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Autore: peluche    22/07/2014    3 recensioni
Il ghiaccio ha bisogno del fuoco per abbandonare il suo stato di paralisi,
il fuoco ha bisogno dell'acqua per placare le sue fiamme imponenti.
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«Hannah! - disse a un tratto Aria – Quello non è..» prima che potesse finire la frase,un tizio ci passò accanto,scioccato quanto noi.
«Harry Styles ci degna nuovamente della sua presenza,quale onore.» I brividi. Lo fissai nel suo giubbotto di pelle,nei suoi riccioli scomposti e sulla sua moto nera petrolio. Il tizio che qualche minuto prima ci era passato accanto era Zayn Malik. Zayn Malik,il ragazzo più inaffidabile su questo pianeta,dopo Harry Styles,ovviamente.
«Non era finito in riformatorio?» Mi sussurrò Aria.
«Si, - risposi io in una specie di trance – infatti.» Non riuscivo a levargli gli occhi di dosso. Zayn gli si avvcinò e si diedero un affettuoso abbraccio. Il duo-idioti era tornato. Non poteva rimanere lì dov'era? Perchè dopo cinque anni in riformatorio aveva deciso di rimettere piede qui? Perchè era tornato nella sua vecchia scuola?
Genere: Azione, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ice on fire

capitolo 21




Harry capì subito, solo dalla mia espressione. Aveva aspettato quel momento per mesi, giorni. Lo aveva aspettato con paura, tremando sempre di più ogni giorno che passava. Qualcuno potrebbe dire che ha avuto tutto il tempo per prepararsi, per dirle addio, per fare tutto ciò che non aveva mai fatto, ma nessuno è mai preparato a una perdita del genere. Venne verso di me, mentre mettevo giù il telefono e non mi fece neanche finire di parlare. Scattò fuori dalla porta, saltò sulla moto e partì. Io lo inseguii, insieme a Zayn, pregando che avrebbe mantenuto la calma. Ma quando arrivammo due medici stavano cercando di trattenerlo, bloccandolo di peso. Harry la chiamava, mentre la adagiavano su una barella. Quando la vidi portai una mano alla bocca, con il cuore a pezzi. Istintivamente mi fiondai tra le braccia di Zayn, accanto a me, che mi avvolse. 
«Mamma!» continuava a urlare Harry tra i singhiozzi.
Aveva ancora la faccia sporca di cioccolato, le lacrime agli occhi, la voce che implorava un attenzione, un cenno. Un bambino che vuole la sua mamma. Un bambino che vuole solamente un altro abbraccio, l'ultimo. Ma era troppo tardi. Zayn andò verso di lui, cercando di aiutare i medici. Lo strattonò dal braccio, allontanandolo dagli uomini, ma Harry guardò un ultima volta da quella parte e poi iniziò a correre verso l'uscita. Cercai di andargli dietro, richiamandolo, ma Zayn me lo impedì. “Ha bisogno di stare solo”, mi disse.
«Lo supererà?» chiesi a Zayn, con la voce tremante.
Zayn mi guardò, lo sguardo triste.
«Non lo so.» sussurrò.
Adele era l'unica famiglia che gli rimaneva. Non aveva mai conosciuto i suoi nonni paterni e quelli materni erano morti quando era piccolo. Era solo un puntino che vagava da solo. Aveva perso l'orientamento, il suo punto di riferimento. Non lo vidi il giorno dopo, non sapevo dove fosse, non avevamo ancora parlato dopo quella sera. E mi ritrovai il giorno del funerale davanti a quello specchio, con quel vestito nero che sembrava tapparmi i polmoni. Non ero mai stata a un funerale e quel giorno mi sentivo come se fosse morto un mio parente stretto, ma Adele in qualche modo lo era. Scesi le scale, trovando i miei genitori al piano di sotto, con lo sguardo forse per la prima volta pieno di affetto. Mia madre mi abbracciò, facendomi piangere, ma la cosa che mi fece più male è che non ero io la vittima della situazione. C'era qualcuno chissà dove che stava soffrendo più di me. Uscii di casa, trovando Liam in fondo al vialetto. Le mani in tasca e lo sguardo fisso su di me. Mi avvicinai lentamente e mi accolse con un braccio.
«Mi dispiace Hanna, - mi sussurrò – avrei voluto saperlo.»
Rimasi con la testa sul suo petto, stringendo la camicia tra i pugni.
«Louis non viene?» mi chiese, una volta sciolto l'abbraccio.
«Non ha i soldi per il volo e ovviamente a mio padre non può chiedergli.»
Avrei voluto accanto in quel momento, ma sapevo che era più difficile di quanto pensavo. Io e Liam ci incamminammo verso la chiesa, insieme ai miei genitori e ad altre poche persone del vicinato che conoscevano Adele. Diedi un'occhiata alla casa di fronte, notando le persiane chiuse. Dove sei Harry?  Pensai, preoccupata. Erano due giorni che non lo vedevo e avevo paura che si stesse cacciando in qualche guaio. Ma quando arrivammo in chiesa, lo trovai vicino alla bara di sua madre, un paio di occhiali da sole, giacca nera. Stringeva le mani alla gente che si avvicinava per fargli le condoglianze e io mi trovai in difficoltà. Non sapevo se avvicinarmi, se non farmi vedere, avevo paura di comportarmi in modo sbagliato. Harry era uno di quelli che quando soffre vuole stare da solo, odia gli abbracci, le rassicurazioni. Non sarebbe servito niente sentirsi dire “Andrà tutto bene”, perchè in realtà non sarebbe andato tutto bene. Vidi Liam avvicinarsi, i miei genitori seguirlo, io rimasi immobile. Zayn era alla destra dell'altare insieme a Niall e agli altri del gruppo.
«Vai da lui.» Aria spuntò al mio fianco, sorridendomi.
«Forse vuole stare solo.»
«Nessuno vuole stare solo sulserio.» continuò, dandomi un bacio in guancia e andando a sedersi. 
Non ascoltai il consiglio di Aria e rimasi in disparte, in fondo alla chiesa. Harry continuava a guardare in basso, anche quando il prete iniziò a parlare. E mentre parlava le immagini mi passarono davanti agli occhi così lentamente, come se fossi tornata indietro nel tempo. Vedevo Adele il giorno del mio settimo compleanno, seduta sul dondolo in giardino, mi legava i capelli con un fiocco. La vedevo abbracciare Harry e vedevo lui che cercava di non farsi prendere. Come siamo stupidi a volte. Diamo tutto per scontato e non sappiamo accettare i gesti più semplici e più significativi. Quelli che un giorno non riavremo mai più. E la vedevo ancora in cucina mentre preparava qualche torta, fischiettando qualche canzone di Stevie Wonder. Quanto amava Stevie Wonder. Aveva passato questa passione anche ad Harry, che aveva imparato a suonare la chitarra con le sue canzoni. E la vedevo in quegli ultimi giorni in quel letto di ospedale, quando ancora aveva quel sorriso debole, ma sempre vivo, che non perdeva mai. Era una di quelle persone che solo con la loro compagnia ti facevano stare bene, ti riempivano il cuore. Sentivo le lacrime rigarmi le guance, gli occhi gonfi e brucenti. Il prete invitò Harry a dire qualcosa, ma mosse la testa e rimase immobile, al suo posto. Non avrebbe mai detto niente. Se ne sarebbe rimasto nel suo buco, rimuginando dolore. E quando la messa finì, alzarono quella lastra di legno, avvolta da ghirlande. Liam e Zayn mi si avvicinarono e mi sorrisero. Seguii la gente fuori dalla chiesa, fin quando vidi una sagoma nera correre via. Mi voltai di scatto e mi accorsi che era Harry.
«Vado io!» fermai Zayn prima che potesse corrergli dietro.
Iniziai a inseguirlo, fin quando lo persi di vista. E poi sentii dei colpi, dei singhiozzi. Svoltai in una traversa e lo vidi. Tirava pugni contro il muro, seguiti da calci. La colpiva con le nocche, forte, fino a farsi uscire sangue.
«Harry..» cercai di dire, avvicinandomi.
Sembrava non sentirmi. Continuava a colpire il muro e iniziai a vedere delle macchiioline rosse sulla parete.
«Harry ti prego, - riprovai – smettila.»
«Vai via!» mi urlò.
Continuava a scalciare, a colpire, a singhiozzare.
«Harry..» continuai ad avvicinarmi, fin quando non si voltò con le spalle verso il muro e scivolò giù, a terra.
«Hanna.. - sentii il mio nome tra i singhiozzi – Hanna..»
Mi precipitai al suo fianco, prendendogli il viso tra le mani. Gli tolsi gli occhiali dalla faccia e vidi gli occhi viola, le occhiaie marcate, le guance zuppe. 
«Mi dispiace Harry, - dissi – mi dispiace.»
Harry mi guardò e poi scoppiò di nuovo a piangere, poggiando la testa sul mio petto. Sentivo i singhiozzi che cercava di fermare, ma c'era troppo dolore per poterlo fare. Stringeva i pugni nel mio vestito  e io chiusi gli occhi, cercando di rassicurarlo. Non sapevo cosa dire, non sapevo cosa fare. Potevo solo rimanere lì e farlo sfogare. Gli guardai le mani e le vidi piene di sangue, tutte sbucciate, viola. Rimasi lì fin quando Liam e Zayn non mi aiutarono a portarlo a casa, gli medicai le ferite e poi lo guardai addormentarsi. Pregai Liam e Zayn di lasciarci soli e mi ritrovai sul divano, con Chester accanto a me e il muso poggiato sulla mia gamba. Mi ero infilata una tuta e preparai un po' di tea. Quella casa aveva troppi ricordi e ogni cosa mi faceva pensare ad Adele. Ero in silenzio, che fissavo la televisione. Anche Chester sembrava aver capito tutto, se ne stava fermo, senza neanche muovere la coda. Sentiva che qualcosa non andava. Guardai David Letterman sullo schermo, mentre intervistava Zac Efron. Per un momento avrei voluto avere la loro vita perfetta, senza i mille problemi che riserva la vita comune. 
«Vedi Chester, - dissi – dovremo fare tutti quella vita.»
Bevvi l'ultimo sorso di tea e poi mi alzai, mettendo la tazza dentro il lavandino. Sentii due braccia avvolgermi da dietro e delle labbra morbide sul collo.
«Buongiorno.» dissi, sorridendo.
Mi voltai e trovai il viso di Harry, ancora spento, ma con un accenno a quel sorriso che amavo. Il sorriso che aveva preso dalla madre. Poggiò le labbra sulle mie e mi baciò, dolcemente.
«Come vanno le mani?» gli presi le mani, controllando le fasciature.
«Dovrei essere io a prendermi cura di te, non il contrario.» disse, con la voce rotta.
«Non mancherà occasione, - dissi sorridendo – e poi mi piace prendermi cura di te.»
Sorrise di nuovo dolcemente, questa volta meglio di prima.
«Grazie.» disse, tornando serio e accarezzandomi una guancia con il polpastrello.
«Di cosa?» lo guardai, prendendogli le mani.
«Di essere qui.» 
Mi avvicinai per baciarlo di nuovo e sentii la sua mano sulla mia schiena. Ci staccammo e vidi Chester scodinzolare verso Harry.
«Ehi bello!» gli disse, piegandosi e riempiendolo di coccole.
Misi le braccia conserte e vidi i due maschi di casa divertirsi insieme, con Chester a pancia in aria che elomisanava grattini, felice che il suo padrone gli stesse dando un po' di attenzione.
«Potremo partire.» dissi a un tratto.
«Ci sarà tempo per prenderci una vacanza.» mi rispose.
«Non parlo di una vacanza, - continuai – tra due mesi la scuola finirà e una volta finita possiamo andarcene, dove vogliamo!»
«E il tuo sogno di andare all'università?» mi chiese, confuso.
«Ormai è storia vecchia quella.» dissi.
Harry si avvicinò, pensieroso.
«Hanna non so se..»
«Possiamo buttarci alle spalle tutto quanto Harry, - lo interruppi – possiamo lasciare questa città e magari possiamo raggiungere Louis in Spagna.»
«Non voglio che getti il tuo futuro per me.»
«Il mio futuro è insieme al tuo.» mi avvicinai, mettendogli le braccia attorno al collo.
Sorrise incerto e poi mi strinse.
Io ero eccittata all'idea. Avremo potuto viaggiare, vedere tantissimi posti e conoscere gente diversa. Saremo stati lontani dai miei genitori e avrei avuto l'occasione di rivedere mio fratello. Era un piano perfetto. 
«Se è davvero quello che vuoi.» ripetè.
«Lo è.» 
«Allora, - disse – Spagna sia.»
Mi sollevò da terra, questa volta entusiasta, con Chester che ci saltellava attorno.
«Tranquillo amico, - gli disse Harry – porteremo anche te.»


«Come in Spagna?!» Aria quasi si affogò con l'acqua.
Eravamo da Alfred e avevo appena comunicato alla mia Amica le mie intenzioni una volta uscita da scuola, ma lei come sempre voleva farlo sapere a tutto il mondo.
«Cerca di non andare di matto, ok?» la pregai, guardandomi attorno.
«E l'accademia di moda? - chiese – Il tuo sogno di creare una tua linea? E' sparito tutto così?»
«Andiamo, - dissi – erano solo sogni di una stupida ragazzina, non avevo per niente talento.»
«E quale sarebbe il tuo futuro? Rinunciare ai tuoi stupidi sogni per Harry?»
«Ora stai esagerando..»
«Non sto esagerando! - si impose – La Hanna che conosco io non avrebbe mai rinunciato alla sua linea di moda, per nessuna ragione al mondo!»
«Hanna è cresciuta e ha capito che esistono cose più importanti.»
Misi le braccia conserte e guardai Aria più seria possibile per farle capire che non stavo scherzando.
«Sei sicura?» mi richiese, più calma.
«Assolutamente.» sorrisi e bevvi un sorso di limonata.
Aria si rassegnò e tornò a parlottare di altro, fin quando non tornò a quell'argomento che diceva di evitare a tutti i costi, ma che poi ci tornava sempre.
«Notizie spagnole? - chiese – A parte la tua fuga amorosa, si intende.»
«Ha trovato lavoro come fotografo.»
«Chi?» mi chiese, indifferente.
«Il principe William, - risposi – non lo sapevi? Si è trasferito in Spagna.»
«Cavolo! Deve essere un casino con il figlio e tutto il resto.» 
Le tirai un calcio da sotto il tavolo, ridendo.
«Perchè l'hai fatto?» si lamentò.
«Nessuno ti biasime se ne parli, Aria.»
«Non so di cosa tu stia parlando, Hanna.»
Aria mi sorrise sfacciata e io ricambiai. 
«Harry come sta?» chiese, poco dopo.
«Sembra bene, - dissi – ma so che lo fa solo per nascondersi da me.»
«Deve cercare di non pensarci, - continuò Aria – gli rimane sempre il padre no? Anche se non l'ho mai visto.»
«No, non c'è.» risposi, rigida.
«Che famiglia strana.» commentò Aria.
«Aproposito, - ne approfittai per tagliare la corda – devo andare da lui.»
«Domani abbiamo un compito in classe, - mi disse Aria – spero tu vada a studiare.»
«Ho già studiato.» le urlai, uscendo.
In realtà avevo mentito. Non sapevo neanche che compito fosse, l'avevo appena scoperto. Ma poco mi importava. Ormai pensavo solo alla Spagna, ad Harry e.. ad Harry.


 
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Che tristezza. Che tristezza. Come sempre, chiedo scusa se ho toccato la sensibilità di qualcuno, non era mia intenzione.
Non so se qualcuno di voi si è mai trovato in una situazione del genere (spero vivamente di no),
ma se è così chiedo scusa. Oltre questo, spero che il capitolo vi piaccia:) GRAZIE PER I MILLE COMPLIMENTI!

  
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