Dodici luglio: mi dispiace.
Ci sono cose che,
anche se noi non
vogliamo, mutano
comunque e chissà
perché, poi: avrei
voluto continuare
a disegnare tanti
colorati arabeschi
con setole intrise
d’incanto e di muta
fantasia e magia; e
magari sarei ancora
immersa nelle pozze
d’acqua blu ciano –
striata d’indaco chiaro –
fino alle ginocchia e
le scarpe nuove sono
di nuovo sporche; non
sono sicura di voler
continuare ad andare
avanti, sempre diritto,
senza voltarmi di tanto
in tanto e scrutare oltre
le mie spalle chinate:
ci sono state tante cose
belle e tante storie che
non ho mai finito di
ascoltare; tanti libri
mai letti; tante favole
mai scritte. Troppe
belle principesse mai
ammirate; troppi pochi
ranocchi mai baciati.
E c’è sempre questo
senso fastidioso di
rimorso malsano che
mi fa singhiozzare ad
ogni respiro; non
voglio perdere anche
questo legame; non
posso permettermelo,
non sarei in grado di
rialzarmi; ma intanto
le Ore continuano a fare
il loro corso – oh,
quanto odio le Ore!
Ed io rimango indietro
a contarmi i graffi
infantili sulle ginocchia
morbide e i piccoli
bronci timorosi.
E sorrido, sorrido
ancora, perché
è vero, non ti si
vede mai triste!
Eppure non sono
in grado di mentire;
ma indosso delle
infrante maschere
senza saperlo forse?
Non so e non voglio
sapere niente; riesco
solo a scrivere in
striminziti versi
senza apparente
senso alcuno: sono
frettolosi, parole
sbavate, ansiose,
spaventate e di
nuovo ritorna il
senso di colpa
a smantellare ogni
pensiero.
Ad ogni modo
dicevo bene
all’inizio di questa
poesia: alcune cose
cambiano senza ma
e senza però.
*