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Autore: Martin Eden    14/07/2014    2 recensioni
Questa ff si inserisce tra il secondo e il terzo capitolo della trilogia "Pirati dei Caraibi" ed è la mia personale alternativa a una storia che non sapevo ancora come sarebbe andata a finire... ;) Rocambolesche avventure dei nostri eroi del mare e....un "uomo di mare" in più!!! Spero di emozionarvi così tanto da farvi accapponare la pelle! Ora beviam orsù, il nostro rhum!!! E mi raccomando, ditemi che ne pensate! ;)
Genere: Avventura, Azione, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Davy Jones, Jack Sparrow, Lord Cutler Beckett, Nuovo Personaggio, Will Turner
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Pirati dei Caraibi - Avventure per mare'
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- 1 - SU QUELLA NAVE ANCORATA AL PORTO...

 

   Élodie terminò di riempire la pagina di pergamena con parole tracciate dall'ispirazione del momento, vergate in una calligrafia spigolosa e un po' obliqua.
   La donna che tutte le notti sedeva a quel tavolo lucido, intarsiato finemente da man esperte, rispondeva al nome di Élodie Sparrow, ma si faceva chiamare molto più semplicemente Élodie Melody, dato che la sua voce bellissima parlava per lei.
   Quella voce era stata per lunghi anni la sua migliore amica, che l'aveva salvata da un abisso di solitudine; poi era stata la sua migliore alleata, quando era stata ora di farsi conoscere nel mondo piratesco dell'isola di Tortuga.
   Le corde vocali di Élodie sapevano essere potenti e gentili, capaci di trasoformare la frase più cattiva nella più affabile, la più autoritaria nella più consolante; e Élodie Melody ringraziava il Cielo di avere questo dono, perché più di tutto le era servito.
   Per merito di quello non aveva mai bisogno di alzare la voce con il suo equipaggio. Certo, prima di trovarne uno aveva faicato parecchio: la donne non sono ben viste sulle navi, né nei vascelli dei grandi comandanti, né in quelli dei pirati.
   Élodie Sparrow aveva dovuto lottare contro ottuse convinzioni per raggiungere la sua posi-zione di capitano, ed ora che aveva l'autorità era lei a decidere che farne della sua femminilità.
   Modestia a parte, era un ottimo capitano. Questo era un'eredità del padre, un vecchio buca-niere che a malapena lei aveva conosciuto. Lui, infatti, aveva scelto una vita da lupo di mare, a fianco del figlio, il fratello maggiore di Élodie; e la bambina ingenua, poi ragazza ribelle, infine affascinante donna Sparrow era stata lasciata in balìa di una madre ossessionata dal lusso, una madre che non si perdonava di aver parso la testa per un pirata.
   Poiché il fratello maggiore se n'era andato alla ventura, il peso della mera vita che prima conducevano assieme si era riversato interamente su di lei: Élodie ricordava ancora con rabbia il nome di quel fratello, che in un primo momento aveva amato e ammirato, poi odiato a morte quanto la madre e le sue stupide frivolezze.
   Quel nome era stampato nella sua memoria, incancellabile.
   Jack. Jack Sparrow.
   Élodie lo rammentava volto di schiena, che seguiva il padre senza guardarsi alle spalle; e lei che gli gridava dietro di non andare, di non abbandonarla per una chimera.
   Ormai il ricordo si mescolava alla nebbia, ma la donna era sicura: quel giorno, il fratello si era fermato, su quel pontile, si era voltato verso di lei.
   E nella testa di Élodie, ogni volta che ci pensava, scoppiava la sua sguaiata e canzonatoria risata. Riecchieggiava a lungo, nella sua mente, il ghigno di Jack dipinto davanti ai suoi occhi come un incubo grottesco.
   Anche adesso, quella risata risuonava tra quelle pareti di legno, aleggiava intorno al tavolo e alla penna d'oca intinta di inchiostro che Élodie teneva ancora in mano. Echi del passato.
   La donna alzò di scatto la testa, passò lo sguardo guardingo su quella camera che conosceva come le sue tasche.
   Jack… Una volta sola l'aveva reincontrato, per caso, a Tortuga: lui era lì a scolarsi l'ennesima bottiglia di rhum e a cincischiare con qualche donnetta compiacente da adescare per la notte.
   Si erano fronteggiati: a momenti lui non l'aveva riconosciuta. Era cambiata molto.
   Per colpa o grazie alla sua vita precedente, seppellita sotto un cumulo di dolore e voglia di ripartire da zero:una vita che aveva visto come protagonista la prodigiosa voce di Élodie, ma non la sua felicità.
   Quella stanza buia, illuminata solamente da qualche candelabro, richiamava alla mente della donna molti ricordi.
   Élodie Sparrow posò la penna d'oca, si lasciò cadere contro lo schienale della sedia.
   Gli occhi, quegli occhi scuri e circospetti, così espressivi eppure così bravi a non tradire emozioni, puntarono istintivamente alla finestra.
   Flebile come un sussurro del vento, una melodia struggente picchiettava contro i vetri e chiedeva di essere ascoltata. 
   Élodie si alzò, fece scorrere le dita sul legno levigato del tavolo e poi andò a spalancare la finestra: l'aria fresca della notte inebriò il suo corpo e il suo spirito, rinnovandoli.
La donna si appoggiò al davanzale e si sporse: lo sciacquìo delle onde in calma contro la chiglia della nave era un dolce accompagnamento a quella musica che giungeva da lontano, ma che l'orecchio allenato di Élodie riuscirva a distinguere e identificare: musica classica.
   Élodie Melody chiuse gli occhi. Ascoltò quel motivo triste uscito da chissà quale violoncello. Istintivamente le sue labbra si socchiusero, e la donna non potè trattenere più la sua voce.
   Le note scaturivano dalle sue corde vocali senza esitazione, inseguendol la melodia lontana; si rincorrevano appassionate, poi tristi, acute, basse, penetranti come spilli, cristalline come l'acqua di mare.
   Élodie non si affannò a tentare di arginarle: cantò comele piaceva cantare, una sirena senza casa, alla finestra di una nave pirata attraccata in porto.
   Cantava per se stessa, Élodie. Non più per sua madre, per un pubblico affamato di giovani talenti, per un uomo che non aveva mai amato. E la sua voce intesseva attorno a lei una rete di ricordi, rimorsi, tracce di una vita cancellata dal tempo.
   Disegnava nella mente di Élodie Sparrow grandi saloni colmi d'oro, affollati di gente in pizzo e merletti, stivali che battevano sonoramente sulle mattonelle ornate di disegni incredibili; luci di mille candelabri alle pareti, chiacchericcio incessante, inconcludente; una marea umana che scivolava pigramente in platea, ad occupare file di comode poltroncine in velluto rosso.
   Élodie aveva visto questo e altro. Quante volte, nascosta tra le tende del palcoscenico, aveva assistito alla medesima scena, aveva visto le stesse facce voltarsi qua e là, in cerca di conoscenti.
- Oh, salve Baronessa!- asclamava garrula sua madre, stretta in un abito che era solo una brutta imitazione dei ricchi décolleté e sottane delle aristocratiche spettatrici - Anche voi qui?-
- Certo cara!- ricambiava l'ingioiellata e formosa signora - Per niente al mondo avrei perso questo spettacolo. Sedete qui, accanto a me, cara…-
   E la madre di Élodie si sedeva, ubbidiente: quelle due avrebbero ciarlato senza interruzione finchè il sipario non fosse stato alzato.
   Élodie Sparrow osservava, le mani aggrappate alla tenda che la separava dalla platea, e passava lo sguardo su quei visi sconosciuti, e poi su quello di un uomo in divisa: un distinto giova-notto che le sorrideva sempre, benchè lei cercasse di sfuggirgli in ogni modo.
   Allora la donna non sapeva ancora che quello sarebbe divenuto, più tardi, suo marito; e mai l'avrebbe immaginato.
   Poi l'attenzione della giovane si spostava di nuovo sulla platea e sui palchetti, e come ogni volta che si esibiva in quel teatro, i suoi occhi incontravano quelli di un uomo seminascosto dalla folla: non era un nobile, sicuramente.
   Portava sempre gli stessi pantaloni sgualciti da chissà quante avventure, la barba ispida e nera che gli ricopriva metà del viso e una camicia ampia e strappata dall'usura; un'aria da fur-fante e un sorriso sghembo ti facevano subito pensare a un pirata.
   Élodie ricordava a malapena il suo nome. O forse non lo ricordava affatto.
   O forse l'aveva voluto dimenticare. Anche se più di tutto le erano rimasti impressi nella mente quegli occhi azzurri e ambiziosi, impossibili da togliersi dalla testa.
   Élodie Melody continuò a cantare a occhi chiusi, viaggiando attraverso il passato: ecco, era il suo momento, saliva sul palco e…il suo corpo sprigionava quei suoni meravigliosi, capaci di incantare un'intera sala.
   La giovane piratessa si vedeva ancora stretta in quel corsetto, le stecche del busto che le premevano dolorosamente sulla schiena, ma lei cantava, allargava le braccia e tracciava disegni nell'aria.
   In quei momenti, non sapeva perché, pensava sempre al mare, al suo eterno sciacquìo di onde contro gli scogli, e una nave che cavalcava la schiuma bianca…il sole che si rifletteva sulle vele, l'odore della salsedine tutt'intorno.
   L'oceano era stato per lei un richiam incessante, fin dalla sua infanzia; e, infine, proprio l'oceano l'aveva liberata dalla sua prigione, l'aveva infine tratta a sé.
   Nonostante il matrimonio voluto dalla madre, che aveva scelto per lei quel distinto e sorridente giovanotto che la guardava da tempo (sperando di combinare un buon affare, visto che il giovanotto era anche ricco), Élodie aveva fuggito ogni progetto costruito per lei, e dopo un an-no si era strappata di dosso orecchini e manicotti per indossare finalmente le vesti di piratessa avventuriera, che le si addicevano da parte di padre.
   Scappata dalla casa che condivideva con il marito, si era data alla machcia, aveva appreso in fretta come vivere di espedienti e di truffe, e si era gettata a capofitto in quella nuova vita, intrisa della libertà tanto agognata.
   L'uomo che sembrava un pirata, con il suo sorriso da imbroglione, non l'aveva più rivisto dopo il suo matrimonio. A volte Élodie si chiedeva chi fosse stato e dove fosse finito, se era stato un pirata per davvero o un semplice accattone di passaggio.
   In momenti più malinconici pensava al suo, ormai ex-marito: di lui sapeva soltanto che aveva proseguito per la sua strada, che era diventato ufficiale della Marina Inglese e poi Lord, e che dava spietatamente la caccia ai pirati.
   Forse la stava ancora cercando, come aveva fatto per anni. Élodie sapeva quanto fossero grandi l'amore e la dedizione per lei, e lo ammirava, nonostante fossero diventati inevitabil-mente nemici. Gli riconosceva un coraggio non certo comune, e una forza d'animo notevole.
Non doveva essere stato facile, nemmeno per lui.
   Ma lei non lo amava. Ed era convinta che lei non fosse per niente la donna giusta per lui: divorata dai vizi, fumava la pipa e beveva come gli uomini, girava per mare e per terra con gli abiti di un capitano fuorilegge, il cappello ben piantato in testa, simbolo della sua autorità sui mari.
   Il fisico le si era irrobustito negli anni, snella e muscoloso, agile nel manovrare spade come a evitarle; Élodie non disdegnava nemmeno le armi da fuoco e i coltelli da lancio. E portava i pantaloni.
   Era diventata uno dei pirati più temuti dei Sette Mari, e comandava una ciurma che sapeva ubbidire senza tante repliche e che l'adorava, e possedeva una delle navi più belle e veloci mai esistite, a pari merito con la Perla Nera di suo fratello Jack Sparrow.
   Tanto per ricordargli che non era l'unico a spadroneggiare su quell'oceano, Élodie aveva battezzato il suo vascello "Madreperla".
   Quella nave era la sua vera casa: la giovane e avvenente Sparrow viaggiava su di essa da ben sette anni. Spesso dormiva lì, e intavolava i suoi affari di mercenaria a quello stesso scrittoio dov'era rimasta seduta, con una penna d'oca in mano, per quasi due ore.
   Élodie Melody riaprì gli occhi e si accorse che la musica nell'aria si era spenta improvvisamente; serrò di scatto le labbra, e la sua voce si smorzò in un sommesso mugolìo. La notte era tornata quella di sempre, lunga e immutabile, trapuntata di stelle e onorata da quella meravi-gliosa luna piena che si specchiava nel mare.
   Al posto della musica sifacevano sentire gli schiamazzi di qualche ubriaco e uggiolii di cani. Chissà dov'erano i suoi marinai, si chiese Élodie. Probabilmente non avevano ancora finito di tracannare liquori in qualche locanda, o stavano perdendo il loro tempo piacevolmente avvinghiati a una donnetta allegra di quell'isola.
   Perché lei, invece, non si sentiva così spensierata?
   Élodie Melody richiuse piano la finestra e osservò a lungo la sua immagine riflessa nel vetro, illuminata dalle candele e dalle lanterne: sorrise stancamente.
   Accarezzò con le dita quei suoi tratti femminili e morbidi, lasciando una striscia opaca sulla finestra; seguì la linea gentile del viso, la bocca carnosa e invitante, gli occhi scuri e imper-scrutabili.
   Notò che i capelli erano cresciuti un altro po'. Ormai oltrepassavano le spalle, e formavano onde bellissime e selvagge di un biondo scuro poco comune, e di cui lei era fiera: finalmente, quelle ciocche erano libere da ogni complicata e ridondane acconciatura.
   Élodie Melody si tolse il cappello da capitano e guardò ancora: era una donna, e allora?
   Stropicciò nervosamente la testa consunta dalle sue stesse dita: le mancava qualcosa, come ogni notte quando si osservava a quel vetro, come ogni giorno che passava.
   Amore? Denaro? Famiglia? Li aveva tutti e nessuno. Come ogni cosa, dopotutto.
   Colpa della sua duplice identità: pirata e…insoddisfatta sognatrice.
   Sbattè le palpebre, come a liberarsi di quella dannata doppia faccia: ma non aveva tanto potere per reprimere se stessa, quell'ingenua ragazza che era stata, che aveva creduto in una menzogna e si era svegliata da quell'incubo appena in tempo, tagliando i ponti con quella che era stata, un tempo, la sua realtà.
   Una realtà piena di agi e ricchezze, dove le ambizioni che contavano erano solo quelle dei più potenti. Era fuggita da quell'orribile esistenza per cercarne una più pericolosa e difficile, nella quale contavano solo la forza della determinazione e , all'occorrenza, l'astuzia. I deboli veniva-no spazzati via crudelmente in un battibaleno.
   Era davvero migliore di quella che Élodie aveva rifiutato?
   La donna abbassò gli occhi a terra, sospirando: inutile girarci attorno. Si sentiva perduta. Forse era perduta. E ancora di più le mancava quel qualcosa. Sapere che fosse…un mistero, per lei.
   La verità rimaneva quella. Troppo tardi per negare.
   Si era persa mentre cercava la sua strada.
   La sua vita priva di ogni routine cominciava a pesarle, nonostante le avventure e le scorri-bande: più Élodie andava avanti, più si rendeva conto che anche quelle non le bastavano.
   Alla soglia dei ventisei anni, si sentiva enormemente vecchia e senza speranze. Questo non le garbava affatto, ma non sapeva come evitarlo.
   Tutti i valori in cui aveva creduto un tempo si erano dissolti, sostituiti da altri, poi da altri, che alla fine si erano spenti lasciando il posto al nulla: senza che lei se ne accorgesse, erano affogati in un bicchiere di rhum.
  
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