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Autore: Ery_chan    29/08/2008    10 recensioni
‘Se riuscissi per una volta ad annullare le mie inibizioni. Se pensandoti desiderassi di te ogni centimetro, se le tue labbra fossero un fuoco ardente dal quale non so stare più lontano. Mi chiameresti pazzo? Si, semplicemente un folle potrebbe essere attratto da un maschiaccio come te, eppure, ho l’impressione che questa insanità mentale cominci a piacermi davvero’ [Aggiornata il 08/02/2009]
Genere: Romantico, Commedia, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akane Tendo, Altro Personaggio, Ranma Saotome
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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What i really want.

Vi ringrazio come sempre dei commenti, sempre ben accetti e se proprio devo dirlo, questa piccola storia comincia a divertire anche me, nello scriverla intendo. Ultimamente, grazie a voi e forse grazie alla ‘foga’ di volerla continuare, sto scrivendo come un treno. Non vi interesserà affatto, comunque mi piaceva rendervi partecipi. Dedico questo capitolo a tutti quelli che leggono la storia e sono così pazienti da ‘sopportare’ le mie angherie sui personaggi. Buona lettura.

Capitolo quarto : La vendetta è un piatto che va consumato freddo.

 

S’erge il sole nuovamente. Apro le imposte della finestra stirando le braccia soddisfatto. Da quanto non mi riaffacciavo da questa stanza? Ricordo d’averci vissuto per un periodo di tempo, sino alla mia partenza per tentare di recuperare la memoria. Poggio le braccia sul davanzale. Hen è divenuta così…così. Arrossisco serrando gli occhi, non fare strani pensieri eh? Un rumore sordo mi distrae, proviene dal giardino. Uhm, mi affaccio, notando Ranma alle prese con dei kata mattutini. Da quel che mi hanno detto lui è il successore della scuola di arti marziali indiscriminate, della famiglia Saotome. Per questo deve sposarsi con Akane. Sospiro. Questo pensiero m’ha vorticato in testa tutta la notte. Non riesco a smettere di pensare alla parola ‘matrimonio’ per la piccola Hen.

Lo osservo meglio. Beh, si. Non c’è che dire, non è messo male a fisico. Eppure io sono convinto che quattro muscoli non siano decisamente, ciò che interessa ad una donna. Conta anche la testa, annuisco deciso. Tsk, e poi io mica sono messo male. Mi sposto dalla finestra, ponendomi dinanzi allo specchio. Sollevo un po’ la maglietta – emettendo una leggera smorfia col naso. Oddio, in effetti non sono molto in forma. Accidenti. Una nube nera s’addensa attorno al mio stato d’animo. Non ho chance contro quel Rambo. Le mie labbra si piegano verso il basso – accidenti, non è detta l’ultima, loro – a detta di Ranma e Akane, stanno insieme contro il loro volere no? Quindi, perché io non dovrei avere una possibilità?

Sollevo il naso per aria baldanzoso, uscendo dalla stanza. Yes. Non mi accorgo, immerso tra le nuvole, di andare incontro all’oggetto dei miei pensieri, scontrandomici inevitabilmente. “Ahio, scusa, scusa” emetto piegando entrambe le mani dinanzi al volto, per chiedere perdono – si sa mai – Hen sarà pure docile ma quando si arrabbia … meglio non pensarci. Lei mi sorride. “Tutto ok Annon, tra me e te non so chi è il più goffo” e ride, quando lo fa io non posso far a meno di…non fissarla come un emerito imbecille. Perché mi comporto come un coglione? Eccomi, se fossi dinanzi allo specchio mi vedrei inebetito, rosso in faccia ad osservarla come uno stoccafisso. Sveglia deficiente. “Ehm, Annon?” mi scuote dalla paralisi improvvisa, scatenandomi quello che io chiamo ‘panico da Akane’ . “Eh? Io? No…non ti stavo guardando, ti sbagli!” emetto tutto d’un fiato. Lei ride di nuovo, sono così buffo? Ci solleviamo entrambi, dando una sonora zuccata l’uno all’altra. “E’ un vizio … accidenti” mi smuovo, massaggiando la tempia. “Credo di si” mi imita.

La porta scorrevole d’una stanza adiacente s’apre ora, con un leggero tonfo. Sgrano gli occhi ampiamente osservando un panda gigantesco camminare tranquillamente per casa grattandosi le chiappe come un essere umano. “Cos'è…quello?” indico l’animale rifugiandomi dietro Akane, lo so, non è molto virile nascondersi dietro una donna ma, una cosa è l’astuzia, un’altra volersi assassinare. Lei si volge sopra la spalla, dandomi un’occhiata perplessa. “Tranquillo, è solamente il signor Genma” mi risponde , in modo così naturale da spaventarmi.

“Il signor…Saotome?” strano, eppure ieri lo ricordavo umano. Ranma è figlio di un panda? Non ci capisco una mazza. “Vieni, ti spiego di sotto”. Mi prende per mano involontariamente, credo. Abbasso lo sguardo, notando quel piccolo particolare. Ridacchio confuso e ‘forse’ felice, al tempo stesso. Sono proprio deficiente talvolta.

Prendo un respiro ampio, asciugando il sudore che scivola lungo i pettorali. Sferro un altro calcio deciso all’aria prima d’essere richiamato da Kasumi, assieme agli altri. “Arrivo” emetto spiccio, mentre sollevo lo sguardo, nel medesimo istante, qualcosa di ‘fastidioso’ mi blocca la circolazione all’istante. Mi frego anche gli occhi , si sa mai, avessi le visioni. Ultimamente succede spesso. No, sto davvero – vedendo – Akane e quella bianchina ambulante per mano? Un mezzo ringhio mi contorce le labbra, no, non farò di certo la parte del geloso. Io sono decisamente maturo, chissà oggi cosa fanno Shampoo e Ukyo. Scuoto il capo, non ero maturo?

Prendo un bel respiro, tentando di trattenerlo. Punto primo per non dare d’escandescenza, punto secondo per decidere con calma se rompergli tutte le ossa, oppure torturarlo lentamente in altri modi. Dovrò pensarci. Mi avvicino, sedendomi al mio posto muto. Lui si volge verso di me, spiccando un sorriso a trentadue denti .  Dei, tenetemi altrimenti glieli spacco tutti quanti e non ci saranno dentiere in grado di entrarti in bocca – giuro. Akane scivola con lo sguardo su di me, io cambio immediatamente la direzione del capo arrossendo. Ci mancava solo questa, adesso non riesco nemmeno a guardarla, andiamo bene. Non so se il mio rossore è dato dalla rabbia o semplicemente dal ‘sogno’.

Sollevo la ciotola presso Kasumi, senza proferire alcun verbo. “Ranma-kun, come sei silenzioso stamattina” proferisce quasi sorpresa. Tutti i presenti lo sono in realtà, c’è un leggero, leggerissimo alone di tensione. Chissà perché, mah. Ovviamente è ironica la mia affermazione.

Poggio il gomito sul tavolo, schiacciando la guancia contro le nocche. “Annon, ti andrebbe di venire a scuola con noi? Te la faccio visitare, in caso volessi – non so – trasferirti in modo permanente” . Lascio improvvisamente cadere la mano lungo il fianco, sbattendo sonoramente il mento sul tavolinetto. “Ahio…” massaggio la parte dolorante, puntando lo sguardo su Akane, trucidandola letteralmente. Permanente un corno.

Mr. Pelo bianco e ‘consorte’ si volgono verso di me perplessi. “C’è qualcosa che non va Ranma?” mi chiede lei ironica, come se in mezzo vi fosse una domanda indiretta del tipo ‘sarai mica geloso’.

“No, non lo sono, tranquilla” rispondo, senza nemmeno che lei lo abbia effettivamente chiesto. “Non sei, cosa?” mi rimbecca acida e sarcastica al tempo stesso. Quando fa così la ucciderei. Mi sollevo sbattendo le mani sul tavolo, lasciando cadere la ciotola con tutto il riso dentro. “Ma…Ran…” papà non fa nemmeno in tempo a chiamarmi che la porta scorrevole è già chiusa dietro di me. Cretina.

Lo osservo annichilita. “Ranma…” un mezzo sospiro col suo nome m’esce dalle labbra. Sono giorni che è assente con la testa, non capisco il perché del suo comportamento. Annon mi osserva stranito, così tutti gli altri.

“Akane, potevi evitare di rispondere così al tuo fidanzato, su” mi rimprovera Kasumi, portando la mancina presso la gota “Guarda, non ha nemmeno mangiato”. Non me ne ero accorta. Solitamente mangia per quattro, credo che mi debba qualche spiegazione il signorino e per la cronaca – sono ancora in collera con lui. Mi sollevo dal tavolo, socchiudendo le palpebre e sospirando pesantemente. “Andiamo Annon” lui annuisce silenzioso. Forse ha inteso che c’è qualcosa che non va tra me e lo stupido, di la.

“Ho fatto qualcosa di sbagliato?” domanda l’albino porgendomi quel suo sguardo scuro negli occhi. Scuoto il capo. In realtà, non ne ho idea nemmeno io. Osservo l’ingresso, Ranma deve essere già uscito. L’altro deve notare che mi sono appena intristita, mi pone una mano sulla spalla sorridendo. “Dai, non è successo nulla” mi consola. E’ sempre stato così lui, pronto a tirarmi su di morale – sempre. Non come quel testardo e burbero di Ranma. Mhh, quando fa così lo scannerei vivo. Scemo che non è altro. Eppure, io so che c’è qualcosa che non va in lui. “Senti Akane, io resto qui per oggi ti va? Almeno, se vuoi, potrai chiarirti con Ranma” scuoto il capo. Assolutamente no, non darò il contentino a quel cretino per le sue crisi di gelosia. Uh? Ho appena detto – geloso? Nah, Ranma non potrebbe mai ingelosirsi … o forse si? Arrossisco lievemente, tentando di lasciar fuggire quel pensiero dalla testa. “No, vieni con me, senza discussioni. A Ranma penserò poi…”. Non ti lascerei mai solo, sei arrivato solo ieri. Quello sfrontato deve imparare un po’ di ‘bon ton’ , non è casa sua e si comporta come un maleducato. Bah.

 

“Annon di qua, Annon di la. Dei ma lo ha sempre in bocca dannazione?” puah, oramai nemmeno riesco più a pensare ‘dentro di me’ , spiattello in mezzo alla strada anche i miei problemi, evvai. La gente si volta ad osservarmi, mentre faccio fuori a pugni ogni inferriata che mi capita dinanzi. Vuoi restare in modo permanente? Gna gna fru fru – se vuoi ti porto anche a letto con me, buttando nel secchio P-chan. E lui : si si amore sposiamoci gna gna, ma Ranma? E lei : Chi è Ranma? Ah si, quel povero coglione che abita sotto casa mia, mah, forse un tempo era il mio fidanzato. Già. E’ da quando sono uscito che tento di nascondere quel tic fastidioso lungo le labbra, dannazione, sento vibrare ogni corda del mio essere. Non bastavano Kuno, Ryoga e compagnia bella, ora anche l’amichetto con cui giocava al dottore. Lo spacco, lo trucido, lo… lo…

“Tesoruccio!” la voce di Shampoo mi rimbomba nelle orecchie, mentre vedo ‘stranamente’ la ruota della sua bici sempre più vicina, sino a sentirne la composizione gommosa tra i denti. “Shoshahi…” lei mi osserva stranita “Cosa? Non capisco ciò che dici”

“SHOSHASHI!” ma che cazzo, grazie, ho una ruota in bocca – come diavolo fai a capirmi? Sollevo le mani sulla testa, spostando di peso lei e la bicicletta. “Amore, vieni qui” mi abbraccia facendo le fusa come una gatta in calore. “Ma vuoi levarti dalle scatole, oggi non ho voglia…” nemmeno l’attack è così forte. Sarebbe capace di rimanermi incollata tutto il gio…

Uhm. Uno dei miei sorrisetti comincia a farsi largo sulle labbra. “Shampoo cara, oggi pomeriggio … cosa fai? Ti va di uscire con me?” oh, nemmeno avessi annunciato le nozze. Un bel si convinto è quel che ricevo in tutta risposta, ovvio, IO ho fascino. Non quel bamboccino bianco che ha bisogno della manina di Akane per scendere dalle scale. “T…tesoruccio stai bene?” la cinese mi osserva intimorita, scansandosi appena, non appena nota i miei occhi scintillare d’un fuoco rabbioso. “IO – STO – BENISSIMO” rispondo ad alta voce, vuoi sfidarmi Akane eh? Ah si? Credi che io sia geloso di quel…di quel…di quel… assolutamente no, io posso averne quante voglio. Non sono di certo attratto da una ragazzina poco sexy e violenta come te.

“Allora ci vediamo oggi, cerca di farti trovare alle 17.30 al parco, vestiti di azzurro e non mancare” sembro la pubblicità d’un centro commerciale. Lei, non fa altro che annuire perplessa – mentre io mi allontano, marcato dalla traccia nera sin sopra la fronte della ruota della bici, poco me ne frega. Livido, rabbioso. Non geloso, per carità – semplicemente infastidito da una situazione strana – annuisco, ci manca solamente che mi do la mano da solo poi sono pronto per il centro di igiene mentale.

L’ultima campanella suona proprio nell’istante nel quale metto piede dentro il cancello, salvato in corner. Ora che ci penso, è la prima volta in due anni che entro qui senza Akane. Mi fermo all’ingresso, spicco un breve salto sul ramo del primo albero del cortile, seguendo poi il cornicione in corsa – si sa mai – voglio arrivare prima di quei due cretini.

Faccio in tempo ad entrare dalla finestra e filare al mio banco, quando eccoli apparire come una coppietta di neo-sposini. Oh, piccini, anche a braccetto ora.

Hiroshi s’avvicina dandomi una gomitata nelle costole. “Senti Saotome ma, Akane non era la tua fidanzata? Quello chi è?” mi domanda indicando Annon. Alzo le spalle – fingendomi – disinteressato alla cosa. “Che vuoi che ne sappia io, sono forse la sua balia?” Immediatamente, nemmeno a farlo apposta, il mio sguardo e quello del bianchetto s’incrociano ed ora, per la prima volta in due giorni, vedo che m’osserva in un altro modo – oserei dire –  con astio. Ricambio l’occhiataccia – mentre una scarica elettrica pare passare in mezzo all’aula. Akane rimane muta ad osservare la scena, prima che si posi su di me, io ho già distolto lo sguardo.

La lezione comincia, mentre il professore presenta quel coglione come visitatore e bla bla bla…ne segue un’ora di non so cosa, ero troppo impegnato a pensare alla mia vendetta per seguire anche le lezioni.

Finalmente, ecco scoccare l’ora di pranzo. Puntuale con essa, il mio sorrisetto torna sarcastico. “Puoi venire con me?” la voce di Akane mi distrae. Incrocio le braccia al petto evitandone di nuovo lo sguardo “Perché? Quell’altro non può venire?” accidenti, a me e alla mia boccaccia , così sto sventolando una bandierina con scritto ‘gelosia’, sotto il suo naso. “Non che…me ne importi, ovviamente” mi correggo sorridente.

“Cretino, devo parlarti. Ti muovi o devo prenderti di peso?” mi intima cominciando ad innervosirsi. Mi sollevo sbuffando, quasi la cosa mi desse sui nervi. Quando invece, lancio un’occhiataccia allo spelacchiato – sollevando il naso trionfante. Ma cosa sto facendo? Sono rimbecillito o cosa? Puah.

Terrazzo, ore 13.40

“Allora, che dovevi dirmi?” mi smuovo secco, voglio sbrigarmela in fretta, sono troppo preso da altri pensieri, per ascoltarla ora. Lei poggia entrambe le mani sull’inferriata centrale, piegando il capo verso il cortile, dove un gruppo di studenti si sta allenando a calcio. “Dovrei essere io quella arrabbiata, non tu…cosa c’è che ti da fastidio? Sono giorni che mi eviti” se vi dico che non so cosa rispondere, non ne rimarreste sorpresi, vero?

“…” Riesce sempre a spiazzarmi, in un modo o nell’altro. Grugnisco qualcosa di incomprensibile prima di spostarmi verso la porta. “Niente, non ho niente” dal mio tono non si direbbe affatto. “Certo…come no. Sei geloso?” stavolta la domanda è diretta “Io? Geloso di te – questa si che è buona” acido come sempre, spigoloso nel tono. 

“Se non è gelosia, allora perché guardi Annon come se fosse il più acerrimo dei tuoi nemici?” mi sputa contro. Qui io, non so davvero cosa dirle. Ci provo, buttandola sulla classica battuta, “Non mi piace a pelle, va bene come risposta?” lei si volge verso di me ora, non ha il volto corrucciato o quant’altro, direi più, intristita. “Capisco, quindi … a te non importa niente di me…” ahio, quando sento quella tonalità forte e decisa spezzarsi appena, è sinonimo di rubinetti che si aprono.

Stringe le labbra. “Come al solito, hai la sensibilità di un elefante. Scemo!” ed è un bel cinquino stampato in faccia quello che sento ora. Sollevo la mano, aprendo il palmo completamente per tastare la guancia pulsante. “Vedi? Sei violenta, non lamentarti se poi non sono carino con te…se solo tu fossi meno manesca…” non finisco la frase – credo d’aver ecceduto un po’ troppo. Piange. “S…su dai…n…non intendevo essere… cioè non volevo dire…”

“Ti sei spiegato benissimo” mi urla contro. No, non sopporto di vederla piangere è più forte di me. Scappa, eh no, questa volta mi ascolti cavolo. La blocco per un braccio – ehm – dove ho già vissuto questa cosa? Ho un déjà vu.

“Senti. Io intendevo semplicemente dirti che… potrei…essere…anche più carino se tu, insomma, me ne dessi la moti…vazione…” non so perché spezzo la parola in due. Stavolta il mio sguardo permane immerso nel suo per alcuni istanti. Le lacrime continuano ad inondarle il volto libere. Non posso far a meno di sentirmi maggiormente in colpa. “Motivazione? Fammi un esempio…” oddio, qua viene il difficile.

Io ci provo, poi se, becco un altro ceffone – chiamo il telefono azzurro. “Ad esempio. Se la smettessi di picchiarmi ogni volta che faccio qualcosa, qualsiasi cosa, mi faresti un gran favore. Cosa ti faccio, per ricevere sempre un ceffone o roba simile? … Fa male anche a me sai? Non sono di gomma” ecco, ora sono entrato nella parte di me che odio – quella seria. Quando IO divengo serio, è sinonimo di, ‘dire cose che non vorrei’ . Mi spaventa questo mio lato del carattere.

Lei mi osserva silenziosa, le lacrime hanno smesso di scenderle lungo il volto. Le lascio il polso lentamente. “ Pensi che … a me piaccia come mi tratti? Se ti picchio è perché ho i miei motivi” Ok, siamo in torto entrambi, lo riconosco. Mi scivola un sorriso sulle labbra, non riesco a trattenerlo. Scuoto il capo, leccando il labbro inferiore così, istintivo. “Va bene, ricevuto. Rimani sempre una kawaiikune, però.” Stavolta non s’arrabbia, l’ho detto scherzosamente, spostandole la fronte indietro con l’indice. E’ raro scherzare con lei.

“Scemo” finalmente apre un mezzo sorriso anche lei. Segno che non è più arrabbiata. Chissà perché ma, in questo momento – quando faccio la pace con lei – quell’idea di vendicarmi, mi passa di mente. Poggio le spalle contro il muro “Hai fame?” le chiedo abbassando lo sguardo.

“Si, abbastanza” silenzio ne segue. Stringo il labbro inferiore tra i denti. Che faccio? Scendo a prendere il cibo, o rimango qui? Il mio stomaco protesta, non ho nemmeno fatto colazione.

“Akane io…”

“Ranma io…” buffo. Lo diciamo assieme. Nemmeno avessimo avuto un filo conduttore in questo momento. Abbassiamo lo sguardo all’unisono. “Scusa” anche questo, viene spontaneo da entrambi. Sollevo lo sguardo, meravigliandomi di me stesso e di lei anche. “O…ora possiamo anche, scendere non credi?” perché ho detto una frase così stupida? Sono un emerito coglione.

“Se…vuoi” mi ripete titubante, io annuisco. Ok, sono decisamente scemo. Il fatto è  che una parte di me mi intima di restare, mentre l’altra mi tormenta d’andarmene. “Va bene” ho fatto decisamente la mia, anche adesso. Lanciare il sasso e tirare indietro la mano, ora, sarebbe sconveniente.

Rimaniamo entrambi dinanzi alla porta, immobili. Sto aspettando che esca per prima, così, non mi sentirò troppo in colpa d’aver proposto di scendere. Non si muove. Una folata di vento. Il rintoccare improvviso del campanile distante. Ora, potrei dire d’aver sentito persino il raggrinzire d’una foglia pestata. Abbasso il capo, lanciando debolmente un’occhiata verso destra. Congiungo gli indici l’uno contro l’altro giocherellandoci, ricolmo d’un imbarazzo asensato.

“Se rimanessimo qui?” propongo, mentre il tono del verbo s’ammorbidisce leggermente. Ecco. Sono stato carino con lei. Una cosa rara da parte mia, molto. Lei se ne accorge, perché ora mi osserva sorridendo. Trattengo il respiro per una manciata di secondi che sembra interminabile, sino ad ingollare completamente il fiotto di saliva che aveva cominciato, poco fa, a scendermi giù per la gola. Non sei male se sorridi. Si, lo penso. Potrei darmi del pazzo per l’ennesima volta, convincermi d’avere una malattia ma, no, semplicemente resto con la convinzione che in questo momento,io la vedo seriamente come penso. E’ più carina. Quando non è violenta, quando non è un maschiaccio, quando rimane silenziosa ad osservarmi così, facendomi sentire in imbarazzo. Dei, sono ancora rosso. Scuoto il capo, mentre il codino dietro la nuca s’arruffa sollevandosi d’impatto.

Il mio stomaco brontola ora. Rompe l’apparente quiete dell’attimo, facendomi scivolare la mancina dinanzi al volto. “Temo di morire di fame così” per una volta che c’è un momento di calma piatta, tra me e lei, qualsiasi cosa, anche la più cretina deve interromperlo. Bah, ci rinuncio. Lei alza le spalle, senza arrabbiarsi. “Lo stiamo dicendo da venti minuti ma non siamo ancora scesi. Credo che dovremmo mangiare, tra poco suona la campanella…poi Annon…” si blocca, temendo d’aver detto qualcosa di spiacevole. Mugugno qualcosa d’incomprensibile, certo, mi ero dimenticato che sotto c’è sbianchetto che attende. Inarco le sopracciglia, abbandonando l’immagine di ‘ragazzo tranquillo’. “Ovviamente, va pure. Non sarò di certo io a fermarti. Bah” sbuffo irritato, spiccando un salto sul tetto dell’impalcatura che costituisce la scalinata. Incrocio le gambe e le braccia, sollevando il capo e lo sguardo contro la volta. Mi secca dannatamente ammettere che sarei rimasto ancora un po’, se lei, non avesse pensato a quel cretino.

“Ranma…” fa una pausa osservando le mie movenze “Sei uno stupido, come al solito” s’infuria, mostrandomi la lingua per svariati secondi prima di lasciarmi solo sul terrazzo. Credo mi sia passata di nuovo la fame. Mi sposto su d’un fianco, raggomitolandomi come facevo da bambino quando avevo un problema. Sposto gli avambracci contro la nuca, sospingendo all’interno le braccia per comprimerle contro le tempie. Socchiudo le palpebre. Silenzio. Perché deve sempre rovinare tutto quella la? Pensare che avevo intenzione di … lasciamo stare.

 

Fine Quarto Capitolo

Ed un altro capitolo è giunto al termine, eh eh, a quanto pare ci sono dei fuochi da spegnere nei prossimi capitoli (Ogni riferimento al nostro Ranma è puramente casuale eh) , vedremo di fare qualcosa per quel testone.

Al prossimo capitolo. Sayou.

 

 

  
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