CAPITOLO
QUARANTASETTE
“Corriiiiii!!!”
“Doveeee???!!”
“Non
lo so, ma corriiiii!!”
Sirius
per poco non cadde in avanti con la faccia
nel fango inciampando nei suoi stessi piedi. Ma non c’era
tempo per cadere; lui
e gli altri erano impegnati in un’autentica maratona con
delle strane creature
che a prima vista sembravano umane, ma non erano umane. Avevano
l’aspetto di
umani, ma a guardarli bene potevano essere solo delle creature oscure
che
popolavano quella dannata foresta pronti ad azzannare chiunque vi si
addentrava. Avevano dei denti affilatissimi, come quelli dei cani, solo
che le
loro erano velenose e bastava solo un morso per farti schiattare
subito. Oltretutto
potevano correre comodamente anche a quattro zampe, il che li rendeva
molto più
veloci. E come se non bastasse in quella parte della foresta non
potevano usare
la magia.
Quindi era una gara di velocità tra loro e quelle
dannatissime creature.
A
un tratto James, rimasto indietro, tirò un urlo e
gli altri lo videro ruzzolare per terra. Uno di quei mostri lo aveva
afferrato
per una gamba e lo trascinava indietro.
“Non
farti mordere!” gli gridò Frank che stava
pensando velocemente a una soluzione.
“Grazie
tante!” ringhiò in risposta l’altro che
scalciava con tutte le sue forze e tentava di aggrapparsi a qualsiasi
cosa per
non farsi trascinare.
In
quel momento, con una sveltezza e prontezza da
maestri, Harry afferrò un grosso pezzo di legno e lo
ficcò tra le fauci della
creatura impedendogli di mordere qualsiasi altra cosa. Poi Joel gli
sferrò un
potente calcio allo stomaco e quello rotolò lontano.
“Grazie,
ragazzi”, fece James, alzandosi in piedi
aiutato da Sirius. “E ora rimettiamoci a correre”.
I
compagni di quello che avevano appena atterrato li
stavano per raggiungere e i loro ringhi e le loro grida inumane si
potevano
udire come se ce li avessero davanti. Erano riusciti a distanziarli per
un po’,
ma adesso stavano per avere la peggio.
Non avrebbero saputo dire quanti fossero, una ventina o trentina,
decisamente
troppi per combatterli tutti anche con la magia.
Corsero
per qualche altro metro, ma poi vennero
bloccati di nuovo e questa volta da un’enorme pozza di fango
che ribolliva come
acqua bollente.
“Sicuramente
non possiamo farci una nuotatina”.
“Ragazzi,
ci stanno per raggiungere. Dobbiamo fare
qualcosa”.
Il
lago era troppo largo per poterlo saltare ed era
anche profondo. Oltretutto, non erano sicuri di uscirne vivi, anche se
provavano a passarci a nuoto.
John fece scorrere lo sguardo sul grosso albero adiacente al lago.
C’era una
corda appesa a uno dei rami e pendeva proprio sopra il liquido
ribollente.
Non era sicuro che l’idea avrebbe funzionato, tuttavia
starsene lì impalati non
sarebbe servito a niente.
Si arrampicò velocemente sull’albero, davanti agli
sguardi attoniti degli
altri, e raggiunse il ramo con la corda. Poi vi si calò e si
dondolò forte per
riuscire a spingersi dall’altra parte. Una volta raggiunta
l’altra sponda,
mollò la corda e la lanciò agli altri.
“Forza,
muovetevi!”
Harry
afferrò la corda e imitò il ragazzo.
Quelle creature però li avevano già raggiunti e
ora dovevano difendersi in qualche
modo.
“Muovetevi!”
urlò Sirius mentre teneva una delle
creatura per il collo e tirava calci a quelli che cercavano di
attaccarlo da
dietro.
Infine, usando tutta la forza che aveva in corpo, sollevò il
suo ostaggio e lo
lanciò contro gli altri atterrandoli come birilli.
Anche Joel e Frank erano già passati e ora toccava solo a
James e Sirius.
“Forza,
Jamie!”
James
avrebbe voluto che fosse stato l’amico a
passare per primo, ma non c’era da discutere in quel momento
perciò si decise a
saltare. Si aggrappò alla liana e, con uno urlo alla Tarzan,
raggiunse anche
lui l’altra sponda.
Frank si batté una mano sulla fronte: era esageratamente
teatrale anche in
quelle situazioni.
Quando
anche Sirius arrivò al sicuro, i sei rimasero
a osservare che cosa avrebbero fatto quei mostri ora. Avevano tagliato
la corda
così che non potessero raggiungerli in quel modo. Un paio di
creature si erano
addentrate nel fango venendone risucchiati quasi subito. Gli altri
perciò non
ci provarono nemmeno. Non erano stupidi. Purtroppo.
“Ragazzi,
andiamocene prima che trovino un modo”.
Non
persero altro tempo e corsero ancora un po’ fino
a che non assunsero un passo sostenuto, ora che non c’era
più la minaccia di
quei cosi. Ma chissà quante altre ne avrebbero incontrate.
“Se
usciamo vivi da questo posto tutti quanti sarà
un miracolo”, disse Frank, passando sotto una grossa foglia
di palma.
“Non
dire idiozie. Ovvio che usciremo tutti vivi”,
lo redarguì Sirius in tono duro. Si erano avventurati in
quella missione per
salvare suo figlio, non aveva intenzione di perdere uno dei suoi
migliori
amici. “E poi potremo anche vantarci”.
James,
che arrancava dietro a tutti col fiato ormai
esaurito, si fermò a un tratto e si dovette appoggiare a un
albero. “Ragazzi,
non ce la faccio più”. Harry fu il primo a
raggiungerlo con sguardo
preoccupato. L’uomo scivolò contro
l’albero e si mise seduto, una gamba piegata
contro il petto. “Stai bene, papà?”
“Sì,
tesoro, sono solo stanco”, gli rispose il
genitori mostrandogli un sorriso rassicurante in risposta alla sua
espressione
terribilmente in ansia.
“Jimmy,
ce la fai?”
“Non
lo so”.
“Sei
ferito? Stai male?”
“Sono
solo troppo vecchio per queste cose”.
Frank
gli passò una bottiglietta d’acqua e
l’amico
se la scolò quasi tutta.
“Siamo
vicini”, sbottò ad un tratto Joel, la mappa
aperta davanti. “Guardate, ci manca da attraversare un altro
ponte e poi
arriveremo alle montagne dove cresce la pianta. Mancano pochi
chilometri”.
Anche John controllò la mappa e dovette constatare che
l’amico aveva ragione.
“Non
è meglio se ci riposiamo un po’?”
Joel
lanciò un’occhiata all’orologio da
polso. “Non
abbiamo tutto questo tempo. JamesRemus non ce l’ha”.
“Allora
è meglio se ci rimettiamo in marcia”,
concluse James rialzandosi, non senza fatica.
“Sei
sicuro, amico?”
“Sicurissimo”.
Nessuno
contestò né disse niente. Non c’era il
tempo
e in ogni caso non era una saggia idea lasciare indietro qualcuno.
Perciò
Sirius si fece passare un braccio dell’amico attorno alle
spalle e lo aiutò a
procedere.
“Non
si può ancora usare la magia qui?”
Frank
tirò fuori la bacchetta e provò a lanciare un
lumos ma non successe niente. “Niente magia”.
“Pensi
che ce la farà?” chiese Emmie rivolta a Jolie
che le stava accanto. Entrambe erano ferme sulla soglia della porta
della
stanza di JamesRemus e osservavano il ragazzo dormire. Il suo petto si
alzava e
si abbassava ma faceva molta fatica a respirare e la sua fronte
scottava
talmente tanto che ci si poteva cuocere un uovo sopra. La ferita poi
doveva
fargli molto male perché aveva un’orribile smorfia
dipinta in viso.
“Sì
che ce la farà. Lui se la cava sempre”, rispose
la rossina senza distogliere lo sguardo dal ragazzo. Doveva farcela,
assolutamente, non c’erano alternative. Non poteva immaginare
un mondo senza
JamesRemus, non era nemmeno concepibile una cosa del genere. Lui era la
spalla
di tutto il loro gruppo, era praticamente l’asse portante. E,
per quanto
facesse fatica ad ammetterlo, anche lei aveva bisogno di lui. Come
avrebbe
fatto altrimenti senza le sue continue battutine, il suo continuo
provarci con
lei, le sue coccole e i suoi strusciamenti. Ci si era affezionata
ormai. E,
soprattutto, chi avrebbe preso a calci se lui non ci fosse stato
più?
“Charlie
e Severus hanno preparato la pozione. Manca
solo il fiore”.
“Già”.
Quel
dannato fiore. Ma quanto ci mettevano suo padre,
suo fratello e gli altri? Sperava solo che non fosse successo qualcosa
a loro. Non
avrebbe sopportato di perdere due persone care in un colpo solo. In
quella
guerra rischiavano sempre di perdere qualcuno e, anzi, loro avevano
già perso
molte persone. Per questo erano tornati in quel tempo, per sistemare le
cose.
“Non
ti preoccupare, Emmie”, disse infine, posando
lo sguardo sulla Tassorosso. “Torneranno tutti sani e salvi e
salveremo James”.
“Certo”,
le sorrise la ragazzina.
James
e John stavano ridendo come due cretini da
quasi venti minuti e si tenevano la pancia per il dolore. Sirius,
invece, li
guardava con uno sguardo assassino, appeso a testa in giù al
ramo di un albero.
Senza accorgersi aveva messo il piede in una trappola e ora
c’era una corda legata
attorno alla sua caviglia che lo teneva prigioniero.
“Smettetela
di ridere e aiutatemi a scendere”.
Ma
per tutta risposta i due scoppiarono a ridere
ancora di più. Soltanto Frank ebbe la prontezza di tirare
fuori un coltello da taschino
per tagliare la corda. Per fortuna non era rinforzata con nessun
incantesimo,
probabilmente serviva solo per rallentare.
Non appena fu libero, Sirius cadde a terra sbattendo la testa.
“Non è
divertente, non è affatto divertente”, si
lamentò reggendosi il capo con le
mani. Ormai stavano ridendo praticamente tutti. Persino Joel.
“Comunque,
ci siamo ormai”, disse quest’ultimo una
volta calmatosi. “Questo è il ponte e
là ci sono le montagne”. Gli altri
guardarono nella direzione dove puntava il suo dito e in lontananza
poterono
vedere le montagne.
Dovettero attraversare solo un paio di cespugli pieni di spine per
raggiungere
il ponte.
“Per
la miseria!” esclamò Frank osservando quel
nuovo ostacolo. Il ponte non era affatto un normale ponte come avevano
sperato,
ma era pieno di quelli che sembravano dei ragni grandi come delle
pantegane e
pelosi.
“Grazie
a Merlino Ron non è qui”, commentò
Harry,
gli occhi puntati sul ponte.
“Come
facciamo ad attraversarlo?”
“Sembra
che stiano dormendo”, osservò Joel.
“Dobbiamo
riuscire a passare senza svegliarli. Basta non toccarli. Saranno pieni
di
veleno o qualcosa di simile”.
“Passare
senza svegliarli. È una parola”.
“Non
ci sono alternative e non abbiamo tempo da
perdere”.
Come
al solito fu Joel il primo ad avventurarsi,
seguito da John e subito dopo da Harry, mentre i tre uomini si
aggregavano a
turno. Dovettero andare molto piano, stando ben attenti a dove
mettevano i
piedi.
Arrivati a metà, però, Sirius esclamò:
“Oh cazzo!”
“Che
c’è?”
“Credo
di averne appena svegliato uno”.
“Cosa?”
Il
ragno che Sirius aveva appena superato, si girò
verso i sei intrusi allungando le sue orride zampe pelose. Aveva degli
enormi
occhi gialli, otto enormi occhi gialli, e non era affatto un bello
spettacolo. E
non solo, ma aveva anche un’orribile lingua serpentina che
faceva ondeggiare
dentro e fuori. Anche gli altri a poco a poco iniziarono a svegliarsi.
“Correteeeee!”
gridò Frank puntando dritto.
“Si
può sapere perché sei sempre tu a fare i
casini?”
fece James partendo in quarta dietro gli altri. Ormai non si
preoccupavano più
di fare attenzione a non svegliare i ragni, visto che erano
già svegli e
cercavano di afferrarli.
Joel
raggiunse per primo la fine del ponte ma vide
che i ragni si stavano muovendo nella sua direzione. Allora fece la
prima cosa
che gli venne in mente e tirò fuori la bacchetta, anche se
non era sicuro che
avrebbe funzionato. Lanciò un potentissimo Petrificus
Totalus riuscendo a
bloccarli tutti. I ragni rimasero immobili in posizioni assurde,
permettendo
agli altri di passare.
“Grande,
figliolo!”
“Sì,
ma non sono sicuro di quanto reggerà. Questo dura
di meno del normale Petrificus Totalus”.
“Non
importa. Ci penseremo”.
“Sono
queste le montagne?” chiese John, la testa
piegata verso l’alto.
“Credo
di sì”.
“Ammazza,
se sono alte”.
Quelle
montagne erano imponenti e come se non
bastasse non sembravano esserci abbastanza appigli.
“E
il fiore è la in cima?”
“Già”.
“Che
Merlino ci aiuti”.
MILLY’S
SPACE
Eccomi
tornata. Lo so, è da un pezzo che non aggiorno, ma
sono stata presa con gli esami fino al due di luglio e poi ho avuto
altre cose
da sistemare e quindi solo ora riesco ad aggiornare. Spero vi
ricordiate ancora
di questa storia.
Non
vi trattengo molto, anche perché è tardissimo.
Ricordatevi
di lasciarmi un commento e di venirmi a visitare nella mia pagina
facebook,
Milly’s Space.
Grazie,
bacioni.
M
FEDE15498:
ehi : ) grazie mille per la recensione, oddio, è passato un
secolo ^^ spero ti
ricordi ancora di me xD ti è piaciuto questo capitolo? Cosa
ne pensi. Ti chiedo
scusa per il ritardo nell’aggiornare. Un bacione, Milly.
PUFFOLA_LILY:
come
si fa a non amare i personaggi di Ino ^^ sono tutti troppo fantastici e
io non
li rendo abbastanza giustizia. Spero di risentirti anche dopo tutto
questo
tempo. Un abbraccio, M.