Legame infranto?
Quel
demone dovette volare senza
sosta per molti giorni prima di giungere nel luogo in cui la comitiva
si era
fermata per riprendere forze.
In
quel lasso di tempo i tre
‘adulti’ della situazione non avevano fatto altro
che litigare per un motivo o
per l’altro. Tuttavia ogni litigio fra Sesshomaru e Kuria
avveniva senza il
minimo contatto fisico o parole offensive e di solito in privato,
entrambi i
demoni si erano trovati d’accordo su un solo argomento: Rin!
La
bambina era troppo buona,
candida e innocente perché potesse vedere quei comportamenti
e loro si
sforzarono, consapevolmente, per dare un buon esempio.
«È
come se un cordone ombelicale
ci unisse. Per questo ne so quando si trova in una situazione di
pericolo lo
percepisco e lei sente alcune delle mie emozioni. Sarà
così fin quando il mio
corpo non le passerà tutto il potere che le serve per
acquisire l’immortalità.»
Le parvero le parole giuste per spiegare la sua nuova condizione a
Sesshomaru.
«Un
dono molto particolare.» Commentò
senza particolare inflessioni nella voce, Kuria annuì.
«Si
narra che fu la dea Brigit,
la dea madre, a donarcelo nell’antichità.
È un’arma a doppio taglio perché se
qualcuno, come hai visto, fa del male a Rin anch’io
m’indebolisco di
conseguenza. Devo ammettere che sarebbe strano il contrario, neppure i
demoni
sono onnipotenti.»
Sesshomaru
avrebbe volentieri
replicato che lui era onnipotente a tutti gli effetti, nessuno poteva
batterlo
e poteva anche riportare in vita i morti, ma si limitò a
fare un’altra domanda.
«Quante
volte puoi ripetere
quest’azione?»
Kuria
lo fissò con grave serietà,
negli occhi blu lesse una leggera preoccupazione, e infine rispose
secca: «Una.»
Rin
sarebbe stata la prima e
l’ultima figlia che avrebbe potuto avere in quel modo
‘artificiale’ e per quello
stesso motivo era tanto preoccupata. Inoltre era accaduto tutto in
maniera
spontanea, il dono s’era attivato da solo fin dal primo
incontro.
“Forse
era destino.” si ritrovò a
pensare Kuria. Possibile che lei non potesse avere figli naturali? Poi
si schernì
da sola, con chi mai avrebbe dovuto farlo un figlio? Sesshomaru era
l’unico
uomo da cui li avrebbe voluti, ma non lo reputava abbastanza maturo per
un
simile impegno.
“Inoltre
è meglio non illudersi
troppo. Perché mai dovrebbe stare con un maschiaccio come
me? – si alzò con un
gesto di stizza, dando le spalle al demone bianco. – Basta!
Mi sto comportando
come una ragazzina!” Lasciò la stanza senza dire
nulla di più, poco dopo la sua
figura fu sostituita dall’entrata di Hikari.
«Avete
litigato di nuovo?» Tratteneva
a stento le risate di scherno. Quei due si amavano era evidente anche
le pietre
del luogo, fatte a pezze nei loro incontri lontano dagli occhi di Rin.
“Se
solo non fossero testardi, ma
infondo l’amore non è bello se non è
litigato… no, litigante… mi pareva
dicessero questo i vecchi del clan in Europa.” La bionda
demone si sfiorò con
l’indice il mento assumendo un’aria concentrata,
sconfitta dal vuoto di memoria
scrollò le spalle e lasciò anche lei solo
Sesshomaru.
Nella
foresta invece Kuria continuava
a pensare agli avvenimenti che avevano scosso le sue ultime certezze.
La
stretta al cuore, l’impossibilità di muoversi e
combattere come aveva sempre
fatto, Inuyasha adulto che sapeva quasi sopravvivere senza il suo
aiuto,
Sesshomaru che aveva accolto Rin, ridonandole la vita. Si sentiva
debole e
inutile, non era nemmeno riuscita a fargli un graffio durante quel loro
duello,
prima che l’Hakurei crollasse miseramente al suolo.
Strinse
la mano in un pugno,
facendo una smorfia irata.
“Nemmeno
un solo maledettissimo graffio!”
continuava a pensare. Era dunque davvero così poco potente?
In quegli anni si
era allenata, credeva di essere diventata più forte. Non
riusciva neppure a
proteggere Rin da degli stupidi non morti! Il fatto che fossero la
famosa squadra
dei sette non era una scusante.
«Maledizione!»
Scagliò un pugno
contro un albero, spaccandolo in due.
Era
sempre stata una testa calda
con una forza dentro innata e doveva ammettere che, esclusi pochi,
nessuno le
aveva mai realmente insegnato come affinarla, lei era grezza. Se prima
ciò le
andava bene, bastavano le sue conoscenze di strategia per sconfiggere
un
nemico, in quel momento invece quell’opinione era totalmente
mutata.
Naraku
si stava dimostrando un
avversario da non sottovalutare, scaltro e viscido, tesseva la sua tela
e
rigirava tutto a suo favore. Un volto le passò spontaneo
nella sua mente,
Kikyo!
“Quindi
è morta? Mi sembra molto
strano, è fatta di terra e ossa, non di carne e sangue, non
più per lo meno. Potrà
anche averla presa di sorpresa ma la questione mi puzza, non
è cosi facile da
uccidere. – sospirò. – oppure sono solo
io a volerla credere viva perché in lei
rivedo me stessa.”
Inuyasha,
quando gli altri non
ascoltavano, le aveva parlato a lungo della sacerdotessa e del suo
amore per
lei unito a un grande senso di colpa. Sfortunatamente Kikyo ormai era
fatta
solo di terra e ossa e poi, la giovane sorrise, anche se non se
n’era accorto
il suo fratellino era innamorato pure di Kagome.
“Sono
diverse caratterialmente,
poco ma sicuro, ma alla fine è pur sempre la sua
reincarnazione. Ora come ora è
quasi come se fosse sua sorella maggiore, il problema di Kikyo
è che non può
avvicinarsi a nessuno. Deve soffrire molto per questa condizione di
stallo fra
vita e morte.”
Si
guardò indietro, non aveva
alcuna voglia di tornare perché tutto la metteva di cattivo
umore, Rin esclusa.
Restò per dei giorni nella foresta, Hikari non
provò neppure ad avvicinarsi,
conosceva la maggiore e sapeva quando doveva sbollire. Mentre
Sesshomaru due Soli
dopo lasciò il rifugio, sparendo per andare da lei.
All’inizio
in realtà la spiò
silenziosamente, nascondendo la sua aura. Osservò la sua
irritazione e le
smorfie del bel viso, gli sembrò perfino di sentire
l’odore salato delle
lacrime.
“Cosa
ti sta facendo questo?
L’essere bloccata qui e la lontananza da quel piccolo inutile
essere di mio
fratello? Anche tu preferisci lui a me. Mi chiedo che
cos’avrà di cosi speciale
un insulso mezzo demone. Non può neppure
proteggerti!”
«Pensi
di stare lì a spiarmi
ancora per molto? - chiese lei con voce dura, voltandosi in sua
direzione. – Lo
sai anche tu, non mi piace essere spiata. Che cosa vuoi?» se
prima i suoi gesti
si erano dimostrati arrabbiati, ora la sua voce era sicuramente
infastidita e
gli occhi carichi d’odio.
«Devo
avere un pretesto per
avvicinarmi a quella che sarà mia moglie?» Kuria
si morse un labbro, avvertiva
nei suoi confronti un odio smisurato, del tutto anormale, causato dal
suo
sentirsi debole. Una condizione fastidiosa, molto complicata
d’accettare alla
sua veneranda età. Gli rivoltò le spalle di
scatto.
«Vattene
via! Non sono in vena
per litigare con te.» Voleva allontanarsi da lui in fretta.
Se avesse capito
cosa si agitava nel suo cuore sarebbe stata la fine. Una vergogna tale
da non
poter essere tollerata sarebbe scesa su se stessa. Lui credeva che lei
l’odiasse e così doveva continuare a essere.
Scomparve
nella fitta vegetazione
del luogo, non rientrò al rifugio nemmeno quella sera.
“Sesshomaru
odio quando riempi
con la tua presenza la mia testa. Non riesco a far altro che pensare a
te e mi
sento un’idiota!”
Pensava
anche a Izayoi, avrebbe
tanto voluto sfogarsi facendosi consigliare, e a Inu no Taisho,
l’aveva
consolata tante volte prima di morire, le mancavano entrambi. Le
tecniche di
combattimento che conosceva sulle arti marziali, non molte in
realtà, era stato
il demone maggiore a insegnargliele.
Ai
primi incontri l’aveva
giudicato subito male, colpa del suo comportamento esteriore e del
matrimonio
combinato. Tuttavia, a dispetto di ogni previsione, l’aveva
aiutata a
rinascere.
“Sesshomaru
anch’io mi sono
sentita un po’ abbandonata, tuttavia ero felice che ti
arrivasse un fratellino,
ma tu l’hai ripudiato fin dal primo istante, ancor prima che
nascesse. – guardò
il cielo che schiariva per l’alba. – la
verità è che pur essendo una demone
completa io mi rivedo in Inuyasha. Non ho mai avuto completamente un
padre e le
mie sorelle maggiori per un periodo mi hanno odiata per ciò
che ero. Per questo
motivo gli sono tanto legata, insieme non eravamo più soli e
mi sono sentita
amata come non accadeva da tanto tempo.”
Il
principe dei demoni era
comunque una persona testarda e non si arrese facilmente, il giorno
seguente
tornò nella foresta.
«Dì
un po’ è una mia impressione
o ultimamente mi tratti con i guanti di velluto?» chiese la
donna voltando solo
la testa per guardarlo. L’odio era svanito, ma la rigida
serietà no. All’occhio
di un umano sarebbe potuta perfino sembrare tranquilla, un
po’ ombrosa certo,
ma calma, mentre Sesshomaru sentì qualcosa ribollire
nell’animo della futura
compagna.
«Non
ti va mai bene nulla vedo.
Rin è preoccupata e i tuoi due servitori sono seccanti. Non
credi che sia ora
di lasciar perdere queste scenate isteriche e crescere?»
chiese gelido.
Kuria
spalancò gli occhi ed emise
un singolo gemito, poi chiuse le palpebre e scoppiò in una
risata sarcastica.
Credeva si sarebbe messa a piangere per caso?
«Sesshomaru
cosa vuoi saperne tu
dei miei comportamenti, non fai che giudicare la gente – si
voltò avvicinandosi
lentamente – dall’alto della tua inutile purezza.
Sentiamo divino e nobile
Sesshomaru, che cosa stavo pensando?»
Sesshomaru
la osservò
attentamente, oltre il velo di sicurezza e spavalderia notava la
stanchezza dei
tratti, come se avesse da giorni perso il sonno. Era bella anche in
quel modo,
forse un po’ meno rispetto alle volte in cui veniva vestita e
acconciata.
“Ma
quella non era la vera Kuria,
questa donna con l’armatura e le spade, i capelli
scompigliati e gli sbalzi
d’umore frequenti lo è. L’altra resta
solo una finzione.” Gli ricordò una
vocina, forse la sua coscienza che si risvegliava.
«Penserai
a Inuyasha, come tuo
solito, è sempre nei tuoi pensieri.» Rispose
assottigliando leggermente gli
occhi, provando una strana morsa all’altezza dello stomaco.
Improvvisamente
tutte le brutte
sensazioni che l’avevano posseduta scomparvero e Sesshomaru
la vide scoppiare a
ridere puramente divertita gettando la testa indietro, poi riprese una
parvenza
composta.
«Mi
chiedo come stia lo ammetto,
ma ci sono Kagome, Sango, Miroku, Shippo e Kirara con lui, non sono
preoccupata. Quindi posso asserire che ti sbagli.» Lo sguardo
quasi sconcertato
del demone deliziò Kuria, adorava vederlo scomposto, anche
se per qualche
secondo.
«Allora
a chi pensavi?»
«Che
c’è, sei geloso per caso?»
Sesshomaru si limitò a fulminarla con lo sguardo, per poi
voltarsi e andarsene.
Non comprendeva davvero come quella donna potesse cambiare tanto
facilmente
d’umore, cosa l’aveva resa allegra tutto
d’un tratto? Inoltre lui non era per
niente geloso, di Inuyasha per di più!
“Sono
infinitamente migliore
rispetto a lui!” pensò camminando verso
l’accampamento, la modestia sicuramente
non si trovava tra le sue doti migliori e più sviluppate.
«Senti
coso qui mia sorella e il
principe non ci sono, va bene? Ti ho detto che sono andati nel bosco,
vai a
cercare se ne hai bisogno e non rompermi la pace.»
«Rompere
la pace? Hikari si deve
essere fumata qualcosa.» la voce di Kuria quasi lo colse di
sorpresa, non
l’aveva sentita camminargli dietro.
«Se
è come la sorella non mi
stupirei più di tanto.» ribatté
tranquillamente il demone maggiore. Beccandosi,
in risposta, un’occhiataccia che se avesse potuto lo avrebbe
trapassato da una
parte all’altra.
«A
chi?» le chiese
all’improvviso, senza neppure guardarla in viso, fingendo di
prestare attenzione
al litigio fra Hikari e il demone messaggero. L’aveva
riconosciuto subito per
gli abiti, veniva da palazzo, forse era sua madre che pretendeva il
compimento
del matrimonio.
«Non
capisco. Poi saresti tu
quello super educato eh!» gli rispose. Sesshomaru, per una
sola volta nella sua
vita, decise di portare pazienza e con tutta calma spiegò il
significato della
sua richiesta.
«Chi
era nei tuoi pensieri? Il
motivo per cui ti sei isolata anche se con te c’erano sia Rin
sia Hikari e i
tuoi fedeli servi.»
Era
strano, non avevano mai avuto
una conversazione normale, almeno c’erano state, ma finiva
sempre che qualcuno
o qualcosa li facesse litigare. Le loro chiacchierate amichevoli
duravano il
tempo del battito d’ali di una farfalla.
«Ti
interessa davvero saperlo?»
l’occidentale spalancò gli occhi, fissandolo come
se avesse davanti Naraku.
Ebbe almeno la decenza di tenere la bocca chiusa e non a forma di una
‘O’ muta.
Il
principe dei demoni voltò lo
sguardo dorato in sua direzione e Kuria si sentì congelata
sul posto. Altro che
cane quello era un serpente, si ritrovò a pensare a causa
dell’immobilità dei
suoi poveri arti.
“Ora
che gli rispondo? Non credo
proprio di potergli dire: ehi sai com’è sono
follemente innamorata di te sin
dal primo decennio di convivenza forzata! Quindi è normale
che ogni volta che
mi tratti male o con indifferenza mi sento una pezza.”
Corrugò le sopracciglia
e cercò di utilizzare tutte le sue risorse mentali per
ovviare il problema.
«S-sono
cose private!» Odiava
balbettare, Sesshomaru si voltò fissandola negli occhi. Il
suo viso, prima
calmo, ora s’era indurito.
Rimasero
in quella posizione
alcuni secondi, mentre Kuria si dava da sola della scema. Il demone
maggiore,
nonostante le parole che lei aveva detto in precedenza su Inuyasha,
bruciava
alla sola idea che fossero menzogne, ma poteva anche essere innamorata
di un
altro uomo e per quel motivo non voleva parlarne. Nessuna delle due
opzioni gli
andava a genio, da quasi duecentocinquant’anni viveva con la
convinzione che
Kuria sarebbe diventata sua moglie! Un matrimonio combinato, non si era
dovuto
neppure applicare per conquistarla.
Il
silenzio venne spezzato dal
demone messaggero.
«Perdonate
la mia intrusione
nobile Sesshomaru, ma le nobili regine, tra cui vostra madre Kuria
Hime, richiedono
urgentemente la vostra presenza al palazzo nel cielo.»
Si
inchinò umilmente di fronte
alle due figure. Sesshomaru l’oltrepassò, mentre
Kuria rimase ferma, un unico
pensiero le vorticava furioso in testa.
“Madre!”
schizzò fuori dalla
foresta in pochi secondi, a velocità demoniaca.
«Hikari
ti affido Rin, se lo
riterrete necessario spostatevi. Nostra madre è
qui!» Prese per le spalle la
sorella sorridendo come una stupida, almeno quello pensò la
giovane bionda, non
avvezza ai sentimentalismi essendo cresciuta dal padre.
«Signor
Sesshomaru, signorina
Kuria! Dove si va?» esclamò Rin vedendoli tornare,
appendendosi ai loro
vestiti.
«Tu
resti qui Rin.» Rispose secco
il principe dei demoni, con il tatto di un coccodrillo affamato, non
per nulla
gli occhioni della bambina incominciarono a farsi lucidi.
«Ah,
Sesshomaru sei il solito
insensibile! – lo scostò. – Piccola
dobbiamo andare a fare una cosa importante,
ma non è per bambini, per ora tu resta con Hikari.
Sesshomaru tornerà a
prenderti il prima possibile, capito?» le asciugò
teneramente una lacrima. La
bimba si limitò ad annuire tristemente e pochi minuti dopo i
due demoni erano
spariti fra le nuvole.
«Non
volevo farla piangere.» Ruppe
la quiete il demone bianco. Ovviamente non la stava guardando mentre
parlava,
quasi fosse un pensiero espresso ad alta voce, il tono era lo stesso di
quando
aveva salvato tutti loro da Mukostu.
Sentì
distintamente Kuria
sospirare, scoccandogli un’occhiata indecisa.
«Ne
sono consapevole, ma tu non
calibri il tono delle parole e Rin, come tutti i bambini, ha paura di
essere
abbandonata. È un sentimento normale, in particolar modo
quando si vive
un’esperienza come la sua. – poi aggiunse.
– Sono sicura che con il tempo
imparerai. Tutti facciamo errori, pure tu!» Sesshomaru si
limitò a una smorfia,
ma non la contraddisse.
Ci
vollero altri giorni per
raggiungere il palazzo volante, Kuria sperò che Inuyasha e
gli altri non si
preoccupassero troppo. Se lo sentiva questa volta sarebbe stato il suo
fratellino a farle la paternale e non il contrario.
“O
peggio… potrebbe essere Kagome
a urlarmi contro.” rabbrividì alla sola idea. La
miko del futuro era dolce e
gentile, ma se la si faceva preoccupare o arrabbiare diventava davvero
paurosa!
La
maestosa costruzione nel cielo
apparve ai loro occhi, eterea, immutata, così era
l’abitazione della madre di
Sesshomaru.
«Sembra
che alla fine tu sia
tornata a palazzo.» cominciò il principe,
probabilmente stava perfino
trattenendo un sorriso di vittoria. Kuria si limitò a
roteare gli occhi
annoiata.
«Muoviamoci,
non ho tempo da
perdere e neppure tu!» esclamò la ragazza
camminando verso l’interno del
maniero, voleva che l’agonia durasse il meno possibile.
Le
loro madri si trovavano appena
dietro la porta principale, ferme in piedi ad attenderli. Kuria non ci
rifletté
su molto e corse ad abbracciare la genitrice, la sua presenza
lì poteva voler
significare solo un rimando delle nozze ovvero più tempo per
fuggire dalla
condizione di sposa infelice.
«Figlia
mia – poi guardò
Sesshomaru. – venite dobbiamo parlarvi
urgentemente.»
Quando
furono finalmente nella
stanza del trono, ognuno di loro seduto in posizione seiza, la madre di
Sesshomaru sganciò la bomba con molta noncuranza:
«Il
vostro matrimonio è
annullato.»
Il
silenzio regnò sovrano per
diversi secondi, prima che i due potessero realizzare appieno la
notizia.
«Gli
ordini di mio padre erano
molto chiari a riguardo, madre.»
Non
si scompose minimamente,
quell’unione era tutelata dal volere del grande generale
cane, non di certo una
persona scontata.
«Sì,
te lo concedo figlio mio, ma
è anche vero che, ora, la regina qui sono io e tu non sei
ancora Re. La mia
volontà è legge.»
Kuria
tentava di capire se doveva
mettersi a ballare dalla felicità in giro per la stanza o
deprimersi perché
Sesshomaru era perso per sempre. Un miliardo di domande le si
formularono una
dietro l’altra nella sua mente.
«Sei
felice Kuria?» chiese
titubante sua madre. La figlia la osservò attentamente,
anche se lo nascondeva
facilmente Niham era molto turbata dalla perdita della sua settima
creatura.
«Mi
avete colto di sorpresa madre
io… sono piacevolmente stupita.» ammise con
sincerità, sciogliendosi in un
piccolo sorriso. Non si accorse d’essere osservata dal suo ex
promesso che, con
delicatezza e una dosa esagerata di eleganza,
s’alzò e se ne andò.
«Non
m’interessa.» fu l’unico
commento che espresse prima di uscire dalla porta. Le tre semplici
parole
potevano essere interpretate in due soli modi: non
m’interessa un accidenti di
questo matrimonio oppure non m’interessa del cambiamento
avvenuto.
Kuria
si limitò a sospirare,
guardando male il punto da cui Sesshomaru aveva fatto la sua plateale
scomparsa, poi scosse la testa. Lo stava ancora maledicendo quando la
voce
calma di sua madre richiamò l’attenzione.
«Kuria
potremmo parlare in privato?»
«Non
vi negherei mai una
richiesta simile, se volete scusarci Regina.» si rivolse poi
alla padrona del
palazzo, facendo un inchino educato, come l’era stato
insegnato. La madre la
osservò stupefatta, da quando suo figlia era cosi educata?
La
madre del glaciale demone fece
un piccolo sorriso e accordò loro il permesso
d’uscire e andarsene.
Ai
limiti dell’edificio volante
entrambe le demoni spiccarono il volo, liberandosi nell’aria
fresca. Finalmente
Niham poté rivedere la sua bambina, l’adolescente
che aveva lasciato andare
tempo addietro. Kuria fece diverse giravolte, facendo anche scattare il
lato
apprensivo del genitore, colpa di alcuni avvitamenti troppo pericolosi.
In
direzione opposta a quella
delle due donne Sesshomaru si stava convincendo che infondo non gliene
importava nulla. Alla fine Kuria era sempre stata una gran seccatura e
lui di
certo non si sarebbe ridotto a rincorrere una donna che non lo voleva!
Tuttavia
essere liquidato in quel modo l’aveva fatto rodere di rabbia.
“Sono
il demone puro per
eccellenza, eppure perché la sola idea che si metta con un
altro uomo mi da
tanto fastidio? Hai quello che volevi ora, Kuria?”
Nel
suo tragitto di ritorno
uccise molti demoni e anche diversi briganti, lo intralciavano!
Si
convinse infine che sarebbe
stata sicuramente lei a pregarlo di riprenderla con lui, una donna da
sola non
durava molto dal suo punto di vista.
«Quindi
ora tornerei a casa con
me?» chiese Niham alla figlia, speranzosa. Il popolo la
rivoleva, le sue sorelle,
tranne la prima e Derik era dello stesso parere. Vide il sorriso di
Kuria
spegnersi, facendosi preoccupato.
«Madre
io non posso. Qui ho delle
persone da proteggere, amici che mi amano e che se li lasciassi
rischierebbero
la vita, capite?» la donna sospirò annuendo, poi
le sorrise inaspettatamente.
«Sono
fiera di te, figlia mia. -
Le posò una mano sulla spalla. – Sei cresciuta
forte e coraggiosa. A dispetto
di quello che ti ha detto molto spesso tua sorella maggiore sei davvero
una di
noi. Sarai sempre la benvenuta a casa tua, ricordatelo.»
Kuria trattenne le
lacrime di commozione e si limitò ad annuire.
Non
aveva dimenticato Rin e il
suo legame con lei, ma ora con il matrimonio annullato non sapeva come
comportarsi e poi la questione Naraku era ancora aperta. Hikari le
aveva già
detto chiaramente che sapeva occuparsi da sola di se stessa, anche se
aveva un
pazzo alle calcagna.
«Permettimi
una domanda Kuria,
hai attivato il dono?» la giovane spalancò gli
occhi, come faceva sua madre a
saperlo rimaneva un mistero, annuì incapace di parlare.
Niham la fissò stupita,
sfiorandosi con le dita la bocca in maniera pensierosa e finalmente le
chiese
il motivo di tale scelta.
«In
realtà madre, non so il
perché, ma il dono si è attivato da solo, non
sono stata io a volerlo. Rin è
una bimba dolce e affettuosa e non ho nulla da ridire dalla scelta
effettuata
dal mio subconscio.» concluse con aria perplessa.
Sperava
in realtà che sua madre,
regina della loro clan e con un’età più
veneranda alle spalle, potesse
risolvere i suoi dubbi.
Stettero
in silenzio per diverso
tempo, ognuna immersa nei suoi pensieri, poi Kuria pose una domanda che
a Niham
fece tremare le ginocchia, o le ali.
«Cosa
succederebbe a me se Rin
dovesse morire prima di averle passato il dono?»
«Dipenderà
solo da te e dalla tua
forza di volontà. Gli umani sono cosi fragili, a volte
muoiono per qualche
secondo e dopo si riprendono. Ci sono state alcune fra di noi che sono
morte,
ma erano deboli di costituzione. Perché prospetti questo
evento per la tua
erede?»
Nella
mente di Niham cominciava
già a formarsi l’idea di prendere la bambina e
tenerla al sicuro con loro, ma
la distanza era sicuramente troppa da percorrere. Sperava solo che la
piccola
fosse in buona e forte compagnia.
«C’è
una guerra in corso madre,
non posso escludere nessuna opzione. Tuttavia voi non vi dovete
preoccupare è
in ottime mani.» la rassicurò, sorridendole in
maniera solare.
“Per
quanto dover ammettere
Sesshomaru come ottime mani mi dia sui nervi!”
pensò, cercando di trattenere un
potente tic all’occhio.
Niham
accompagnò la figlia, era
da molto tempo che non stavano insieme, verso il gruppo di Inuyasha,
seguendo
le scie del loro odore e dell’aura demoniaca del mezzo
demone. Nel tragitto
Kuria confessò alla demone le sue sensazioni di debolezza e
l’impellente bisogno
di un’istruzione più ampia.
«Conosco
una maestra, a nord
nell’isola di Ezo, potrebbe aiutarti a migliorare. Mi pare si
chiami Badma, è
potente e spesso ne ho sentito parlare da tuo padre prima che i nostri
rapporti
si perdessero del tutto.»
«Badma
dite? significa fiore di
loto in Mongolo, se non sbaglio.» Sua madre annuì.
Kuria
non si sorprese molto per
l’origine del nome, infondo Ezo era una terra abitata dagli
Ainu.
Le
due demoni arrestarono il loro
volo, si abbracciarono strette sospese a mezz’aria.
«Sono
felice che tu abbia trovato
la tua strada figlia mia. Mi mancherai.» Sussurrò
Niham al suo orecchio.
«Un
giorno verrò a farvi visita,
ve lo prometto. Nel frattempo pensate a regnare sulle nostre terre,
siete la
migliore delle regine mai avute.»
Le
due imboccarono strade
differenti, sparendo alla vista. Kuria si guardò indietro
una volta sola e poi
si lanciò alla ricerca dei suoi compagni di viaggio.
Al
rifugio Sesshomaru diede poche
spiegazioni, ma gli avvenimenti apparvero limpidi agli occhi di Hikari.
«Bene,
allora ci possiamo
salutare Nobile Principe. Kage, Ventus andiamo!»
ordinò, facendo segno di
seguirla con una mano. I due si guardarono stralunati, salutarono la
giovane
padroncina Rin, e seguirono senza fare storie la bionda demone.
“Sicuramente
Kuria ci avrebbe
ordinato di seguirla.” Avevano pensato entrambi.
Scoprirono
che Hikari era una
donna cordiale e particolarmente incline alle battute, sicuramente meno
rigida
rispetto alla loro principale padrona.
“Una
volta anche la signorina
Kuria era così, sorrideva e non aveva reali problemi, ma
infondo con l’età si
cresce.” Rimuginava Ventus. Serviva Kuria da quasi trecento
anni, ovvero quasi da
quando aveva capacità di parola e di stare in piedi.
L’interessata
di quei pensieri
raggiunse la compagnia al villaggio Musashi.
«Venerabile
Kaede, un demone!»
strillò un uomo del villaggio, scappando lontano da lei. La
giovane si limitò a
sbuffare in modo ben poco signorile, se non fosse per le ali spiegate
l’avrebbe
scambiata per una normale umana!
La
donna uscì in fretta dalla sua
umile casa. Si conoscevano quindi non l’attaccò,
ne intimò agli altri di
scappare. Seguendo i viaggi per sconfiggere Naraku avevano fatto spesso
tappa a
quel villaggio, il luogo in cui risedeva il pozzo mangia ossa che
congiungeva
il presente con il futuro.
«Non
devi preoccuparti, è amica
di Inuyasha e Kagome. – poi si rivolse a lei. – il
monaco Miroku e Sango sono
nella foresta.»
«Va
bene, grazie
dell’informazione Miko Kaede.» Quindi si
avviò tranquillamente seguendo i loro
odori. Per strada incrociò Shippo e Kirara.
«Sei
tornata Kuria!» esclamò il
piccolo volpacchiotto saltandole in braccio. La nekomata miagolava
felicemente,
invitandola a seguirla per arrivare prima dagli altri.
Trovò
il monaco e la
sterminatrice affianco al pozzo, ad aspettare.
«Sango!
Monaco Miroku!» si
sbracciò per farsi notare. Improvvisamente si sentiva
felice, come quando stava
con Izayoi, e corse verso di loro.
«Kuria
che bello, quando sei
arrivata?» le domandò Sango quando furono vicine,
nel frattempo il monaco non
perse tempo e allungo uno dei suoi tentacoli verso il fondoschiena
della
guerriera. Qualche secondo più tardi nella foresta
risuonarono due schiocchi
secchi.
«Monaco
Miroku!» Strillò la
giovane sterminatrice, stringendo una mano in un pugno e osservando il
malcapitato con sguardo inceneritore.
“Sempre
i soliti.” Scosse la
testa Shippo, allontanandosi in fretta dalla lite in corso.
«Inuyasha
e Kagome?» la nuova
venuta si guardò attorno cercandoli attentamente.
«La
divina Kagome e Inuyasha sono
al di là del pozzo, torneranno forse prima che faccia
buio.» rispose ai suoi
dubbi Miroku, massaggiandosi le guance e assumendo un tono da esperto.
Kuria
lo guardò incuriosita, si
avvicinò al pozzo mangia ossa e ne sfiorò la
superficie, infine si sporse per
osservare il fondo. Rimase leggermente delusa osservando la terra alla
fine del
portale.
«Kuria
tutto bene?» le domandò
Sango, poggiandole una mano sulla spalla destra.
«Oh,
certo scusate. Sono stati
giorni pieni d’emozioni e sono ancora un po’
scombussolata, mi stavo chiedendo
perché solo il mio fratellino sia di là e voi
no.»
«Molto
semplice Kuria, il pozzo
non ci lascia passare.» continuò Miroku sedendosi
sul prato, appoggiando la
schiena al legno.
«Capisco.
– passarono diversi
secondi di silenzio. – chissà
com’è dall’altra parte.»
pensò ad alta voce.
Cercava d’immaginare quali pericoli potesse correre, ma si
rassicurava pensando
che sicuramente Kagome fosse più brava a destreggiarsi nella
sua epoca che
nella loro.
“Non
ho da preoccuparmi, è in
ottima compagnia!” Sorrise e decise di andarsi a riposare su
uno dei rami del
Goshinboku.
Sdraiata
sui grandi rami
dell’albero sacro, con le braccia incrociate dietro la testa
e gambe
accavallate, ripensava agli ultimi avvenimenti.
“Sono
libera da qualsiasi legame.
È quello che ho sempre voluto, allora perché in
realtà nel fondo del cuore mi
sento così triste?” Si chiese guardando il cielo
limpido e privo di nuvole.
Allo stesso tempo il nome della maestra di Ezo la tentava assai, eppure
che
senso avrebbe avuto lasciare Inuyasha e gli altri per accrescere i
propri
poteri se poi mentre non c’era rischiavano tutti lo stesso la
vita?
Si
grattò la fronte, dicendosi
che alla fine erano i pericoli del mestiere.
“Ne
parlerò con Inuyasha, anzi
forse sarebbe meglio parlarne con Sango o Kagome. Lui è
troppo testardo e ben
poco egoista, se sapesse che ne ho bisogno mi darebbe il tormento come
l’ultima
volta.”
Solo
girandosi a pancia in giù
sul ramo si accorse, con sorpresa, di non avere con sé il
kimono bianco!
«Ah,
sai quanto m’importa!» Strillò
mettendosi seduta e sventolando un pugno per aria.
«Di
che cosa?» Shippo l’era
comparso davanti con un ‘pop’ dopo aver eseguito
una delle sue trasformazioni.
«Shippo
tesoro! Nulla di rilievo.
Senti un po’ ma Inuyasha ti sta insegnando qualcosa di
combattimento? Prima o
poi toccherà anche a te questa incombenza.» La sua
mente abituata alla guerra
vedeva oltre l’aspetto di bambino youkai, lei aveva dovuto
scegliere tra vita
di corte e armi molto presto per essere allenata al meglio.
Shippo
ricambiò le sue occhiate
con insicurezza.
«Io
però sono solo un bambino!»
protestò, portando in avanti i palmi delle mani.
Sentì distintamente il sospiro
rassegnato della mora.
«Mi
dispiace infrangere i tuoi
sogni Shippo ma tu non rimarrai in eterno un cucciolo. So che adesso
l’idea ti
fa accapponare la pelle, lo faceva anche a me. Non serve fare molto,
per ora
basterebbe tu allenassi sensi e resistenza, potrebbero risultarti molto
utili.»
«Se
lo dici tu, però deve proprio
insegnarmi Inuyasha?» era evidente che il volpino provava un
certo timore per
il mezzo demone.
«Sarebbe
meglio.» Gli spettinò i
capelli sorridendogli. Kuria sapeva che Inuyasha non sarebbe stato un
granché
come istruttore, in quanto a tecnica ne possedeva poca, ma sicuramente
in quel
modo i due avrebbero creato un vero e proprio rapporto. Lì
si concluse il loro
discorso e per il resto del giorno stette con Shippo tentando di
affinargli un
po’ l’uso dell’olfatto con qualche dritta.
Verso
il calare delle ombre,
mentre una brezza fresca soffiava accarezzandole i capelli e il corpo,
finalmente avvertì le presenze dei due, inconsapevoli,
innamorati. Non si
scomodò per andargli incontro, avrebbe avuto poco senso
visto che sicuramente
la loro meta era la casa della vecchia Kaede.
«Kuria
sei tornata!» esclamò
Kagome entrando nella capanna. Il borsone giallo alle sue spalle era
pieno
zeppo d’oggetti provenienti dal futuro e procurò
un certo fracasso quando venne
posato al suolo.
«Dannata,
ce ne hai messo di
tempo! Sesshomaru è stato lui a intralciarti, vero? Giuro
che gliele suono
quando se ne presenta l’occasione.» sbraitando
furioso. Odiava veder Kuria
reprimere le sofferenza quando si parlava di lui, nei momenti in cui lo
incrociavano e anche dopo.
«Tu
non picchierai Sesshomaru,
non è colpa sua. Sono successe molte cose, se avrete
pazienza ve le narrerò
tutte questa notte. – tutti annuirono. – tu Shippo
vai a dormire!» Il bambino
divenne una statua di sale, mentre Inuyasha sghignazzava contento di
essere
cresciuto.
«Perché?
Anch’io voglio sentire!»
protestò il volpino demoniaco.
«I
bambini devono dormire per
crescere sani e forti!» replicò serissima Kuria.
«Kagome!»
Il cucciolo si fiondò
nelle braccia della sua protettrice.
«Gne,
gne, ah, ah sentito
Shippo?» gongolò il mezzo demone. Kuria lo
fissò con un’occhiata di
sufficienza.
«Ti
disperavi ancora di più tu,
Inuyasha.»
All’improvviso
tutti
s’interessarono sull’avvenimento del passato
tuttavia lei eluse molte domande,
la maggior parte del monaco maniaco. Volente o nolente a
metà del racconto
Shippo si addormentò sulle gambe di Kagome.
«Fammi
capire sorellina ora non
hai più alcun dovere nei confronti di Sesshomaru?»
«Esattamente.»
Annuì stanca. Vide
suo fratello avvicinarsi pericolosamente al proprio viso, con indice
puntato
contro il naso della demone, lo sguardo indagatore.
«Allora
perché hai quella faccia
da funerale?»
«Inuyasha…
a cuccia!» Grazie al
provvidenziale intervento di una Kagome molto scocciata il mezzo demone
si
spiaccicò a terra, con Kuria che gli faceva pat pat sulla
testa distrattamente.
«Kagome
dannata, la vuoi
smettere?»
I due presero a litigare violentemente, tanto da far risvegliare il cucciolo di demone che andò a rifugiarsi nel suo futon. Kuria li abbandonò alla loro discussione, troppo stanca per separarli. Presto la capanna divenne silenziosa.
angolo autrice (originale):
Io sono morta quanto Kuria e domani comincia lo stage di pattinaggio... *strilla*
Capitolo corposo questo, credo siano più di 11 pagine, ci ho messo tutta me stessa. Sesshomaru dovrà sudarselo l'amore di Kuria! Capirà molto presto cosa vuol dire veder sparire una persona a cui si tiene, che improvvisamente t'ignora. Non che lei l'abbia mai tenuto sul piedistallo ma ha sempre risposto alle provocazioni adesso chissà!
Ezo è Hokkaido, dovete sapere che quest'isola perennemente innevata è entrata a far parte del Giappone sono nel 19 secolo all'incirca. Credo che fosse anche chiamata la terra di nessuno.
La madre di Kuria, Niham, si dimostra alla fine come una donna un po' apprensiva e fondamentalmente buona con la sua discendenza. Kage e Ventus seguono Hikari principalmente perché hanno in odio Sesshomaru e poi per il fatto che la giovane demone bionda è, come avete notato, un po' troppo sicura di sé.
Al prossimo capitolo qualche puntata originale e forse un bel discorso tra Inuyasha e Kuria, o Kagome, Sango e Kuria, potrei anche metterli entrambi.
Martyvax
Angolo autrice revisione 2023:
Questo è stato un capitolo lungo, ma semplice da rimettere in ordine. Confermo le parole della me stessa del passato. Da qui in poi Sesshomaru dovrà applicarsi, in realtà forse proprio questa decisione mi aveva mandata in blocco. Un'idea invece al momento mi sovviene, vedremo come riuscirò a svilupparla.
:*