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Autore: Megs Sully    13/07/2014    2 recensioni
Strawberry Hill è una graziosa cittadina inglese, un luogo come tanti apparentemente. Ma in esso si muovono le creature più disparate, alcune tentando di celare o reprimere la loro vera natura, altre non ancora consapevoli di chi siano in realtà e quale sia il loro ruolo nel grande disegno tracciato da qualcuno in un'epoca remota. Incontri, scontri, inganni, antichi rancori si alternano alla nascita di nuove alleanze, amicizie, amori. E nel frattempo qualcuno, nell’ombra, continua a tramare…
Genere: Fantasy, Sovrannaturale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 8


 
La villa era da sempre in fase di ristrutturazione. Dalla prima volta in cui Alexander ci aveva messo piede, ancora bambino, le condizioni della grande villa gotica di Strawberry Hill non erano cambiate di molto.
Non gli importava particolarmente, del resto non aveva mai vissuto lì. Nemmeno con i suoi genitori. Ora che loro non c’erano più, era diventato il suo rifugio, anche se non l’aveva mai sentita sua.  La villa e l’immenso giardino circostante erano vietati al pubblico di curiosi che di tanto in tanto animavano i dintorni della villa di Strawberry Hill, spinti esclusivamente da una storia dal sapore leggendario e dal fascino del proibito.
Alexander Hamilton, l’unico proprietario rimasto in vita, sapeva che le leggende legate a quel luogo pittoresco e un po’ selvaggio erano tutte false, un’opera di fantasia. Perché l’unica storia, quella reale, era legata a lui, l’ultimo discendente diretto di Branwell Hamilton, il primo possessore della villa. Colui a cui risaliva la maledizione del drago, come lui l’aveva sempre sentita chiamare da suo padre.
La gente amava le favole, leggende di principesse in pericolo, grandi eroi. Nella verità la favola non trovava spazio. Non si trattava di una lotta del bene contro il male, in cui il bene alla fine vinceva e il male veniva sconfitto per sempre. Perché la vera lotta che Alexander era costretto a combattere era contro se stesso. Il male contro il male. Ed era una lotta da cui, ne era certo, non sarebbe mai uscito vincitore.
Alexander si sedette, come annichilito, sui gradini di granito bianchi che conducevano all’interno della villa, direttamente nell’immenso salone principale. Rivide la scena a cui aveva assistito, era ancora chiara e vivida nella sua mente. L’immagine della trasformazione di quel giovane sulla riva del fiume non lo abbandonava. Da animale in essere umano, da essere umano in animale. Allora lui non era l’unico. L’unico essere in un certo senso soprannaturale esistente al mondo.
Sospirò mordendosi il labbro, battendo un pugno sul gradino. Non sarebbe dovuta toccare a lui, quella tragedia. Lui era destinato ad attraversare l’esistenza senza essere scalfito dalla maledizione che toccava in sorte al primogenito della discendenza di Branwell Hamilton.
Suo padre e dopo di lui suo fratello maggiore. Se un incidente non avesse in pochi minuti spazzato via la sua intera famiglia, lui sarebbe stato libero. Suo fratello Albert era cresciuto sapendo cosa gli sarebbe toccato. Alexander sarebbe rimasto al riparo da tutto questo, avrebbe continuato a studiare e a pianificare una vita tranquilla. Se il destino non si fosse abbattuto su di lui ribaltando la situazione.
Alexander sollevò il viso e si voltò verso la villa. La odiava. Per quel maledetto mostro in stile gotico Branwell Hamilton aveva scatenato su di sé la maledizione che avrebbe colpito e condannato la sua discendenza in eterno. Però ora che stava realmente per cadere a pezzi era sua responsabilità scegliere. Farla abbattere o ristrutturarla seriamente. L’avrebbe volentieri distrutta e annientata per sempre se fosse servito a qualcosa. Oppure sarebbe fuggito lontano, abbandonando la villa e il suo contenuto a chiunque volesse impossessarsene.
Ma era già successo. Suo padre gli aveva raccontato che il suo trisnonno era fuggito tempo prima abbandonando la villa al suo destino, per cercare fortuna in America con la sua famiglia. Sperando di lasciarsi il maleficio alle spalle. Inutilmente, perché la maledizione del drago lo aveva seguito anche lì portando distruzione e morte. Solo uno dei suoi figli si era salvato ed era stato costretto a tornare a Strawberry Hill, dove l’immensa villa e la sua maledizione lo attendevano ancora.
Alexander sospirò, passandosi le mani sul volto. Suo padre non si era mai allontanato da Strawberry Hill. Allora perché quell’incidente stradale li aveva colpiti, uccidendo sul colpo i suoi genitori e suo fratello maggiore e lasciando lui incolume? Alexander si sforzava di credere che fosse solo un caso, una coincidenza. Non voleva e non poteva accettare che la maledizione del drago stesse cercando proprio lui.
 
 
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“Allora, quale film ti piacerebbe guardare?” Nathan sbadigliò stiracchiandosi sul divano.
“Non lo so, a te cosa piacerebbe?” Maggie si voltò verso di lui, accoccolandosi e massaggiandosi lo stomaco “Sono pienissima, Castle dovresti aprire un ristorante!”
“Attenzione, potrei riempirti come nella storia di “Hansel e Gretel” e poi mangiarti!” rise Nathan pizzicandole il braccio “No, non sei ancora pronta, manca ancora un po’… vuoi il gelato?”
“Tu mi tenti in modo indegno, cattivone!” sbuffò Maggie poi incurvò le labbra “E lo fai solo per mangiarmi?”
“Ovviamente! Scegli un film dall’armadietto, io tolgo il gelato dal frigo!” Nathan si alzò per raggiungere la cucina.
Maggie raggiunse l’armadietto indicatole da Nathan e passò in rassegna i dvd. Non aveva alcuna intenzione di tornare a casa. Sarebbe rimasta lì con Nathan se solo avesse potuto. Sospirò chiudendo gli occhi per un attimo e abbassò il viso.
“Allora hai deciso?” Nathan rientrò in soggiorno con due coppette colme di gelato.
“No, non ancora…” Maggie si voltò verso di lui accennando un sorriso.
“ “Il Signore degli Anelli”, se vuoi ci guardiamo la trilogia fino all’alba!” propose il ragazzo sistemandosi comodamente sul divano, con un cuscino dietro la nuca.
“Va bene!” Maggie annuì, sfilò il dvd dalla custodia e lo posizionò nel lettore.
Si accomodò di fianco a Nathan mentre le varie opzioni del film apparivano sullo schermo. Si morse le labbra cercando di restare calma e rilassata. Poi si ricordò del gelato posto sul tavolino di fronte a lei e prese la coppetta e il cucchiaino tra le mani iniziando a mangiarlo lentamente.
“Dovresti seriamente considerare l’idea di trasferirti qui, Penny!” Nathan sospirò e le rivolse uno sguardo serio e risoluto “Ogni volta che si avvicina l’ora di andartene fai quell’espressione ed è davvero insopportabile da vedere!”
“Quale espressione?” Maggie si mordicchiò un lato del labbro e abbassò il viso sul gelato, tormentandolo con il cucchiaio perché si sciogliesse più in fretta.
“Quella!” Nathan cercò di seguire il suo sguardo e le sollevò il mento con due dita “Sembri una bambina ferita che non vuole tornare a casa da una famiglia che la maltratta… Ma Penny, hai più di vent’anni ormai, lo sai che puoi stare dove vuoi e con chi vuoi, vero?”
“Mmmh…” Maggie lo guardò senza aggiungere niente. I suoi occhi azzurri erano diventati lucidi nello sforzo di trattenere le lacrime.
“La casa è grande e io sono solo” Nathan azionò il telecomando per fare iniziare il film.
“Non mi daranno mai il permesso di venire a vivere qui con te…” Maggie fissò lo sguardo sullo schermo del televisore mentre scorrevano i titoli di testa.
“È assurdo! Se avessi frequentato l’università in un’altra città non avrebbero fatto tante storie su dove tu avresti vissuto o con chi!” ribadì Nathan incrociando le braccia irritato.
“Almeno Darrick e Lester sono andati a Cambridge” Maggie accennò un sorriso appoggiando la testa sulla spalla di Nathan. “Sono stata veramente contenta quando li hanno accettati lì!”
“Gli odiosi fratellastri” Nathan aggrottò la fronte accarezzando fugacemente i capelli di Maggie.
“La Perfida Sventura dice che forse torneranno per le vacanze estive ed è tanto felice che i suoi preziosi figlioli siano tanto bravi e studiosi!” la ragazza gli rivolse uno sguardo disperato “Tre mesi con loro intorno! Io spero che se ne vadano da un’altra parte in vacanza… Ormai non sono più abituata a loro, non voglio riabituarmici…”
“Se tornano ricomincerà la guerra, Penny, stanne certa!” Nathan le strizzò l’occhio e cercò di simulare un ghigno malefico “Lo sai che sono più forte di loro due messi insieme, vero? Molto più forte e anche più cattivo!”
“Sì sì, mi ricordo bene…” Maggie annuì e sorrise sforzandosi di concentrare l’attenzione sul film che stava per iniziare.
Nathan Castle guardò le prime immagini sullo schermo, poi si voltò verso Maggie, ormai totalmente rapita da quella storia fantastica e coinvolgente. Non avrebbe lasciato che qualcuno le facesse del male di nuovo. Né la matrigna, né i fratellastri e nemmeno suo padre, da sempre incapace di difenderla, avrebbero ferito la sua Penny. Abbassò lo sguardo sulla coppetta di gelato posta sul tavolino. La vide spostarsi di qualche centimetro. Chiuse gli occhi, poi li riaprì e tornò a guardare nello stesso punto. Nathan fece un respiro profondo, doveva calmarsi, trattenere la rabbia, non poteva permettere che accadesse di nuovo. E non di fronte a lei, soprattutto. La coppetta di gelato si fermò, mentre il ragazzo riprendeva il controllo di se stesso e delle sue emozioni. Lanciò un’occhiata fugace a Maggie Pennington, la sua Penny, che non si era accorta di nulla e continuava assorta a guardare “Il Signore degli Anelli”.
 
 
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Costringere l’alchimista von Klausen a stare dalla sua parte. Era un’impresa quasi impossibile ma valeva la pena tentare. E per tentare Ryan Norwest doveva riuscire a scoprire di più su di lui. Anzi tutto ciò che lo riguardava. Cosa aveva combinato negli ultimi decenni? In che affari era coinvolto? Chi erano quelle due donne? Faith. La più giovane si chiamava Faith.
“Io devo uscire” comunicò semplicemente alla sorella avviandosi deciso verso la porta.
“Vengo con te allora!” Amelie si alzò dal divano e posò la bottiglia vuota sul tavolo.
“Sono affari privati” Ryan si voltò verso di lei sollevando un sopracciglio. “E tu sei ubriaca.”
“Io ubriaca?” Amelie scattò verso di lui e gli si piazzò davanti bloccandogli il passaggio “Ti sembro ubriaca?”
“Ti ho detto che sono affari privati, Amelie” Ryan la oltrepassò e raggiunse la porta.
“E va bene, che noia!” Amelie corrugò la fronte e scattò verso il divano stendendosi di nuovo “Vuol dire che passerò il resto della giornata ad annoiarmi” alzò la voce mentre il fratello usciva di casa. “E tu lo sai che detesto annoiarmi!”
Ryan salì in macchina e si passò le mani tra i capelli castano chiaro, per poi posarle sul volante. Avrebbe portato Amelie con sé per evitare che combinasse qualche guaio. Ma doverle raccontare i suoi piani nei confronti di von Klausen e di chi li aveva trasformati era decisamente troppo. E Amelie lo aveva deluso troppe volte perché potesse fidarsi di lei. Avviò il motore e partì, guardando la casa nello specchietto retrovisore mentre usciva dal cancello e si allontanava.
Faith. Doveva capire chi fosse quella ragazza e l’altra donna che la stava chiamando e seguendo, cercando di fermarla. L’alchimista non era certo tipo da lasciare che ragazzine nervose si aggirassero per i corridoi del suo antro. Quindi ci doveva essere una spiegazione. E lui doveva scoprire di che cosa si trattava.
Ryan rallentò raggiungendo il centro della cittadina, poi prese la strada laterale che conduceva verso la periferia ovest, dove gli agglomerati urbani erano meno frequenti e gli spazi più aperti.
La casa era rimasta quasi uguale, a parte la cinta e la siepe che la circondavano e il vialetto meglio delineato, con ciottoli chiari posti su entrambi i lati. Per il resto era la solita abitazione in mattoni, in prossimità della radura che portava al boschetto di Strawberry Hill. Ryan rimase per qualche istante in macchina, prima di scendere e fissare la porta della casa. Non aveva idea di cosa aspettarsi e la consapevolezza di essere sul punto di perdere un altro dei suoi punti fermi viventi nella cittadina lo destabilizzava. Ne aveva persi troppi nel corso del suo eterno presente.
Quella era la visita che non avrebbe mai voluto compiere. Ma si trattava di un passaggio obbligato. E non solo a causa di von Klausen e delle due donne misteriose. Sperava solo di ritardarlo il più possibile. Ma ora che si era ritrovato lì di fronte non poteva più tirarsi indietro, risalire in macchina e scappare. Ryan aprì il cancelletto richiudendolo delicatamente alle sue spalle, poi raggiunse la porta di legno in pochi passi. Aggrottò la fronte, bussò deciso e attese.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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