infernal
college
1.
Prime impressioni
Appena
la lussuosa BMV nera si fermò davanti
all’edificio, la
ragazza provò uno strano senso di nausea.
Era
appena arrivata e già lo odiava.
Odiava
quelle pareti giallicce da cui trasudava polvere e
sporcizia.
Odiava
gli spessi e sporchi finestroni opachi.
E
soprattutto odiava l’unticcio sorrisino che la direttrice le
stava rivolgendo.
Era
talmente falso da somigliare più ad una colica che ad un
sorriso.
Tuttavia,
il suo anno scolastico dipendeva da ciò che questa donna
pensava, e uscire dall’auto scocciata come lo era adesso non
lo reputava una
buona idea.
Doveva
sorridere.
O
almeno sforzarsi di far sembrare quella smorfia un allegro
sorriso.
-
Se lo desiderate faccio ancora in tempo ad andarmene, miss
Hilary-
La
ragazza scosse la testa.
-
Grazie Artemis, ma sapete già che non posso. I miei genitori
sono stati piuttosto chiari a riguardo. Se telefonando in segreteria
scoprissero che la loro figliola non sta frequentando questo
dannatissimo
collegio…-
-
Istituto, miss Hilary- precisò l’autista.
-
Quello che è, si arrabbierebbero con me, che mi sono
ribellata
ad un loro ordine, e con lei, che mi ha aiutato nella fuga. E
concorderete con
me che i miei infuriati non promettono nulla di buono-
L’autista
annuì, complice – Sagge parole, miss Hilary-
Hilary
sospirò, portandosi dietro ad un orecchio una ciocca di
capelli color cioccolata.
-
Allora io vado, Artemis-
-
Ci rivedremo tra un anno, miss Hilary-
Hilary,
la mano sulla maniglia della portiera, sorrise.
-
Un anno Artemis…è molto più tempo di
quello che si pensa-
-
Lo so miss Hilary. Ma lei è una ragazza forte. Sento che
saprà
superarlo nel migliore dei modi-
-
Passare i tuoi sedici anni in un collegio di sfigati non è
proprio il massimo – disse, aprendo lo sportello –
Ma come dice lei, Artemis, saprò
cavarmela al meglio-
L’autista
abbozzò un sorriso.
-
Per questo la stimo, miss Hilary-
-
Ci vediamo tra un anno, Artemis- fece Hilary, ormai fuori dal
rassicurante abitacolo dell’auto.
-
A presto, miss Hilary-
E
con un colpo secco chiuse definitivamente la portiera,
sospirando pesantemente, mentre la sua ultima possibilità di
fuga dal quel
posto orribile spariva dalla sua vista, svoltando l’angolo.
-
Signorina Tachibana!-
gridò la voce più melensa e fastidiosa che avesse
mai sentito.
Hilary
fu costretta a voltarsi.
Le
sue labbra, oltre ad essere abbellite da una leggera passata di
lucidalabbra, era piegate in un sorriso più finto del naso
aquilino della donna
che le stava venendo incontro.
-
Piacere di conoscerla!- disse con quella solita vocina odiosa,
stringendole inaspettatamente la mano – Io sono la direttrice
di questo
istituto, la signorina Kakegama!-
“Signorina?”
si ritrovò a pensare immediatamente Hilary,
trattenendo una risata “ Questa qui avrà
già sessant’anni suonati”
-
Siamo tutti molto orgogliosi di accogliere nel nostro umile
edificio una studentessa brillante come lei, con una famiglia
così benestante,
oltretutto-
Era
vero.
La
famiglia Tachibana
era una delle più influenti di tutto il Giappone.
Suo
padre, il signor Takagi Tachibana,
cresciuto in povertà, si era fatto conoscere
grazie alla sua passione per le auto da corsa e al suo spiccato senso
per gli
affari , che lo avevano portato, in fretta, a fondare una delle
più note case
automobilistiche giapponesi.
Chiunque,
nel mondo delle corse, sapeva chi era il signor Tachibana
e quanta
strada aveva fatto per arrivare dov’era ora.
Sua
madre, invece, Mayu Taneda, in passato una famosa modella, era
passata a fare la giornalista per Vogue, scoprendo la sua passione per
il
giornalismo e la scrittura, pubblicando perfino alcuni libri sul
rapporto di
coppia.
Una
famiglia di talenti, compresa lei, la figlia prodigio, miss
Hilary Osaki.
La
ragazza invidiata da tutti, che aveva tutto e poteva
permettersi ancora di più.
-
Ma venga signorina Tachibana.
Parleremo con più calma nel mio ufficio-
Hilary
annuì, e si lasciò guidare docilmente dalla donna
all’interno dell’edificio, trascinando dietro di se
un pesante baule.
Solo
ora, camminando dietro la donna, si trovò ad osservare il
suo
abbigliamento.
Una
camicia grigia, forse un tempo bianca, e dal collo alto
copriva la pelle avvizzita della direttrice, mentre una gonna nera,
lunga fino
alle caviglie, lasciava intravedere un orrendo paio di mocassini grigio
scuro,
consumati dal tempo.
Ed
infine i capelli, ormai grigi, erano raccolti in una rigida
crocchia dalla quale non sfuggiva nemmeno un capello.
Finito
di squadrare la direttrice, Hilary passò a ciò
che la
circondava.
Non
che ci fosse poi molto da dire, su ciò che le stava attorno.
Le
mura odoravano di muffa, il pavimento era lurido e l’aria
sapeva di chiuso.
Dando
una rapida occhiata alle finestre, poté vedere la polvere
annidata negli angoli.
Chissà
da quanto tempo questo corridoio non prendeva una bella
boccata d’aria.
Ad
entrambi i lati del corridoio, le porte delle classi si
stagliavano minacciose e polverose.
Tutte
chiuse, circondate da un silenzio innaturale.
-
Scusi signora…- disse Hilary, curiosa.
La
direttrice si bloccò, scoccandole un’occhiata
assassina –
Signorina, prego. Non sono mai stata sposata-
Hilary
deglutì – Sì mi scusi. Signorina,
è normale che ci sia questo silenzio?-
La
direttrice accennò ad un nuovo, mieloso, sorriso.
-
Noi siamo un istituto serio e ligio al dovere, miss Osaki. Qui
gli alunni rispettano le regole e il corpo insegnate, senza discussioni-
Hilary
annuì.
Improvvisamente,
il rumore di una finestra infranta risuonò per il
corridoio.
Hilary
si voltò, preoccupata.
-
Dove crede di andare, signor Hiwatari? La lezione non è
ancora…-
-
Me ne sbatto della sua fottutissima lezione, caro
professore-
Un
ragazzo sui diciassette anni uscì tranquillamente dalla
classe,
le braccia dietro la nuca.
Hilary
lo guardò, stranamente interessata.
-
Signor Hiwatari si fermi!- ordinò la direttrice, puntandogli
un
dito contro, utilizzando nuovamente quell’odiosa vocina acuta.
Il
ragazzo si fermò.
Poi
si voltò verso la donna.
Sul
suo volto, un sorriso stranamente beffardo.
Hilary
incrociò quasi immediatamente i suoi occhi.
“Occhi
viola” pensò Hilary, come paralizzata, trattenendo
il
respiro e osservando il progressivo avanzamento del ragazzo
“molto rari…”
-
Non ti vergogni, piccolo bastardo?-
Se
Hilary fosse stata in condizioni diverse, si sarebbe certamente
accorta di come la voce della direttrice, prima unticcia e rivoltante,
fosse
diventata glaciale.
Ma
purtroppo, non riusciva a staccare gli occhi da quelli del
ragazzo, che man mano che si avvicinava, continuava a fissarla con
insistenza,
bloccandole il respiro.
-
Hai sentito Hiwatari? Sai già la punizione che ti
spetta…-
-
E sta un po’ zitta vecchia- disse il ragazzo in un sibilo
– Ora
ho da fare. Non ho tempo per ascoltare le tue cazzate-
E
continuò a dirigersi verso Hilary, osservando i suoi
capelli, il
suo viso, il suo corpo sinuoso da sedicenne.
-
Key Hiwatari. Key può bastare- disse, a freddo.
Hilary
sussultò. Quella voce…probabilmente non
l’aveva immaginata
così. Roca, autoritaria e…suadente.
-
Io…io mi chiamo Hila…-
Ma
Key le fece morire le parole in gola, avvicinandosi a tal punto
da avere il suo respiro sul collo. Hilary sentì che era
caldo. E piacevole.
-
Da oggi sei mia-
E
le leccò avidamente l’angolo sinistro della bocca,
come se
stesse mettendo un marchio invisibile sulla ragazza.
Poi
si allontanò, come se niente fosse, a braccia conserte.
-
Ricordatelo- urlò, per poi ghignare selvaggiamente fino a
svoltare l’angolo, lasciando che la sua risata si perdesse
nell’aria.
Hilary,
lo aveva seguito con gli occhi per tutto il tempo,
incapace di fare altro, incredula, spaventata e stranamente eccitata, toccandosi di tanto in tanto
quel
maledettissimo punto in cui Key aveva posto il suo segno.
-
Signorina Tachibana
si sente bene?-
Ecco
che il tono stridulo e zuccheroso era tornato nella bocca
della direttrice.
-
Io credo…credo di sì…- rispose Hilary,
ancora frastornata. Il
suo odore l’avvolgeva ancora completamente, forte, come se
fosse ancora lì
davanti a lei, intento a respirarle sul collo.
-
Fortunatamente – disse la direttrice, porgendole un
fazzoletto
di stoffa scolorito, evidentemente per pulirsi la bocca – Non
sono tutti come
Hiwatari nel nostro istituto. Ci sono anche ragazzi che hanno voglia di
apprendere e studiare…-
-
Hey nuova! Hai davvero un bel sedere, te lo ha mai detto
nessuno?-
-
Really beautiful!-
-
Voi due siete davvero dei pervertiti…-
“
È bello sapere di essere appena arrivata e di avere tre
ragazzi
alle spalle che commentano le fattezze del tuo fondoschiena”
pensò Hilary, in
un mezzo sorriso, ormai pronta a tutto, voltandosi.
-
E sei pure fica da davanti!-
-
Yeah!-
-
Pervertiti…-
-
Ma sta zitto che pure tu hai commentato!-
-
Kinomiya, Mizuhara, Kon voi dovreste essere in classe!-
sbottò
la direttrice.
Il
primo ragazzo, quello dai capelli blu, che aveva detto
apertamente cosa pensava del suo sedere, fece spallucce.
-
Il prof ci ha cacciato dalla classe così stiamo girando a
caso
per i corridoi-
Il
secondo, forse, ad aver parlato, doveva essere americano, o
alla peggio inglese, visti i capelli biondi e i grandi occhi azzurri.
Per non
parlare poi della parlata.
-
Deve credergli direttrice. Takao dice il vero!-
Ed
infine, l’ultimo dei tre, aveva lunghi capelli neri, legati
in
una coda bassa, e occhi fortemente orientali. Forse il più
educato dei tre.
Takao,
ignorando la direttrice, si diresse verso Hilary,
tendendole la mano.
-
Ciao bella ragazza! Io sono Takao Kinomiya. Mentre lui è Max
Mizuhara – disse indicando il biondo, che la
salutò con la mano e un allegro
“Hello” – mentre lui è Rei
Kon- finì, indicando il cinese, che la salutò con
un
cenno del capo.
-
Io mi chiamo Hilary Osaki- fece Hilary, sorridendo.
Quei
tre non le facevano lo stesso effetto di lui.
-
Per caso hai visto passare Key da queste parti?- chiese Max,
facendosi avanti.
Un
brivido percorse la schiena della ragazza.
-
Il ragazzo dagli occhi viola e i capelli bicolore?-
Max
annuì.
-
È andato di là- e indicò il punto in
cui Key era sparito alla
sua vista.
-
Thanks Hilary!-
E
tutti e tre si diressero in quella direzione, sparendo
anch’essi.
La
direttrice, che aveva guardato ammutolita l’intera faccenda,
riprese a parlare.
-
Signorina Tachibana
sono così dispiaciuta! È solo il primo giorno e
ha già incontrato il peggio dell’
istituto!-
Hilary
tentò di rassicurarla.
-
Tanto prima o poi avrei dovuto incontrarli comunque, non crede?-
La
donna annuì tristemente, aprendo la porta del suo ufficio.
-
Prego si sieda-
E
Hilary si sedette.
-
Queste sono le chiavi della sua stanza, la
Hilary
sorrise – Si figuri-
-
La divisa è già stata portata in camera,
così come i suoi
effetti personali e i suoi libri-
-
Perfetto! Allora io andrei…- fece Hilary, alzandosi dalla
sedia.
-
Un ultima cosa, miss Tachibana…-
disse la direttrice, indicando i suoi capelli – Per domani
mattina li voglio perfettamente legati, d’accordo?-
Hilary
annuì e sparì dall’ufficio.
********************************************************
- 207…207…- ripeteva a bassa voce Hilary,
osservando i numeri
delle stanze che le scorrevano accanto.
-
205…206…Oh eccola!- fece, prendendo le chiavi e
inserendole.
Tuttavia
la porta si aprì senza bisogno di usarle.
-
C’è nessuno?- urlò Hilary, quando fu
all’interno – Mi chiamo
Hilary e…-
Si
sentì afferrare il volto da dietro.
-
Sei carina Hilary. Vuoi divertirti come me?-
Una
voce femminile, alla quale apparteneva la mano che in quel
preciso istante la stava accarezzando, le entrò nelle
orecchie.
Poi
quella persona si rese visibile ai suoi occhi.
Era
una ragazza bionda, dagli occhi azzurri e il sorriso
malizioso.
-
Allora vuoi divertirti come me, Hilly?- ripeté nuovamente,
leccandosi
le labbra – potremo fare tanti bei giochetti…noi
due da sole…-
-
Smettila Claire!-
Un’altra
voce femminile, proveniente dal bagno, fu l’unica cosa
che riuscì a fermare Claire dall’intento di
baciare la mora.
-
Non vorrai spaventarla appena arrivata, la nostra Hilly-
Una
ragazza sui diciotto anni, sigaretta in bocca, corti capelli
neri e occhi rossi, la stava squadrando. E non sembrava molto contenta.
-
Sai Hilly…appena ti ho vista scendere da quella cazzo di BMV
nera
ho capito che tipo di persona sei. La classica figlioccia di
papà che viene
liquidata per un anno intero dalla sua famiglia in uno squallidissimo
collegio.
La ragazza perfetta, bella, carina e simpatica, con ottimi voti e
un’altrettanto
buona reputazione, che si permette di guardare dall’alto in
basso gli altri –
Hilary cercò di parlare, ma la ragazza, con uno scatto, le
si posizionò
davanti, spingendo Claire di lato, tappandole la bocca con una mano
– Bhè…se
credi che questo sia il posto giusto dove poter comandare a tuo
piacimento gli
altri, hai sbagliato luogo dolcezza. La gente come te è solo
feccia, e qui non
esiteranno ad ammazzarti di botte. Se fossi in te righerei dritto,
Hilly.
Ritornare a casa con delle costole fratturate non è il
massimo…-
E
detto questo se ne andò, seguita a ruota da Claire,
sbattendo la
porta.
Hilary,
dopo alcuni istanti, si accasciò a terra.
Tremava.
Forse
non erano tutti degli sfigati, in questo dannatissimo
collegio.