What
i really want.
Vi
ringrazio come sempre dei commenti, sempre ben accetti e se proprio
devo dirlo,
questa piccola storia comincia a divertire anche me, nello scriverla
intendo.
Ultimamente, grazie a voi e forse grazie alla
‘foga’ di volerla continuare, sto
scrivendo come un treno. Non vi interesserà affatto,
comunque mi piaceva
rendervi partecipi. Dedico questo capitolo a tutti quelli che leggono
la storia
e sono così pazienti da ‘sopportare’ le
mie angherie sui personaggi. Buona
lettura.
Capitolo
quarto : La vendetta è un piatto che va consumato freddo.
S’erge
il sole nuovamente. Apro le imposte della
finestra stirando le braccia soddisfatto. Da quanto non mi riaffacciavo
da
questa stanza? Ricordo d’averci vissuto per un periodo di
tempo, sino alla mia
partenza per tentare di recuperare
la
memoria. Poggio le braccia sul davanzale. Hen è divenuta
così…così. Arrossisco
serrando gli occhi, non fare strani pensieri eh? Un rumore sordo mi
distrae,
proviene dal giardino. Uhm, mi affaccio, notando Ranma alle prese con
dei kata
mattutini. Da quel che mi hanno detto lui è il successore
della scuola di arti
marziali indiscriminate, della famiglia Saotome. Per questo deve
sposarsi con
Akane. Sospiro. Questo pensiero m’ha vorticato in testa tutta
la notte. Non
riesco a smettere di pensare alla parola
‘matrimonio’ per la piccola Hen.
Lo
osservo meglio. Beh, si. Non c’è che dire, non
è
messo male a fisico. Eppure io sono convinto che quattro muscoli non
siano
decisamente, ciò che interessa ad una donna. Conta anche la
testa, annuisco
deciso. Tsk, e poi io mica sono messo male. Mi sposto dalla finestra,
ponendomi
dinanzi allo specchio. Sollevo un po’ la maglietta
– emettendo una leggera
smorfia col naso. Oddio, in effetti non sono molto in forma. Accidenti.
Una
nube nera s’addensa attorno al mio stato d’animo.
Non ho chance contro quel
Rambo. Le mie labbra si piegano verso il basso – accidenti,
non è detta
l’ultima, loro – a detta di Ranma e Akane, stanno
insieme contro il loro volere
no? Quindi, perché io non dovrei avere una
possibilità?
Sollevo
il naso per aria baldanzoso, uscendo dalla
stanza. Yes. Non mi accorgo, immerso tra le nuvole, di andare incontro
all’oggetto dei miei pensieri, scontrandomici
inevitabilmente. “Ahio, scusa,
scusa” emetto piegando entrambe le mani dinanzi al volto, per
chiedere perdono
– si sa mai – Hen sarà pure docile ma
quando si arrabbia … meglio non pensarci.
Lei mi sorride. “Tutto ok Annon, tra me e te non so chi
è il più goffo” e ride,
quando lo fa io non posso far a meno di…non fissarla come un
emerito imbecille.
Perché mi comporto come un coglione? Eccomi, se fossi
dinanzi allo specchio mi
vedrei inebetito, rosso in faccia ad osservarla come uno stoccafisso.
Sveglia
deficiente. “Ehm, Annon?” mi scuote dalla paralisi
improvvisa, scatenandomi
quello che io chiamo ‘panico da Akane’ .
“Eh? Io? No…non ti stavo guardando, ti
sbagli!” emetto tutto d’un fiato. Lei ride di
nuovo, sono così buffo? Ci
solleviamo entrambi, dando una sonora zuccata l’uno
all’altra. “E’ un vizio …
accidenti” mi smuovo, massaggiando la tempia.
“Credo di si” mi imita.
La
porta scorrevole d’una stanza adiacente s’apre
ora, con un leggero tonfo. Sgrano gli occhi ampiamente osservando un
panda
gigantesco camminare tranquillamente per casa grattandosi le chiappe
come un
essere umano. “Cos'è…quello?”
indico l’animale rifugiandomi dietro Akane, lo
so, non è molto virile nascondersi dietro una donna ma, una
cosa è l’astuzia,
un’altra volersi assassinare. Lei si volge sopra la spalla,
dandomi un’occhiata
perplessa. “Tranquillo, è solamente il signor
Genma” mi risponde , in modo così
naturale da spaventarmi.
“Il
signor…Saotome?” strano, eppure ieri lo
ricordavo umano. Ranma è figlio di un panda? Non ci capisco
una mazza. “Vieni,
ti spiego di sotto”. Mi prende per mano involontariamente,
credo. Abbasso lo
sguardo, notando quel piccolo particolare. Ridacchio confuso e
‘forse’ felice,
al tempo stesso. Sono proprio deficiente talvolta.
…
Prendo
un respiro ampio, asciugando il sudore che
scivola lungo i pettorali. Sferro un altro calcio deciso
all’aria prima
d’essere richiamato da Kasumi, assieme agli altri.
“Arrivo” emetto spiccio,
mentre sollevo lo sguardo, nel medesimo istante, qualcosa di
‘fastidioso’ mi
blocca la circolazione all’istante. Mi frego anche gli occhi
, si sa mai,
avessi le visioni. Ultimamente succede spesso. No, sto davvero
– vedendo –
Akane e quella bianchina ambulante per mano? Un mezzo ringhio mi
contorce le
labbra, no, non farò di certo la parte del geloso. Io sono
decisamente maturo,
chissà oggi cosa fanno Shampoo e Ukyo. Scuoto il capo, non
ero maturo?
Prendo
un bel respiro, tentando di trattenerlo.
Punto primo per non dare d’escandescenza, punto secondo per
decidere con calma
se rompergli tutte le ossa, oppure torturarlo lentamente in altri modi.
Dovrò
pensarci. Mi avvicino, sedendomi al mio posto muto. Lui si volge verso
di me,
spiccando un sorriso a trentadue denti .
Dei, tenetemi altrimenti glieli spacco tutti quanti e non
ci saranno
dentiere in grado di entrarti in bocca – giuro. Akane scivola
con lo sguardo su
di me, io cambio immediatamente la direzione del capo arrossendo. Ci
mancava
solo questa, adesso non riesco nemmeno a guardarla, andiamo bene. Non
so se il
mio rossore è dato dalla rabbia o semplicemente dal
‘sogno’.
Sollevo
la ciotola presso Kasumi, senza proferire
alcun verbo. “Ranma-kun, come sei silenzioso
stamattina” proferisce quasi
sorpresa. Tutti i presenti lo sono in realtà,
c’è un leggero, leggerissimo
alone di tensione. Chissà perché, mah. Ovviamente
è ironica la mia
affermazione.
Poggio
il gomito sul tavolo, schiacciando la guancia
contro le nocche. “Annon, ti andrebbe di venire a scuola con
noi? Te la faccio
visitare, in caso volessi – non so – trasferirti in
modo permanente” . Lascio
improvvisamente cadere la mano lungo il fianco, sbattendo sonoramente
il mento
sul tavolinetto. “Ahio…” massaggio la
parte dolorante, puntando lo sguardo su
Akane, trucidandola letteralmente. Permanente un corno.
Mr.
Pelo bianco e ‘consorte’ si volgono verso di me
perplessi. “C’è qualcosa che non va
Ranma?” mi chiede lei ironica, come se in
mezzo vi fosse una domanda indiretta del tipo ‘sarai mica
geloso’.
“No,
non lo sono, tranquilla” rispondo, senza
nemmeno che lei lo abbia effettivamente chiesto. “Non sei,
cosa?” mi rimbecca
acida e sarcastica al tempo stesso. Quando fa così la
ucciderei. Mi sollevo
sbattendo le mani sul tavolo, lasciando cadere la ciotola con tutto il
riso
dentro. “Ma…Ran…”
papà non fa nemmeno in tempo a chiamarmi che la porta
scorrevole è già chiusa dietro di me. Cretina.
…
Lo
osservo annichilita. “Ranma…” un mezzo
sospiro
col suo nome m’esce dalle labbra. Sono giorni che
è assente con la testa, non
capisco il perché del suo comportamento. Annon mi osserva
stranito, così tutti
gli altri.
“Akane,
potevi evitare di rispondere così al tuo fidanzato,
su” mi rimprovera Kasumi, portando la mancina presso la gota
“Guarda, non ha
nemmeno mangiato”. Non me ne ero accorta. Solitamente mangia
per quattro, credo
che mi debba qualche spiegazione il signorino e per la cronaca
– sono ancora in
collera con lui. Mi sollevo dal tavolo, socchiudendo le palpebre e
sospirando
pesantemente. “Andiamo Annon” lui annuisce
silenzioso. Forse ha inteso che c’è
qualcosa che non va tra me e lo stupido, di la.
“Ho
fatto qualcosa di sbagliato?” domanda l’albino
porgendomi quel suo sguardo scuro negli occhi. Scuoto il capo. In
realtà, non
ne ho idea nemmeno io. Osservo l’ingresso, Ranma deve essere
già uscito.
L’altro deve notare che mi sono appena intristita, mi pone
una mano sulla
spalla sorridendo. “Dai, non è successo
nulla” mi consola. E’ sempre stato così
lui, pronto a tirarmi su di morale – sempre. Non come quel
testardo e burbero
di Ranma. Mhh, quando fa così lo scannerei vivo. Scemo che
non è altro. Eppure,
io so che c’è qualcosa che non va in lui.
“Senti Akane, io resto qui per oggi
ti va? Almeno, se vuoi, potrai chiarirti con Ranma” scuoto il
capo.
Assolutamente no, non darò il contentino a quel cretino per
le sue crisi di
gelosia. Uh? Ho appena detto – geloso? Nah, Ranma non
potrebbe mai ingelosirsi
… o forse si? Arrossisco lievemente, tentando di lasciar
fuggire quel pensiero
dalla testa. “No, vieni con me, senza discussioni. A Ranma
penserò poi…”. Non
ti lascerei mai solo, sei arrivato solo ieri. Quello sfrontato deve
imparare un
po’ di ‘bon ton’ , non è casa
sua e si comporta come un maleducato. Bah.
…
“Annon
di qua, Annon di la. Dei ma lo ha sempre in
bocca dannazione?” puah, oramai nemmeno riesco più
a pensare ‘dentro di me’ ,
spiattello in mezzo alla strada anche i miei problemi, evvai. La gente
si volta
ad osservarmi, mentre faccio fuori a pugni ogni inferriata che mi
capita
dinanzi. Vuoi restare in modo permanente? Gna gna fru fru –
se vuoi ti porto
anche a letto con me, buttando nel secchio P-chan. E lui : si si amore
sposiamoci gna gna, ma Ranma? E lei : Chi è Ranma? Ah si,
quel povero coglione
che abita sotto casa mia, mah, forse un tempo era il mio fidanzato.
Già. E’ da
quando sono uscito che tento di nascondere quel tic fastidioso lungo le
labbra,
dannazione, sento vibrare ogni corda del mio essere. Non bastavano
Kuno, Ryoga
e compagnia bella, ora anche l’amichetto con cui giocava al
dottore. Lo spacco,
lo trucido, lo… lo…
“Tesoruccio!”
la voce di Shampoo mi rimbomba nelle
orecchie, mentre vedo ‘stranamente’ la ruota della
sua bici sempre più vicina,
sino a sentirne la composizione gommosa tra i denti.
“Shoshahi…” lei mi osserva
stranita “Cosa? Non capisco ciò che dici”
“SHOSHASHI!”
ma che cazzo, grazie, ho una ruota in
bocca – come diavolo fai a capirmi? Sollevo le mani sulla
testa, spostando di
peso lei e la bicicletta. “Amore, vieni qui” mi
abbraccia facendo le fusa come
una gatta in calore. “Ma vuoi levarti dalle scatole, oggi non
ho voglia…”
nemmeno l’attack è così forte. Sarebbe
capace di rimanermi incollata tutto il
gio…
Uhm.
Uno dei miei sorrisetti comincia a farsi largo
sulle labbra. “Shampoo cara, oggi pomeriggio …
cosa fai? Ti va di uscire con
me?” oh, nemmeno avessi annunciato le nozze. Un bel si
convinto è quel che
ricevo in tutta risposta, ovvio, IO ho fascino. Non quel bamboccino
bianco che
ha bisogno della manina di Akane per scendere dalle scale.
“T…tesoruccio stai
bene?” la cinese mi osserva intimorita, scansandosi appena,
non appena nota i
miei occhi scintillare d’un fuoco rabbioso. “IO
– STO – BENISSIMO” rispondo ad
alta voce, vuoi sfidarmi Akane eh? Ah si? Credi che io sia geloso di
quel…di
quel…di quel… assolutamente no, io posso averne
quante voglio. Non sono di
certo attratto da una ragazzina poco sexy e violenta come te.
“Allora
ci vediamo oggi, cerca di farti trovare alle
17.30 al parco, vestiti di azzurro e non mancare” sembro la
pubblicità d’un
centro commerciale. Lei, non fa altro che annuire perplessa –
mentre io mi
allontano, marcato dalla traccia nera sin sopra la fronte della ruota
della
bici, poco me ne frega. Livido, rabbioso. Non geloso, per
carità –
semplicemente infastidito da una situazione strana –
annuisco, ci manca
solamente che mi do la mano da solo poi sono pronto per il centro di
igiene
mentale.
L’ultima
campanella suona proprio nell’istante nel
quale metto piede dentro il cancello, salvato in corner. Ora che ci
penso, è la
prima volta in due anni che entro qui senza Akane. Mi fermo
all’ingresso,
spicco un breve salto sul ramo del primo albero del cortile, seguendo
poi il
cornicione in corsa – si sa mai – voglio arrivare
prima di quei due cretini.
Faccio
in tempo ad entrare dalla finestra e filare
al mio banco, quando eccoli apparire come una coppietta di neo-sposini.
Oh,
piccini, anche a braccetto ora.
Hiroshi
s’avvicina dandomi una gomitata nelle
costole. “Senti Saotome ma, Akane non era la tua fidanzata?
Quello chi è?” mi
domanda indicando Annon. Alzo le spalle – fingendomi
– disinteressato alla
cosa. “Che vuoi che ne sappia io, sono forse la sua
balia?” Immediatamente,
nemmeno a farlo apposta, il mio sguardo e quello del bianchetto
s’incrociano ed
ora, per la prima volta in due giorni, vedo che m’osserva in
un altro modo –
oserei dire – con
astio. Ricambio
l’occhiataccia – mentre una scarica elettrica pare
passare in mezzo all’aula.
Akane rimane muta ad osservare la scena, prima che si posi su di me, io
ho già
distolto lo sguardo.
La
lezione comincia, mentre il professore presenta
quel coglione come visitatore e bla bla bla…ne segue
un’ora di non so cosa, ero
troppo impegnato a pensare alla mia vendetta per seguire anche le
lezioni.
Finalmente,
ecco scoccare l’ora di pranzo. Puntuale
con essa, il mio sorrisetto torna sarcastico. “Puoi venire
con me?” la voce di
Akane mi distrae. Incrocio le braccia al petto evitandone di nuovo lo
sguardo
“Perché? Quell’altro non può
venire?” accidenti, a me e alla mia boccaccia ,
così sto sventolando una bandierina con scritto
‘gelosia’, sotto il suo naso.
“Non che…me ne importi, ovviamente” mi
correggo sorridente.
“Cretino,
devo parlarti. Ti muovi o devo prenderti
di peso?” mi intima cominciando ad innervosirsi. Mi sollevo
sbuffando, quasi la
cosa mi desse sui nervi. Quando invece, lancio
un’occhiataccia allo
spelacchiato – sollevando il naso trionfante. Ma cosa sto
facendo? Sono
rimbecillito o cosa? Puah.
Terrazzo,
ore 13.40
“Allora,
che dovevi dirmi?” mi smuovo secco, voglio
sbrigarmela in fretta, sono troppo preso da altri pensieri, per
ascoltarla ora.
Lei poggia entrambe le mani sull’inferriata centrale,
piegando il capo verso il
cortile, dove un gruppo di studenti si sta allenando a calcio.
“Dovrei essere
io quella arrabbiata, non tu…cosa c’è
che ti da fastidio? Sono giorni che mi
eviti” se vi dico che non so cosa rispondere, non ne
rimarreste sorpresi, vero?
“…”
Riesce sempre a spiazzarmi, in un modo o
nell’altro. Grugnisco qualcosa di incomprensibile prima di
spostarmi verso la
porta. “Niente, non ho niente” dal mio tono non si
direbbe affatto. “Certo…come
no. Sei geloso?” stavolta la domanda è diretta
“Io? Geloso di te – questa si
che è buona” acido come sempre, spigoloso nel tono.
“Se
non è gelosia, allora perché guardi Annon come
se fosse il più acerrimo dei tuoi nemici?” mi
sputa contro. Qui io, non so
davvero cosa dirle. Ci provo, buttandola sulla classica battuta,
“Non mi piace
a pelle, va bene come risposta?” lei si volge verso di me
ora, non ha il volto
corrucciato o quant’altro, direi più, intristita.
“Capisco, quindi … a te non
importa niente di me…” ahio, quando sento quella
tonalità forte e decisa
spezzarsi appena, è sinonimo di rubinetti che si aprono.
Stringe
le labbra. “Come al solito, hai la
sensibilità di un elefante. Scemo!” ed
è un bel cinquino stampato in faccia
quello che sento ora. Sollevo la mano, aprendo il palmo completamente
per
tastare la guancia pulsante. “Vedi? Sei violenta, non
lamentarti se poi non
sono carino con te…se solo tu fossi meno
manesca…” non finisco la frase – credo
d’aver ecceduto un po’ troppo. Piange.
“S…su dai…n…non intendevo
essere… cioè
non volevo dire…”
“Ti
sei spiegato benissimo” mi urla contro. No, non
sopporto di vederla piangere è più forte di me.
Scappa, eh no, questa volta mi
ascolti cavolo. La blocco per un braccio – ehm –
dove ho già vissuto questa
cosa? Ho un déjà
vu.
“Senti.
Io intendevo semplicemente dirti che…
potrei…essere…anche più carino se tu,
insomma, me ne dessi la moti…vazione…”
non so perché spezzo la parola in due. Stavolta il mio
sguardo permane immerso
nel suo per alcuni istanti. Le lacrime continuano ad inondarle il volto
libere.
Non posso far a meno di sentirmi maggiormente in colpa.
“Motivazione? Fammi un
esempio…” oddio, qua viene il difficile.
Io
ci provo, poi se, becco un altro ceffone – chiamo
il telefono azzurro. “Ad esempio. Se la smettessi di
picchiarmi ogni volta che
faccio qualcosa, qualsiasi cosa, mi faresti un gran favore. Cosa ti
faccio, per
ricevere sempre un ceffone o roba simile? … Fa male anche a
me sai? Non sono di
gomma” ecco, ora sono entrato nella parte di me che odio
– quella seria. Quando
IO divengo serio, è sinonimo di, ‘dire cose che
non vorrei’ . Mi spaventa
questo mio lato del carattere.
Lei
mi osserva silenziosa, le lacrime hanno smesso
di scenderle lungo il volto. Le lascio il polso lentamente. “
Pensi che … a me
piaccia come mi tratti? Se ti picchio è perché ho
i miei motivi” Ok, siamo in
torto entrambi, lo riconosco. Mi scivola un sorriso sulle labbra, non
riesco a
trattenerlo. Scuoto il capo, leccando il labbro inferiore
così, istintivo. “Va
bene, ricevuto. Rimani sempre una kawaiikune,
però.” Stavolta non s’arrabbia,
l’ho detto scherzosamente, spostandole la fronte indietro con
l’indice. E’ raro
scherzare con lei.
“Scemo”
finalmente apre un mezzo sorriso anche lei.
Segno che non è più arrabbiata. Chissà
perché ma, in questo momento – quando
faccio la pace con lei – quell’idea di vendicarmi,
mi passa di mente. Poggio le
spalle contro il muro “Hai fame?” le chiedo
abbassando lo sguardo.
“Si,
abbastanza” silenzio ne segue. Stringo il
labbro inferiore tra i denti. Che faccio? Scendo a prendere il cibo, o
rimango
qui? Il mio stomaco protesta, non ho nemmeno fatto colazione.
“Akane
io…”
“Ranma
io…” buffo. Lo diciamo assieme. Nemmeno
avessimo avuto un filo conduttore in questo momento. Abbassiamo lo
sguardo
all’unisono. “Scusa” anche questo, viene
spontaneo da entrambi. Sollevo lo
sguardo, meravigliandomi di me stesso e di lei anche.
“O…ora possiamo anche,
scendere non credi?” perché ho detto una frase
così stupida? Sono un emerito
coglione.
“Se…vuoi”
mi ripete titubante, io annuisco. Ok, sono
decisamente scemo. Il fatto è che
una parte
di me mi intima di restare, mentre l’altra mi tormenta
d’andarmene. “Va bene”
ho fatto decisamente la mia, anche adesso. Lanciare il sasso e tirare
indietro
la mano, ora, sarebbe sconveniente.
Rimaniamo
entrambi dinanzi alla porta, immobili. Sto
aspettando che esca per prima, così, non mi
sentirò troppo in colpa d’aver
proposto di scendere. Non si muove. Una folata di vento. Il rintoccare
improvviso del campanile distante. Ora, potrei dire d’aver
sentito persino il
raggrinzire d’una foglia pestata. Abbasso il capo, lanciando
debolmente
un’occhiata verso destra. Congiungo gli indici
l’uno contro l’altro
giocherellandoci, ricolmo d’un imbarazzo asensato.
“Se
rimanessimo qui?” propongo, mentre il tono del
verbo s’ammorbidisce leggermente. Ecco. Sono
stato carino con lei. Una cosa rara da parte mia, molto. Lei
se ne accorge,
perché ora mi osserva sorridendo. Trattengo il respiro per
una manciata di
secondi che sembra interminabile, sino ad ingollare completamente il
fiotto di
saliva che aveva cominciato, poco fa, a scendermi giù per la
gola. Non sei male se sorridi. Si,
lo penso.
Potrei darmi del pazzo per l’ennesima volta, convincermi
d’avere una malattia
ma, no, semplicemente resto con la convinzione che in questo momento,io
la vedo
seriamente come penso. E’
più carina.
Quando non è violenta, quando non è un
maschiaccio, quando rimane silenziosa ad
osservarmi così, facendomi sentire in imbarazzo. Dei, sono
ancora rosso. Scuoto
il capo, mentre il codino dietro la nuca s’arruffa
sollevandosi d’impatto.
Il
mio stomaco brontola ora. Rompe l’apparente
quiete dell’attimo, facendomi scivolare la mancina dinanzi al
volto. “Temo di
morire di fame così” per una volta che
c’è un momento di calma piatta, tra me e
lei, qualsiasi cosa, anche la più cretina deve
interromperlo. Bah, ci rinuncio.
Lei alza le spalle, senza arrabbiarsi. “Lo stiamo dicendo da
venti minuti ma
non siamo ancora scesi. Credo che dovremmo mangiare, tra poco suona la
campanella…poi Annon…” si blocca,
temendo d’aver detto qualcosa di spiacevole.
Mugugno qualcosa d’incomprensibile, certo, mi ero dimenticato
che sotto c’è
sbianchetto che attende. Inarco le sopracciglia, abbandonando
l’immagine di
‘ragazzo tranquillo’. “Ovviamente, va
pure. Non sarò di certo io a fermarti.
Bah” sbuffo irritato, spiccando un salto sul tetto
dell’impalcatura che
costituisce la scalinata. Incrocio le gambe e le braccia, sollevando il
capo e
lo sguardo contro la volta. Mi secca dannatamente ammettere che sarei
rimasto
ancora un po’, se lei, non avesse pensato a quel cretino.
“Ranma…”
fa una pausa osservando le mie movenze “Sei
uno stupido, come al solito” s’infuria, mostrandomi
la lingua per svariati
secondi prima di lasciarmi solo sul terrazzo. Credo mi sia passata di
nuovo la
fame. Mi sposto su d’un fianco, raggomitolandomi come facevo
da bambino quando
avevo un problema. Sposto gli avambracci contro la nuca, sospingendo
all’interno le braccia per comprimerle contro le tempie.
Socchiudo le palpebre.
Silenzio. Perché deve sempre
rovinare
tutto quella la? Pensare che avevo intenzione di …
lasciamo stare.
Fine
Quarto Capitolo
Ed
un altro capitolo è giunto al termine, eh eh, a
quanto pare ci sono dei fuochi da spegnere nei prossimi capitoli (Ogni
riferimento al nostro Ranma è puramente casuale eh) ,
vedremo di fare qualcosa
per quel testone.
Al
prossimo capitolo. Sayou.