Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: StarFighter    18/07/2014    10 recensioni
Tutto sembra procedere per il meglio ad Arendelle: Elsa ed Anna cercano di recuperare il tempo perso, ed intanto la principessa cerca di chiarire il suo rapporto con il suo-più-che-amico, Kristoff. Ma, durante il suo primo viaggio fuori dal regno, Anna è vittima di un incidente. Questo potrebbe mettere in pericolo il fragile equilibrio creatosi dopo il Grande Inverno? R&R!
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anna, Elsa, Kristoff, Un po' tutti
Note: Movieverse, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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NdA: Grazie a tutti/e quelli/e che hanno aspettato così a lungo e che, nonostante la lunga assenza, mi hanno fatto capire che questa storia è entrata un po’ in tutti/e voi. Per questo motivo, anche se a volte mi verrebbe voglia di cancellarla, continuerò a scriverla…per voi! Buona lettura!

Questo capitolo è per te Adri, che ti se subita tutti i miei vaneggiamenti e mi hai invogliata a scrivere ancora. Spero ti piaccia ;*

Nb: Anna altamente OOC. Non dite che non vi avevo avvisate!

CAPITOLO 15: Sono qui...

 

L’estate era finita da un po’, portandosi via gli ultimi scampoli di calore, lasciando il passo all’autunno: da un giorno all’altro le foglie avevano cominciato a cambiare colore, tingendosi dei toni del tramonto, e il cielo si era tinto di un opprimente grigio piombo. Un vento gelido soffiava impetuoso su Arendelle, spazzando le stradine del regno, facendo volare via qualsiasi cosa gli si parasse davanti: turbinava nel cortile del palazzo, alzando labili mulinelli di polvere; ululava come un fantasma tra le intercapedini delle finestre, facendo sobbalzare la servitù ad ogni passo; ruggiva sulle onde dell’oceano che lambivano il fiordo, riempiendo l’aria dello sciabordio delle barche ormeggiate e portando con sé un debole profumo salmastro; sfidava la pazienza della regina, facendo sbattere a ritmo un ramo rinsecchito, contro la finestra del suo studio, distraendola dai suoi impegni, e questo la diceva lunga sulla sua capacità di concentrazione in quel periodo.

Di solito avrebbe lasciato correre, avrebbe bellamente ignorato il ticchettio fastidioso del legno contro il vetro, concentrandosi su quello che aveva davanti; ma non in quei giorni, in cui sembrava che il minimo rumore le arrecasse il più terribile dei fastidi. Aveva così tanti pensieri che le si agitavano nella mente, che le premevano nelle meningi, che le sembrava che da un momento all’altro sarebbe potuta esploderle la testa.  Era costretta controvoglia a rimanere chiusa tra quelle quattro mura, a firmare accordi commerciali e a scrivere lettere piene di bugie per rifiutare gli inviti dei regni confinanti, ma ogni suo pensiero era rivolto alla sorella, isolata in qualche sala del castello. Avrebbe tanto voluto sbattere dietro di sé la porta dello studio, che un tempo era stato del padre, e correre in cerca di Anna, per cercare di tirarla fuori dal suo stato di apatia, ormai intollerabile per la giovane regina. Ma non poteva farlo: i doveri derivanti dal suo ruolo, venivano prima di tutto, anche prima di sua sorella. E poi, anche se l’avesse raggiunta, non avrebbe saputo cosa dirle: si sarebbe limitata ad osservarla in silenzio, appoggiata allo stipite della porta, senza che lei si accorgesse di essere spiata, con le braccia immobili lungo i fianchi, incapace di dire o fare qualsiasi cosa.

Tre settimane dopo il ritorno di Anna da Corona, la sua situazione non era migliorata affatto, anzi con l’avanzare della stagione fredda, sembrava peggiorare di giorno in giorno. Passava la maggior parte del suo tempo rintanata nella biblioteca o confinata nella sua stanza, a fare…nulla. Se ne stava lì, ferma a contemplare il vuoto per ore intere, cercando delle risposte alle silenziose domande che le affollavano la mente, o a fissare un punto imprecisato fuori dalla finestra, sbattendo a malapena le palpebre, come se temesse che chiudendo gli occhi, anche solo per una frazione di secondo,qualcosa di importante le sarebbe sfuggito di mente.

Elsa non sopportava più di vederla in quello stato di inerzia, che stonava totalmente con l’idea che aveva sempre avuto di Anna. Per tutta la vita lei era stata quella posata e tranquilla e al contrario, la sorella era stata quella scriteriata e rumorosa; era sempre stato così: anche dalla porta chiusa della sua stanza, durante tutti gli anni di isolamento, era riuscita a sentire gli schiamazzi delle armature cadute, i borbottii di dolore di Anna e le ramanzine di Gerda. La sorella non era mai cambiata, certo il suo temperamento si era affievolito con l’età, ma la sua smania di movimento e il suo desiderio di avventura, non erano mutati nel tempo. Anna era sempre stata una… furia scatenata.

Posò le carte sulla scrivania e si massaggiò le tempie, ripensando a quello stupido soprannome. Anche se quel nomignolo le suonava stranamente animalesco e inappropriato per la sorella, non poté fare a meno di riflettere che rispecchiava in pieno la sua natura incontrollabile e caotica. Si stupì nel pensare che in meno di due mesi, Kristoff era riuscito a catturare perfettamente l’essenza della sorella, con quell’epiteto.

Kristoff. Era da tanto che non pensava a lui: chissà come se la passava, lontano da Anna. Forse aveva sbagliato ad allontanarlo da lei. Forse avrebbe dovuto richiamarlo. Forse riaverlo accanto avrebbe giovato a…NO! Anna non aveva mai accennato a lui in tutto quel tempo e, quelle rarissime volte che il suo nome o il suo titolo erano saltati fuori, sul viso della sorella era apparsa un’espressione infastidita. Non conosceva il motivo di un tale atteggiamento e non aveva mai arrischiato a chiederle spiegazioni. Anche se l’avesse fatto, di certo la sorella le avrebbe risposto con poche e concise parole, allontanando il suo interesse ma lasciando la domanda in sospeso, priva di risposta.

Lo aveva fatto in continuazione negli ultimi tempi, rispondere con frasi con non più di una decina di parole, non lasciando adito all’inizio di una conversazione che non fosse a senso unico. I primi giorni, dopo il rientro da Corona, Anna aveva sempre chiesto di avere i pasti serviti in camera; Elsa l’aveva lasciata in pace per la prima settimana, poi aveva chiesto espressamente la sua presenza, se non a pranzo, almeno a cena. La sorella aveva accettato, senza fare storie e una sera Elsa l’aveva trovata, con sua grande sorpresa, seduta a tavola ad aspettarla. Quando Anna l’aveva vista entrare, si era alzata e aveva fatto una lieve riverenza. Elsa era rimasta colpita da quel gesto così freddo e formale, come se lei non fosse sua sorella ma solo la regina. Le si era avvicinata con due lunghe falcate e poggiandole una mano sulla spalla le aveva detto: “Anna, non ce n’è bisogno! Io sono tua sorella prima di tutto.”

Anna aveva alzato il mento, guardandola negli occhi e aveva annuito, con il viso che non tradiva nessuna emozione. Durante la cena, nessuna delle due aveva proferito parola, ma anche il solo averla affianco, era stato per Elsa fonte di sollievo. Le sere successive aveva cercato d’intavolare un qualsiasi discorso, accennando al tempo,all’imminente festa del raccolto e ad altre piccolezze senza importanza; ma Anna aveva risposto con monosillabi o con stupide frasi di cortesia, come se stesse parlando con una estranea appena conosciuta, non alzando mai lo sguardo dal suo piatto.

Ma Elsa non si era data per vinta e sera dopo sera, anche se le era costato non pochi sforzi, aveva cominciato a raccontarle delle sue giornate, delle stupide lettere dei regnanti che la volevano ospite della loro corte, o che peggio ancora la volevano in moglie. Le raccontava qualsiasi cosa le passasse per la mente, pensando che prima o poi Anna l’avrebbe interrotta, se non per commentare, almeno per intimarle di fare silenzio. Anche quello le sarebbe bastato, ma lei continuava a tacere, ignorandola quasi. E alla fine della serata era così stanca di ascoltare solo la sua voce che cadeva in un profondo silenzio, si alzava da tavola, augurandole la buonanotte e la lasciava da sola, mentre le candele sulla tavola si consumavano mute. Non aspettava mai una sua risposta a quel saluto e saliva le scale con un peso insopportabile sul cuore.

Ma una sera qualcosa era cambiato e prima che avesse potuto varcare la porta della sala da pranzo, l’aveva sentita sussurrare un mesto: “Buonanotte, Elsa.”

Non si era fermata e non si era nemmeno voltata, per paura che fosse stato solo uno scherzo della sua mente, ma non aveva potuto fare a meno di sorridere tra sé.

Qualche giorno dopo aveva avuto inizio la festa per la fine del raccolto, ed Elsa aveva tanto sperato che tutta la gente che sarebbe accorsa nel cortile del palazzo, i giochi e la musica, avrebbero potuto smuovere qualcosa nell’animo di Anna e far tornare a galla la sua versione chiassosa e solare.

Per questo motivo aveva dedicato tantissima cura ed attenzione ai preparativi della festa, la prima che si festeggiava dopo anni: aveva invitato tutto il popolo a prendere parte agli spettacoli che aveva fatto allestire; aveva ingaggiato i migliori musicisti del reame, affinché allietassero l’atmosfera della prima notte di luna piena dopo l’equinozio d’autunno, con le loro melodie gioiose; aveva fatto approntare un banchetto immenso, che avrebbe potuto sfamare un esercito e aveva dato fondo alle scorte delle cantine reali, condividendo il vino e l’idromele più pregiati che gli abitanti di Arendelle avessero mai gustato.

Aveva fatto confezionare abiti adatti all’occasione per sé e per Anna, non aspettandosi nessuna reazione da parte della sorella; ma quando le aveva fatto recapitare l’abito viola prugna , con tralci di vite ricamati in oro che si inerpicavano dalla vita su per il corpetto, se l’era ritrovata alla porta del suo studio, con l’abito stretto tra le braccia e un accenno di sorriso sulle labbra.

-“Grazie.”- le aveva detto a voce più alta del solito, rivolgendole quel sorriso strano, come se temesse di essere fuori luogo.

-“Di nulla. Ti piace?”- le aveva chiesto subito, cercando di strapparle più di una parola di bocca. Ma era rimasta delusa quando Anna, stringendo di più a sé il vestito, aveva semplicemente annuito felice, allargando di poco il suo debole sorriso.

Era rimasta per un momento interdetta: avrebbe voluto ordinarle di parlare, di salterellare in giro per il palazzo senza rispetto del decoro, di tornare ad essere quella di una volta, quella che le sarebbe saltata al collo dalla gioia per un nuovo vestito. Invece si era trattenuta, rafforzando la presa sulla piuma che stringeva tra le mani, dicendole solamente: “Sono felice che ti piaccia.”

Il pomeriggio, prima della sera della festa,al calare del Sole, tutte le barche che erano partite per la stagione della pesca a metà estate,erano tornate con le stive piene di pescato per l’inverno: al porto, erano state accese come da tradizione centinaia di lanterne per indicare alle imbarcazioni ancora in alto mare, la strada di casa.

 Le montagne avevano risuonato delle voci dei cacciatori, che intonavano canti in onore di Skadi, per l’abbondanza della selvaggina catturata.  Quando gli equipaggi erano scesi sulla banchina, cantando le lodi di Njoror, e i cacciatori erano tornati incolumi dai boschi, la festa aveva avuto inizio. Il popolo si era fatto strada per le viuzze di Arendelle, fino al castello, le cui porte erano quanto mai aperte ed invitanti, ed era stato accolto dai bagliori degli enormi falò e dalla musica festosa.

Per tre sere consecutive, il cortile del castello aveva pullulato di vita, pieno di persone intente a danzare, a cantare vecchie ballate, le cui origini si perdevano nella notte dei tempi, a banchettare con il cibo offerto dalla regina o semplicemente ad osservare l’animosità della folla, che contagiava tutti, persino Elsa, che durante tutti i festeggiamenti si era fatta sfuggire più di una risata. Anna invece, aveva passeggiato per un po’ tra gli abitanti del regno, sorridendo cortesemente ma con poco entusiasmo, aveva scambiato una o due parole con alcune giovani donne, e poi si era ritirata sul suo scranno, sulla pedana rialzata che era stata preparata per lei e per Elsa, osservando quello che le accadeva attorno come una mera spettatrice, con lo sguardo perso tra la folla, come se cercasse qualcuno.

 Vedendola, Elsa si era preoccupata solo allora che tra tutta quella gente potesse esserci anche Kristoff, e che la sorella, vedendolo, potesse avere un tracollo emotivo. Era impossibile, non si sarebbe fatto vedere a palazzo, ne era certa. La ferita era ancora troppo fresca e rivedere Anna, di questo era sicura, per lui sarebbe stato come spargerci sopra del sale. E poi la sorella a malapena lo ricordava, quindi era altamente improbabile che lo stesse cercando.

La regina l’aveva osservata da lontano, rimanere lì ferma con le mani poggiate sui braccioli della sua sedia, la schiena dritta, il mento alto e lo sguardo fisso davanti a sé: la perfetta immagine di grazia e regalità, come una divinità dell’antica religione. Poi qualcosa aveva tremato nella sua espressione e il suo muro di fiera sicurezza era caduto, sbriciolandosi pian piano, con piccoli gesti. Proprio quando pensava che nessuno la stesse guardando, le spalle si erano incurvate e le mani si erano cercate e trovate sul suo grembo, stringendosi convulsamente l’una all’altra, gli occhi avevano brillato ancora per alcuni secondi alla luce dei fuochi, accesi qui e lì nel cortile, e poi si erano chiusi con un sospiro pesante.

Solo allo scoccare della mezzanotte, quando i due cantastorie di Arendelle, un uomo e una donna, si erano fatti spazio al centro del cortile e avevano cominciato a narrare le vicende dell’Edda e a parlare di creature fatte di pietra e di fuoco, l’attenzione di Anna si era risvegliata. Elsa, che sedeva alla sua sinistra, l’aveva vista alzarsi e farsi strada, come incantata, verso il cerchio di persone che si era formato attorno ai due menestrelli.

Con ampi gesti teatrali, i due erano arrivati a raccontare, con un crescendo di stupore e timore da parte dei presenti, la leggenda della Caccia Selvaggia,e di come da quella sera in poi, fino all’apparire del primo Sole primaverile, le strade non sarebbero più appartenute agli uomini ma agli spiriti e ai troll.

A quelle parole gli occhi di Anna si erano spalancati e la sua mano destra, fino ad allora stretta alla sinistra, era scivolata al suo fianco, andando a stringere la stoffa del suo abito.

-“I primi attraversano il velo che separa la terra dei vivi dal mondo di Hel, che nelle notti dopo l’equinozio si assottiglia fin quasi a scomparire, e vagano tra noi alla ricerca dei loro familiari ancora in vita.”- aveva detto l’uomo, con il tono di voce arrochito di chi respira troppo fumo dal camino.

-“Gli altri escono dalle loro tane, situate nelle profondità delle foreste più nere, e scorrazzano tre le strade delle città degli uomini, alla luce della Luna. S’intrufolano nelle nostre case e silenziosamente, facendo più attenzione possibile, rubano i bei bambini dai loro lettini e li scambiano con i loro piccoli, brutti e deformi.”- aveva continuato la donna, con voce lieve, ma ben udibile da tutti.

-“Badate bene, perché a quel punto il troll diventa bambino e il bambino scambiato diviene troll.”- aveva concluso l’uomo, catturando ancor di più l’attenzione dei bambini più piccoli ed impressionabili, che a quelle parole si erano stretti alle gonne delle loro madri.

Quel rituale si era svolto anche le due sere successive: allo scoccare della mezzanotte i due cantastorie avevano preso posto tra la folla, che si era assiepata impaziente attorno a loro, e avevano intrattenuto il vasto ed eterogeneo pubblico, con favole e leggende sul piccolo popolo. Ogni sera, Anna aveva lasciato il posto al fianco di Elsa, per avvicinarsi rapita ai due. Li osservava affascinata, pendendo dalle loro labbra, sorridendo se necessario ai loro racconti o inorridendo, come i più piccoli, quando si parlava di mostri terrificanti e grotteschi.

L’ultima sera, un folto gruppo di bambini, aveva chiesto a gran voce ai due menestrelli di raccontare ancora dei troll e quello che era successo dopo, Elsa non se lo sarebbe mai immaginato.

-“Cos’è bambini, avete paura che stanotte vengano a prendervi?”- aveva chiesto ridacchiando l’uomo.

-“Smettila Jorgen, così li spaventi.”- l’aveva ammonito la donna, assestandogli una gomitata al fianco –“Sta solo scherzando”- aveva continuato, rivolgendosi ai bambini spauriti-“da queste parti non ci sono troll.”-

Così i bambini, rincuorati, avevano atteso pazienti che l’uomo accettasse la loro richiesta e si erano seduti in terra, in ascolto.

-“Di troll, ce ne sono di due tipi: enormi come una quercia o piccoli come  funghi. Anche se di diverse stature, hanno tutti una cosa in comune: grossi nasi tuberosi e quattro dita per mano. Qualcuno, aggirandosi per i boschi, ha giurato di averne visti con più di una testa e con uno, due…ma che dico, tre occhi ciascuna!”-i bambini avevano trattenuto il respiro mentre si figuravano quelle creature fantastiche.

Anche Anna aveva trattenuto il respiro. Anzi, ad Elsa era sembrato quasi che le mancasse, il respiro: la sorella infatti, aveva una mano premuta sul petto e una smorfia strana sul viso pallido, colorato solo dai bagliori del fuoco.

-“Sono creature piuttosto permalose e scatenare la loro ira, porta a conseguenze terribili.”- aveva continuato l’uomo, con voce cavernosa –“In definitiva se vi capita di incontrarli, non attirate la loro attenzione e non avvicinatevi. In fine dei conti non sono tutto questo granché, meglio le fate o i folletti. I troll puzzano, sono brutti, violenti, malvagi e…”- aveva cercato di concludere il suo racconto, ma una voce si era alzata dalla folla.

-“Non è vero!”- aveva gridato e tutti gli sguardi si erano puntati su Anna, che respirava a fatica, tenendosi la mano al petto.

Tutti avevano fatto silenzio per alcuni secondi e poi il cantastorie le aveva detto intimorito: “Vostra Altezza, le posso assicurare che quello che dico è vero. Io l’ho visto un troll, ed è proprio come lo descrivo.”

Elsa si era fatta largo tra la folla, che si era inchinata al suo passaggio e aveva raggiunto Anna, prendendola delicatamente per un braccio: “Anna, che ti succede, ti senti male? Perché hai urlato?”- le aveva chiesto preoccupata, sussurrandole all’orecchio.

Per tutta risposta Anna aveva sbattuto più volte le palpebre, come per mettere a fuoco il luogo dove si trovava, e si era portata una mano alla testa, contorcendo il viso in una smorfia di dolore, mentre il suo respiro accelerava: “I-io non lo so…è solo che”- aveva cominciato, poi si era guardata attorno e aveva scorto gli occhi di tutti puntati su di lei- “Io non posso…devo andare, scusate.”- e così dicendo era scappata letteralmente via.

Elsa non aveva potuto niente per fermarla, le era sfuggita di mano, lasciandola interdetta; e mentre seguiva la sua fuga con lo sguardo, con la coda dell’occhio aveva visto una testa bionda girarsi nella stessa direzione. Si era voltata, incontrando gli occhi pieni di rancore di Kristoff e sul suo volto aveva letto più emozioni, le stesse che si agitavano dentro di lei: sorpresa, sconcerto,rabbia e…speranza.

Possibile che Anna ricordasse i troll?

Elsa aveva sorriso sorniona tra sé: il ragazzo non ce l’aveva fatta a rimanere lontano da Anna per più di due settimane e aveva colto l’occasione della festa del raccolto per passare inosservato e spiare le condizioni della principessa.

Alla fine gli aveva rivolto un cenno del capo e il mastro del ghiaccio aveva distolto lo sguardo e si era allontanato tra la folla, scomparendo dalla sua vista.

Da quella sera erano passate altre due settimane e quei pochi passi avanti che aveva fatto con Anna, si erano dissolti come neve al Sole, lasciando al loro posto solo un irrequieto silenzio, che aleggiava sulle sale del palazzo.

Da allora l’umore di Anna era cambiato assieme al tempo: più le giornate si accorciavano e la notte scendeva prima a coprire Arendelle con il suo telo di tenebre, più lei sembrava strana e agitata. Di sera, dopo cena,sembrava che non volesse abbandonare la luminosa sala da pranzo per far ritorno nelle sue stanze, e più di una volta Elsa l’aveva vista sobbalzare quando le aveva augurato la buonanotte. Non aveva trovato una spiegazione a quel suo comportamento, finché una notte, il suo riposo era stato bruscamente interrotto da urla spaventate. Era uscita di corsa dalla sua stanza, dimenticando persino di indossare la sua vestaglia, mentre quei lamenti strazianti riempivano il silenzio immoto dei corridoi del castello.

Non aveva avuto dubbi sulla fonte di quelle grida, e subito si era fermata davanti alla porta di Anna, con il fiato corto e il cuore a mille. Ma non era riuscita nemmeno a posare la mano sulla maniglia, che quella si era ghiacciata sotto il suo tocco, impedendole di entrare.

Controllati. Domali. Aveva continuato a ripetersi, mentre dall’altra parte della porta Anna continuava a gridare. Aveva chiuso gli occhi e aveva sospirato rumorosamente, cercando di calmare la paura crescente per la sorella. Poi come se nulla fosse, le urla erano cessate, sorprendendola e il ghiaccio si era ritirato pian piano, fino a liberare la maniglia. Con tutta la calma possibile aveva aperto la porta e aveva trovato Anna distesa nel suo letto, raggomitolata su stessa, con un’ espressione dolente sul viso, rischiarato dalla luce della Luna che filtrava dalla finestra. Le si era avvicinata e le aveva scostato alcune ciocche di capelli rossicci dal volto, lasciandole una carezza leggera sulla guancia fredda.

-“Anna.”- aveva sussurrato, senza l’intenzione di svegliarla-“ Che ti succede?”- si era chiesta, con un opprimente sensazione di inutilità che gravava su di lei. La sorella aveva continuato a tenere gli occhi chiusi, cullata dal debole respiro del sonno. Così Elsa era tornata nella sua stanza, cercando di riaddormentarsi, ma non c’era riuscita ed era rimasta per tutta la notte in ascolto, con le orecchie affilate, pronte a cogliere qualsiasi lamento che provenisse dalla stanza di Anna.

Questo era successo tre notti prima.

 

Un debole bussare alla porta la richiamò dai suoi pensieri: “Mia signora, la cena è pronta. La principessa Anna la aspetta in sala da pranzo.”- la informò la voce di una delle nuove domestiche.

-“Grazie, arrivo subito.”- rispose, alzandosi dalla scrivania e aggiustandosi le pieghe del vestito. Scese le scale con passo pesante e entrando in sala da pranzo, la trovò lì, seduta alla destra del capotavola , con gli occhi, cerchiati da ombre scure, incantati ad osservare la danza della fiamma di una candela.

Si accomodò al suo posto e solo allora la sorella alzò lo sguardo su di lei, come se si fosse appena accorta della sua presenza, troppo presa dai suoi pensieri.

-“Ciao. Come è andata la giornata?”- la salutò, quasi fosse felice di vederla.

-“Ciao.”- le rispose la regina, sorpresa del fatto che le avesse posto una domanda, che implicava l’inizio di una conversazione- “Molto bene, grazie. E tu cosa hai fatto per passare il tempo?”- rilanciò, felice che i suoi sforzi fossero finalmente ripagati.

Anna scrollò le spalle:"Non molto in realtà. Non so come far passare il tempo.”- ammise abbassando lo sguardo.

Elsa la scrutò attentamente, spalancando gli occhi: Anna le aveva appena rivolto una frase con più di dieci parole, di sua spontanea volontà, senza che lei le ponesse alcuna domanda.

-“Beh, potresti fare un giro in città o leggere qualche buon libro, oppure…”- le propose.

-“In realtà, volevo chiederti se potevo riprendere le lezioni con Sir Van Eyck.”- la interruppe subito Anna, lasciandola basita.

-“Sir Van Eyck? Il precettore?”- le chiese sorpresa.

-“Si. Mi piacerebbe riprendere da dove ho lasciato dopo la mor-…”- si fermò indecisa se pronunciare o meno quelle parole, poi si schiarì la voce-“dove ho lasciato tre anni fa.”

Elsa ponderò su quelle parole: sapeva che dopo la morte dei loro genitori, Anna non ne aveva voluto più sapere di rimanere rinchiusa per ore a studiare, ma non si sarebbe mai aspettata che le chiedesse una cosa del genere:“Perché questa richiesta?”

-“Perché così potrei impegnare il mio tempo in cose utili, imparare cose nuove, come ad esempio il nuovo assetto geopolitico del continente, potrei rispolverare il mio francese maccheronico per intrattenere i prossimi ospiti stranieri oppure imparare a riconoscere le piante o le varie razze di uccelli che nidificano lungo il fiordo. Cosa ne pensi?”-

Per un momento ad Elsa sembrò di rivedere la vecchia Anna, quella che blaterava per ore, all’infinito senza riprendere fiato: “Anna, non te n’è mai importato un fico secco dell’assetto geopolitico del continente, e se fosse per te le piante della serra morirebbero per la siccità, perché proprio ora ti va di cimentarti in questa cosa?”

-“Perché gli studi mi terrebbero la mente occupata.”-

-“La mente occupata da cosa? Cosa ti turba? Puoi dirmelo, Anna, io sono qui per te. Cos’è che ti preoccupa tanto? Sei sempre cosi pensierosa, persa con la mente chissà dove,che a malapena ti rendi conto di quello che ti succede attorno.”-

-“Io non lo so, davvero. È solo che ci sono troppe cose che non tornano in questa situazione:”- spiegò indicando loro due-“ci sono troppe domande a cui non ho ancora trovato una risposta e più mi sforzo, più mi sembra di annegare nel vuoto della mia mente. Ne sono certa, c’è qualcosa di davvero importante che mi sfugge, qualcosa che non riesco ad afferrare. Qualcuno che non riesco a ricordare.”- riprese fiato, dopo aver esternato tutti i suoi dubbi-“Questo ha un senso per te?”

-“Si, ce l’ha. Ma devi sforzarti Anna, devi cercare di ricordare quello che ti manca.”- riuscì a risponderle; più di quello non poteva dirle: i medici le avevano espressamente ordinato di non menzionarle eventi traumatici, per non aggravare la sua situazione mentale. Già così sembrava sull’orlo di un crollo emotivo: non sarebbe stata certo lei a peggiorare il suo stato, raccontandole tutto quello che aveva dimenticato. Anche se avrebbe tanto voluto farlo.

-“Non vedi? Non ci riesco.”- sussurrò, più a se stessa che alla sorella, mentre il rumore metallico del carrellino porta vivande arrivava dalla porta.

I domestici servirono la cena in silenzio, versando la zuppa nei fini piatti di porcellana e riempiendo i calici delle due ragazze con del vino rosso speziato. Poi uscirono dalla sala, lasciandole sole. Ma anche dopo che possibili orecchie indiscrete ebbero lasciato la sala da pranzo, le due rimasero mute; nemmeno Elsa cercò di interagire con la sorella come faceva ogni sera, e il discorso cadde nell’oblio del silenzio, senza che nessuna delle due però,potesse toglierselo dalla mente.

La prima ad alzarsi da tavola per ritirarsi per la notte, fu Elsa, come sempre: “Buonanotte, fa bei sogni.”- le augurò con tutto il cuore. Anna sembrò sul punto di fermarla, di volerle dire qualcosa, ma si astenne riuscendo solo a dire: “Anche tu.”

Una volta sotto le coperte, Elsa non poté fare a meno di ripensare alla loro breve, se pur illuminante, chiacchierata, e si ritrovò a pensare che in effetti, con lei sempre impegnata con i suoi doveri regali, Anna non aveva niente e nessuno con cui passare il tempo, nessuno con cui parlare per lasciare che quei pensieri opprimenti che la stavano annientando, scivolassero via dalla sua mente anche solo per pochi minuti.

Decise che avrebbe accettato la sua richiesta e il giorno successivo avrebbe fatto richiamare a corte Sir Van Eyck, per proporgli di riprendere Anna sotto la sua dotta e affidabile guida, sperando che la sorella, almeno per qualche ora al giorno potesse dimenticare i suoi tormenti interiori.

Soffiò pensierosa sulla candela poggiata sul tavolino al fianco del letto e rimase seduta nella penombra, ad ascoltare il crepitare morente delle fiamme nel camino. Poi, senza che se ne accorgesse, scivolò piano in un sonno senza sogni.

 

Elsa. Elsa.

Qualcuno la stava chiamando. Anzi, si corresse, qualcuno stava urlando disperatamente il suo nome. Si voltò in ogni direzione ma non vide nessuno… e come avrebbe potuto! Tutt’attorno c’erano solo tenebre, nemmeno uno spiraglio di luce che le indicasse la strada da prendere. Le sembrava di fluttuare nel vuoto.

Elsa. Elsa!

Ancora quella voce. Ma chi era che aveva tanto bisogno di lei? Chi osava chiamarla per nome? Chi…?

Una lucida consapevolezza le fece trattenere il respiro: Anna? – pensò.

Anna. Anna!- provò a chiamarla, ma la sua bocca non emise nessun suono.

ELSA!- ancora la sua voce, ma questa volta seguita da un urlo straziante. Doveva fare qualcosa, doveva aiutarla. Cosa le stava accadendo di tanto orrendo?

-“Anna!”- gridò svegliandosi. Spalancò gli occhi, sul buio della notte, con il cuore che le correva furioso nel petto e prima che potesse riprendere fiato, la voce di Anna le giunse ovatta dalle pareti. La stava chiamando. Chiedeva il suo aiuto.

Scostò con un gesto secco le coperte e si fiondò nel corridoio, rimanendo per un momento ferma davanti alla stanza della sorella, indecisa sul da farsi. La sua mano ad un centimetro dalla maniglia: l’avrebbe congelata come le altre volte? Stavolta non poteva permettere ai suoi poteri di avere la meglio su di lei: oltre quella porta stava accadendo qualcosa di terribile ad Anna e lei non sarebbe rimasta lì con le mani in mano ad aspettare che smettesse di urlare, come ogni notte, chiusa fuori.

Con un solo scatto afferrò la maniglia e l’abbassò, rimanendo sorpresa quando la porta si aprì con un click. Irruppe nella stanza, ma si fermò sconvolta dalla vista che le si parava davanti: Anna era stesa al centro del letto, con una mano artigliata al petto e l’altra a stringere le lenzuola candide; la schiena inarcata contro il materasso e i piedi piantati contro le coperte arrotolate all'estremità del letto; i capelli erano scivolati via dalle sue solite trecce e le ricadevano scomposti sulle spalle, sul petto e sulla faccia. Sul viso aveva un’espressione così sofferente, che ad Elsa sembrò di sentire quello che provava la sorella. Le si avvicinò, mentre lei continuava a contorcersi tra le lenzuola, con piccoli rantoli di dolore, la voce arrochita dalle troppe urla.

Le poggiò una mano sul braccio per calmarla, ma appena la sua pelle venne in contatto con quella di Anna, un altro grido acuto, sfuggì dalle sue labbra.

-“Elsa!...Freddo…Ghiaccio…Aria.”- ansimò nel sonno.

Elsa ritrasse la mano, sconcertata, tenendosela al petto con l’altra. Guardò il punto in cui aveva toccato Anna e poi di nuovo la sua mano; possibile che il suo tocco le risultasse gelido a tal punto da farla urlare?

-“Anna, Anna. Svegliati.”- le disse, evitando accuratamente di sfiorarla.

Ma la sorella continuava a tenersi premute le mani al petto e alla gola: “Non…riesco a r-respirare.”- boccheggiò, facendole gelare il sangue nelle vene.

La prese per le spalle e anche se Anna cominciò a divincolarsi ancora di più, la scosse forte, per svegliarla, per tirarla fuori da quell'incubo che altrimenti rischiava di ucciderla.

Anna spalancò gli occhi blu, incontrando il suo sguardo atterrito, respirando a fatica, guardandosi attorno spaventata, scossa da violenti brividi:  Elsa non sapeva se per il freddo o per l’incubo dal quale si era appena risvegliata.

-“Anna, calmati, ci sono io qui.”-

-“Elsa…Elsa.”- riuscì solo a dire, con il fiato corto.

-“Respira. È tutto apposto, era solo un sogno…solo un sogno.”- cercò di farle recuperare un po’ di lucidità.

Anna si calmò poco alla volta, sotto il suo tocco, senza scostarsi. Anzi tirò Elsa in un abbraccio e la strinse forte. La regina riusciva a sentire i battiti impazziti del cuore della sorella, anche con vari strati di stoffa a separarle.

Rimasero strette l’una all'altra per diversi minuti, senza che ci fosse bisogno di riempire il silenzio con parole che sarebbero suonate vuote e prive di significato. La loro vicinanza diceva tutto: le mani di Anna stette attorno alla sua schiena urlavano -ho paura, non andartene- e le carezze leggere di Elsa sui capelli ramati della sorella sussurravano -sono qui, non vado da nessuna parte-.

-“Vuoi parlarmene?”- le chiese tutto ad un tratto la regina, continuando ad accarezzarle i capelli e la schiena.

-“No.”- rispose Anna,contro il petto della sorella.

-“Sei sicura?”- ribatté.

-“No.”- disse di nuovo.

Fece silenzio, aspettando che fosse lei a dire qualcos'altro, ma Anna rimase muta, con la faccia rintanata nella sua camicia da notte, mentre lacrime silenziose cominciavano a caderle dagli occhi serrati.

-“Vuoi che rimanga qui?”- chiese esitante Elsa, pronta per andarsene.

-“Si, ti prego non lasciarmi sola.”- la supplicò alzandosi a guardarla, tirando su col naso. Alla regina sembrò di vedere la Anna di qualche anno prima, che si disperava fuori dalla sua porta, che la implorava di uscire, di non lasciarla più sola di quanto non fosse già.

Elsa l’abbracciò di slancio, senza pensarci due volte: “Non ti lascerò mai più sola, te lo prometto.”

 

 

 

AngoloAutrice: *si nasconde dietro un dito* Ciao, grazie a tutti per essere arrivati a leggere fino alla fine ;) e per aver aspettato pazientemente questo capitolo :) Sappiate che mi vergogno come una ladra per avervi fatto aspettare così tanto…quasi due mesi per pubblicare questa cosa! Non ho scusanti davvero, è solo che la mancanza di ispirazione, la sessione estiva degli esami, il computer andato a farsi benedire, più la voglia di poltrire, sono un mix distruttivo che non mi ha lasciato davvero andare, fino a qualche giorno fa. Infatti la stesura di questo capitolo mi è costata tipo quattro giorni e tre notti insonni…immaginatevi il mio stato di sclero più totale: dovevo pubblicare assolutamente prima di partire per le vacanze,altrimenti sarei morta!!

Comunque spero che vi sia piaciuto almeno un po’, perché c’ho buttato il sangue per scriverlo, quindi se dovete farmi commenti negativi o semi-negativi, vi prego di non andarci giù pesante, altrimenti mi avrete sulla coscienza XD

Vorrei precisare che tutto quello che riguarda la parte della festa del raccolto e dei racconti dei due cantastorie, è tutto frutto di una lunga ricerca sulle festività pagane scandinave e sulle leggende popolari. Ho mescolato un po’ di credenze e culti, ma non me lo sono inventata ;)

Ah! Vi siete appena cuccati 10 pagine di word di puro e semplice angst Elsanna sister-bond! Non credevo che ci sarei riuscita, ma ehi…ce l’ho fatta ;) Anche il prossimo sarà incentrato sulle sorelle, quindi stay tuned! Non prometto niente, perché come avete visto faccio schifo a mantenere le promesse, ma cercherò di buttare giù qualcosa prima della fine del mese.

A proposito di Elsa e Anna, facciamo un po’ di conversazione (non so con chi fangirlizzare, quindi assecondatemi): chi di voi segue Once Upon a Time? Avete visto che hanno scelto gli attori che interpreteranno Elsa, Anna e Kristoff? Vi piacciono? A me le sorelle piacciono ma sul caro montanaro ho i miei dubbi…voi cosa ne pensate?

Ok, vi ho infastidite abbastanza, ma ehi, dovevo riempire un buco di DUE MESI! Mi raccomando fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo!! Quindi senza ulteriori indugi mi vado a nascondere di nuovo nella mia tana ;) ci si legge in giro…Baci!

   
 
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