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Autore: Black Iris    10/07/2014    1 recensioni
I Nephilim sono sia angeli che umani, sono tra le razze più ripudiate dal mondo, ma dalla loro esistenza dipende il destino del mondo. Il mondo è sull'orlo dell'apocalisse, l'inferno sta per riversarsi sulla terra, ma loro possono fermarlo, loro e gli angeli che si sono ribellati al paradiso.
Una famiglia stana e particolare: sei Nephilim fratelli, un padre angelo e una madre... magari meglio lasciare la sorpresa.
Buona lettura a tutti!
^_^
Genere: Avventura, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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In un castello da qualche parte in Romania durante il medioevo..
Ilaj era fuori dalla sua camera e aspettava che venissero a chiamarlo per il suo turno di guardia, ma quella notte serbava per lui tutt’altro finale. Il castello dormiva, gli ottomani erano lontani e quella notte non si sarebbero visti fuoco e fiamme. Gli accampamenti del nemico erano così tanto simili a quelli in cui era stato lui. C’era ancora gente in piedi tra di loro, proprio come lui e anche tra di loro c’era qualcuno felice di non vedere fuoco e fiamme.
Una guardia gli posò la mano sulla spalla e gli diede il cambio.
Gli pesava molto quella maglia di cotta a lui, che aveva un fisico molto slanciato e se la trascinava dietro con malavoglia.
Salì su una delle torri principali, da lassù si vedeva ancora meglio come si erano sistemati i nemici.
Una donna salì dopo di lui e gli portò una cena poco abbondante.
-mi dispiace- disse, -ma i mori hanno dato fuoco ai campi-
-si figuri!- rispose Ilaj, -ne vuole un po’ anche lei?- chiese porgendole una fetta di pane.
All’inizio la donna esitò, ma poi si sedette vicino alla guardia e mangiò con lui quella che era una povera cena, ma che a lei parve più di quanto avesse mai mangiato.
-da dove venite?- chiese la donna interessata.
-dalla Lotaringia- rispose.
-dev’essere bellissima la Lotaringia- disse in tono sognante.
-se vuole prima o poi ce la porto- disse lui come fosse un invito.
-io sono ungara- disse con disprezzo, -siete sicuro di voler essere visto con una donna ungara affianco?-
-non ci vedo niente di male- disse con un gesto della mano. A quei tempi la cosa più importante era la provenienza, venire dalle terre abitate dagli Ungari, era paragonabile ad essere un mostro. Ad Ilaj non era mai interessato l’origine delle persone, quello a cui puntava quando conosceva una persona era l’animo.
-mi sorprendete, sapete? Come vi chiamate?- disse la donna.
-Ilaj- rispose la guardia, -al vostro sevizio- disse baciandole la mano, -e voi?- aggiunse.
-io mi chiamo Viviana- disse la donna, -pronta a servirvi-.
Tra i due nacque un intesa. Continuarono a vedersi altre notti e passavano il tempo a chiacchierare; parlavano del più e del meno, della guerra, raramente di loro due. Una notte Viviana salì per incontrarsi con Ilaj, ma al suo posto incontrò un uomo che non conosceva. Era sicura di aver azzeccato la torre, ma non riusciva a capire.
-che vuoi?- le chiese l’uomo maleducatamente.
-devo aver sbagliato torre- disse lei piano e si girò per andarsene, ma l’uomo le prese il braccio e la tirò a se.
-sei la donna ungara, vero?- le chiese stringendole il braccio.
-lasciatemi, mi fate male, ve ne prego- disse lei spaventata.
-neanche per idea- ripose ridendo, -in Ungaria ho perso la mia famiglia, e sai cosa penso di voi animali?-
-lasciami ti prego! Io non ti ho fatto niente!- disse lei cercando di eludere la presa dell’uomo.
-tu CREDI di non avermi fatto niente- la corresse lui gettandola a terra. La donna sbatté violentemente sul pavimento. Non riuscì a rialzarsi che sentì forse il calcio allo stomaco dello sconosciuto. Cerco di rialzarsi, ma lui la ributtò a terra e le mise un piede sulla gola.
-non arriverai viva a domani, ungara- le disse con disprezzo.
Viviana si dimenava, non aveva più respiro.
Quando cominciò a perdere le speranze dalla porta d’accesso della torre entrò Ilaj.
-ehi, lasciala stare- gridò all’uomo saltandogli addosso con la spada. L’uomo lo schivò veloce e Viviana si alzò e corse dietro ad Ilaj.
-che succede qui?- chiese alla guardia.
-non immischiarti in affari che non ti riguardano, ragazzino!- disse. Certo che Ilaj era giovane, aveva solo venticinque anni, ma non si poteva chiamarlo ragazzino.
-Viviana, tu vattene- le disse Ilaj.
Viviana corse giù dalle scale alla ricerca di aiuto, speranzosa che qualcuno aiutasse una donna ungara.
Davanti a lei si materializzò l’immagine di un uomo abbastanza vecchiotto e ben vestito. Viviana balbettò qualcosa senza tirare fuori una frase sensata.
-sono qui per aiutarti- le disse l’uomo, -era questo che cercavi, vero?-
Viviana rimase interdetta, doveva ancora realizzare che un uomo si era materializzato davanti a lei.
-sai che Ilaj sta perdendo? Non sarebbe il caso di uccidere l’uomo che vuole farlo fuori?- cominciò a girare intorno a Viviana.
-che cosa vuoi da me?- chiese lei come volesse fidarsi di quel uomo.
 
-non hai speranze contro di me!- gli gridò l’uomo e diede un forte affondo, schivato a bruciapelo da Ilaj. Il ragazzo era molto in difficoltà, non era abituato a combattere e se le cose fossero andate avanti a forza di colpi che poteva solo schivare sarebbe morto. L’idea lo fece trasalire, soprattutto perché non poteva lasciare Viviana da sola.
L’uomo lo disarmò e lo buttò a terra con facilità.
-è la tua fine-
-non credo- disse una voce dietro di lui. Alle sue spalle era apparso uno sconosciuto che gli aveva conficcato la mano sulla spina dorsale. Cominciò a colargli sangue dalla bocca e gli occhi si stavano girando all’indietro. Ilaj, davanti, non poteva crederci. L’uomo cadde a terra con un grande tonfo, dietro di lui l’uomo incontrato da Viviana. Dalla porta entrò la donna di corsa e aiutò la guardia a rialzarsi. Ilaj non riusciva a capire, ma non ci pensò e abbracciò forte Viviana. Lei affondò la testa nel suo petto e scoppiò in lacrime.
-Viviana, ricordati i patti- gli rammentì l’uomo prima di sparire.
 
La donna spiegò l’accaduto dopo aver nascosto nel bosco il cadavere dell’uomo che stava per ucciderla.
-hai venduto l’anima?!- disse Ilaj incredulo.
-ho dovuto farlo, o saresti morto- si giustificò lei.
-non era necessario-
-si che lo era- disse lei arrabbiata, -tu non capisci! Sei l’unica persona che mi abbia trattata alla sua pari e io mi sono affezionata a te, non avrei mai potuto lasciarti morire!-
Prese un grande respiro.
-non ho avuto scelta- disse più piano.
A casa sua regnava il disordine più totale, così come nella testa di Ilaj.
In cuor suo sapeva che l’avrebbe persa prima o poi, ma se la sua anima avesse bruciato all’inferno lui sarebbe stato l’unico responsabile, o almeno così credeva.
 
Viviana morì pochi anni dopo di peste, morì tra le braccia di Ilaj. L’uomo gridò al cielo furioso, sapeva quale sarebbe stato il suo eterno destino e giurò vendetta.
Seppellì il corpo in Ungaria e cominciò la sua caccia all’assassino di Viviana.
"Viviana non perdere la speranza" diceva nei suoi sogni a quell'immagine che rincorreva tra le mura del castello, "ti riporterò indietro".
  
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