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Autore: Laylath    19/07/2014    1 recensioni
(Spin off di Un anno per crescere )
Più di venti anni prima che un gruppo di ragazzi intrecciasse i propri destini in un piccolo angolo di mondo, a New Optain, una pasticciera ed un poliziotto fanno il loro primo incontro.
Ecco la storia di Vincent e Rosie, i genitori di Vato.
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Vato Falman
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Un anno per crescere'
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Capitolo XVI

1884. Le conseguenze delle proprie scelte.

 

Nonostante fosse convinto della bontà della sua scelta di prendere il comando di quella missione, Vincent non aveva ancora trovato il coraggio di dirlo a Rosie. La notte e la mattina erano scivolati via senza che lui riuscisse a darle quell’annuncio ed ogni volta che sembrava decidersi bastava guardarla per rimandare ancora. Una cosa decisamente non da lui.
Si era sentito un vigliacco nel fare l’amore con sua moglie con quella notizia che pendeva su di lei, nel prendere tra le braccia Vato la mattina successiva e salutarlo come se fosse una normale domenica.
Come se non bastasse, a rendere la situazione ancora più brutta, proprio quel giorno erano invitati a pranzo a casa di Alyce, in una delle tante riunioni di famiglia che erano quasi una tradizione ogni secondo weekend del mese. Più passavano i minuti più si rendeva conto di quanto quelle persone fossero importanti per lui e soprattutto per Rosie: erano la sua famiglia, il suo nido, la certezza di avere qualcuno vicino nei momenti difficili. Persone buone ed oneste che in fondo avevano accolto pure lui…
Dannazione, come faccio a dirglielo?
“Ah, ragazzi miei – il padre di Rosie, seduto a capotavola si rivolse a lui, Luke e Max – come posso ringraziarvi per aver reso felici le mie bambine? Me lo chiedo ogni volta che sono seduto a guardare la mia bella ed unita famiglia.”
“Oh, papà, non lasciarti andare ai soliti discorsi – ridacchiò Alyce, sistemando meglio il piccolo Loris sul seggiolone – semmai devono essere questi tre signori a ringraziare te per avere delle mogli così, vero ragazze?”
“Ma quanto sei ochetta!” disse Rosie con un’occhiata di divertito rimprovero.
Da parte di Daisy invece non ci fu nessun commento, un fatto insolito a cui però nessuno fece caso, considerato che l’uomo riprese a parlare con aria convinta.
“Le donne McLane sono rinomate come ottime mogli ed è giusto che questi giovanotti se ne prendano cura. E lo stanno facendo egregiamente. Max, sono fiero specialmente di te: non avrei mai pensato che potesse essere così valido come lavoratore al negozio.”
“Sono un uomo dalle molteplici sorprese, vero?” ridacchiò l’interessato, bevendo una generosa sorsata di vino.
“Ehi, allora voglio anche io un po’ di merito! – gli fece eco Luke, alzando il proprio bicchiere con una strizzata d’occhio – sono lieto di annunciarvi che sono diventato ufficialmente socio dello studio legale di mio padre.”
Immediatamente la tavolata si profuse di complimenti per quella grande notizia: il padre di Luke era uno dei più famosi legali della città e quella promozione indicava quanto il figlio fosse destinato a seguirne le orme nell’attività forense.
Fu una conseguenza scontata che poi l’attenzione si spostasse verso Vincent. Tutti lo guardarono aspettando che dicesse qualcosa per glorificare il proprio lavoro: anche se non si parlava di promozioni o eventi speciali sarebbe andato bene lo stesso… era una cosa successa altre volte.
“Ecco… dato che siamo in tema di annunci lavorativi, credo di doverne fare uno pure io – si grattò la nuca con imbarazzo, non sapendo come guardare in faccia tutte quelle persone – entro un mese verrò probabilmente promosso capitano…”
“Davvero? – Max, accanto a lui, gli diede una pacca sulle spalle – Congratulazioni, Vin! Capitano a nemmeno trentaquattro anni… dannazione, credo che pochissime persone possano vantare una carriera simile! Che cosa hai combinato per meritare una promozione?”
“Ho avuto una parte fondamentale nella riuscita di una missione, tutto qui – scrollò le spalle l’uomo – però… ecco…”
“Ho sempre saputo che eri un ottimo poliziotto, figliolo – commentò il padre di Rosie con ammirazione – il mio piccolo fiore è davvero in buone mani.”
“Amore, non me l’avevi detto – sorrise Rosie, baciandolo sulla guancia – sono felicissima per te. Come la nomina diventa ufficiale dovremmo festeggiare tutti assieme, non credi?”
“Bravo, papà!”
“Ecco – lui si alzò in piedi per ottenere silenzio, per evitare che tutto quel rumore gli impedisse di dire la parte più importante del discorso – verrò promosso, ma verrò anche trasferito.”
Oh, se lo ottenne, ma fu un silenzio così attonito che gli fece male, come se avesse appena pugnalato alle spalle ciascuno di loro. Si arrischiò a lanciare un’occhiata a Max e vide il suo sguardo farsi cupo: sì, lui poteva intuire quanto era successo.
“Trasferito?” la voce tremante di Rosie lo obbligò a voltarsi verso di lei.
Teneva in braccio Vato e lo guardava con incredulità... e crescente timore, man mano che prendeva consapevolezza del vero significato di quell’annuncio.
“Papà, cosa vuol dire trasferito?” chiese Vato.
“E dove?” chiese ancora lei, posando una mano sulla guancia del piccolo per farlo tacere.
Quanto avrebbe voluto dire East City, Central City, qualsiasi altro posto che potesse mettere un minimo in buona luce il fatto. Ma fu costretto ad ingoiare il groppo che aveva in gola e dire con voce calma e piatta.
“In un piccolo paese a circa dieci ore di treno da New Optain.”
Fu come liberarsi di un peso che di ora in ora era diventato sempre più grave.
Ma invece di sentirsi sollevato stava anche peggio.
 
Rosie non aveva mai provato nel vero senso del termine la parola terrore.
Sentire le viscere aggrovigliate era una sensazione tremenda, mentre tutta la sua vita sembrava sfuggirle di mano come finissima sabbia.
Era passata una settimana da quell’annuncio, ma non se ne era ancora fatta una ragione: lei e Vincent si parlavano a malapena e mano a mano che quella fatidica data si avvicinava era sempre più difficile persino guardarsi negli occhi.
Sradicata in un posto a lei sconosciuto, senza più il sostegno della sua famiglia… la sola idea era inconcepibile.
“Dannazione, Rosie, bevi questo caffè, da brava – suggerì Daisy, un pomeriggio che era passata a trovarla a casa – l’ho anche corretto lievemente, ne hai proprio bisogno.”
“Capisci? Mi ha detto che la cosa potrebbe avvenire prima del previsto: insomma sembra che una volta che si ha l’ufficializzazione lui debba prendere servizio già il giorno dopo.”
“Ahi ahi! Quante ce ne fa passare tuo marito – sospirò la maggiore, sedendosi e prendendole la mano – sorellina, posso davvero lasciarti andare via? Come farò senza il mio piccolo fiore?”
“Daisy, lo so che è egoista e pessimo da dire come moglie, ma… io non so se ce la posso fare a seguirlo.”
Lei rimase in silenzio, condividendo appieno i suoi sentimenti, ma non trovando giusto dirli ad alta voce: in fondo si trattava di questioni familiari… c’era in gioco il legame legale di marito e moglie, la patria potestà su Vato e tanti altri fattori. Legalmente Vincent aveva tutti i diritti di imporre alla sua sposa di seguirlo.
“Vorrei svegliarmi e scoprire che è solo un brutto sogno.” ammise Rosie.
“Ah, a chi lo dici: me la ripeto da tempo questa frase.”
“E già – sospirò – fra me e te siamo cariche di problemi, sorellona. Dimmi almeno che ne hai parlato con Max.”
“No – scosse il capo lei con decisione – e non credo di volerlo fare.”
“Ne abbiamo già discusso.”
“E sai che cosa ne penso: se gli dicessi tutto quanto sarebbe la fine, credimi.”
“Daisy…”
“Niente ma, piccolo fiore, è mio diritto scegliere, non credi?”
“Allora è anche il mio diritto… non me ne andrò via da New Optain finché non avrai parlato con Max.”
Le due sorelle si guardarono con aria di sfida come mai era successo: erano ferite ed arrabbiate con il mondo e sembrava che il problema di una fosse strettamente legato a quello dell’altra.
“Potrei anche decidere di non parlarne mai, allora – sorrise ad un certo punto Daisy – ti terrei qui con Vato e lascerei andare tuo marito in quel posto sperduto. Chissà se ci arriva l’elettricità…”
“Mamma, mamma! – proprio Vato fece la sua comparsa con un piccolo fagotto tenuto insieme dal lenzuolo del letto – Sono pronto!”
“Pronto? – Rosie lo fissò con perplessità – E dove vuoi andare?”
“Dove va papà – rispose lui, inclinando la testa con aria curiosa, come se fosse ovvio – però anche tu e zia Daisy dovete fare le valige, e dobbiamo dirlo a tutti, altrimenti facciamo tardi. Zia, pensi che sarà faticoso portare il negozio? Ti aiuto io se vuoi.”
“Diamine è sempre più difficile – sospirò Daisy, prima di rivolgersi a Vato – oh no, pasticcino, zia non viene, non si può.”
“Che? – si incupì lui – Ma no, dai: si chiama trasferimento. Se lo faccio io e la mamma perché non lo fai pure tu? Insieme è più bello!”
E fu difficile da spiegare ad un bambino di quattro anni e mezza, troppo difficile… specialmente quando iniziò a prendere consapevolezza del fatto che trasferirsi voleva dire non vedere la propria famiglia per tanto tempo.
 
Una settimana dopo, Vincent sentiva che la sua vita stava andando a rotoli.
Incontrando per i corridoi del commissariato l’artefice della sua rovina e vedendolo sorridergli in maniera untuosa, si doveva sempre controllare per non spaccargli la faccia con un pugno. Si rendeva conto che rischiava di perdere in maniera irrimediabile la sua famiglia? Era consapevole di tutto questo mentre proponeva quel suo trasferimento, in un posto che sulla cartina era un misero puntino senza nemmeno un nome?
Sì che lo sa, bastardo… scommetto che ci ha goduto un sacco.
Ormai era certo che mancavano solo dieci giorni al suo trasferimento e la tensione a casa era alle stelle: Vato era quasi sempre in lacrime, avendo capito che sarebbe stato ben presto allontanato da tutte le persone che conosceva ed amava, Rosie quasi più non gli rivolgeva la parola. Da una parte capiva il suo gesto responsabile nei confronti degli altri poliziotti, ma dall’altra non poteva fare a meno di odiarlo per quanto le stava imponendo.
Come se non bastasse Max gli aveva detto che c’era qualcosa che sua moglie gli stava tenendo nascosto. E sembrava che pure Rosie fosse in qualche modo coinvolta… ed il suo amico era in completa paranoia perché intuiva che era qualcosa di grave ma non trovava il coraggio di affrontare l’argomento con Daisy per paura delle conseguenze.
Già, le conseguenze… quanto odiava quella parola.
Aprendo la porta di casa cercò di farsi forza per affrontare quella nuova serata di tensione in famiglia: era arrivato il momento di aggiungere un nuovo tassello.
“Dobbiamo parlare – sospirò, accostandosi a Rosie che stava preparando la cena. Non si preoccupò nemmeno di levarsi il cappotto – ci sono novità.”
Lei si girò a guardarlo, l’espressione di un animale rinchiuso nell’angolo senza possibilità di fuga. E vederla in questo stato fece veramente male: era la persona che amava, la sua compagna… non avrebbe mai dovuto provocare in lei delle reazioni simili, arrivare a suscitarle una simile paura manco dovesse alzare le mani su di lei.
“Ecco – continuò, cercando di rimanere calmo – fra due giorni è necessario che io parta. Sono… devo andare lì per trovare un alloggio decente, sistemare le cose burocratiche e…”
“Non ce la faccio – ammise lei con voce flebile e tremante, abbassando lo sguardo – non puoi chiedermi di… di andare via da qui.”
“Rosie, che scelta ho?”
“Hai la scelta che ha fatto Max – supplicò  – sei una persona in gamba: puoi trovare un altro lavoro… Max e Luke sicuramente ti daranno una mano e vedrai che andrà tutto per il meglio.”
Lui scosse il capo, incredulo a quella proposta: sembrava la soluzione migliore, certamente. Basta umiliazioni e dover stare al comando di gente incompetente. Ma la parte incorruttibile di lui diceva che non era possibile: era quello il suo lavoro e non gli importava se c’erano altre persone che portavano immeritatamente quella divisa… lui ne andava fiero ed avrebbe continuato ad indossarla e a fare il suo dovere. Che fosse a New Optain o in un minuscolo angolo di mondo… che consistesse nel dare la caccia a criminali o rendere più sicura la gente di campagna. Era questa la sua missione di vita, quello in cui aveva sempre creduto e a cui non avrebbe mai smesso di credere.
“Ti prego…” supplicò ancora Rosie, illudendosi per quella piccola esitazione.
“Non posso obbligare te e Vato a venire in un posto così sperduto, lo capisco – sorrise con gentilezza lui, dopo qualche secondo, prendendole le mani – hai bisogno della tua famiglia e in questo periodo pare che anche loro abbiano estremo bisogno di te… Piccolo fiore, davanti all’altare ho promesso di renderti felice, non di provocarti dolore. Io… –  dovette fare uno sforzo per continuare, per dire quella che gli sembrava la soluzione più giusta, anche se tremendamente dolorosa perché voleva dire rinunciare a lei e a suo figlio – andrò solo io in quel posto: tu e il bambino starete qui a New Optain… magari andate a stare dai tuoi genitori.”
“Ma che stai dicendo…?” scosse il capo lei, con incredulità.
“Io tornerò ogni volta che posso, spero ogni finesettimana – continuò lui – è giusto del resto: è stata una mia deliberata scelta quella di disobbedire di fatto ad un mio superiore. Tu e Vato non siete responsabili di niente e non dovete pagare per me.”
“Vincent…”
“E’ la decisione che ho preso – chiuse la discussione lui, baciandola in fronte – e spero sia solo temporanea in qualche modo. Ti amo, lo sai? Ti amo con tutto me stesso… non potrei mai renderti infelice.”
E sentì sua moglie perdere tutta la tensione di quei giorni: la sentì singhiozzare ed abbracciarlo con tutta la forza che aveva. Era la soluzione più ovvia, più giusta, doveva pensarci da subito… e forse l’aveva fatto, in un piccolo e remoto angolo della sua anima che, per ironia, era lo stesso che aveva sperato che una timida pasticciera potesse un giorno portare calore nella sua vita.
Solo che – pensò, mentre ricambiava quella stretta e non riusciva a trattenere una lacrima – sarà tremendamente dura senza di te, amore mio.
 
Vato fissava la stazione ferroviaria con grande stupore.
Non era mai stato in un posto così grande e pieno di cose strane e meravigliose. Quelle grandi carrozze si chiamavano vagoni, e poi c’era la locomotiva, i binari, le banchine… tantissimi nuovi nomi da memorizzare e capire bene cosa fossero. C’era un libro sui treni e le stazioni? Magari era uno di quelli che lui poteva leggere.
“E’ una vera sorpresa per te questo posto, vero giovanotto?” Vincent gli arruffò i capelli e ridacchiò nel vederlo così impegnato a voltare la testa da una parte all’altra, letteralmente impazzito per tutte quelle cose nuove che vedeva.
Rosie prese in braccio il piccolo e lo strinse a sé: riuscì persino a sorridere, come se quella fosse una normale passeggiata con marito e figlio. Eppure quell’orologio appeso alla parete bianca andava troppo in fretta e l’ora della partenza si avvicinava sempre di più.
“Scrivi appena arrivi, mi raccomando – sospirò posando il capo contro il petto dell’uomo in divisa – lo so, ci vorranno almeno tre giorni se non di più prima che la posta arrivi, però… insomma, guarda che farò caso alla data sulla lettera.”
“Promesso, piccolo fiore… cercherò di tornare il prima possibile.”
Ma quando? Non era uno scherzo fare quel viaggio e anche i biglietti non costavano poco considerata la distanza: tornare ogni finesettimana oggettivamente sarebbe stato impossibile. A conti fatti se andava bene sarebbe potuto tornare una volta al mese.
“Ti aspetteremo con ansia.”
“Sicura di voler restare a casa e non andare dai tuoi?”
“Sicurissima – annuì lei con convinzione – è casa nostra del resto.”
“Penso io a mamma, papà.”
“Bravissimo, ometto, vieni in braccio, da bravo.”
Con un gesto spontaneo, Vato protese le manine e afferrò il berretto della sua divisa, mettendoselo sulla testolina e risultando ovviamente molto buffo, tanto che Rosie dovette mettersi una mano davanti alla bocca per non ridere e offendere la sua piccola dignità.
“Papà, da grande io divento come te, vero?” chiese Vato, scostandosi leggermente il berretto per poter guardare meglio il genitore.
“Guarda che per diventare come me devi essere molto maturo e responsabile, piccolo mio.” gli ricordò Vincent, accorgendosi di quanto suo figlio fosse diventato grande… e di quanto rischiava di perdere nello stare così lontano da lui. Tra qualche mese sicuramente sarebbe riuscito a padroneggiare la scrittura…
E io lo verrò a sapere solo per lettera… o quando tornerò a casa e tu l’avrai già imparato da giorni.
“Re… reponabile…” la vocina di Vato interruppe quei pensieri tristi.
“Responsabile, ometto – lo aiutò nella nuova parola – e cioè devi sempre essere buono e obbediente e non fare mai le cose sbagliate.”
“Io sono buono papà! Io obbedisco a mamma e a te, sempre.”
“Bravo, ragazzino: mi rendi fiero di te.”
“Vato è repos…responsabile!”
“Ne sono certo” annuì rimettendosi il berretto in testa
Il fischio del capostazione annunciò che mancava poco alla partenza. Fu come se Vato capisse che era giunto il momento del distacco, una cosa che fino a quel momento sembrava non dover arrivare mai, non veramente: con ansia strinse le braccia al collo di Vincent, rifiutandosi di lasciarlo andare.
“Ehi, ehi – lo consolò l’uomo, accarezzandogli la schiena – ti ricordi che mi hai appena detto? Che sei responsabile, piccolo mio. Devi essere forte e pensare alla mamma: dovete farvi forza a vicenda.”
E doveva farsene anche lui davanti a quei visi piangenti, davanti a sua moglie e suo figlio che non si arrendevano ancora all’idea che lui stesse andando così lontano. Li strinse entrambi, chiedendosi quando sarebbe stata la prossima volta che avrebbe potuto compiere un gesto simile.
“Vi amo… per qualsiasi cosa rivolgetevi a Max e Daisy, o ai tuoi genitori, mi raccomando.” mormorò prima di sciogliersi da loro e afferrare la valigia che aveva accanto a sé.
“Papà, non lasciarci – singhiozzò Vato, vedendolo allontanarsi – non prendere quel… quella cosa cattiva che ti porta via!”
Il pianto di suo figlio lo accompangò per tutte quelle tremende dieci ore di treno, più forte del rumore delle ruote ferrate, del fischio della locomotiva.
Smise solo quando scese in quella banchina e per la prima volta mise piede in quel piccolo angolo di mondo.





disegno di Mary ^_^
  
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