretendendo di essere trattato come una qualunque persona che fosse andata a farle visita; tutto ciò l'aveva molto colpita, al punto tale che ogni tanto si concedeva di indugiare sul pensiero che a Jared importasse di lei. 
Scosse la testa come a voler cacciare via quelle idee: lui era stato molto gentile ma nulla di più, e lei doveva assolutamente autocinvincersene prima di lasciarsi andare a film mentali degni di un cartone animato della Disney, con tanto di uccellini canterini.
«Tutto bene?» un'Agness dall'espressione preoccupata la fece tornare alla realtà.
«Si, benissimo!» le sorrise. «Mi ero persa nei miei pensieri sull'incidente...» aggiunse notando che l'amica non sembrava convinta della sua prima risposta.
Non avrebbe ammesso nemmeno a sé stessa di aver fatto certe fantasie romantiche su Jared e certamente non lo avrebbe ammesso nemmeno con nessun altro, nemmeno con la sua migliore amica; si vergognava quasi di essere stata tanto ingenuamente sciocca.
«Adesso ti tolgono tutte queste fasciature e l'incidente sarà solamente un brutto ricordo!» esclamò allegramente Agness, che quel giorno era di ottimo umore per la completa guarigione dell'amica. «Che poi, mica tanto brutto...» aggiunse facendole l'occhiolino.
Quando Meredith si guardò in uno specchietto, dopo che il Dottor Andrews le aveva tolto i punti dalla fronte, impallidì: un segno orizzontale lungo circa sei centimetri che sembrava spezzarsi a metà, le attraversava la fronte; in quel momento capì che l'incidente non sarebbe mai diventato un ricordo, ma sarebbe stato sempre parte della sua vita, in qualche modo.
«Non si preoccupi Miss Edison, il segno della cicatrice diventerà molto meno evidente con il passare del tempo» cercò di rassicurarla il medico, ma Meredith non gli prestò molta attenzione perché i suoi pensieri erano già volati in un'altra direzione.
Si trovò a domandarsi se anche a Shannon sarebbe rimasto qualche segno sul viso; la differenza tra loro è che lui avrebbe avuto milioni di fan adoranti pronte a ricordargli quanto era affascinante anche con quella cicatrice, lei al massimo avrebbe ricevuto degli sguardi perplessi, se non addirittura schifati.
Improvvisamente si sentì terribilmente in collera con lui, non solo per via della cicatrice, ma anche perché, a differenza di Jared, non si era più fatto vivo in alcun modo e lei, per quanto le costasse ammetterlo, ci era rimasta male.
«Allora, togliamo tutto?» domandò il dottore irrompendo nei suoi pensieri
«Per questa volta terrei almeno la gamba» rispose prontamante Meredith sorridendo
«Vedremo quello che riuscirò a fare» scherzò lui prendendo il seghetto per tagliare via quello spesso strato di garze e gesso.

***
«Questa sera dobbiamo assolutamente festeggiare!» esclamò Agness una volta che arrivarono nell'immenso parcheggio del Presbyterian Hospital.
«Festeggiare cosa Ag? Il fatto che sembro la degna figlia di una zombie e dello yeti?» domandò in risposta, poco convinta dall'idea dell'amica.
«Dobbiamo festeggiare la tua totale guarigione!» Agness era talmente euforica che Meredith credette che da un momento all'altro si sarebbe messa a saltellare; non poté fare a meno di sorridere e di sentirsi enstremamente fortunata per aver accanto una persona come lei.
«Allora, dove ti va di andare?» le chiese mentre cercava nella borsa le chiavi della macchina.
«A comprare del diserbante e un taglia erba...» rispose sarcastica
«Okay, ho capito. Riformulo la domanda: dopo aver fatto la ceretta, dove ti piacerebbe andare per festeggiare?» 
Meredith capì che non avrebbe avuto via di scampo quella sera; non che non avesse voglia di uscire, anzi, solo che non aveva voglia di farsi vedere.
Il mese di reclusione, unito al cattivo umore che aveva suscitato in lei la vista della cicatrice e ai pensieri sui fratelli Entro nella tua vita e la scombino come mi pare -come li aveva ribattezzati nella sua testa-, avevano inferto un durissimo colpo alla sua autostima già pressoché inesistente; tuttavia Agness sembrava entusiasta della sua idea e lei sentì che in qualche modo doveva sdebitarsi per tutta la pazienza che aveva avuto in quel periodo prendendosi cura di lei e sopportandola.
«The Doodle?» domandò Meredith sorridendole
«Speravo che lo dicessi!»
Quando la sera Agness passò nuovamente a prendere Meredith, che non avrebbe potuto riprendere a guidare fin quando non avesse finito il periodo di riabilitazione, quasi non la riconobbe.
«Hai la stessa faccia di qualcuno che ha appena visto un Teletubbies fumarsi una canna, non so se rendo l'idea...» disse Meredith salendo in macchina.
«Mere, sei tu?» domandò l'amica prendendola per le spalle e scuotendola leggermente «Che ne hai fatto della mia amica?» gridò teatralmente
«L'ho usata come spaventa passeri e l'ho rimpiazzata con la sua versione più guardabile, moi
Meredith quel pomeriggio guardandosi allo specchio aveva osservato a lungo la sua cicatrice che le ricordava in ogni momento che avrebbe potuto morire; tuttavia le fece anche capire che non avrebbe più voluto vivere con il rimpianto di non aver fatto qualcosa, così era uscita di casa ed era andata a dare un taglio alla sua vita passata fatta di occasioni mancate per paura, cominciando dai capelli.
Da molto tempo aveva pensato di tagliare i capelli che da quando aveva memoria aveva sempre portato lunghi fino al seno, ma non aveva mai avuto il coraggio di farlo; tuttavia quel giorno si sentiva pronta a fare il grande passo e li tagliò fin sopra le spalle, poi, nell'impeto del cambiamento comprò anche un vestitino blu e lo indossò per uscire, lei che si era sempre vergognata di indossare gonne e abitini.
«Stai benissimo Mare!» le disse ammiccando Agness.
Si misero in marcia nelle trafficate strade di New York e Meredith pensò che fosse stata ribattezzata "la città che non dorme mai" perché ci voleva talmente tanto tempo per andare da un posto all'altro con l'auto che qualcuno rimaneva sempre, per cause indipendenti dalla sua volontà, fuori tutta la notte.
Agness mise un cd e lo fece partire.
«La nostra canzone!» disse iniziando a cantare "22" insieme alla voce registrata di Taylor Swift.
«Non siamo un po' cresciute per considerarla la nostra canzone?» 
«No...noi siamo felici, libere, confuse e sole nello stesso momento!» continuò l'amica seguendo la canzone e anche Meredith si fece trasportare dall'aria allegra che si respirava in quella macchina.
Il telefono di Meredith cominciò suonare e quando il nome di Jared apparve sullo schermo le sfuggì un'imprecazione.
«Che succede?» chiese Agness preoccupata prima di riprendere a inveire contro il taxi davanti a loro
«Guarda» le mostrò il telefono continuando ad osservare lo schermo con l'espressione di chi sa di aver appena vinto  un giro dentro la gabbia di un leone affamato; non che le sarebbe dispiaciuto essere la preda di Mr Leto...
No Meredith, non è proprio il momento.
«Metti il vivavoce che voglio sentire anche io!» esclamò l'amica su di giri prima di fare un gestaccio al malcapitato tassista e superarlo.
«Io non rispondo!» disse risoluta, ma Agness fu più veloce e con un gesto fulmineo, che nemmeno una moviola avrebbe potuto rendere visibile, toccò lo schermo e avviò la chiamata.
«P-pronto Jared?» rispose mimando successivamente con le labbra la frase "ti uccido"; in risposta ottenne un sorriso angelico.
«Hey inglesina, come stai?» domandò lui con fare talmente tranquillo e confidenziale che sembrava quasi che fossero amici da sempre.
«Bene, ora sono di nuovo a piade libero per la città!» cercò di simulare un tono di voce altrettanto calmo, anche se dentro di lei si stava agitando qualcosa di simile ad un uragano.
«Allora mi ricordavo bene: era oggi il gran giorno»
Meredith rimase sconvolta da quell'affermazione: glielo aveva accennato solamente una volta, subito prima di rovesciare il barattolo dello zucchero.
«...che ne dici?»
Come ormai le accadeva ogni volta che aveva a che fare con Jared, si era persa nei suoi pensieri e non aveva ascoltato ciò che lui le stava dicendo; del resto era difficile tenere a bada un uragano e tutti gli unicorni che si agitavano e volteggiavano intorno quando sentiva la sua voce.
«Come scusa?» chiese dandosi mentalmente della stupida per aver permesso al suo cervello di perdersi in fantasie che comprendevano topini danzanti e la regia di Walt Disney.
«Ti è caduto il telefono?» la prese in giro lui 
«Sei il solito spiritoso! No, sono in macchina e c'è il rumore del traffico...» improvvisò con tono volutamente sarcasico
«Dicevo, dovremmo festeggiare la tua guarigione, che ne dici?»
«Non so...» Agness richiamòla sua attenzione sussurrandole dei "dì di si, ti prego" e guardandola implorante «Sto uscendo con un'amica...» aggiunse Meredith tentando di ignorarla.
«Perfetto, allora vi raggiungiamo. Dove andate?» 
Ancora una volta Jared non chiese il permesso ma decise, e lei, ancora una volta, non riuscì a respingere quell'attacco.
«Al The Doodle, lo conosci?» domandò implorando tutti gli Dei possibili che a lui quel locale non piacesse, ma ovviamente non fu così.
«Certo. Finiamo in studio e vi raggiungiamo. Ciao Meredith» buttò giù prima che lei avesse modo di ribattere.
«Ti odio!» disse ad Agness alzando nuovamente il volume del cd proprio mentre la canzone era sul punto di finire.
"You look like bad news, i gotta have you..."
Meredith capì che non solo il suo karma faceva schifo, ma la prendeva anche per i fondelli.

***
«Ti odio Agness, ti odio!» ripeté Meredith mentre erano sedute ad un tavolo del locale.
«Lo hai già detto almeno dieci volte, ma so che non è così» le rispose l'amica, raggiante; non le pareva vero di incontrare finalmente Jared Leto.
«Invece si. Ora potremmo essere qui, io e te, a spettegolare come abbiamo sempre fatto...» si interruppe per bere un sorso del suo Cosmopolitan e Agness riprese la parola «E invece tra poco saremo qui con Mr Leto, che dispiacere, eh?» le strizzò l'occhio.
Meredith non riusciva a smettere di pensare ad un dettaglio di quella breve conversazione: Jared aveva usato il plurale; sperò vivamente che si riferisse a Tomo o ad Emma perché non avrebbe gradito passare una serata con Shannon musone Leto.
«Secondo te verranno anche Tomo e Shannon?» chiese Agness guardandosi intorno, scrutando gli avventori del locale.
«Non saprei» si strinse nelle spalle prima di bere un altro po' del suo drink, sperando di annegare tutta l'ansia che aveva in corpo con quella bevanda, poi aggiunse «Spero di no»
L'amica la guardò con gli occhi spalancati «Hey, l'alcool ti ha già dato alla testa? Non eri tu la fan del gruppo?»
«Si, infatti non ho nulla contro Jared, anzi. Tomo non lo conosco ma sembra una persona adorabile,ma Shannon...» roteò gli occhi per poi riportare lo sguardo su Agness che la stava guardando con un'epsressione interrogativa
«Shannon...?» incalzò, curiosa.
«Shannon è un musone insopportabile. Ti ho raccontato come si è comportato in ospedale...» 
«Ed io ti ho già detto come la penso» la interruppe l'amica sorridendole, prima di bere un po' del suo drink mentre per l'ennesima voltasiguardava intorno.
«Se si fosse sentito in colpa avrebbe potuto venire anche lui a trovarmi insieme a Jared, invece non si è fatto vivo nemmeno una volta. Non ha nemmeno mai mandato un messaggio...avrebbe potuto chiedere il numero a suo fratello...» 
Meredith aveva iniziaro a parlare velocemente e con un tono di voce sempre più acuto, gesticolando e rischiando di fare una strage tra i bicchieri posati sul tavolo.
«Oh mio Dio! Ti piace Shannon!» Agness la guardava con un sorriso sornione stampato in faccia, con l'aria di chi la sa lunga.
«No!» esclamò Meredith, ma la sua risposta fin troppo pronta, non fece che convincere ancora di più l'amica della sua teoria.
E' vero, si era ritrovata più volte a pensare a lui e ci era rimasta male perché non si era mai fatto sentire in quel mese, ma non era certa che le piacesse; da cosa avrebbe potuto capirlo infondo? Di lui conosceva solamente il personaggio: il batterista dal passato difficile e dalla risata contagiosa; se proprio avesse dovuto pensare a qualcuno in quel modo, quel qualcuno sarebbe stato probabilmente Jared che, quantomeno, si era mostrato preoccupato per lei. 
«Lo sapevo, lo sapevo!» esclamò ancora Agness
«Cosa sapevi?» l'inequivocabile voce di Jared le sorprese alle spalle
«Sapeva che mi sarebbe piaciuto il Cosmopolitan» rispose prontamente Meredith fulminando l'amica con uno sguardo, prima ancora di voltarsi.
Eccoli lì, le personificazioni dei sogni erotici di uomini e donne, con ancora indosso i loro inseparabili occhiali da sole; Meredith, che aveva appena iniziato a fare l'abitudine alla figura di Jared a distanza ravvicinata da lei, si sentì sopraffare nuovamente dall'agitazione alla vista di Shannon.
«Lei è Agness, la mia migliore amica. Agness, loro sono Jared e Shannon» si sentì stupida a presentare i due fratelli perché Agness sapeva bene chi erano, ma non sapeva come comportarsi in quella situazione, così si era appellata al "sono un'umano come te" di Jared e si era comportata come avrebbe fatto con qualsiasi altra persona.
Presero posto al tavolo con loro e Jared cominciò a parlare e fare domande esattamente come aveva fatto anche quando era andato a trovare Meredith, e rispose sempre gentilmente all'imbarazzante quantità di domande che gli porgeva Agness; Shannon invece, come di ruotine, si limitava a parlare solo se interpellato.
Ordinarono nuovamente da bere e Meredith, che iniziava a sentirsi più sciolta e a suo agio, decise di ignorare Shannon e godersi la serata; tuttavia, talvolta, alzando lo sguardo o voltandosi, le capitava di incrociare lo sguardo del maggiore dei Leto e, ogni volta che capitava, provava una fastidiosa sensazione di improvviso calore alle guance.
Gli occhi verdi di Shannon sapevano essere severi e glaciali quanto quelli del fratello, ma infondo avevano comunque una punta di dolcezza che Meredith non avrebbe saputo descrivere, e, mentre uno stormo di farfalle cominciava a svolazzarle intorno e le nuvolette rosa invadevano il locale, pensò che probabilmente il motivo per cui portava costantemente gli occhiali da sole era perché il suo sguardo avrebbe potuto mettere incinta istantaneamente qualunque essere femminile nel raggio di chilometri.
«Esco un attimo a fumare» dichiarò Shannon alzandosi per poi dirigersi verso l'uscita del locale.
In un picco di coraggio dovuto al secondo Cosmopolitan, Meredith decise che quello era il momento buono per chiarire con Shannon: voleva sapere quale fosse il motivo di tanto astio nei suoi confronti.
«Torno subito» disse mentre si alzava, lottando contro un giramento di testa per rimanere dritta ed arrivare dignitosamente fino alla porta del The Doodle.
Quando uscì lo trovò appoggiato al muro, nell'angolo più in ombra del palazzo, ma esitò per un attimo, rimanendo ad osservarlo da lontano mentre era intento ad accendere la sigaretta; i lineamenti più marcati, i muscoli ben definiti messi in bella mostra grazie alla maglia che indossava, lo rendevano più mascolino rispetto a Jared.
Prima che gli unicorni, assopiti dall'alcool, si fossero risvegliati, decise di prendere in mano la situazione e si avvicinò a lui.
«Posso sapere cosa ti ho fatto per starti così antipatica?» domandò cercando di mantenere un tono freddo e distaccato, anche se, standogli così vicina, sentiva l'agitazione crescere ogni secondo di più.
Shannon sobbalzò visibilmente, probabilmente non si aspettava di ritrovarsela accanto.
«Cazzo, mi hai spaventato!» esclamò voltandosi verso di lei
«Sono consapevole di non poter essere simpatica a tutti e lo accetto, ma tu non mi conosci nemmeno. Cosa ho fatto per meritare tanto disprezzo?» continuò lei, sfruttando quel po' di coraggio prima che sparisse del tutto, sopraffatto dall'ansia e dai suoi ormoni impazziti.
Shannon diede un tiro alla sigaretta, tenendo lo sguardo basso, e la cosa fece provare a Meredith la stessa ondata di rabbia che aveva provato anche quella stessa mattina.
«E' perché ti ho dato dell'idiota in ospedale? O perché potrebbe rimanerti un segno sul viso? O per...»
«Mi sento in colpa per quello che ti ho fatto!» la interruppe Shannon, inchiodandola con i suoi occhi verdi «Mi sento così in colpa da non riuscire a guardarti in faccia!» sbottò senza abbassare lo sguardo.
Meredith sentì un brivido percorrerle la schiena e non riuscì a ribattere.
Addio coraggio, è stato bello...!
«Avrei potuto ucciderti!» continuò Shannon prima di dare un altro tiro alla sigaretta per poi gettarla a terra e pestarla con forza.
«Ma non è successo! Non puoi passare la vita pensando a cosa sarebbe successo se tu avessi fatto una certa cosa...» 
Meredith in un breve momento di totale lucidità si sorprese di quello che aveva detto; quella era una lezione che aveva imparato lei stessa da poco.
«Quindi, se questo è l'unico motivo per cui ti comporti come uno che ha costantemente un palo piantato nel sedere, non ne hai motivo!»
Era chiaro che il momento di saggezza alcolica era finito.


{ Calimon says:
Buonasera bellezze <3
Ieri non ho postato perché ...era il mio compleanno! :3 
...e oggi, da brava sfigata quale sono, mi sono già ammalata D: 
Ma tornando a noi...Shannon è tornato! E se vi state chiedendo chi riesce ad ubriacarsi e tirare fuori certe "perle" con due drink, beh, io ci riesco anche con uno, quindi Meredith è quasi giustificata...
Adesso vi lascio e vado a morire sul letto...vi ringrazio come sempre per aver letto :3
A presto!
xoxo
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > 30 Seconds to Mars / Vai alla pagina dell'autore: Calimon