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Autore: Utrem    19/07/2014    4 recensioni
Post VII stagione. Buffy non vuole più soffrire e si rifugia laddove crede d'essere circondata solo da ciò che è bene. Senza più i suoi amici, in procinto di sposarsi, dopo l'incontro con qualcuno riuscirà a riformulare le sue priorità non solo come cacciatrice, ma anche come persona.
Dal prologo: "Si era ripristinata in tempo. Stava bene, benissimo in verità, anche se era ovviamente scioccata dai pensieri aberranti appena avuti. Era stata evidentemente raccattata da una temporanea follia. [...] Equipararsi a una cacciatrice brancolante nella notte, perennemente sola, equivaleva a una condanna a una permanenza nell’ Inferno. Lei amava il suo Paradiso. Il suo imperfetto Paradiso. [...]"
Genere: Introspettivo, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Buffy Anne Summers, Nuovo personaggio, Un po' tutti, William Spike
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Normal again.



Era in stallo.
Sopravvissuta a una notte quasi del tutto insonne, si sentiva come in transizione.
Poteva pendere da una parte, o dall’altra. Stare in mezzo era eloquentemente sbagliato, ma era preferibile allo strappo netto che doveva apprestarsi a fare.
Il lato da tagliare era ovvio, ma in quella notte aveva dimostrato che non sarebbe stata disposta a sceglierlo con leggerezza. Eppure, eppure…
D’un tratto, si accorse che la luce dello schermo del computer si stava spegnendo.
Con un disperato scatto del polso diede uno scossone al mouse, evitando che partisse lo screensaver dei tubi che s’intrecciano giusto per un pelo.
Batté la schiena contro la sedia, sollevata.
Quel salvaschermo le faceva incrociare gli occhi. Non lo poteva soffrire.
“Ehi, Buffy”
Alzò lo sguardo.
La sua collega e amica Alice era appena sopraggiunta, il sorriso dolce spezzato da una leggera piega verso il basso.
“Ehi!” ricambiò esilmente il saluto, dandole un affrettato bacio sulla guancia “Scusa, ma sto portando a termine una cosa, piuttosto importante e che mi porto dietro da decisamente troppo tempo, quindi se vuoi che parliamo dovrai aspettare finché-“
“No, no! Volevo solo vedere come stai. Ho incontrato Ryan un secondo fa ed ha detto che non hai battuto ciglio stanotte, ma hai deciso di presentarti lo stesso, quindi io… sai, hai tutto il diritto a non stare bene e, sapendo come girano le cose qui e le conseguenze per chi osa prendersi un giorno di vacanza – avevi tutto il diritto di prendertelo, sai! – e dato che io non ho alcuna faccenda da sbrigare, pensavo che-“
“No! Non pensarci neppure!” Buffy si oppose, facendo oscillare a destra e a sinistra la mano aperta “Io… sto bene e non voglio assolutamente caricarti del lavoro che ho addosso! Stai scherzando?! Figuriamoci! Faccio io! Torna pure alla tua postazione e bighellona senza pensieri!”
Alice si rabbuiò moltissimo. Buffy cercò di dissuaderla con i gesti e le espressioni più accomodanti possibili, ma lei era irremovibile. Quasi rise, tanto era lusingata come al solito dal suo disinteressato altruismo. Nessuno era come lei: le voleva proprio tanto bene.
“Ascolta: Mr. Keaton è là, lo vedi, girato? Non resterà così ancora per molto ed io devo immediatamente tornare a posto prima che mi veda… dai, Buffy! Oggi non mi pesa, lo sai, te l’ho detto! L’unica cosa che devi fare è passarmi la-“
Buffy notò le punte delle scarpe di Keaton iniziare a volteggiare appena in tempo: un buffetto sul braccio di Alice e questa si scaraventò sulla sua sedia mentre raggiungevano i 110 gradi di rotazione. Ai 180, l’impiegata Alice Talley era regolarmente seduta, piedi sotto la scrivania e dorso aderente allo schienale, ligia a eseguire il suo operato senza ammissione d’interruzioni. E così, come sempre, il controllo di Keaton fluiva liscio come l’olio, senza che lui avesse la minima idea di quante increspature corressero sotto il tappeto.
Buffy ridacchiò. In verità, Mr. Keaton non era così terribile, neppure sul piano umano. Era uno dei bracci destri del boss, Mr. Reilly, uomo tutto d’un pezzo, non particolarmente rigido di per sé, ma abituato a vincere sempre e smodatamente.
Dopo la dipartita senza eredi del creatore della proficua Russell’s Home Designing, abbreviata RHD sui camion, furono in molti fra i suoi intimi dirigenti a concorrersi il suo posto: Mr. Reilly fu il più rapido. Non era mai stato fra tutti il più affiatato a Mr. Russell, né il più talentuoso e neppure il più scaltro o ambizioso: semplicemente, per un vario concatenarsi di avvicendamenti, gli era piombata la possibilità nelle mani e lui era stato intelligente abbastanza da coglierla. Da quel momento, la fortuna aveva preso a perseguitarlo: finanziamenti, raccomandazioni, richieste di lavoro, tanto che l’azienda non fallì, anzi, finì per ingrandirsi e godere del doppio dei guadagni.
Mr. Keaton, tuttavia, che non era mai stato baciato dalla dea bendata, diversamente da Reilly, provvedeva con costanza ad “aiutare” la sua fortuna facendo leva sul lavoro continuato di dipendenti qualificati – e sul proprio – nella speranza che il bene di cui stavano tutti fruendo non andasse mai a perire. Nonostante ciò, a tu per tu era un uomo decentemente affabile e comprensivo, quella persona che avrebbe facilmente provato empatia per una più problematica, piuttosto che disprezzo: anche se Buffy avesse messo Ryan nella condizione di riferirgli della sua assenza, non sarebbe stato poi così sconveniente come Alice, un po’ timidamente, credeva, ma sicuramente avrebbe preso a guardarla con occhio un po’ più critico e severo, il che, se si poteva evitare, era meglio. La sua opinione su di lui era generalmente variabile: a volte, quando si prolungava in esagerati e pomposi rimproveri a lei o a un collega, spargendo un po’ di fasullo terrore, non poteva sopportarlo, pur sapendo che le effettive ripercussioni lavorative sarebbero state minime; il più delle volte, invece, ne era divertita e lo considerava innocuo.
Dal canto suo, però, Alice ne era terrorizzata ed in sua presenza si obbligava sempre a un assurdo stakanovismo, che però finiva per urtarla. Più volte Buffy le aveva parlato, rassicurandola, ma lei non si smuoveva, e persisteva nel fomentare questa sua paura con leggende e macchinazioni che non avevano né capo né coda.
Improvvisamente, una nuova minaccia dello schermo le ricordò che aveva del lavoro da terminare. In qualità di segretaria, Buffy si occupava di semplici documenti dell’archivio, così come Alice e gli altri, una ventina di persone in tutto. I veri e propri designers alloggiavano nell’ufficio al piano di sopra, il quale, si narrava, fosse provvisto del tanto agognato distributore d’acqua. La prima cosa che saltava all’occhio ai segretari appena assunti nella RHD infatti non era tanto il cipiglio di Keaton, il grigiore un po’ malsano delle stanze o la ristrettezza dei servizi igienici, bensì la mancanza di quel bene primario, indispensabile a ogni ufficio americano che si rispettasse, in quanto parte integrante della pop culture riguardante gli addetti alla burocrazia. Tutti, immancabilmente, lamentavano la sua assenza e c’era persino chi desiderava una promozione unicamente – o quasi – per usufruirne ed entrare nella setta dei privilegiati.
Ryan era nell’ufficio designers e, in tutta confidenza, aveva svelato a Buffy che il distributore non c’era neppure lì. Ma non lo avrebbe mai rivelato a nessuno: sarebbe stato amorale e perlopiù un’inusitata cattiveria privare i colleghi di una cospicua fetta di motivazione ad andare avanti, ogni giorno, in quell’ufficio.
“Buffy…”  Un sussurro rilasciato da qualche scrivania indietro le scivolò nell’orecchio.
“Durante la pausa pranzo, Betty. Ora ho da fare” replicò Buffy, con un tono un po’ più duro di come l’avrebbe voluto rendere. Si trascinava quel lungo e laborioso lavoro da tempo e, anche se non aveva data di scadenza, toglierselo era divenuto per lei ogni giorno più urgente. “E poi c’è ancora Keaton…”
“Keaton è a telefono, e sai meglio di me che quella roba lì non la controlla mai nessuno, sanno a malapena che esiste! Io una cosa del genere l’ho iniziata tre mesi fa e l’ho finita ieri senza rimpianti! Comunque cinque minuti dalla macchinetta del caffè, te lo prometto, solo cinque minuti…”
Buffy sbuffò, inevitabilmente persuasa dalla testarda amica.
“Ok, arrivo”
Un minuto speso a salvare i progressi fatti e sgattaiolò via, per raggiungere l’angolino dove da sempre si consumavano breaks più o meno proibiti. Betty ne era la regina, talvolta in grado di redigere piani che coinvolgevano l’intero ufficio pur di dare un attimo di pace a un collega stremato o sconsolato o di discutere quelle che lei scherzosamente appellava ‘faccende vitali’ con le proprie amiche, sotto il naso di Keaton. Non erano tuttavia mancate delle maliziose soffiate ai suoi danni da parte di alcuni, che pensavano alla sua superficialità come a qualcosa di pestilenziale e brontolavano per le marachelle lavorative per cui era famigerata e in cui era frequentemente immischiata. Buffy non riusciva a capirli: le manovre di Betty non urtavano mai nessuno, anzi, e rimbrottarla in nome di una rigida etica del lavoro le pareva assurdo. Era una brava ragazza, con maniere sempre affabili e cordiali con tutti e che lavorava in quell’ufficio da quattro anni, da prima che Reilly fosse venuto a sostituire Russell: il suo era un modo di svagarsi, un’innocua evasione dalla quotidianità e dalla ripetitività della scrivania, che andava più a vantaggio degli altri che al suo.
Non si sorprese affatto quando vide che l’aveva ampiamente anticipata e l’attendeva, tirandosi pazientemente indietro i corti ricci neri.
“Ed eccoti qui! Innanzitutto ho visto Ryan con Alice prima e m’ha riferito che stanotte non stavi tanto bene…”
“Appunto, non stavo! Ora sto bene: mangio, cammino, respiro! È tutto a posto!”
“D’accordo, ma Ryan-“
“Ryan si preoccupa sempre troppo! Mi direbbe di rimanere a casa anche se mi fossi solo tagliata un dito con un foglio! Non statelo a sentire!”
“Volevo solo dirti, Buffy, se magari vuoi riposarti un po’ da qualche parte in attesa della fine del turno, io ti posso coprir-“
 “Betty, no! Smettila! Mannaggia, siete tutti pazzi qua dentro. Seriamente! Lasciatemi in pace, è tutto a posto! Voglio dire, chi non ha passato una notte in bianco nella propria vita?!”
“Buffy, dopo che ho partorito Grace ho passato molte notti in bianco e mi sarei uccisa se fossi dovuta andare al lavoro il giorno dopo! Su, ciccia, accetta che si faccia qualcosa per te! Già sei voluta venire, in più hai delle occhiaie lunghe sino al mento e parli biascicando! Pensi che non se accorga nessuno? Ryan era fuori di sé, stamattina! La verità è che Alice ti ha un po’ influenzato con le storie su Keaton e adesso anche tu ti sei messa a stralavorare per compiacerlo!”
“No!” Buffy esclamò, pentendosi del volume nello stesso istante in cui parlò “O… ok, potrebbe essere così, ma io non me ne vado. Non me ne voglio andare”
Era sincera. Uscire, anche solo per un quarto d’ora, le avrebbe riportato alla mente tutto quello su cui aveva rimuginato in una pietosa notte che, bene o male, il lavoro le stava facendo scordare.
Fortunatamente, Betty diede segno di rispettare la sua scelta.
“Va bene, va bene. Però mi lasci fare qualcos’altro per te? E qui non mi puoi assolutamente dire di no” ammiccò sorridendo, le ampie fossette in mostra.
Buffy non poté esimersi dal partecipare al sorriso. Quando Betty parlava così significava una sola cosa: stava per giungere uno dei migliori momenti della giornata.
“Dov’è?” chiese, le braccia conserte.
“Nel corridoio. Dimmi solo a che ora vuoi che vi vediate”
“All’una, cioè quando scatta la pausa, orientativamente. Digli che potrebbe dovermi aspettare per qualche minuto, anche se cercherò d’essere il più celere possibile”
“Benissimo! Vado e torno. Tu invece fammi il favore di dire ad Alice che il facchino biondo effettuerà la consegna della nuova fotocopiatrice all’una e mezza e quindi, se vuole vederlo, deve un po’ spicciarsi alla mensa”
“Capito! Consideralo fatto! Ciao!”
“Ciao, ciao! Riguardati! Ah, e se ci dovessi ripensare, l’offerta resta valida!”
Non aveva neppure finito di parlare che le sue gambe già si muovevano agilmente verso una porta sconosciuta.
Buffy si chiedeva sempre come riuscisse a districarsi così abilmente fra lavoro e frivolezze, senza mai perdere il filo dell’uno o delle altre. Era risaputo che avesse buona memoria e la sapesse impiegare nelle più diversificate circostanze, fosse per ricordare il contenuto di tutti i cassetti dell’archivio o il numero di telefono – appunto, del facchino avvenente dell’azienda, per il quale Alice aveva più volte espresso apprezzamento, dopo averlo sbirciato ‘per sbaglio’ nel cellulare del suddetto una volta sola. Fatto sta che conosceva ogni scorciatoia nell’edificio a menadito, ed era specializzata in particolare in quelle conducenti dall’ufficio segretari a quello designers: era in grado di spostarsi dall’uno all’altro nel tempo di uno starnuto. Molti si chiedevano come diamine facesse: i suoi trucchi non erano noti a nessuno, neppure a Buffy o ad Alice. Tuttavia, aveva soddisfatto così tanti loro desideri grazie alla misteriosa tecnica che non avrebbero mai osato lamentarsi della sua ermetica segretezza al riguardo.
Così Buffy, con sufficiente circospezione, l’occhiolino fisso su Keaton, tutto preso nella conversazione telefonica, ritrovò la via per la sua postazione, risoluta a terminare il lavoro arretrato una volta per tutte.

-

Generalmente, la naturale quiete che ristagnava nell’ufficio segretari della RHD era tale che il fruscio insolito di un foglio, la pressione secca di un tasto o la caduta di una matita erano sufficienti perché l’attenzione di tutti – e soprattutto di Keaton – si precipitasse sull’autore dell’estraneo rumore, il quale di solito rimediava restando perfettamente immobile, possibilmente col respiro trattenuto, per svariati minuti. D’altronde, pure questo succedeva assai di rado, dato che di solito chi aveva vissuto quest’esperienza per l’eternità a venire si ritirava nell’incredulità di come potesse essere stato capace di una così micidiale rottura di quel vergine silenzio. La stessa Betty, esclusi i momenti in cui comunicava brevemente con Buffy ed Alice o svolgeva le sue commissioni, il più delle volte pareva quasi non esserci.
C’erano però dei peculiari momenti, in cui l’estro di ribellione di tutti pareva risvegliarsi e si andava a generare una tensione che l’episodio prima descritto avrebbe solo provveduto ad aumentare.
Difatti, all’esatto scoccare delle dodici e cinquanta, ciascuno degli impiegati subiva un brivido, il cui rinculo attraversava ogni angolo remoto del corpo, lasciando terra bruciata al suo passaggio.
La fase subito seguente prevedeva un incrementare notevole della pressione, a cui poteva essere annesso un tamburellare insistente di dito sul tappetino del mouse, o, variante, della penna sul legno della scrivania.
Keaton medesimo, pur sforzandosi di aumentare il controllo allo scopo di prevenire sfoghi non necessari ed improduttivi d’ansia da parte dei dipendenti, non poteva resistere al mitico richiamo della pausa pranzo e su cinque minuti ne spendeva almeno due a camminare avanti e indietro guardando per terra, o a platealmente fissare l’orologio, in attesa dell’epico scoccare della lancetta piccola.
Dal canto suo, due giorni su sei, quando le pause pranzo coincidevano ed i designers non dovevano recarsi da nessuna parte, Buffy aveva un motivo in più per fremere d’impazienza e trovava enorme difficoltà a mantenere la calma. Di solito, si aiutava mormorando un motivetto o lasciando sadicamente che quell’orribile screensaver la rendesse strabica.
Due minuti. Molti prendevano a sospirare a intervalli, facendosi dei cenni perché non ci fosse troppa gente a farlo nello stesso momento. Alice faceva del suo meglio per non irretire Keaton, adottando metodi totalmente innocui per scacciare via la frenesia, come mettere l’indice sulle labbra o tenere la testa fra le mani malferme. Come Buffy, aveva delle preferenze per le pause pranzo, ed erano quelle che precedevano l’arrivo dei facchini, che di solito approfittavano dell’assenza dei dipendenti per concludere i loro traslochi. Fra loro infatti c’era sempre Jason, il bel biondo, che Alice seguiva con ogni pretesto ma con cui, sino a quella data, non era ancora riuscita a scambiare più di una parola di cortesia.
Un minuto, trenta secondi. Si ripristinava la calma, forse per senso di colpa, ma ognuno si metteva in posizione tale da garantirsi una partenza spedita, per avvantaggiarsi sugli altri. Betty si corrucciava, il capo chino, probabilmente riordinando mentalmente la tabella dei suoi innumerevoli impegni. Anche se per indole avrebbe dovuto essere quella più portata a emozionarsi per l’approssimazione della pausa, generalmente preferiva affrontarla in tranquillità, velocizzandosi poi in itinere.
L’una. Keaton, con proprio personale sollievo e soddisfazione, sollevava il campanellino e lo faceva trillare.
Si sprigionava così un ammontare di energia sufficiente a sollevare l’edificio e farlo librare in aria. I quadricipiti, finalmente riattivati dopo ore di intorpidimento, imploravano d’essere contratti. Si levava un vociare imponente che scuoteva le mura e faceva tremare i corrimani. Scatti improvvisi dei gruppetti riformati tagliavano facilmente la strada degli assunti da poco, spesso obbligandoli a sostare in un angolo in punta di piedi.
Ma in quel giorno, in quel particolare giorno, Buffy aveva troppa fretta per farsi intimidire.
In un lampo, sgusciò via dalla sedia, pattinò sino all’uscita, muovendosi costantemente di fianco, fece i gradini a cinque a cinque e volteggiò in mezzo al corridoio.
L’ufficio designers era considerevolmente più grande rispetto al loro e anche più fornito. Lì, gli ispettori erano ben quattro, molto più cagneschi e addestrati di quanto Keaton avrebbe mai potuto sognare d’essere. Ossessionavano Ryan: ogni giorno avevano da riprenderlo, per qualche motivo. Eppure era diligente e molto abile. Buffy l’aveva conosciuto due anni prima, quando aveva necessitato di un rinnovamento del mobilio nella sua nuova casa a Mountyville e si era rivolta alla RHD, la più affidabile e conveniente azienda del posto, che aveva inviato lui insieme a una collega, Giselle. Fra i due, lui si era dimostrato il più socievole, capace e convincente: con un colpo d’occhio aveva indovinato tutti i punti deboli della casa ed il giorno dopo la truppa era già arrivata per cominciare a lavorare. Sin da subito, Buffy sapeva che avrebbe spinto oltre la dimensione cliente-venditore e lo aveva accettato, entusiasta. Adorava come si prendeva gioco di lei, come la irretiva, come le parlava. Si fidanzarono una settimana dopo essersi conosciuti. Alla fine, successe che, conclusi i lavori di ristrutturazione generale e restyling della dimora, Ryan ne fu così soddisfatto che scherzosamente disse che gli sarebbe piaciuto trasferircisi. Buffy lo prese alla lettera e non era passato neppure un mese che vivevano insieme, neppure due che lui le aveva chiesto di sposarla.
Mancavano due settimane, ormai. Solo due settimane, e sarebbe stata sua moglie. Buffy Barnes. Non suonava male…
D’un tratto lo vide sbucare dalla porta, guardando nell’altra direzione, fingendo per gioco di non averla vista.
“No, qui non c’è traccia di Buffy. Dovrò 'aspettarla per qualche minuto'. Speriamo che sia un modo per abbreviare il ritardo al matrimonio!”
Gli saltò sulla schiena, trattenendo un risolino, le gambe attorcigliate alle sue.
“Rettifico: vuole spaccarmi la schiena cosicché sia solo lei a mantenere la famiglia”
“Ehi! Avresti preferito che stessi ancora male? Questo era un modo per dimostrarti che sono pimpante e pronta all’azione!” Buffy replicò, scendendo con un salto.
Ryan non rise, la bocca serrata, come faceva sempre quando lei non prendeva le cose seriamente.
“L’unica azione  per cui dovresti essere pronta è infilarti in un letto per recuperare le ore che non hai dormito” obiettò, un po’ amareggiato.
“Ancora con questa storia? No! Non mi faccio fare il lavoro, non vado a casa, non vado a letto! Dateci, un, taglio! Non funzionerà!” Buffy si indispettì, scrollando i capelli biondi nell’impeto di parlare.
“Va bene, ho capito. Non vuoi parlare con Keaton, ci andrò io!” e gonfiò il petto sul punto di partire, ma lei lo interruppe con la mano.
“No, no! Non è quello il motivo!”
“E allora, cos’è?” Ryan sbottò, schiaffeggiandosi i fianchi.
“Non voglio andare a casa” Buffy rispose, sinceramente.
Ryan la fissava, la bocca ancora serrata, le braccia conserte.
Poi riprese a parlare:
“Buffy… insonnia a parte, io avrei bisogno che tu restassi a casa, oggi. Ed il perché è che sto disegnando una cosa… una sorpresa per il nostro matrimonio e volevo l’opinione degli invitati, di Alice e di Betty specialmente, che è la tua damigella d’onore. Un piccolo dono architettonico, in stile RHD, a cui stiamo lavorando. Ero deciso a tacere su questo, ma, dato che-“
“Ryan” Buffy era totalmente senza parole “Ma è…magnifico! Io… sai… non potevo immaginare, tu…questo… tanto… chiederò a Keaton… oddio…” lui la baciò d’impeto, stringendole gentilmente i fianchi.
“Betty e Alice lo sapevano? Tu glielo hai detto! D’ah, avrei dovuto immaginare che gatta ci covava! Sposerò una volpe. Una volpe alta, bruna e bugiarda!” Buffy lo rimbrottò, dandogli dei buffetti su entrambe le guance.
“Ed io sposerò una ficcanaso. Pure a sua insaputa!” si abbracciarono. Assaporando il calore della stretta, Buffy si colmò di lui e non sarebbe riuscita pensare ad altro, neppure con uno sforzo. 
   
 
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