Storie originali > Storico
Segui la storia  |       
Autore: controcorrente    17/07/2014    1 recensioni
Metà del 1800. Soledad Blanca Escobar ha solo 8 anni eppure sa già quanto sia veritiero il significato del proprio nome e, forte dell'esperienza della sua famiglia, arriva a pensare che amore e matrimonio non siano compatibili. Soledad rinnega l'amore ed ogni forma di sentimento, ritenendolo causa di ogni sua sciagura...eppure sarà proprio un matrimonio combinato a farle capire quanto sia importante...sia pure a caro prezzo.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

L'AMBASCIATORE FRANCESE

 

L'uomo che si era fatto beffe di mio padre, per via del suo abbigliamento, si chiamava Louis Montreux ed era l'ambasciatore francese, all'epoca di stanza a Lisbona. Sembrava conoscere mio padre da molto, molto tempo.

-Sono molto felice di vedervi, amico mio.-disse, sorridendo affabile da sotto i baffi biondi -Cominciavo davvero a chiedermi dove foste andato.-

-Ho viaggiato molto, Louis- sospirò il mio genitore- purtroppo non in maniera agevole e non di mia volontà.-

L'altro gli offrì un bicchiere di Porto che mio padre accettò senza fiatare. Lo vidi bere in silenzio, sotto lo sguardo del proprietario del palazzo. -Ho avuto dei problemi con una nobile famiglia spagnola, tanto che sono stato costretto ad andarmene.-disse, fissando laconico il bicchiere.

-Non ho la minima idea di quello che vi è successo...e, sinceramente, credo che sia meglio per tutti, evitare di sapere la ragione.-disse, passandosi una mano sotto il mento. Con calma, bevve di nuovo. -Questa giovane è legata a voi in qualche modo?-chiese.

Io mi bloccai. Avevano parlato a lungo, senza nemmeno fare caso a me...ed ora? Gli occhi grigi di quell'uomo mi osservavano analitico, mettendomi ansia. Cosa intendeva fare?

-E'mia figlia.-rispose, senza guardarmi.

Louis si bloccò. -Perché l'avete portata con voi?-chiese di nuovo, riprendendo di nuovo la sua flemma. -I viaggi con una bambina sono pericolosi.-

-Non ha più nessuno...a parte me.-rispose mio padre.

Io mi feci di pietra. Quello che diceva era la pura verità, malgrado fosse la peggiore possibile. Se infatti non avevo più nessuno, era anche merito suo. Ugualmente non fiatai.

-Sarete ospiti allora.-propose Louis -Al momento, la Spagna ha altro a cui pensare, per interessarsi alla vicenda di un uomo. Ti conviene però andare altrove...e poi, magari, potrai fare ritorno.-

-No.-rispose il mio genitore- Non tornerò mai più in Spagna.-

-Come volete-fece l'altro, accavallando le gambe.

 

 

 

 

 

 

Quella sera mangiammo nell'immenso salone dell'ambasciata.

Louis conversò amabilmente con mio padre, senza degnarmi di uno sguardo. Io mangiai in silenzio, fissando le ricche decorazioni in stucco che abbellivano gli ambienti. Era un ricco palazzo in stile rococò, con interni in bianco e oro. Affreschi bucolici si alternavano a specchi di medie dimensioni che servivano a rendere la stanza ancora più grande di quello che fosse.

In tutto quello sfarzo, tuttavia, non riuscivo a vedere nulla di bello. Uno strano vuoto, pieno di malinconia, mi avvolgeva, come una nebbia sottile, annichilendo tutto. Non sentivo niente intorno a me, né il sapore del cibo, né quello del vino. Mi pareva tutto vuoto e senza senso. Non volevo parlare con nessuno, nemmeno con quel francese...ma non fu necessario.

Loro non si degnarono di me...e, in qualche modo, essere ignorata mi indispettì. Mio padre aveva commesso quell'azione orribile e si comportava come se niente fosse, invece di mostrare perennemente pentimento per il suo gesto, anzi. Pareva quasi che fosse convinto della bontà della sua azione, che fosse giusto quanto accaduto.

Per l'ennesima volta, mi sentii ferita da quella familiarità, così appropriata e insieme fuori luogo.

 

 

 

 

 

 

Poco dopo, terminato il pranzo, i due si ritirarono nel salotto attiguo per fumare, lasciandomi sul divanetto, ferma come una bambola. Indossavo ancora i vestiti da zingara con cui ero fuggita dalla Spagna, malgrado, a lungo andare, cominciassero a sembrarmi scomodi.

Ricordo che li sentii chiacchierare delle questioni più varie ed ero così annoiata dalla mia solitudine da soffermarmi su quello che si dicevano. Le parole, però, erano poco chiare e fu spaventosamente naturale, per me, scivolare dalla noia al sonno.

 

-Maledetta! Come avete potuto!- urlò una voce.

-NO! NON E'VERO!...Non è come pensate!-esclamò un'altra, rotta dal pianto.

Un fragore di vasi rotti, accompagnato da un gemito strozzato.

-Marito, non è come pensate! E'...-disse quest'ultima. Era la voce della mamma.

L'altra rise. -Non fatemi ridere! Non può che essere così! Volevate vendicarvi di me...vi vergognate di me e delle mie origini...perché sono uno sporco zingaro, come tutta Cordoba pensa!- disse, gelido. Un nuovo rumore di cocci infranti accompagnò quella frase. -Mi avete preso in giro, pugnalandomi alle spalle. Mio zio aveva ragione a mettermi in guardia...CHE SCIOCCO CHE SONO STATO...-

-No! Non è così-rispose Honor- Io vi ho sposato, come potete anche solo pensare diversamente...-

-Voi mi avete sposato per non affrontare il disonore...dopo tutto quello che ho fatto per voi... OSATE TRATTARMI COSI! MI AVETE ROVINATO LA VITA!-urlò Ignacio, in un grido simile a quello di un animale ferito a morte.

A quelle parole, seguì il silenzio.

-Ma adesso me la pagherete cara- sibilò Ignacio...e a quelle parole, la mamma urlò.

-Lasciatemi, vi prego!- andava dicendo tra i singhiozzi- Cosa vi è accaduto?-

-Ho solo aperto gli occhi...ED ORA DITEMI QUEL NOME!-urlò mio padre.

 

 

 

A quelle voci, intrappolate nello spazio onirico del ricordo, mi svegliai urlando. Le immagini di quel giorno maledetto pungolavano la mia fragile mente, facendomi tremare, come se avessi freddo.

Un rumore di passi si avvicinò alla porta.

-Mon petit-disse una persona, affacciandosi all'uscio- avete avuto un incubo?-

Non riuscii a rispondere. Accanto al francese, vedevo la sagoma del mio genitore. Ancora ebbra della visione spaventosa che avevo avuto, la voce rimase lì, inchiodata come ad una pala di legno.

-E'un sogno, cara. Ora sei al sicuro.-continuò Louis.

A quelle parole, tragicamente ironiche in quella situazione, con me a spasso con l'assassino di mia madre, opposi un mutismo ostinato. Per quanto fossi piccola, sapevo che non avrei potuto fare molto di più. Tutto questo sfuggiva all'ambasciatore che, tuttavia, pareva avere una notizia da darmi. -Mademoiselle, vostro padre vorrebbe parlarvi.-fece- Vi lascio soli.-

Così dicendo, il mio genitore entrò.

-Avete dormito?-chiese. Mosse qualche passo e si chiuse la porta alle spalle. Nella semipenombra, lo vidi avanzare verso di me, fino a portarsi di fronte a me. -Sono venuto a dirvi che dopo verrà un dottore. Così vedremo cosa potremo fare per la vostra gamba...-

-Voglio la mamma.-dissi, interrompendo la sua frase.

Don Escobar s'interruppe. -Soledad...-mormorò.

-RIDAMMI LA MAMMA!-esclamai, girandomi verso di lui, con gli occhi umidi. Non volevo andare in quel viaggio senza meta. Volevo tornare a Cordoba e riabbracciare Honor, malgrado sapessi che era una soluzione impossibile. Non c'era più niente in quella città. Non c'era nessuno ad aspettarmi. Tutto il mio mondo era stato portato via dalla persona che avevo davanti e che mi guardava senza dire una parola...e tuttavia, continuavo a chiedere, accecata dal dolore.

-LA RIVOGLIO! RESTITUISCIMI LA MAMMA!-continuai, rifiutandomi di accettare quella realtà dei fatti.

-Adesso basta.-mi interruppe questi, afferrandomi per il collo- Le tue lamentele sono inutili. Lei non tornerà più e ti conviene accettare i fatti. Che tu lo voglia o meno, io sono l'ultima cosa che ti è rimasta.-

Quelle parole mi attraversarono come una fucilata e rompendo il momento di farneticazioni che aveva preso possesso del mio corpo. Non sarebbe stato più possibile tornare indietro ed era vero quello che diceva. I De Rossignol, la famiglia della mamma, mi aveva tenuto per salvare le apparenze e, sempre per quello, aveva accolto la prima soluzione decorosa che era loro venuta in mente, pur di liberarsi di me. Escobar avrebbe potuto tranquillamente lasciarmi a loro e prendere la strada per il Portogallo...ma non lo aveva fatto. Per un gioco beffardo della sorte, dovevo essere grata proprio a lui, se adesso vivevo, sia pure temporaneamente, in un castello fiabesco e non in un grigio Convento.

La presa di Ignacio era salda, permettendomi di respirare...eppure lo sentivo lo stesso. Anche senza fare forza, la durezza delle mani di mio padre mi mostrava come sarebbe semplice per lui spezzarmi il collo.

In quel momento, la paura aumentò.

Fino a quel momento, avevo desiderato rivedere la mia mamma e Don Escobar, con quella minaccia silenziosa, mi prometteva di realizzare quel sogno. Ora, però, mentre sentivo tutta la pericolosità di quel contatto, non volevo più quel sogno. Volevo quell'uomo lontano da me, nient'altro.

-Tu non dirai mai più una cosa del genere...ed ora, se non vuoi che ti lasci in mezzo alla strada, dovrai imparare a stare al tuo posto- sibilò, piantandomi in volto i suoi occhi scuri come un pozzo senza fondo.

A quelle parole, mi bloccai.

Sapevo che il rischio era quello...come sapevo che non avrei mai avuto possibilità di sopravvivere senza di lui, nemmeno nelle condizioni in cui mi trovavo. Non c'era modo...ed io ero in trappola.

-Avete compreso, figlia mia?-domandò, senza alcuna traccia di scherno nella voce. Sentirmi appellare come sangue del suo sangue, fece uno strano effetto su di me. Non avevo mai avuto il tempo di provare fierezza per le mie origini e sapere che mio padre era per metà un gitano, mi provocò uno strano malessere. Non avevo mai passato molto tempo con lui. Fino a quel momento, avevo vissuto insieme alla mamma, mentre Don Escobar era sempre fuori.

Per me, mio padre era un perfetto estraneo che aveva potere di vita e di morte. Una presenza che, alla luce di quanto era successo, non poteva che apparirmi odiosa. Non erano capricci i miei, eppure lo erano, dal momento che desideravo una cosa che sapevo non sarebbe mai successa.

Il dolore mi schiacciò di nuovo.

La mamma non sarebbe tornata mai più da me.

Avevo detto addio a quei giorni lontani e felici, per colpa di un uomo che aveva considerato la vita di Honor un cosa di scarsa importanza...l'odio iniziò a germogliare con sempre maggior forza.

Quella non poteva essere l'esistenza che mi attendeva...ma era così e mi ritrovai ad annuire in questo modo, senza alcuna forza.

 

 

 

 

 

 

 

Poco tempo dopo, giunse il dottore.

Come era successo, durante il soggiorno presso i Rossignol, mi lasciai toccare, inerte e priva di forze. Il confronto con mio padre mi aveva privato di ogni energia, tanto che nemmeno mi resi conto della sua presenza durante la visita.

Il dottore mi fece qualche domanda. Come vi sentite? Dove siete caduta? Ditemi se vi fa male.Curiosità di cui non ricordo la risposta. Rammento solamente che quando parlavo, il mio occhio si posava sul mio genitore.

Per tutta la durata della visita rimase zitto e immobile. Pareva una statua pensosa...ed avrei riso, se il mio animo non fosse stato pieno di dolore.

A quel punto, non mi importava più niente.

Né di quello strano francese.

Né di quel dottore che fissava indifferente la mia apatia.

Né di mio padre che, per tutta la visita non aveva smesso di studiarmi. Non seppi mai cosa stesse pensando né quali fossero i suoi sentimenti...ma, a quel punto, il mio cuore era troppo prostrato per chiedermelo. Smisi così di preoccuparmene. Non mi importava più di quell'uomo che, con leggerezza, aveva smantellato la mia esistenza pezzo a pezzo.

-Grazie, senorita.- fece il medico.

-Allora?-domandò subito Don Escobar.

L'uomo sospirò.

-Senor...possiamo parlare in un luogo appropriato?-domandò questi, fissandomi in un modo pieno di pena.

Mi girai di scatto, arrabbiata per quell'espressione.

-La senorita ha una frattura scomposta alla gamba. Avrebbe dovuto rimanere ferma, per poter essere soccorsa. Adesso, l'osso si sta saldando male e potrebbe avere delle conseguenze.-fece, prima di passarsi una mano sulla fronte- Senor, in nome della pietà propria dei cristiani, possiamo davvero uscire dalla stanza?-

-No-rispose mio padre- anche lei deve sapere.-

-Ma Ignatio!-esclamò l'ambasciatore.

-Tacete-rispose questi, con un modo quasi rabbioso- ignorare la verità non farà minimamente differenza. Non si può evitare il dolore ed è meglio che lei sappia il perché.-

Louis rimase impietrito da quel tono. -Non vi riconosco più...-mormorò, scuotendo la testa.

Ignatio non rispose.

-Come volete, senor.- fece- Questa è la vostra volontà, in fondo. La senorita non ha alcuna sensibilità alle gambe. I test che ho fatto prima aveva lo scopo di valutare il danno.-

-A cosa è dovuto?-chiese.

-Ad un trauma, senor, di natura fisica e psicologica. La caduta è stata piuttosto violenta ed il vostro viaggio ha finito con il peggiorare la posizione dell'osso. Il vero problema però è stabilire se l'immobilità è dovuta ad un danno ai tessuti nervosi o allo shock dell'impatto...e lì, senor, occorre davvero l'intervento di uno specialista.-disse, serio.

 

 

 

 

 

 

 

Quella notte non dormii affatto.

La notizia del medico era stata chiara e devastante. Non avrei camminato mai più...e questo era il destino che mi attendeva. Mio padre mi aveva messo di fronte tutta l'amarezza del mio destino...e lo odiai di nuovo per quel tono così privo di clemenza.

Col senno di poi, però, quell'assenza di gentilezza si dimostrò essere l'unica cosa di cui avevo davvero bisogno. Nella condizione in cui mi trovavo, una simile benevolenza non avrebbe fatto altro che infierire sulle ferite che portavo dentro.

Ugualmente, non riuscì a salvarmi dagli incubi, così, con uno sforzo non da poco, mi misi sulla sedia a rotelle che mi era stata portata poco dopo la visita del medico. Lentamente, mossi i miei passi con quel nuovo mezzo, scivolando silenziosamente nel mosaico del pavimento. Lentamente, dalla nuova prospettiva che la sorte aveva scelto per me, cominciai a fissare tutti quei mobili, ai miei occhi così grandi e lontani dalla mia mano.

-Ah! Oh, mon dieu!-sospirò una voce.

Mi fermai di botto. Il suono proveniva da una delle stanze che si trovavano in un angolo della casa. In quel punto, c'era un bagliore tenue, proveniente dal camino e che si rifletteva sullo specchio posto di fronte a quello. -Oh, Ignatio!- disse di nuovo.

Con la carrozzella, mi spostai in un punto cieco e fissai quella superfice riflessa. L'ambasciatore era di spalle, con il torso nudo e dava dei vigorosi colpi di reni ad una sagoma che, a quattro zampe, riceveva quei colpi. -Oh...non sapete... quanto ho atteso...questo...momento- andava dicendo, con un tono sempre più estatico, prima di concludere il discorso con un gemito.

L'altro non rispondeva, limitandosi a levare qualche lamento...poi alzò la testa ed il mio sconcerto mi gelò sul posto. Era mio padre. Mio padre giaceva con un uomo, mentre mia madre era sepolta sottoterra a migliaia di chilometri lontana da me.

La Chiesa condannava quel tipo di pratiche ma, dopo il dolore sofferto, sapere che mio padre avrebbe ricevuto la dannazione eterna per colpa della sua depravazione non mi procurava alcun conforto. Il mio Inferno era sulla Terra e sapere che ero meno colpevole dell'uomo che mi aveva rovinato era una consolazione quasi beffarda.

Non avrei camminato mai più.

Non avrei rivisto la mia mamma...e questo, per la mia sofferenza, era più che sufficiente.

All'epoca non conoscevo ancora la verità. Se l'avessi saputa, se avessi saputo dare un nome a tutto ciò, avrei smesso di vedere le cose da quella prospettiva fanciullesca, fatta di luci ed ombre...e, forse, avrei mostrato una maggiore saggezza.

 

 

Capitolo difficile ed impegnativo. Questa scena finale è stata davvero complicata e sarà così anche per i prossimi capitoli perché lo stato d'animo della protagonista è complicata.

Vorrei ricordare che la storia è drammatica, sotto ogni punto di vista. Ringrazio tutti coloro che hanno letto sinora.

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Storico / Vai alla pagina dell'autore: controcorrente