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Autore: Aesingr    09/07/2014    5 recensioni
Spyro e Cinerea hanno combattuto e sconfitto il perfido Malefor, drago viola dai poteri immensi. l'hanno sempre considerato un nemico vile e spietato, insensibile di fronte al dolore che stava causando.
Si sa, l'oscurità può sorgere anche dalla luce. A volte l’amicizia, l’amore ed ogni altro sentimento positivo possono mutare in artigli roventi, con cui è facile dilaniare la carne e le ossa per giungere al cuore.
Genere: Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A CACCIA DI SÈ



Sollevò lentamente le palpebre, non aspettandosi un oscurità meno buia di quella del sonno. Mosse quasi a fatica le zampe, portandosele sotto al muso come per farne un morbido cuscino, sicuramente più accoglienti della dura pietra su cui si era addormentato.
I suoi muscoli, troppo sviluppati per appartenere naturalmente ad un cucciolo della sua età, gli dolevano profondamente e anche alzarsi non fu semplice come sarebbe potuto sembrare. Lo attendeva un’altra giornata colma di fatica, dolore e sangue. il suo fisico si era temprato a tal punto da permettergli di ignorare qualsiasi forma di fatica o sofferenza, si stava trasformando lentamente e inesorabilmente in una macchina da guerra inesauribile. Nonostante ciò, il suo spirito continuava a patire le pene della convinzione che all’esterno, un mondo esisteva.
Fissò lo sguardo in un punto indecifrato dell’ampia grotta che lo circondava, scrutando nient’altro che il buio.
“Sono qui”
La voce profonda e cavernosa del suo maestro lo fece  voltare di scatto. I suoi occhi scuri, che mai parevano aver visto la vera luce, guizzarono verso l’unica macchia di colore all’interno di quello spoglio vano. Si mosse con cautela, come un servo a cui è stato dato l’incarico di porgere qualcosa al proprio sovrano.
Era quello che era diventato, un servo capace solo di soddisfare i desideri del maestro, e di ciò ne era consapevole. Lo raggiunse e attese che gli venisse impartito qualche ordine, o comunque che fosse il drago a decidere per lui quale sarebbe stato l’inizio di quel nuovo giorno.
“Cosa stai aspettando? Vai a fare colazione”
Il giovane drago viola chinò leggermente il capo in segno di assenso per poi dirigersi verso l’uscita della caverna, a cui non osò non rivolgere un’ultima occhiata prima di allontanarsi, come ingenuo rafforzamento del triste legame che aveva con quel posto in cui era costretto a tornare.
Si lanciò all’interno della foresta di abeti e pioppi che circondava quella che chiamava dimora, balzando sotto le fronde degli alberi, da cespuglio a cespuglio, in cerca di una colazione sostanziosa. La luce del sole filtrava dolce e carezzevole negli sprazzi di foresta più aperti, giocando ad inseguirsi con le ombre sul suolo erbaceo dipinto di mille tonalità di verde.
Il vento muoveva senza rancore le foglie sui rami estivi degli alberi, sibilando sinuosamente e accompagnando il canto degli uccellini come un basso in una melodia. Scelse come punto d’osservazione un piccolo alberello oscurato dalle chiome di altre piante che lo circondavano. Si guardò avidamente attorno, cercando di concentrarsi anche sulla più piccola sensazione. Poteva percepire qualsiasi cosa, dalle zampe degli scoiattoli che zampettavano sull’erba, alle ali degli uccelli che sferzavano l’aria sopra di lui, a quelle che designò come succulente lepri che presto avrebbero dovuto far fronte al loro triste destino di prede.
Con un movimento leggero e fluido scese dal fusto dell’albero e si diresse verso il punto da cui aveva sentito provenire la fonte di cibo. Il suo passo era quello di un’ombra, nessun suono, nessun filo d’erba di troppo veniva smosso dalla sua silenziosa avanzata. Come un assassino spietato e celato dalla sua stessa oscurità, piombò su una delle lepri che zigò spaventata e disorientata e la atterrò, schiacciandola al suolo nonostante avessero più o meno le stesse dimensioni. Con gli artigli di una delle zampe anteriori gli fracassò il collo, spezzandolo come se fosse stato un fragile ramoscello.
Restò per qualche secondo a contemplare la sua opera, mentre il sangue sgorgava dal collo della povera bestia, ormai senza vita.
Dedicò non molto tempo al pasto, cercando di sbrigarsi per non irrompere nelle ire del maestro che lo stava aspettando. Si mosse con l’intenzione di far ritorno a casa, quando qualcosa in mezzo agli alberi attirò fugace la sua attenzione. Si fermò d’innansi ad un piccolo ruscello da cui zampillava acqua pura e cristallina. Abbassò il capo, cercando di scrutare oltre la superficie come in cerca di qualcosa, ma ciò che trovò fu solo se stesso. In quel piccolo specchio d’acqua si rifletteva la sua immagine, quella di un cucciolo di drago viola sporco del sangue di un'altra creatura e dall’espressione fiera per il proprio operato. Si sentiva forte, invincibile, non c’era avversario che potesse opporsi a lui. Portò la zampa sinistra verso quella opposta per godere del contatto con la sua perfetta e sviluppata muscolatura, costruita con mesi di duro allenamento.
Fissò il suo riflesso come se volesse studiarne il più piccolo particolare, rafforzando ogni secondo che passava la fiducia in se stesso, nella propria forza. Eppure c’era qualcosa che quella figura non possedeva, e il draghetto se ne accorse. Era orgoglioso di ciò che stava diventando, un guerriero impietoso, indipendente da ciò che lo circondava e sprezzante della paura, ma in quell’espressione imperturbabile risiedevano anche la più profonda solitudine e il più sconcertante dolore.
Un anima che nonostante la giovane età conosceva già la sofferenza, un cuore costretto a farsi carico di una profonda tristezza di cui non comprendeva a pieno le fondamenta. Avvicinò il muso al pelo dell’acqua per sprofondare all’interno del suo stesso sguardo, che stava cercando di penetrare in lui come un raggio di stella nella notte più buia.
“Chi sono io?”
Un interrogativo a cui non era in grado di trovare, forse neanche cercare risposta.
Alzò la testa e osservò per un attimo il cielo sconfinato sopra di lui, che lo osservava urlandogli in faccia l’oscurità del suo cammino. Immerse il muso nell’acqua per pulirsi dal sangue della lepre, poi Senza fare il più piccolo rumore si voltò e si incamminò verso la caverna, dove il suo maestro lo stava aspettando. Se avesse tardato ancora forse il supplizio quotidiano sarebbe diventata una vera e propria pena di morte.
Con un balzo si sollevò in’aria, spalancando le ali come un’aquila fiera e maestosa. Per quasi metà del tragitto tenne gli occhi chiusi, cercando conforto ai suoi dubbi nelle tenebre stesse che lo cullavano come un figlio.
“Il figlio delle tenebre?”
 
Mancavano pochi battiti d’ali alla grotta. Le palpebre ancora abbassate, le membra già affaticate ancor prima di cominciare a vivere la giornata, iniziò a scendere di quota, percependo attorno a se quel vuoto e quella folle ebbrezza che solo la dimora e la presenza del suo maestro sapevano trasmettergli.
L’aria attorno a lui si fece improvvisamente più calda. Poteva avvertire chiaramente un’intenza fonte di calore provenire dalla sua sinistra, una vampa silenziosa colma di ambizioni, ma priva di vita.
Lo stesso fuoco che l’avrebbe travolto se solo non si fosse gettato in picchiata verso il basso, costretto a riaprire gli occhi. Ormai era abituato all’insistente e costante pressione che il suo mentore esercitava su di lui, non c’era momento in cui abbassasse veramente la guardia.
Nonostante l’impeto atterrò con grazia, come se guidato da una forza meccanica. I suoi artigli stridettero contro la dura pietra del terreno di quella piccola radura isolata dal resto del mondo. Era in quello sputo di landa che era cresciuto, trasformandosi in risposta a quello che lo circondava. Adesso alle sue spalle si estendeva la foresta che aveva appena visitato, di fronte a lui il nero ingresso della sua dimora.
“Ti vedo molto distratto Cosa ti prende? Hai già deciso di mollare? Il tuo sogno non si è ancora realizzato”
Malefor si voltò a fissare il drago dal manto cremisi, il quale gli si stava avvicinando.
“Il mio sogno…”
“Esatto. È questo il tuo sogno, Trasformarti nel potente drago che ti sto generosamente concedendo di diventare”
Malefor lo fissò, tentando di trovare le parole in quel tenue cono luminoso che cercava disperatamente di raggiungere la sua mente.
“No. non è il mio sogno”
Flarendor mosse con fermezza la coda, per poi sedersi di fronte a lui.
“E dimmi. Qual è  il tuo sogno?”
Il cucciolo non seppe cosa rispondere. Si limitò ad osservare come anche il nulla nei dintorni potesse esistere. Il vento che serpeggiava sinuoso attorno alle pareti della grotta, le nuvole che passeggiavano stanche verso l’orizzonte, piccole creature nel sottobosco che trascorrevano le loro innocenti vite; tutto si muoveva in un ciclo perpetuo nonostante l’immobilità.
Tutto tranne lui, che era sempre rimasto identico a se stesso da quando aveva memoria. Pensieri questi affatto comuni per un cucciolo della sua età, ma necessari perché si rendesse conto del mondo in cui si trovava.
Alzò il musetto verso quello scuro e minaccioso del maestro, che trasmetteva fiammate incandescenti anche solo con lo sguardo.
“Il mio sogno è scoprire…” Si bloccò. Non temeva la possibile reazione a ciò che avrebbe dovuto dire, la paura costante di vivere gli stava permettendo di ignorare la paura stessa; Temette soltanto la risposta del proprio cuore.   Si chiese se quella domanda avesse veramente un significato per lui. “È scoprire se posso scegliere”
L’espressione di Flarendor non mutò. Si fece, se possibile, ancora più vaqua.
“E sentiamo. Quali scelte vorresti compiere?”
“Voglio scoprire se un drago viola sia obbligato a portare distruzione”
Il guardiano allora si esibì in un sorriso freddo e meschino, contorcendo le labbra per mostrare un arsenale di zanne acuminate come il male.
“Hai bisogno di conferme, Malefor?”
“No”
“E di che cosa allora”
il draghetto mosse placidamente le ali, come se quella situazione non lo turbasse minimamente, e si sedette sulla superficie ruvida del –giardino di casa.
“Vorrei conoscere il tuo di sogno”
Come se un colpo più potente degli altri si fosse abbattuto sul suo corpo, il drago di fuoco questa volta sembrò bacillare per un istante.
“E a te perché interessa?” Chiese, scrutando ferocemente il cucciolo.
“Perché in questo momento io mi sto allenando e sto crescendo per il tuo sogno”
Flarendor perse un attimo il controllo delle sue emozioni impassibili, che non gli permisero di nascondere un geiser di odio verso quella creatura che lui stesso stava formando e che era convinto non avrebbe dominato per sempre.
“Questo è il destino di ogni drago viola! Sei nato per dominare il mondo, quando tutto sarà sotto di te potrai fare degli altri ciò che più ti piace… realizzerai qualsiasi tuo sogno, perché il creato sarà tuo! Quindi adesso piantala di dire sciocchezze e preparati”
Il giovane drago avvolse la piccola coda attorno a una delle zampe posteriori e si grattò  il ventre con gli artigli.
“Sono pronto”
una linea rossa si mosse fulminea di fronte a lui, accompagnata da un sibilo agghiacciante. Evitò la frustata di coda con noncuranza, ritenendolo pericolo di ben poco conto.
L’atteggiamento del suo allievo stimolava Flarendor ad essere sempre più severo e spietato. Cercò con uno scatto di afferrarlo per la testa, ma Malefor schizzò via prima che i suoi artigli potessero chiuderglisi attorno.
Provò a ghermirlo di nuovo, mentre il draghetto gli passava a pochi centimetri dal collo muovendosi agilmente in’aria come una libellula, ma non fu in grado neanche di sfiorarlo.
Quando Malefor atterrò tranquillamente dietro di lui dovette portarsi una zampa al collo per tastare un rigagnolo di sangue rosso come le sue squame che gli stava scivolando verso la spalla sinistra.
“Molto bene…”
ruotando rapidamente su se stesso il drago scagliò una fiammata purpurea addosso a Malefor, il quale non si aspettava una reazione così istantanea e repentina. Il corpo del draghetto venne circondato da un alone di energia gelida su cui il fuoco di Flarendor si infranse, perdendo quasi completamente calore e consistenza. Le fiamme lo circondarono. Quando ne riemerse sul  suo corpo erano presenti solo lievi scottature di modesta entità.
Sapendo che era quello che il maestro voleva, Malefor gli si gettò addosso con rabbia e brama del suo sangue. sfrecciò come una macchia scura e indistinta verso il suo addome scoperto, mancando però il bersaglio per un soffio, in quanto Flarendor fece in tempo a librarsi verso l’alto un attimo prima dell’impatto.
Il draghetto non perse un istante di tempo e seguì il suo esempio, alzandosi in volo e volteggiandogli attorno come un rapace fa con la propria preda. Attese il momento giusto per attaccare, finché non si ritrovò senza neanche volerlo al disopra del dorso dell’avversario, che gli sembrò gustosamente desideroso di essere squartato.
Snudò i piccoli ma  già letali artigli e Con uno slancio gli si gettò incontro per affondarli tra le sue squame, fino alla carne. Flarendor emise un ruggito di dolore che riecheggiò nello spazio circostante e si scrollò di dosso il draghetto. Malefor non riuscì a mantenere la presa né ha trovare un appiglio solido e venne scaraventato direttamente al suolo.
“Per questa mattina ritengo sia sufficiente” sentenziò Flarendor tra ampi respiri.
Il cucciolo si alzò da terra dolorante, cercando di ignorare le fitte alle zampe. Senza neanche voltarsi a guardarlo si diresse all’interno della caverna, dove il buio lo inghiottì di nuovo. quell’oscurità che non lo abbandonava mai e nella quale era sempre costretto a rintanarsi.
Osservò le nude pareti dell’antro, barriera invalicabile che sperava non l’avrebbe intrappolato ancora per molto. La sua mente non impiegò chi sa quanto a scovare la soluzione a tutti i suoi problemi. Questa si trovava lì, a pochi metri da lui, e lo stava fissando con una punta di orgoglio e una di disprezzo.
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E eccoci! finalmente, dopo molti secoli, molte sofferenze, molti tristi avvenimenti come la maturità che mi hanno fregato un casino di tempo, e dopo tante altre belle cose troppo fighe per essere scritte… che compaio con questo neanche troppo emozionante capitolo!
Capisco che dopo molto tempo quelle povere anime gentili che stanno seguendo la storia si aspettassero un uber-capitolo di mezzo rotolone Regina, però ho ritenuto opportuno lasciare le cose fighe per il prossimo… che penso vi piacerà di più! A presto (ma quando mai) xD Sasuke
  
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