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Autore: Inessa    16/07/2014    12 recensioni
Una diciassettenne un po' ingenua e un po' sola lancia un incantesimo d'amore per attirare a sé il proprio ragazzo ideale. Qualcosa però non va come dovrebbe e l'incantesimo finisce per colpire Derek, che si ritrova innamorato di Kira. L'imminente arrivo della luna al suo perigeo rende inoltre gli incantesimi più forti e più difficili da spezzare. Come se non bastasse, sembra che Derek avesse già una relazione di cui il resto del branco non era al corrente. [Sterek]
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Kira Yukimura, Scott McCall, Stiles Stilinski
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Luna calante





Kira era salita in macchina con Derek, e Scott li aveva seguiti a distanza ravvicinata con la moto, mentre guidavano verso il loft. Scott tenne per tutto il tempo le orecchie ben aperte per sentire eventuali conversazioni all’interno della Toyota e, soprattutto, per controllare che Derek non avesse attacchi di rabbia. Ma né Kira né Derek dissero una sola parola durante tutto il tragitto e l’unica cosa che Scott riuscì a captare furono i ringhi nervosi di Derek.

Arrivati davanti al suo condominio, Derek saltò giù dalla macchina e si diresse a grandi passi verso il portone dell’edificio, dimenticando del legame con Kira. Cadde indietro per la terza volta e Scott dovette ringraziare tutti gli dei perché in quel momento non c’era nessuno che potesse vedere l’elettricità scorrere nell’aria. Mentre salivano in ascensore, tutti e tre in assoluto silenzio, Scott continuava a pensare ai problemi immediati da risolvere: presentarsi a casa di Kira con Derek alle calcagna significava dover spiegare ai genitori di lei cosa fosse successo, e non sapeva come avrebbe reagito Derek all’idea. Dovevano cercare una scusa, una credibile, e riuscire almeno per quella notte a non farla rientrare in casa. Forse avrebbero potuto telefonare a Lydia. Ed era ovvio che, sarebbe dovuto restare anche lui a casa di Derek.

“Telefono a Peter,” disse Derek appena furono entrati nel loft.

“Forse è meglio chiamare Deaton,” rispose Scott prendendo il cellulare dalla tasca, “Non mi fido di Peter.”

“È meglio sentire anche lui,” insisté Derek, “Uhm, suppongo che voi possiate accomodarvi sul divano,” disse impacciato, come se si fosse ricordato che Kira e Scott erano due suoi ospiti e che, nonostante la situazione, lui era una persona civile.

“Da quando hai un divano, amico?” chiese Scott sedendosi accanto a Kira. Le afferrò con delicatezza un polso con la mano e le sorrise, sperando di essere confortante. Non aveva detto neanche una parola da quando avevano lasciato la stazione di servizio. Lei rispose accennando appena un sorriso, ma se ascoltava il suo battito, Scott poteva sentire che era nervosa. Era comprensibile.

Derek lo liquidò con un gesto della mano.

“Vieni subito al loft, abbiamo un problema,” disse al telefono, camminando avanti e indietro. Dopo una pausa, in cui Peter doveva aver parlato, aggiunse, “Be’, io ho un problema e tu devi venire immediatamente al loft,” ringhiò.

“Non è per offenderti, ma non pensi che dovresti essere un po’ più delicato se vuoi convincerlo a collaborare?” gli chiese Scott, con una smorfia, quando Derek chiuse la chiamata.

“Verrà lo stesso, non perde mai occasione per ficcare il naso. Hai chiamato Deaton?”

“No, lo faccio adesso,” Scott cercò il suo numero nella rubrica e poi si portò il telefono all’orecchio. Sospirò quando sentì la segreteria telefonica e lasciò un messaggio.

“Quanti metri riesci a fare prima che l’elettricità ti fermi, secondo te?” Kira rompendo infine il silenzio, “Sette? Otto?”

“Al massimo,” rispose Derek annuendo.

“Quindi non posso tornare a casa senza che Derek venga visto. Non posso nemmeno andare a scuola!” rimase per un attimo in silenzio, morendosi le labbra, “Devo dirlo ai miei,” l’intonazione alla fine della frase salì, suggerendo che nemmeno lei sapeva se la sua fosse un’affermazione o una domanda.

“Così tua madre potrà suggerire di uccidermi come ha fatto con Stiles?” ringhiò Derek dall’altra parte della stanza.

“Derek,” disse Scott con un’ombra di rosso negli occhi, “Dobbiamo collaborare, soprattutto perché non sappiamo cosa diavolo stia succedendo,” poi alzò di scatto la testa, mettendosi in ascolto, “Credo che sia arrivato Peter.”

“Tre lupi ed una volpe,” esordì Peter non appena entrato, “Qualcuno è in minoranza. E io che pensavo che mi sarei annoiato, stasera.”

Derek ringhiò, “Risparmiaci il sarcasmo,” gli intimò, ed iniziò a raccontargli quello che era successo.

“Interessante,” disse Peter picchiettandosi il mento con un dito, “Perché hai comprato un divano ma continui a dormire per terra?” chiese poi cambiando bruscamente discorso.

Peter.”

“Okay, okay,” disse sedendosi su una sedia di fronte a Kira e Scott, mentre Derek continuava a percorrere la stanza avanti e indietro, “È successo tutto all’improvviso?”

“Ieri sera, alla stessa ora, sia in camera di Kira che…” Derek esitò, “…dove mi trovavo io,” disse poi, raggirando la bugia, “C’è stato come un abbassamento di tensione. Da lei si è solo fulminata una lampadina, mentre a me è successo qualcosa di strano ai polsi,” lo informò.

Scott e Kira lo guardarono stupiti.

“E dov’eri, esattamente, nipote caro?” domandò Peter con un sorrisetto insinuatore.

“Non è rilevante,” ormai Derek si esprimeva solo a furia di ringhi.

“Puoi essere più specifico?” roteò gli occhi, forse perché aveva captato un’altra ondata di rabbia provenire da Derek, “Riguardo quello che ti è successo, intendo.”

“Era come se avessi i polsi legati, da correnti elettriche,” fece una pausa, “Proprio come quando mi allontano da lei e l’elettricità mi afferra per i polsi e mi risbatte indietro.”

“Come delle catene?” chiese Peter. Derek annuì.

“È un incantesimo d’amore,” disse alla fine, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

Cosa?” domandò Kira con una punta di panico nella voce.

“Lo avevo detto che non dovevamo fidarci di lui,” disse Scott intrecciando le dita a quelle di Kira.

“Senti, Peter,” esordì Derek, “Se non vuoi collaborare puoi benissimo andartene all’inferno, ma non farci perdere tempo.”

Respira, Derek,” Peter incrociò le braccia al petto, guardandolo con la massima calma, “È un incantesimo d’amore,” si indicò il petto.

“Non mente,” sibilò Scott.

“Allora ti sbagli,” Derek si fermò ed indicò Kira con un dito, “Perché non sono innamorato di lei, non sento niente di vagamente simile, te lo posso garantire.”

Scott, che aveva ascoltato con attenzione il battito cardiaco di Derek e si era accertato che non mentiva, come colto da un’idea improvvisa, guardò Kira, che arrossì fino alla punta delle orecchie, “Sei…” indicò Derek con il mento, lasciando la domanda in sospeso.

“No!” rispose lei con convinzione, senza sollevare gli occhi dal pavimento. Nemmeno lei mentiva.

Derek si girò di nuovo verso Peter, alzando le sopracciglia e muovendo il palmo della mano, come per dire Visto?

“Be’, visto che voi avete piste migliori, seguite pure le vostre. Intanto sono io che non ho tempo da perdere,” disse alzandosi dalla sedia e dirigendosi verso l’ingresso. Se ne andò senza salutare.

“È stato inutile,” disse Scott, e riprovò a chiamare Deaton. Gli lasciò un altro messaggio, pregandolo di richiamarlo al più presto. Discussero brevemente di cosa fare fino a quando non avessero avuto sue notizie. Kira acconsentì a non interpellare sua madre, almeno per il momento, e decisero infine di chiamare Lydia.

“Magari riesce a sentire qualcosa,” azzardò Scott, “E può aiutarci ad inventare una scusa per far restare Kira fuori di casa, stanotte. Ovviamente resterò qui anche io, se dovesse restarci lei.”

Fantastico,” disse Derek tra i denti, mentre Kira parlava al telefono con Lydia.

“Dice che possiamo andare a prenderla e che convincerà sua madre a chiamare i miei per dire che passo la notte da lei,” comunicò Kira e Scott tirò un sospiro di sollievo. Almeno i problemi immediati sembravano essere stati risolti.

“Io vado a prenderla, poi credo che chiamerò Stiles,” disse Scott.

Derek gli lanciò le chiavi della macchina, “Prendi la mia macchina, ti verrà più comodo, intanto io do un’occhiata al bestiario di Peter.”

Una volta che Scott fu uscito, un silenzio pesante piombò di nuovo sul loft. Derek accese il computer di Peter, picchiettando con un dito sul bordo. Sentiva di dover dire qualcosa, anche se Kira non emanava paura, ma una certa preoccupazione e una massiccia dose di imbarazzo.

Derek si schiarì la voce, “Mi dispiace per prima,” disse senza guardarla, “Istinto.”

Kira lo guardò come se fosse comparso dal nulla, “Oh, nessun problema, posso capire,” rispose torcendosi le dita.

“Vuoi che ti offra qualcosa da bere? “ chiese, tentando di essere almeno all’apparenza cortese, “Dovrei avere un qualche energy drink. E dell’acqua. Non molto, in realtà.”

“Sto bene, non preoccuparti,” disse lei accennando un sorriso.

Calò di nuovo il silenzio, ma almeno stavolta sembrava essere meno pesante rispetto a prima. Derek continuava a cambiare chiave di ricerca per trovare qualcosa nel bestiario di Peter, ma senza risultato. All’improvviso una musica strana riempì la stanza.

Look at that booty, show me the booty
Give me the booty, I want the the booty


Entrambi si voltarono verso la fonte della canzone.

“Credo che sia il tuo telefono,” disse Kira, con una faccia un po’ perplessa, indicando il punto in cui questo vibrava sopra una sedia. Derek guardò il telefono con un’espressione di puro raccapriccio, poi si alzò di scatto ed andò a rispondere.

“Che cazzo hai fatto al mio telefono?” ringhiò Derek senza salutare.

“Suvvia, lo so che mi adori. La tua vita senza di me sarebbe triste e noiosa,” disse Stiles allegro, senza minimamente scomporsi di fronte alla scontrosità di Derek. Derek non riusciva mai a capire se Stiles fosse così di natura o se ci mettesse proprio dell’impegno nell’essere ridicolo.

“Sei un idiota,” rispose schietto.

“Awww, mi piace quando fai il duro con me,” poi all’improvviso cambiò tono, “Ho appena parlato al telefono con Scott.”

Derek fece un respiro profondo e tornò a sedersi sul divano, all’estremo opposto rispetto a Kira. Si appoggiò alla spalliera, portando la testa indietro e poi si coprì il viso con una mano.

“Immaginavo,” si massaggiò gli occhi.

“Dice che secondo Peter è un incantesimo d’amore.”

“Peter si sbaglia,” disse Derek lanciando delle occhiate a Kira, “Non è di certo un incantesimo d’amore.”

“Sicuro?” chiese Stiles e Derek poté percepire anche per telefono una punta di amarezza e di insicurezza nella sua voce.

“Sì, perché, ti la cosa ti preoccupa?” domandò con tono provocatorio.

“Ah-ah. Scott sta venendo a prendermi, vengo da te, anche se mio padre non ne sarà troppo felice.”

“Non devi farlo per forza, non voglio crearti problemi,” Derek si sollevò e poggiò i gomiti sulle ginocchia, passandosi le mani tra i capelli.

“Non ti lascerei mai da solo in una situazione del genere, Derek,” disse Stiles, e Derek capì che stava sorridendo. Sorrise anche lui istintivamente e notò che Kira, nonostante tentasse con ostinazione di guardare da un’altra parte, era quantomeno incuriosita dalla conversazione.

“Grazie,” sussurrò.

“Dovere, booty man!” Derek si lasciò sfuggire una mezza risata, “Ci vediamo dopo!”

“Va bene, ciao,” lanciò il telefono sul divano e riprese in mano il computer. Kira continuava a guardarlo di sottecchi.

“Ripensandoci,” disse lei dopo un po’, “Posso avere un energy drink?”

“Certo,” Derek fece per alzarsi.

“No, lascia, vado io,” Kira lo fermò, “Non riesco a stare con le mani in mano.”

“Uh, okay, li trovi in frigo.”

Kira si voltò e vide che il frigo era abbastanza vicino al divano. Si alzò e, dopo qualche minuto, tornò con due lattine di Burn in mano. Ne porse una a Derek.

“Oh, no, grazie, a me non piace,” disse Derek distrattamente, tornando a leggere.

Kira lo guardò inarcando un sopracciglio, stranita. Ne aveva una confezione intera, cosa se ne faceva se non gli piacevano? Ripose di nuovo la lattina nel frigorifero, poi aprì la sua e ne bevve un lungo sorso, ripensando alla telefonata che Derek aveva ricevuto poco prima.

Scott, Lydia e Stiles arrivarono circa mezzora dopo, con del cibo cinese da asporto, e diversi zaini.

“Abbiamo preso qualcosa da mangiare,” spiegò Scott, “Un cambio di vestiti e gli zaini per andare a scuola domani. Kira, Lydia ti presta dei suoi vestiti e un suo pigiama, ma non abbiamo il tuo zaino per la scuola.”

“Mia madre tra poco chiamerà i tuoi,” si intromise Lydia, “E dirà che non torni a casa perché io ho la febbre alta e tu mi stai facendo compagnia perché lei domani mattina presto parte. E quest’ultima parte è vera,” aggiunse, “Starà via fino a lunedì.”

Kira annuì, “Domani mattina potrei dire a mio padre che stai ancora male e chiedere il permesso di non andare a scuola.”

“Sì, era quello che pensavamo anche noi,” confermò Lydia indicando Stiles e Scott, “Un po’ traballante, ma speriamo che funzioni.”

Stiles gli si avvicinò con una busta in mano, “Non sapevamo cosa ti piacesse, quindi abbiamo preso degli spaghetti di soia coi gamberetti e del pollo in agrodolce,” disse allungandogliela. Nonostante fosse riuscito a mantenere un tono di voce abbastanza neutrale, Derek riconobbe il sottofondo di cura con cui Stiles gli stava porgendo il suo ordine di cibo cinese preferito.

“Andrà benissimo, grazie,” rispose incolore. Stiles gli sorrise e si girò per unirsi agli altri, che avevano già iniziato ad aprire le loro scatole da asporto.

Dopo dieci minuti, il loft di Derek odorava di cibo cinese e di adolescenti un po’ nervosi ma nell’insieme divertiti, che schiamazzavano e si lanciavano addosso riso al curry e pollo alle mandorle.

“Siete consapevoli del fatto che poi dovrete pulire voi questo schifo, vero?” domandò indicando il riso spiaccicato a terra, i fazzolettini unti e le scatole di spaghettini di soia.

Scott lo guardò con un involtino primavera per metà fuori dalla bocca, e Stiles, parlando con la bocca piena come al solito, rispose, “Sicuro, amico. Qui dentro brillerà così tanto che potrai specchiartici le zanne.”

Fedeli alla loro parola, alla fine della cena i ragazzi ripulirono il pavimento. Scott ogni tanto controllava il cellulare ed era palese che stesse sperando fino all’ultimo di ricevere almeno una chiamata da Deaton, che però non arrivò. In compenso telefonò il padre di Kira, e Lydia si lanciò in un’interpretazione magistrale per risultare convincentemente malata, quando lui volle parlarle per augurarle una pronta guarigione.

“Adesso però, voi branco di minorenni, ve ne andate a dormire,” disse a quel punto Derek, battendo le mani, “Immediatamente.”

Dovette chiedere a Kira di seguirlo mentre andava dall’altra parte del loft per prendere delle coperte e dei cuscini dall’armadio e si sentì uno stupido cane al guinzaglio. Ancora per evitare le conseguenze dell’incantesimo (o maledizione o qualunque cosa fosse), dovette sistemare le coperte per terra, accanto al suo letto.

“Lydia e Kira possono dormire sul letto, ma voi due,” disse indicando Scott e Stiles, “Ve ne state sul pavimento con me.”



Mezzora dopo, Derek poteva sentire che, nonostante fossero tutti sdraiati e all’apparenza tranquilli, nessuno stava dormendo. Scott si girava di continuo, Kira era immobile ma triste, Lydia sospirava ogni tanto e Stiles, sdraiato tra lui e Scott, lo fissava imperterrito. Lo sapeva anche se non poteva vederlo molto bene per via del buio. Era strano averlo lì, così vicino che avrebbe potuto allungare una mano e sfiorarlo, e non potergli nemmeno parlare.

Derek era sdraiato sulla schiena, con un braccio piegato dietro la testa, ed era il più vicino al letto. Stiles invece era su un fianco. Derek tirò un respiro profondo e mosse piano la mano nello spazio vuoto tra loro, restando per il resto del tutto immobile. Trovò subito la mano di Stiles pronta a stringersi alla sua. Le dita di Stiles erano leggermente sudate, ma fresche, e il suo indice gli solleticava un po’ l’interno del polso, dove ogni tanto premeva per sentirne la pulsazione. Stiles cercava spesso il suo battito, anche se non lo aveva mai detto in modo esplicito. Derek supponeva che fosse un suo modo per tentare di afferrare meglio le sue emozioni, dato che Stiles era stato sempre incuriosito dalle capacità dei lupi mannari di percepire certe cose. A volte pensava anche che fosse solo per avere il conforto e la conferma che Derek era qualcosa di vivo, di reale, che pulsava sotto il suo tocco. Qualunque cosa fosse, lui non gliela negava mai.

Finalmente iniziò a sentire che il respiro degli altri si stabilizzava. Lydia dormiva. Sperò che anche Kira e Scott si addormentassero in fretta, anche se era probabile che nemmeno lui quella notte sarebbe riuscito a prendere sonno. Nonostante Stiles emanasse più tranquillità, Derek voleva avvicinarglisi, anche solo per un secondo. Avrebbe voluto dirgli qualcosa senza che le sue parole raggiungessero le orecchie di Scott. Con Stiles era sempre così, erano vicini e lontani allo stesso tempo, come la terra e la luna.



-

“Vedi la Luna, Stiles?” domandò Derek brusco, indicando lo spicchio di luna crescente che brillava in basso nel cielo, senza sollevare gli occhi dal legno e dai chiodi che aveva in mano.

Ogni tanto Derek tornava a casa Hale, nonostante non vi vivesse più da tempo, e si teneva impegnato aggiustando qualcosa. Stiles all’inizio aveva pensato che fosse deleterio per Derek, gli sembrava un modo per mettere di rimediare agli errori del suo passato e temeva che così facendo non se ne sarebbe liberato mai. Poi aveva capito che era invece un modo per cullare i suoi ricordi, i momenti belli che aveva vissuto lì dentro e che non voleva abbandonare. Di solito, dopo aver trascorso qualche ora a prendersi cura di un mobile o di una finestra, Derek gli sembrava più rilassato e più in pace con sé stesso.

Quella sera, era seduto sul patio, all’aperto, ed era intento a riparare dei cassetti.

“Sì, e allora?” rispose Stiles allargando le braccia esasperato.

A volte Stiles gli imponeva la sua presenza, per non lasciarlo solo con i suoi fantasmi, e Derek lo lasciava fare, segno che non lo riteneva come una nota stonata né nel suo presente, né nel suo passato, e nemmeno nell’incontro tra i due. Tuttavia, quando lui aveva iniziato a vedere qualcosa di concreto tra lui e Derek, qualcosa che sembrava poter essere così meraviglioso da farli rinascere o così doloroso da ucciderli del tutto, Derek aveva immediatamente alzato le proprie barriere.

“È più vicina o più lontana di quando l’hai vista oggi pomeriggio?”

“Che cazzo c’entra adesso la Luna?” Stiles si passò una mano tra i capelli, in un gesto di frustrazione. Derek lo ignorò, e Stiles per un attimo sperò che si desse una martellata sulle dita, tanto sarebbe comunque guarito, ma almeno avrebbe provato qualche momento di dolore, perché se lo meritava.

“Non ho idea,” fece una pausa, riflettendoci, “Forse più vicina,” rispose alla fine sibilando tra i denti.

“Sbagliato,” disse Derek con un chiodo in bocca, “È sempre alla stessa distanza di oggi pomeriggio e di stamattina. Quasi quattrocentomila chilometri dal tuo naso.”

“E mi stai raccontando tutto questo perché? Cos’è, un indovinello?”

“Quando la luna è all’orizzonte, per effetto ottico, sembra più vicina. Ma non lo è,” il suo tono di voce era deciso e quasi severo, “È la tua testa che la vede accanto agli alberi, alle case e pensa di riuscire a comprenderla, a stabilirne la dimensione, pensa che sia più vicina,” Fece una pausa e indicò prima se stesso e poi Stiles, con il martello che aveva in mano, “Io e te? Ci separeranno sempre centinaia di migliaia di chilometri.”

-

Stiles gli strinse con più forza la mano per un attimo, e Derek si riscosse, ricambiando la stretta. Anche Kira e Scott si erano addormentati. Allora, prima di poterci ripensare, facendo leva sul braccio steso tra lui e Stiles, si piegò su un fianco con uno scatto, e gli si avvicinò. La maglietta che indossava Stiles era sottile ed ammorbidita dall’uso, tanto che poteva praticamente sentire la sua pelle sotto le mani. Stiles gli avvolse un braccio intorno alla schiena e insinuò una gamba tra le sue. Respirarono piano l’uno contro l’altro, trattenendosi per non svegliare Scott. Poi Derek affondò il viso nel collo di Stiles, gli si strofinò leggermente contro, inspirando. Stiles odorava di… Stiles, di sudore e un po’ di preoccupazione. Gli solleticò la pelle con le labbra e Stiles di rimando gli portò le braccia dietro la nuca, accarezzandogli i capelli. Si cullarono un po’ nella confortevole sensazione della loro posizione abituale, poi Stiles gli fece un po’ di pressione alla base del cranio e le loro bocche si incontrarono a metà strada. Si baciarono a lungo, con la frenesia dettata dalle tante questioni in sospeso che c’erano ancora tra loro e con la voglia di confortarsi a vicenda, ma anche di rimproverarsi a vicenda alcune dinamiche del loro rapporto che li costringevano a baciarsi di nascosto mentre gli altri dormivano.

Lydia si girò, alle loro spalle, e Derek subito si staccò da Stiles e portò la testa indietro, mettendosi in ascolto. Dormiva ancora.

“Andrà tutto bene,” sussurrò infine incollando la bocca all’orecchio di Stiles e muovendola appena. Stiles annuì senza dire nulla, Derek lo sentì deglutire e capì che non aveva assentito a voce alta semplicemente per non mentire. Gli sfiorò le labbra con un bacio per l’ultima volta e poi si allontanò, provando di nuovo a mettersi a dormire.



Kira aveva telefonato ai suoi molto preso, il mattino dopo, perpetrando la scusa che Lydia fosse malata e sola, quindi entrambe rimasero chiuse tutta la mattinata nel loft di Derek. Scott e Stiles avevano provato ad avanzare diverse lamentele e insistere sull’importanza del loro contributo nella risoluzione del mistero pur di non andare a scuola, ma alla fine furono buttati fuori dalla porta da un Derek ancora mezzo addormentato, seguiti a ruota dai loro zaini. Lydia e Kira, sbucando da dietro la schiena di Derek, una alla sua destra e una alla sua sinistra, li salutarono agitando una mano e accennando un sorriso di comprensione, mentre quest’ultimo chiudeva la porta alle loro spalle.

“Amico, credevo fossi tu l’Alpha!” si sentì Stiles dire nel pianerottolo.

“Sì, ma quando lui fa così sembra un sacco adulto e responsabile. Sembra tuo padre! Anzi, peggio, sembra mia madre!

Lydia, Derek e Kira si guardarono in faccia e scoppiarono a ridere.



Derek aveva passato gran parte della mattinata con il cellulare in mano e Kira aveva scambiato numerose occhiate con Lydia. Non era tanto il fatto che messaggiasse con qualcuno ad incuriosirle, quanto, come la sera prima, i rari sorrisi, a volte un po’ esasperati, a volte divertiti e a volte quasi inteneriti, che comparivano a volte sul volto di Derek e il fatto che prontamente afferrasse il telefono ogni volta che lo sentiva vibrare.

Ad un certo punto gli era pure arrivata una chiamata e, nel sentire Booty Man, le sopracciglia di Lydia erano schizzate così in alto da arrivarle all’attaccatura dei capelli. Kira ormai aveva capito che, chiunque fosse, aveva impostato quella suoneria sul cellulare di Derek solo per il proprio numero, perché quando lo chiamava Scott squillava un’anonima melodia di default. E Derek, per qualche motivo, nonostante l’imbarazzo che gli creava, non l’aveva cambiata. Decise di mandare un sms a Scott.

“Derek ha per caso qualcuno?”

“In che senso?”

“Ha una ragazza?”

“Perché?!? Ti senti attratta da lui? È l’incantesimo?”

“No, Scott! Ce lo chiedevamo io e Lydia, secondo noi potrebbe avere una ragazza, manda un sacco di sms a qualcuno e poi sorride.”



Scott sollevò la testa per chiamare Stiles e girargli la domanda, ma lo vide concentrato a guardare il suo cellulare, con un sorriso ebete stampato in faccia. Scott inarcò un sopracciglio.

“Lo fa pure Stiles, ma se avesse qualcuno lo saprebbe l’universomondo.”



Deaton chiamò Scott solo la mattina successiva, ma, con loro grande delusione, disse di non aver mai visto nulla di simile e promise che avrebbe fatto delle ricerche. Intanto, suggerì di provare a far toccare a Lydia gli oggetti che erano stati interessati dalle scariche elettriche il giorno prima che si manifestassero gli effetti dell’incantesimo. Si riunirono tutti e tre a casa di Lydia, dove avevano deciso di spostarsi nell’eventualità in cui qualcuno andasse a trovarla per sapere come stava.

“Io credo di aver buttato via la lampadina,” ammise Kira con un sospiro, “Ma suppongo che possiamo provare comunque ad andare a casa mia.”

“Proviamole tutte,” disse Scott annuendo, “Io andrò da Deaton per vedere se posso aiutarlo in qualche modo, voi tre potreste andare a casa tua,” aggiunse indicando Lydia, Derek e Kira.

“Io vado in biblioteca,” si offrì Stiles, “Non so in che altro modo potrei essere utile, ma voglio fare qualcosa,” sospirò, lanciando una lunga occhiata a Derek.

“Okay, allora ci aggiorniamo non appena sappiamo qualcosa,” concluse Scott.

Nel tragitto in macchina, mentre Derek poggiava la mano sul cambio, Kira notò che aveva un anello all’indice, con qualcosa scritto sopra in una lingua che sembrava latino.

“Che dice il tuo anello?” chiese senza rifletterci. Ormai erano due giorni che vivevano a stretto contatto, dovevano praticamente chiedersi il permesso di andare in bagno.

Derek guardò lo specchietto retrovisore, poi si guardò la mano e si girò l’anello con il pollice, quasi accarezzandolo.

“’Omnia transeunt’,” rispose Derek continuando a tenere gli occhi sulla strada. Sembrò aprire la bocca per aggiungere qualcosa, forse una spiegazione, quando Lydia, seduta sul sedile posteriore, si avvicinò allo schienale di Derek e, guardandogli la mano da dietro la spalla, tradusse, “’Tutto passa’.”

Derek annuì. “C’è una scritta anche all’interno, ‘hoc quoque transibit’.”

“’Passerà anche questo’,” suggerì Lydia, con tono comprensivo, e Derek mosse di nuovo la testa in cenno di assenso.

“Non so se trovarlo estremamente confortante o estremamente scoraggiante,” sussurrò Kira.

“È un anello di famiglia?” domandò Lydia, “Il concetto sembra vagamente simile a quello del triskele, il continuo cambiamento, alpha, beta e omega.”

“No,” rispose Derek deciso, “Fa parte della tradizione ebraica, è molto diffuso in Israele.”

“Non sapevo che la tua famiglia fosse ebrea,” disse Lydia incuriosita, passandosi una mano sul braccio.

“Non lo è,” Derek non sembrava molto entusiasta di continuare la conversazione, “Me lo ha regalato una persona,” concluse continuando ostinato ad evitare il contatto visivo con le ragazze e girandosi di nuovo l’anello. Kira e Lydia si scambiarono un’occhiata di sottecchi.

Quando aveva iniziato a sospettare che avesse una ragazza, Kira aveva guardato le dita di Derek, ma si era concentrata più sulla mano sinistra, sull’anulare. Adesso i suoi dubbi diventavano sempre più concreti e questo avrebbe anche spiegato la frustrazione di Derek. Scott era sempre vicino a lei, per non parlare di Lydia e Stiles, mentre Derek stava affrontando tutto da solo e tenendosi di spontanea volontà lontano da una persona con cui evidentemente stava bene e che poteva offrirgli conforto.

“Passerà anche questo,” ripeté Kira sottovoce guardando fuori dal finestrino.

Derek decise di non dire nulla riguardo la terza scritta, quasi invisibile, sul bordo dell’anello.



La prima ad entrare in camera di Kira fu Lydia, mentre Kira e Derek la osservavano dall’uscio. Lei si guardò intorno, sperando che qualcosa la chiamasse, ma, non sentendo nulla, sfiorò coi polpastrelli quello che le capitava davanti agli occhi: penne, libri, la scrivania, una spazzola, il davanzale della finestra. Scosse la testa ed espirò un po’ delusa. Non riusciva a sentire proprio niente.

“Qual è la lampada della lampadina esplosa quella sera?” domandò voltandosi verso Kira.

“Quella accanto al letto, sul comodino,” rispose lei indicando una lampada viola. Lydia si avvicinò e sfiorò anche quella, prima la base, poi il paralume, poi la lampadina, l’interruttore.

“Non riesco a sentire nulla,” mormorò Lydia scuotendo la testa.

“Sei sicura di aver buttato la lampadina guasta?” chiese Derek a Kira, dopo aver tirato un lungo sospiro.

“L’ho messa nella scatola di quella nuova e l’ho buttata nel cestino,” rispose Kira entrando nella camera e guardando sotto la scrivania. Quando aveva buttato la lampadina, la busta della spazzatura era quasi vuota e lei non era praticamente stata a casa in quei giorni. Con un po’ di fortuna, sua madre non aveva ancora svuotato il cestino. Si chinò per controllare e rovistò un po’ tra la carta straccia.

“È ancora qui,” disse alzandosi, con una punta di emozione nella voce. Estrasse la lampadina dalla scatola e la porse a Lydia, con la bocca un po’ aperta e un’espressione speranzosa.

Lydia allungò le dita e sfiorò l’ampolla, ne tracciò la curva con la punta dell’indice e poi la ghiera. A quel punto si irrigidì e spalancò gli occhi.

“Lydia,” sussurrò Kira, vedendo che tremava leggermente, come se non capisse quello che le stava succedendo, “Senti qualcosa?”, chiese mettendole una mano sull’avambraccio.

Anche Derek entrò nella stanza, ma non disse nulla.

“Non sento niente,” mormorò Lydia, il viso contorto in concentrazione.

Derek ringhiò, “Maledizione”.

“No,” Lydia lo guardò e tolse le dita dalla lampadina, “È come se toccandola mi trovassi da qualche parte, mi sento come quando riesco a captare le voci, ma-“ si interruppe, non sapendo bene come spiegarsi, “Non sento niente. È come se fossi in un posto totalmente silente. Mortalmente silente,” disse alla fine.

“Come un cimitero?” le chiese Derek, con gli occhi grandi e la mascella rigida.

“Esatto.”



-



“Scott dice che suo padre è incazzato nero e che stasera non lo fa andare da nessuna parte,” Kira era seduta sul divano del loft e Derek passeggiava avanti e indietro come un leone in gabbia praticamente da quando erano rientrati. Lei continuava a sentirsi un po’ in colpa perché, anche se non aveva nessun controllo, erano pur sempre i suoi poteri a tenere Derek incatenato.

“Va bene, se tu non hai problemi a dormire qui da sola, non ne ho nemmeno io,” rispose Derek passandosi una mano tra i capelli con frustrazione. Lui aveva guardato tutto il bestiario di Peter, Scott aveva fatto diverse ricerche con Deaton, e Stiles aveva rivoltato l’intera biblioteca di Beacon Hills, ma nessuno aveva trovato niente. L’unica cosa concreta che avevano era un silenzio tombale “sentito” da Lydia mentre toccava una lampadina fulminata.

Sentì il cellulare vibrargli in tasca. Aveva un messaggio.

“Mi manchi.”

Dio, Dio. Stiles. Derek si rigirò inconsciamente l’anello con il pollice, come ormai faceva sempre quando pensava a Stiles. Sollevò lo sguardo e vide che Kira aveva seguito il movimento e poi lo aveva guardato come se stesse cercando le parole per dire qualcosa senza essere invadente. Si passò una mano sul viso.

“Derek,” Kira lo chiamò piano e si morse il labbro inferiore. Lui inarcò un sopracciglio, invitandola a continuare.

“Puoi invitarla qui, se vuoi,” continuò senza guardarlo negli occhi, “Per me va bene. Non dirò niente a nessuno, puoi contare su di me.”

Derek la guardò senza capire, “Kira, di chi stai parlando?”

Lei indicò il telefono, “La tua ragazza.”

Oh. Oh. Derek si irrigidì.

“Ho visto che quando parli con lei sei più tranquillo,” disse Kira, stropicciandosi le mani, “E poi Scott è sempre qui intorno, non mi lascia quasi mai da sola, non è giusto che non possa farlo anche tu.”

Kira non capiva se Derek la stesse guardando come se fosse appena comparsa dal nulla, o se stesse valutano se potersi fidare di lei.

“Io posso chiudermi in bagno mentre lei è qui, non devo per forza vederla,” aggiunse guardandolo finalmente in faccia, “Ma, ti prego, mi sento già abbastanza in colpa, non voglio anche impedirti di vedere la persona che ami.”

A quelle parole Derek sussultò e strinse un po’ gli occhi. Mosse un paio di volte il pollice sullo schermo del cellulare, senza però toccarlo davvero. Poi lesse di nuovo il messaggio di Stiles, “Mi manchi”. Alla fine sospirò, con un’espressione quasi rassegnata.

“No,” Kira gli sembrò delusa, “Non è necessario che tu ti nasconda, non è che me ne vergogni, è solo che…” Derek fece una pausa, per scegliere le parole adatte, “Potresti restare molto sorpresa.”

“Non ti giudicherò,” aggiunse lei di fretta, “Te lo prometto.”

Derek annuì e mosse rapido le dita sul display del telefono, poi se lo portò all’orecchio.

Kira si voltò per andare a sedersi sul divano e dargli un po’ di privacy, ma presto sentì Derek sussurrare il suo nome.

“Grazie,” gli disse lui abbozzando un sorriso e Kira ricambiò spontaneamente. Era così raro vedergli in viso un sorriso che gli arrivava fino agli occhi.

“Ehi,” sussurrò poi Derek intenerito e si concentrò sulla telefonata, “Ti va di venire al loft?” e Kira accese il televisore, per impedirsi di origliare la conversazione.



Il campanello suonò circa mezzora dopo e Derek, riconoscendo il battito del cuore di Stiles, guardò di scatto in direzione di Kira, “Promesso, non giudicherò,” disse lei alzando entrambe le mani in segno di resa.

Derek sospirò e roteò le spalle per darsi una calmata. Aprì la porta e si ritrovò davanti Stiles con lo zaino sulle spalle e un sorriso velato di agitazione. Si sussurrarono un “Ehi,” nervoso, all’unisono, e poi risero. Derek fece entrare Stiles e poi, mentre richiudeva la porta alle sue spalle, chiamò, “Kira?”

Lei guardò in direzione di entrambi e fece per dire qualcosa, ma lui la interruppe indicando Stiles e dicendo “Ti presento la mia ragazza.”

Stiles gli diede un pugno sul braccio e poi ritrasse la mano, accarezzandosela con l’altra per lenire il dolore. “Sei il solito imbecille,” disse a denti stretti.

“Oh mio Dio,” esclamò Kira iniziando a ridere, “Questo spiega così tante, tante cose!” A quel punto scoppiarono tutti e tre in quella che forse era la prima risata aperta e spontanea degli ultimi giorni.



-



Stiles trovava Derek bello. A volte il pensiero lo faceva sentire un po’ stupido, perché era ovvio che Derek fosse una specie di sogno erotico incarnato, ma lui ogni tanto si ritrovava a pensare a dei dettagli – al colore degli occhi impossibile da definire, alla linea della mascella, all’espressione sincera e quasi vulnerabile che gli regalava in certi momenti – e spegneva completamente il cervello, restando solo immerso nell’idea che Derek era bello. Paradossalmente, era qualcosa di cui si era accorto solo dopo, quando aveva smesso di guardare e aveva iniziato a vedere. Quando gli era stata data la possibilità di osservarlo mentre compiva piccoli gesti e aveva iniziato a notare alcune piccole cose.

Per esempio, Stiles aveva notato che Derek sprecava un sacco di miscela, spargendola lungo i fornelli mentre preparava il caffè al mattino ed era bello mentre teneva una mano a coppa attorno alla moka per non fare troppi danni.

Derek dormiva sdraiato a stella marina sul letto, ed era bello quando respirava tranquillamente, con i muscoli della schiena rilassati ed il tatuaggio tra le scapole; ma quando dormiva insieme a Stiles gli si avvolgeva attorno e lo stringeva e il cuore di Stiles saltava un battito e lui sapeva già che non avrebbe mai più potuto dormire meglio di così.

Nonostante si lamentasse sempre delle maniere di Stiles nel mangiare, Derek non era in grado di finire una pizza senza sbrodolarsi dell’olio sulla maglietta e soprattutto del pomodoro sul lato del labbro. Quando se ne accorgeva, di solito, si strofinava il viso con il pollice e poi istintivamente se lo portava alla bocca e Stiles, nonostante riconoscesse la sensualità del gesto, si immobilizzava più che altro a pensare a quanto fosse bello mentre effettuava quel movimento.

Più di tutto, Stiles lo trovava bello quando sorrideva, il che all’inizio succedeva abbastanza raramente. Quando lo faceva, gli occhi quasi gli brillavano e gli si formavano delle pieghe adorabili agli angoli. Se avesse avuto un minimo di talento letterario, Stiles avrebbe potuto scrivere una raccolta di sonetti sui sorrisi di Derek, ma non ce l’aveva, quindi tentava solo di goderseli il più possibile e marchiarli a fuoco nella memoria. Ma con Derek nulla era facile e, di solito, quando sorrideva, gli concedeva di ammirarlo per pochi secondi, per poi abbassare la testa e nascondere il sorriso alla base del collo di Stiles, che gli portava le mani attorno alla testa e si accontentava di baciargli le pieghe agli angoli degli occhi.

“Un giorno mi farai vedere?” gli aveva sussurrato una volta, dopo che Derek gli aveva affondato un sorriso nel petto.

“Cosa?” aveva chiesto Derek senza muoversi, solleticandogli la pelle col movimento delle labbra.

“Come sorridi,” aveva risposto Stiles e gli aveva accarezzato uno zigomo col pollice.

Derek aveva deglutito e Stiles aveva pensato che la cosa sarebbe finita lì, ma poi aveva sentito un flebile “Lo farò,”. E Derek manteneva sempre le promesse.



La prima volta che avevano fatto sesso era stato in un tardo pomeriggio, con le luci rossastre del tramonto che entravano dalle finestre del loft. Stiles era sdraiato sul materasso a terra, con Derek a petto nudo seduto a cavalcioni sul bacino. Stiles si era ritrovato disperso in un universo fatto di eccitazione, di pelle, di sudore, di mani tra i capelli e mani sul petto e labbra sul collo e sulle tempie e sulle labbra. Aveva percorso, riverente e frenetico allo stesso tempo, le labbra ed il petto ed il torace di Derek, dopo che questi si era tolto la maglietta e, per qualche lungo, glorioso istante, non ci aveva capito niente. Derek gli aveva accarezzato i fianchi e l’addome, prima da sopra la maglietta, poi insinuando le mani sotto la stoffa in cerca della sua pelle. Aveva tracciato una mappa tattile, gli aveva portato una mano tra le gambe ed aveva stretto appena, per sentirlo. Poi aveva iniziato a sollevargli la maglietta e Stiles era tornato in sé e gli aveva bloccato i polsi.

“Che c’è?” aveva domandato Derek, col fiato un po’ corto e con espressione confusa. Poi si era passato una mano tra i capelli, aveva sussurrato, “Cristo”, e sollevato una gamba, come per toglierglisi di dosso, “Scusa, non dobbiamo se-“

Stiles lo aveva interrotto, strattonandolo ancora verso di sé con la mano che era rimasta serrata attorno al suo polso. Lo aveva fatto sedere di nuovo sul suo grembo.

“Lo voglio, Derek, fidati,” aveva detto con una risata nervosa, e poi si era leccato le labbra, scostando lo sguardo, “Ma non sono un bello spettacolo,” aveva detto infine, trovando il coraggio di guardarlo di nuovo negli occhi.

“Stiles-“

Stiles non sapeva cosa Derek stesse per dire, ma lo aveva fermato un’altra volta, “Non dire nulla, so di non esserlo, ti sto solo avvisando,” concluse liberando i polsi di Derek e lasciando cadere le braccia ai lati del corpo.

Derek non gli aveva risposto, ma la sua espressione era rimasta contrariata. Gli aveva sollevato lentamente la maglietta, prendendosi tutto il tempo per continuare ad accarezzarlo mentre lo spogliava. Le luci del loft erano spente, ma gli ultimi raggi del sole, traditori, illuminavano il letto con un corridoio di luce abbastanza intenso da rendere gli angoli e le distese dei loro corpi e dei loro visi chiaramente visibili. Stiles aveva aiutato Derek a togliergli la maglietta, simulando una sicurezza che non sentiva, sfilandosela dalle braccia e poi dal collo. Gli sembrava di essere spogliato di una cotta di maglia, di un’armatura. Derek si era chinato su di lui e lo aveva baciato, confortandolo con tocchi languidi, cercando la sua lingua e passandogli le mani sulle braccia. Gli aveva lasciato una scia umida di baci sul collo, scendendo sul pomo di Adamo, sulle clavicole, gli aveva sfiorato un capezzolo con i denti, ad occhi chiusi. Li aveva aperti solo quando era arrivato al bottone dei suoi jeans, e finalmente si era sollevato per guardarlo. Stiles aveva visto il momento in cui Derek aveva capito. Aveva colto l’attimo in cui i suoi occhi si erano velocemente spalancati, per poi stringersi di nuovo, studiandolo. Stiles era avvampato, ma immaginava che il rossore che si sentiva addosso fosse camuffato dall’eccitazione e dalle scie lasciate dalla barba di Derek.

Il fatto era che Stiles era umano. Anche se in genere tutti sembravano tenere questo dettaglio a mente, in situazioni di vita o di morte, c’erano alcune cose che i licantropi tendevano a dimenticare, con tutto il loro ferirsi e poi guarire in poco tempo.

Stiles aveva tante cicatrici. A parte una che gli partiva dalla parte bassa del petto e gli arrivava al fianco, non erano particolarmente vistose o significative, ma erano lì ed erano tante. Alcune erano ancora rosse ed in via di guarigione, altre gli striavano la pelle in diversi disegni, come correnti che attraversano il mare in direzioni contrastanti.

Derek le aveva seguite ad una ad una con lo sguardo, a volte soffermandosi ed inarcando le sopracciglia, come per ricordare qualcosa. Dopo aveva sollevato un dito e lo aveva avvicinato all’estremità della cicatrice più grande, per poi fermarsi e cercare un cenno di assenso negli occhi di Stiles. Stiles aveva annuito, leccandosi le labbra, perché non era la cosa che più anelava, ma non era stato in grado di dirgli nemmeno di no. Perché Derek lo aveva guardato, con i capelli un po’ arruffati e il petto che si espandeva e restringeva velocemente. Quando Stiles era arrivato, Derek era appena uscito dalla doccia, quindi aveva i capelli puliti ed appiattiti sulla testa. Erano i momenti in cui Stiles lo preferiva e lo trovava più bello, perché era naturale e soffice. E mai sarebbe riuscito negargli qualcosa in quei momenti.

Mentre Derek percorreva lentamente la cicatrice con il polpastrello, Stiles si era sentito rabbrividire, ogni muscolo pervaso da una strana eccitazione.

“Sei perfetto.”

“Derek,” lo aveva chiamato, a metà tra un sussurro ed un lamento.

“Perfetto,” aveva ripetuto Derek, guardandolo di nuovo dal bacino al collo, “Sono un licantropo dalla nascita,” aveva aggiunto poi, quasi incoerente, “Non mi è mai rimasta una cicatrice,” gli aveva stretto una mano, “Né dopo essermi sbucciato le ginocchia, da piccolo, né dopo aver combattuto creature magiche di qualsiasi tipo. È solo grazie al tatuaggio che so cosa significa avere segni permanenti addosso.”

Derek si era chinato e gli aveva baciato la porzione di pelle sotto l’orecchio, “Tu hai tutta la vita scritta addosso, e sei perfetto.”

Stiles gli aveva preso il viso tra le mani ed aveva cercato le sue labbra, stringendo gli occhi. Più tardi, quel pomeriggio, aveva pensato che, checché ne dicesse Derek, lui non era affatto perfetto. Ma forse il modo in cui si erano stretti - Derek alle sue spalle che spingeva dentro di lui, Stiles che girava la testa nonostante l’angolo scomodo per inseguire le sue labbra, il sangue di Derek che pulsava sotto le sue dita - poteva somigliare un po’ alla perfezione.



Dopo che avevano ripreso fiato, Derek lo aveva fatto di nuovo sdraiare sul materasso e gli si era spalmato sopra. Lo aveva baciato lentamente, facendo ben aderire il torace, i fianchi, le gambe a quelli Stiles, gli aveva accarezzato il lato della testa. Poi, sollevandosi appena, aveva guardato il suo collo e seguito con il pollice la scia di segni rossi che gli aveva lasciato mentre facevano l’amore. Stiles gli aveva vietato di lasciargli segni in posti generalmente non coperti dai vestiti, sia perché nessuno ancora sapeva di loro, sia perché non li apprezzava e basta, ma Derek si riteneva giustificato per essersi lasciato andare poco prima.

“È per questo che mi mordi sempre?” aveva chiesto Stiles, seguendo il movimento sei suoi occhi. Derek lo aveva guardato interrogativo, “Per lasciare un segno, qualcosa di permanente?”

Stiles lo aveva visto tentennare un attimo e lo aveva attirato a sé baciandogli le labbra. Non voleva giudicarlo, era solo curioso.

“Qualcosa del genere, credo,” aveva risposto Derek, accettando prontamente il bacio, “Non ci penso particolarmente su, mentre lo faccio.”

“Vorrei poterlo fare anche io, poterti lasciare un segno addosso,” aveva ammesso Stiles, tracciandogli la linea della clavicola, in un attimo in cui il filtro tra il suo cervello e la sua bocca non funzionava come avrebbe dovuto. Ma supponeva che non fosse poi tanto inopportuna, una confidenza del genere. Dopotutto, erano ancora nudi, sul letto in cui aveva appena perso la verginità, dove si erano toccati dappertutto e dove ancora aderivano centimetro per centimetro l’uno all’altro. Che altro c’era da nascondere?

“Non sono segni permanenti,” aveva detto Derek, “Vanno via. Tutto va via.”

Stiles gli aveva preso una mano, “Non io,” aveva sussurrato baciandogli le nocche.

-

Kira si svegliò con la luce del sole che, entrando dalla finestra, illuminava il letto. A giudicare dalla quantità di luce, doveva essere mattino inoltrato. Si stiracchiò un po’ nel letto e cambiò diverse volte posizione, sentendo una sorta di formicolio alla nuca, una brutta sensazione. Aprì gli occhi e, quando riconobbe il soffitto alto del loft di Derek, si rese conto che il formicolio non erano altro che ansia e disagio. Era sabato, non aveva scuola ed era ormai la seconda mattina che si svegliava in casa di Derek, ma nonostante tutto a volte, prima di rientrare totalmente in possesso delle sue facoltà mentali, nei momenti tra il sonno e la veglia riusciva a dimenticarsi della brutta situazione in cui si trovava.

Il cuore iniziò a batterle più forse ed la familiare sensazione di inquietudine che la accompagnava già da due giorni trovò di nuovo dimora tra le sue spalle, facendole venire la nausea. Si passò le mani sul viso e si alzò dal letto per prepararsi un tè e tenere la mente e le mani impegnate con qualcosa. Il loft era silenzioso, e solo quando rischiò di inciampare su una coperta, si ricordò di Derek e Stiles.

La sera prima era stata abbastanza rilassante, come una ventata d’aria fresca. Stiles e Derek avevano battibeccato tutto il tempo, come due ragazzini delle scuole elementari, con lui che tira le trecce a lei solo perché ha paura di dirle che gli piace. Osservando il modo in cui si guardavano, però, Kira si era chiesta come fosse possibile che nessuno di loro avesse notato quello che c’era tra i due. Ma, in effetti, non si era mai fermata a guardare e, di solito, quando erano stati nella stessa stanza, Derek e Stiles avevano sempre interagito il minimo indispensabile, quindi era difficile trovare quel qualcosa, a meno che non si stesse cercando. Ad ogni modo, vederli così spontanei di fronte a lei l’aveva fatta sorridere. Era bello sapere che la ritenevano degna della loro fiducia. Il contatto fisico tra loro era stato minimo, e Kira supponeva fosse per non farla sentire in imbarazzo. C’era stato un momento in cui, mentre mangiavano una pizza, Stiles si era avvicinato a Derek, istintivamente, e gli aveva strofinato un pollice all’angolo della bocca, sorridendo e dicendo “Non ce la farai mai.” Si erano guardati con così tanta intensità che lei si era sentita di troppo ed aveva distolto lo sguardo, ma poi Stiles si era schiarito la voce, Derek aveva abbassato gli occhi ed il momento era passato. Erano adorabili.

Avevano litigato persino per scegliere dove dormire. Kira aveva ottenuto di nuovo il posto d’onore, il materasso di Derek. Derek si era offerto di dormire per terra e a Stiles aveva proposto il divano. Stiles aveva protestato, dicendo che non era una donzella, quindi Derek poteva prendersi il divano e dormire più comodo, oppure potevano dormire per terra tutti e due. Ovviamente, aveva vinto Derek.

Mentre si muoveva in punta di piedi verso il bollitore, però, Kira si era ritrovata a sorridere. Ad un certo punto, durante la notte, il piano di Derek doveva essere fallito, perché Stiles in quel momento era sdraiato sulla coperta insieme a Derek, il petto che aderiva alla schiena dell’altro. Condividevano il cuscino e Stiles aveva un braccio sotto la testa ed uno avvolto attorno al torace di Derek. La mano era proprio al centro del suo petto, all’altezza del cuore, e le loro dita erano intrecciate tra loro.

Nell’ultimo anno Kira aveva visto e scoperto parecchie cose che le sembravano rasentare l’impossibile, alcune la riguardavano personalmente. Eppure il solo fatto di vedere Derek Hale rannicchiato contro il petto di Stiles si guadagnava uno dei primi posti nella classifica delle cose più incredibili.

Mentre immergeva la bustina di tè nella tazza, sentì una sedia spostarsi e si voltò verso il rumore. Stiles si era svegliato e seduto al tavolo, con i capelli in tutte le direzioni. Le fece un cenno di saluto, ondeggiando la mano e sussurrando, “Buongiorno”. Si portò un dito sulle labbra, per farle capire che Derek dormiva ancora.

Lei rispose sottovoce e gli indicò la sua tazza, per chiedergli se volesse del tè. Stiles scosse la testa, si strofinò diverse volte le mani sulla faccia e poi si alzò di nuovo, di malavoglia, dicendo “Caffè.”

Stiles smanettò per diversi minuti con la macchinetta del caffè, sforzandosi di non far rumore e riuscendoci solo in parte. “Io adesso vado da Deaton con Scott,” le disse dopo essere tornato al tavolo con una tazza piena di caffè.

“Derek ieri mi ha detto che saremmo venuti anche noi,” sussurrò Kira e fece un segno nella direzione in cui più o meno si trovava Derek.

Bevendo un sorso di caffè, Stiles annuì, “Sì, ma per adesso non voglio svegliarlo.”

“Ieri era in piedi già all’alba,” notò lei, arricciando le labbra.

“Per questo vorrei che dormisse un altro po’,” Stiles lavò la tazza e poi restò un attimo interdetto, come se volesse dire qualcosa, “Potresti non dire nulla a Scott? A proposito di…” fece un gesto vago con la mano, tra se stesso ed il resto del loft.

“Sì, sì, sì, assolutamente,” si affrettò a dire Kira, e annuì esageratamente, “L’ho tipo promesso a Derek.”

“Glielo dirò appena posso,” Stiles si stropicciò le mani, “Ma voglio che lo sappia da me.”

“Lo capisco,” Kira gli sorrise, “Ma merita di saperlo.”

Stiles annuì, sentendo i familiari sintomi del senso di colpa invadergli il petto. Lo sapeva, eccome se lo sapeva.

-

Quando Stiles arrivò da Deaton, trovò Scott già lì intento ad occuparsi di un gatto ferito. “Ehi, amico,” disse sollevando una mano in cenno di saluto.

“Ciao Stiles! Deaton si è allontanato un attimo per telefonare, dice che torna tra poco,” lo informò Scott tagliando i fili che aveva usato per cucire il taglio che l’animale aveva sulla zampa, “Ci ha lasciato dei libri sul tavolo di là, puoi iniziare a dare un’occhiata mente io finisco qui, se vuoi.”

Stiles fece spallucce ed acconsentì, era meglio iniziare subito. Entrò nell’altra stanza e lesse i titoli dei volumi: alcuni avevano a che fare con la stregoneria, altri con creature magiche e leggende. All’apparenza erano tutti abbastanza consumati e si domandò dove li avesse trovati Deaton e su cosa si fosse basato nella scelta, ma, nonostante fosse del materiale nuovo, lui aveva già fatto ripetute ricerche sugli argomenti.

Fu raggiunto da Scott pochi minuti dopo, mentre iniziava a sfogliare il primo tomo.

“Dovrebbero venire anche Derek e Kira a darci una mano,” lo informò Scott, “Aspetto che mi chiamino da un momento all’altro, sono già in ritardo.”

Stiles non disse nulla e finse di essere impegnato nella lettura. Aveva detto che avrebbe raccontato a Scott al più presto di lui e Derek e forse quello poteva essere il momento adatto. A dire il vero, c’erano state decine di momenti adatti, da quando loro due avevano deciso che sarebbe stato giusto dirlo a Scott, ma poi nessuno era mai davvero sembrato quello perfetto e la notizia non era venuta ancora fuori.

“Ehi, sei nervoso?” domandò Scott guardandolo con un sopracciglio sollevato.

Licantropi, pensò Stiles sospirando, “Credo ci sia qualcosa che devo dirti,” Scott lo guardò preoccupato e lui aggiunge, “Non riguarda il problema con Derek e Kira.”

Scott gli sembrò appena sollevato, ma ancora perplesso, “Okay,” disse dopo qualche secondo di silenzio, “Ti ascolto.”

“Prometti che-“ stava per dire ‘non ti arrabbierai’, ma fu interrotto dalla suoneria di un cellulare.

“È Kira,” Scott mosse le dita sul telefono e se lo portò all’orecchio, “Kira? Dove siete?”

Scott rimase in ascolto per qualche secondo, “È successo qualcosa?” domandò poi battendo il palmo sul tavolo, allarmato.

Aggrottando le sopracciglia e muovendo il capo, Stiles fece per chiedergli cosa fosse successo. Scott si allontanò il cellulare dall’orecchio, chiedendo a Kira di aspettare, e mise la chiamata in vivavoce. Stiles si avvicinò per sentire meglio.

“Sono corsa via, non ho pensato all’incantesimo,” il suo tono di voce trasudava una certa agitazione, “E mi sono resa conto solo quando sono arrivata in strada che non c’era niente, né elettricità, né catene.”

“La maledizione si è spezzata, quindi?” chiese Scott, confuso, “Allora qual è il problema?”

“Stiles è lì con te?” domandò Kira.

Scott lo guardò e poi guardò di nuovo il cellulare.

“Sì, Kira, sono qui,” rispose lui precedendo Scott, “Perché sei corsa via dal loft?” chiese con un brutto presentimento.

“Quando Derek si è svegliato mi ha detto,” fece una pausa, “Mi ha detto quanto sono bella e che è fortunato ad avermi.”

Scott e Stiles si guardarono, con la bocca spalancata, e Stiles in un'altra situazione avrebbe riso, vedendo le loro facce, ma in quel momento era pietrificato, con un milione di cose che gli passavano per la testa. Per fortuna Scott riuscì ad avere più prontezza di riflessi.

“Arriviamo,” disse infatti secco a Kira, chiudendo la telefonata e strattonandolo per una manica.



-









Note varie:
  1. in questo capitolo sono iniziate le mie elucubrazioni mentali sulla luna, che continueranno anche nel prossimo.
  2. La canzone che Stiles imposta come suoneria nel cellulare di Derek è “Booty Man”, di Tim Wilson, e l’idea l’ho rubata a Grà (<3)
  3. L’anello di Derek è una cosa così, ma senza smalto, almeno nella mia immaginazione. In realtà in latino è un po’ difficile da trovare, ma credo che in ebraico sia più facile. Io ce l’ho in russo (il mio è in argento) e a quanto pare in Russia è relativamente popolare (nel senso che anche i non ebrei conoscono le due scritte e quando l’ho cercato ho scoperto che li realizzavano in diverse città). A me l’idea di comprarlo è venuta perché l’ho visto addosso ad un amico americano, di famiglia ebrea. Più dettagli in merito alla leggenda riguardante l’anello saranno nel prossimo capitolo.
  4. Grazie come sempre a Grà per il betareading *cuoricini* eventuali errori blabla, sono sempre colpa mia.
  5. Grazie a chi ha letto, recensito e/o messo la storia tra le preferite/ricordate seguite *cuoricini anche per voi* e spero che il secondo capitolo possa essere interessante.
  6. Basta, credo.
   
 
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