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Autore: Unforgiven_Ice_Girl    22/07/2014    0 recensioni
La vita di Lena, raccontata in prima persona. Una ragazza che vuole diventare donna in fretta e nasconde dietro una maschera le sue paure, insicurezze, i suoi pensieri. Una persona che cerca di distinguersi per raggiungere un traguardo personale, provando ad affrontare le sue debolezze, spesso anche invano.
Genere: Generale, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Torno a casa in perfetto orario per il pranzo, e infatti sono davvero affamata.
“Lena, ultimamente non ti si vede più!” ironizza mio padre. Non ha tutti i torti, ma voglio approfittare un po’ di questa libertà, perché arriverà un momento in cui tutto questo sarà solo un ricordo.
“Bhè, sì… avevo finito i soldi per il taxi, il bar dove sono andata era vicino a casa di Sinead e così ho approfittato. C’era posto a casa sua.”
“Mi fa strano sentirti parlare di nuovo di Sinead, ma sono contenta che siate di nuovo amiche.” A giudicare dal tono di mia madre sembra proprio che stia per mettermi sull’attenti. “Però…” continua… e ti pareva! “… non dimenticare come ti hanno trattata lei e Josephine… ricordi com’eri sola?”
Non ci pensavo mamma, almeno fino ad ora che me l’hai ricordato.
“Comunque Sinead non mi sembra una cattiva ragazza, ma forse si lascia influenzare un po’ troppo!”
Puoi dirlo forte, mamma! Ieri si è fatta influenzare da un ragazzo!
“Eccola la mia sorellina girandolona!” Chris si fionda in cucina non appena sente l’odore del pranzo.
“Ah, prima ti ha cercata Dan!” mi informa mio padre. “Non sapeva fossi da Sinead, come mai non gli hai detto niente?”
“Perché anche lui mi ha nascosto qualcosa. A proposito…” mi volto subito verso Chris, prima che i miei facciano ulteriori domande. “Tu per caso ci hai parlato?”
“Sì, poi siamo scesi a far colazione.”
“Bene!” dico prendendolo per un braccio e trascinandolo in camera mia. “Che ti ha detto?” sussurro.
“Che voleva parlarti di persona perché ieri l’hai accusato di averti tradito.”
“Stai scherzando, Chris?”
“Testuali parole.”
“Che razza di stronzo! Ma come si è permesso?”
“Non fare la santa, ieri sei uscita con Sinead senza dirgli niente!”
“E lui è uscito con i suoi amichetti di quartiere mentre mi aveva detto che sarebbe uscito con i colleghi pallosi! Chi è che l’ha fatta più grossa? Ah, tenendo anche presente che tra i suoi amici c’era Sophie!”
“Certo, perché l’avevi lasciato!”
“Cosa? E’ lui che ha lasciato me!”
“Non penso proprio!”
“Ma che cazzo ti è venuto a dire? Ieri l’ho incontrato mano nella mano con Sophie e poi si è giustificato dicendo che mi aveva lasciata l’altra sera!”
“A me ha detto tutt’altra cosa, ed è un mio amico, non mi direbbe mai delle cazzate!”
“A quanto pare allora mi sbagliavo perché è pessimo anche come amico! E ora andiamo a mangiare… perché più tardi gliene dirò quattro!”
 
“Che cavolo sei andato a dire a mio fratello? Sei un bugiardo!”
Sono furiosa e credo che Dan non mi abbia mai vista in questo stato.
“Lena, calmati, ti prego! Non potevo dire a Chris tutta la storia, sarebbe rimasto deluso da me!”
“E invece solo io sono quella delusa qui! Come hai potuto farmi passare per una pazza guastafeste? E poi tu mi hai lasciata per consolarti subito con la tua Sophie!”
“Lena, c’erano problemi tra di noi, lo sai!”
“Sì, lo so. Ma avrei preferito che tu fossi stato più chiaro, specialmente nell’ultimo periodo!”
Sono partita con l’intenzione di dirgliene di tutti i colori, e ora è come se non riuscissi ad esprimere le mie ragioni o a fargli pesare il suo doppio gioco. Ok, anch’io sono stata un po’ doppia baciando Colin, ma per una volta il destino mi ha dato l’opportunità di non complicare ulteriormente le cose e voglio approfittarne.
“Ma ora che ne sarà di noi? Temo che non riusciremo ad essere amici come all’inizio…” confesso.
“Anch’io ho paura di questo… ma ci possiamo provare, no?”
“Credo di sì… e credo anche che mi mancherai…”
“Anche tu, piccola…” dice abbracciandomi forte. “E comunque sei la ragazza più seria che conosca.”
Sono la più seria e hai scelto Sophie… dovrebbe essere un complimento? Dovrei essere felice? Qualcuno mi mandi un segno allora, così posso essere finalmente felice e posso sentirmi fiera e orgogliosa di me, perché ora mi sento solo più insicura del solito e più vulnerabile che mai.
“Ti prego, è meglio salutarci… potrei scoppiare a piangere da un momento all’altro.”
“Hai ragione… però è dura.”
“E’ più dura vederti indugiare così, sei stato tu a preferire Sophie a me…”
“Io non ho preferito lei…”
“Ti prego, ormai non mi importa. Ti piace di più… e né io né te possiamo farci niente.”
“Comunque… ti voglio bene.” Mi sembra così sincero.
“Anch’io ti voglio bene.” Rispondo. Sincera anch’io.
Ci stacchiamo dall’abbraccio e ci salutiamo un’ultima volta con lo sguardo. Sale a bordo della sua macchina fiammante e parte.
“E ora ho perso anche lui…” sussurro tra me e me.
Non riesco a tenermi stretta le persone, non riesco mai ad amare incondizionatamente. Ero sicura che mi sarei sentita più libera, invece ora ho solo un grande vuoto dentro, e sento che nessuno lo potrà colmare, forse neanche Colin.
E se avessi fatto un altro dei miei pasticci?
 
Passeggio per la città fingendo di sentirmi una donna forte e desiderata. Mi ero truccata e vestita bene per rivedere Dan, come per dirgli ‘Hey, guarda che ti perdi!’ , ma non ha funzionato troppo. Questa stupida minigonna di jeans mi sta stretta, questa maglia attillata lilla mette in mostra le mie forme, anche quelle poco gradite, come la pancia. E queste ballerine sono scomodissime e mi stanno ferendo le dita dei piedi.
Cammino ancora, nella speranza di trovare una panchina libera. Passo davanti a una casa, si sente qualcuno da dentro l’appartamento che suona un pianoforte, ed è davvero bravo. Pigia i tasti velocemente, lo immagino mentre incrocia le dita e dà vita a quella melodia.
Arrivo davanti ad una libreria. Non è proprio la panchina che cercavo, ma adoro leggere anche se spesso non ne ho tempo o voglia, e non posso fare a meno di non entrare.
Mi muovo a piccoli passi tra gli scaffali, esaminando i vari titoli. E’ difficile che ne trovi uno accattivante. Così come ho problemi a farmi piacere gli uomini, li ho anche con i titoli dei libri. E’ per questo che non li leggo, mi fermo alle prime impressioni, e forse sbaglio.
Il primo titolo che mi interessa è Shakespeare non l’ha mai fatto di Charles Bukowski. Mi chiedo come possa un uomo così cafone avere un nome così di classe come Charles. Poi però ho scoperto che in realtà il suo nome era solo un adattamento all’inglese, perché lui era di origine tedesca. Ho scoperto anche che Lena è un nome abbastanza in voga in Germania, sicuramente molto più che qui in Inghilterra.
In realtà Bukowski mi piace, ho già letto qualche suo libro e adoro la sua scrittura senza filtri. Quando mai ti capita di incontrare qualcuno che parla senza filtri? Mai. Così mi aggrappo ai suoi libri.
Apro il libro su una pagina a caso.
 
Un uomo deve provare tante donne per trovare l'unica, e se aveva fortuna lei sarebbe stata al suo fianco. Per un uomo sistemarsi con la prima o la seconda donna della vita è comportarsi da ignorante; non ha idea di che cosa sia una donna. Un uomo deve compiere il percorso fino in fondo, e ciò non significa solo andare a letto con le donne, scoparle una volta o due; vuole dire "vivere" con loro per mesi e anni. Non biasimo gli uomini che hanno paura di una cosa simile, significa mettere l'anima a disposizione di tutte. Naturalmente alcuni uomini si sistemano con una donna, rinunciano, dicono ecco, è il meglio che posso fare. Ce ne sono moltissimi, in effetti la maggior parte delle persone vive sotto la bandiera della tregua: si rende conto che le cose non funzionano in modo proprio perfetto, ma non importa, accontentiamoci, dicono, non serve a niente percorrere di nuovo tutta la trafila, che cosa danno alla tv, stasera? Niente. Bene, guardiamola lo stesso. È meglio che guardarsi in faccia, è meglio che pensare a "quello". La tv tiene insieme più coppie male assortite di quanto non facciano i figli o la chiesa.
 
A quanto pare non sono solo gli uomini ad avere paura di queste cose, perché lo stesso succede a me. Forse sono stata io il motivo per cui Dan mi ha lasciata… io avevo paura di impegnarmi seriamente, lui l’ha capito e ha preferito Sophie, che almeno in un certo campo non ha paura di impegnarsi. Io non sono però come gli altri, non mi metto con qualcuno solo per paura di rimanere sola, non mi accontento. Perché dovrei? Se mi accontentassi poi non potrei essere totalmente felice. Ecco perché quando stavo con Dan volevo sempre guardare la tv…
 
Metto a posto il libro, altri due piccoli passi e ne prendo un altro. Mi è venuto in mente Shakespeare, così ho preso Sogno di una notte di mezza estate.
 
La tua virtù mi rassicura: non è mai notte quando vedo il tuo volto; perciò ora a me non sembra che sia notte, né che il bosco sia spopolato e solitario, perché tu per me sei il mondo intero; chi potrà dunque dire che io sono sola se il mondo è qui a guardarmi?
 
Sorrido, perché penso a Lucas. Ma subito il mio sorriso sparisce. Lui non è davvero qui, è solo nella mia mente, non può aiutarmi davvero. Lui neanche può sapere che Dan mi ha fatta soffrire oppure che io non sono stata corretta con lui.
Mi affretto a mettere il libro al suo posto, come se in quel modo potessi anche scacciare il pensiero di Lucas.
Torno a Bukowski, lui si ancorava alle cose reali, non al ricordo.
 
Ai miei 3 gatti sono state tagliate le palle. Adesso se ne stanno accucciati e mi guardano con gli occhi svuotati di tutto tranne che la voglia di uccidere.
 
Pensiamo alle cose attuali, tipo ai padroni che castrano i gatti. Perché togliere a quei poveri cucciolotti un istinto e bisogno naturale che hanno anche tutti gli altri esseri viventi? E poi magari i padroni sono proprio di quelli che sembrano morire senza scopare una notte. Mi fanno rabbia le persone così, sono solo dei frustrati che scaricano il loro stress su chi è più indifeso di loro. Io non castrerei mai un gatto, a meno che non abbia stuprato una gattina.
 
E in qualche modo riuscirai a superare i giorni vuoti e i giorni pieni e i giorni noiosi e i giorni detestabili e i giorni straordinari, tutti così piacevoli e così deludenti perché noi siamo tutti così simili e così diversi.
 
Già, proprio come ho fatto fino ad ora. Ho superato le avversità, ma ora mi sento come svuotata e non so proprio cosa fare, neanche come comportarmi con Colin, che tra l’altro mi ha appena mandato un messaggio dove mi chiedeva di vederci per un happy hour al bar più tardi. Gli ho detto di sì, ma prima voglio comprare questo libro di Bukowski, com’è che si chiama? Sotto un sole di sigarette e cetrioli. Ma che razza di nome è? E soprattutto, che vuol dire? Mi fa anche ricordare che io giudico i libri dalla loro copertina, giudico la gente in base all’apparenza, sono superficiale. Metto il libro a posto, non posso andare contro la mia natura. Il titolo è bizzarro e Bukowski, a giudicare dai suoi libri, scopava molto più di me. Come faceva a trovare così tante donne quando io non trovo neanche un ragazzo che mi possa piacere al cento per cento?
Innervosita, esco dalla libreria e mi dirigo verso il bar dell’appuntamento con Colin, ormai è quasi ora.
 
 
“Io prendo uno spritz.” Dico gentilmente rivolta verso la cameriera.
“Per me lo stesso, grazie.” Ordina poi Colin.
Mi guarda spesso e mi sorride, ma io non riesco proprio a capire che c’è tra di noi. Qualcosa di più di un’amicizia? O qualcosa in meno dell’amore?
“Ti va di parlarne?” chiede Colin.
So a cosa si riferisce senza che dica niente. Vuole sapere com’è andato l’incontro con Dan. Io però non ho alcuna voglia di raccontarlo, forse non ne ho la forza, forse semplicemente non mi va o non ci voglio pensare. E’ un tasto dolente, e lo sanno tutti che per me è difficile affrontare un dolore.
“Magari un’altra volta, quando mi sarò ripresa e questa storia sarà diventata solo una barzelletta che racconterò durante una serata tra amici.”
Colin sembra comprendere, accenna un sorriso e abbassa lo sguardo.
“Lo capisco, ma se ne hai bisogno puoi parlarmene in qualsiasi momento. Anche così, dal nulla… mi puoi sempre dire: Stasera andiamo a vedere la partita, Colin… e, a proposito… voglio parlarti di Dan.”
Rido un pochino. “Non succederà mai che mi verrà voglia di vedere una partita!”
“Allora..” afferma dopo aver riflettuto un po’ “… potrai dirmi: Andiamo a fare la manicure, voglio parlarti di Dan.”
Rido più forte. “Questo è ancora più improbabile della partita!”
“Vorrei baciarti mentre ridi.” Mi confessa così, dal nulla.
Arrossisco, e lui lo nota.
“Tutto ok?” continua, sorridendomi come per farmi forza.
“Credo di sì, forse devo solo abituarmi a quando flirti con me…”
“Flirto? Quindi non ti ho ancora conquistata? Come sei complicata!” dice scherzando, poi mi accarezza la mano.
La ritraggo.
“Scusami… ma è ancora un po’ strano.”
“Oh, certo, certo. Cercherò di fare le cose con più calma.” Mi rassicura.
“Grazie. Lo apprezzo tantissimo.”
“Di niente. Per te questo ed altro.”
Sorrido imbarazzata, e provo a pensare a qualcosa per deviare questa conversazione.
“Allora… domani ricomincia la settimana, che farai? Hai programmi?”
“Sì, andare a spasso per Londra e cercare un appartamento. Mi accompagneresti?”
“Devo andare all’università domani mattina.”
“Pranzo insieme e poi ricerca? Offro io!”
“Si può fare.”
“Allora… che cosa studi all’università?” mi chiede tutto interessato.
Non parlo molto volentieri dell’università, specialmente nell’ultimo periodo che non va poi così bene.
“Lettere, ma studio anche un paio di lingue. Il tedesco e il francese.”
“Il gaelico irlandese sarebbe stato più interessante! Nella mia famiglia lo parliamo.”
Bene, già si inizia a parlare della sua famiglia. Le cose si stanno facendo troppo serie.
“Tu invece che hai studiato?” cerco di tornare al discorso università senza però parlare di me.
“Economia. Più precisamente consulenza finanziaria, quindi cerco lavoro in quel campo. Forse a Londra ci sono più opportunità che a Greystones. Ormai sono diversi anni che sono laureato.”
“Sono sicura che troverai un lavoro.”
Quando si parla di università o lavoro sono sempre di poche parole, forse perché non ho avuto belle esperienze e quindi non mi va mai di parlarne.
“Ma tu dovresti essere vicina alla laurea, o sbaglio?”
“Bhè… veramente ho avuto qualche problemuccio durante il mio percorso.”
“Oh, spero niente di grave!” afferma preoccupato.
“Dipende dai punti di vista… ho perso un anno all’inizio. Cercavo lavoro e poi mi sono iscritta all’università sbagliata, solo perché i miei erano più ambiziosi di me e mi volevano avvocato.”
Sembra divertito, non so se è qualcosa che ha a che fare con il tono con cui ho raccontato questa prima parte della mia carriera universitaria.
“Questa non me l’aspettavo proprio! Avvocato?!”
“Sì, con mio padre avvocato e mia madre segretaria per lo stesso studio legale…”
“Quindi è così che si sono conosciuti? Al lavoro?”
“In realtà si conoscevano già di vista perché abitavano in due paesi abbastanza vicini nel Surrey, ma si vedevano spesso sul treno perché erano pendolari, e quando addirittura si sono ritrovati a lavorare per la stessa società l’hanno preso come un segno del destino. Ecco spiegato il motivo per cui sono un’eterna sognatrice, anche se andata un po’ a male.”
E’ davvero bello vedere Colin ridere in questo modo davanti a me, mi fa sentire come se fossi io la ragione della sua allegria. Non è una cosa che capita spesso.
“E infine si sono trasferiti a Londra dopo il matrimonio, giusto?”
“Non subito. All’inizio sono rimasti in paese, pensavano fosse il posto migliore per crescere i figli. Ma il viaggio fino a Londra tutti i giorni, andata e ritorno, cominciava ad essere stressante. Fino a quasi 6 anni stavo tutto il giorno con i miei zii o i miei nonni,  ma poi ci siamo trasferiti poco prima che iniziassi la scuola.” Interrompo il racconto e sto in silenzio per un po’. “E questa è la storia di come sono diventata la pecora nera della famiglia, senza ambizione, senza voglia di studiare.”
Colin mi sfiora la mano. “E invece è la storia più interessante che abbia mai ascoltato.”
“I vostri spritz, ragazzi.” Ci interrompe la cameriera. Proprio ora che Colin mi stava dicendo una cosa dolcissima!
“Brindo alla mia pecora nera preferita!” Colin alza il bicchiere e mi guarda negli occhi.
Brindo con lui ricambiando il suo sguardo. Si dice che se si brinda guardandosi negli occhi in futuro si farà del buon sesso. Io ho sempre guardato gli altri negli occhi mentre brindavo, ma non è andata mai bene. Eppure ora mi immagino in uno degli appartamenti che domani Colin andrà a vedere nella speranza di affittare una stanza, precisamente sul letto, sotto le coperte, nuda che mi bacio con lui.
Arrossisco furiosamente e mi affretto a sorseggiare il drink, che è davvero buono.
“Lo so che faremo le cose con calma, ma almeno un bacio prima di salutarci te lo potrò dare?”
Fingo di pensarci su e poi gli rispondo. “Solo se Casanova irlandese non ci infila la lingua.”
“Non era assolutamente mia intenzione.” Penso sia davvero dolce da parte sua. Di solito mi sono capitati sempre ragazzi che muovevano la lingua all’impazzata, senza un senso, e mi hanno fatto provare disgusto per i baci. Colin invece non l’ha mai fatto, mi ha sempre dato bei baci senza lingua, ma non meno eccitanti, anzi.
Usciamo dal bar e iniziamo a camminare insieme verso casa di Sinead, dove alloggia Colin, che è abbastanza vicina.
“E tu poi come torni a casa?” mi chiede preoccupato per me.
“C’è la fermata dell’autobus proprio a due passi da lì, non ci hai fatto caso?” lo rassicuro.
“Giusto… bhè… eccoci arrivati. Quindi domani va bene a mezzogiorno e mezzo?”
“Sarebbe perfetto. Il McDonald in fondo a questa strada sarebbe ancora più perfetto!”
“Ci sto! Quindi ora ho il tempo di baciarti fino a che non arriva l’autobus…”
Resto immobile e si avvicina a me. Mi accarezza i fianchi e mi sento un po’ in imbarazzo, perché mi sento gonfia e sono ingrassata un po’.
Resta ancora un po’ a sfiorarmi senza baciarmi, ed è un’attesa che mi fa impazzire.
Mi avvicino per baciarlo, sono a pochi millimetri dalle sue labbra.
“Non dovevamo fare le cose con calma?” mi sussurra, sorridendomi.
“Se mi provochi non vale.” Controbatto in fretta.
“Ma non ti stavo provocando.”
“Stupido Casanova, tu sei un furbetto.”
Gli accarezzo il collo e i capelli con una mano, con l’altra gli sfioro la schiena. Penso subito che con Dan rimanevo sempre immobile e quasi non lo toccavo neanche quando lo facevamo. Colin mi trasmette emozioni completamente diverse, mi fa sentire più libera e un po’ meno in imbarazzo.
Finalmente ci baciamo, è un bacio breve perché l’autobus arriva quasi subito, ma è intenso, anche se sembra non bastarmi.
“Buonanotte.” Dico allontanandomi.
“Non è mai notte quando vedo il tuo volto.”
Ho un sussulto e inizio a tremare. E’ la frase che ho letto in libreria, quella che mi aveva fatto pensare a Lucas.
“E’ un segno…” penso. “E se fosse destino?”
“Shakespeare..” sussurro.
“Sì… l’ho letta oggi, era scritta su una panchina, e ho pensato a te.” Sorride, ignaro della confusione che ho in testa.
Corro verso di lui e lo bacio ancora.
“Perché tu per me sei il mondo intero, chi potrà dunque dire che io sono sola se il mondo è qui a guardarmi?” resto un attimo in silenzio. “E’ il seguito di quella frase. L’ho letta anch’io oggi, in libreria.”
Un ultimo bacio e corro verso l’autobus, che altrimenti partirà senza di me.
Mi siedo e guardo Colin dal finestrino, sembra incredulo quanto me.
Lo saluto con la mano, lui ricambia e mi sorride.
“Forse è destino…” sussurro tra me e me.
 
 
 
 
  • Potrei ricevere qualche critica per aver nominato e  “giudicato” Charles Bukowski, quindi metto subito in chiaro che ciò che è scritto è il pensiero della protagonista , non una verità assoluta. Mi capita di leggere su Facebook commenti del tipo “le ragazzine parlano di Bukowski e credono di conoscerlo solo perché hanno letto le sue citazioni”, oppure “la gente non capisce Bukowski” o cose simili. Personalmente ho letto alcuni suoi libri, non pretendo di comprenderlo o capire totalmente i suoi stati d’animo o le sue esperienze, così come non credo di poter capire molte altre esperienze vissute da chiunque altro. In questa storia l’ho citato come ho citato in precedenza altri autori, ma ci tengo a scrivere questa nota semplicemente perché spesso noto sui social network o su internet attacchi contro chi nomina Charles Bukowski, le sue frasi o i suoi libri.
  
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