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Autore: Laylath    22/07/2014    1 recensioni
(Spin off di Un anno per crescere )
Più di venti anni prima che un gruppo di ragazzi intrecciasse i propri destini in un piccolo angolo di mondo, a New Optain, una pasticciera ed un poliziotto fanno il loro primo incontro.
Ecco la storia di Vincent e Rosie, i genitori di Vato.
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Vato Falman
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Un anno per crescere'
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Capitolo XVIII

1885. Arriva Elisa.

 

Una cosa che Vincent aveva sempre riconosciuto a sua moglie era la capacità di rendere qualsiasi posto caldo e accogliente con la sola presenza: che fosse una sala del negozio nelle primissime ore del mattino, un piccolo appartamento da scapolo o quello di una famiglia che si era allargata con la nascita di un bambino. Non importava, lei era comunque in grado di donare calore e conforto a prescindere dall’ambiente.
E lo stesso avvenne per la casa che il capitano aveva preso in paese.
All’arrivo di sua moglie e suo figlio stava ancora facendo dei lavori di ristrutturazione assieme ad alcune persone che si erano offerte volontarie per aiutarlo, tra cui Steve e suo fratello, e dunque aveva preferito sistemarli nella locanda. Tuttavia nell’arco di nemmeno una settimana questi lavori erano finiti e la casa era stata finalmente inaugurata; e vedere Rosie che imperversava facendo le pulizie e sistemando ogni cosa donava al capitano quel senso di rifugio di cui aveva tanto sentito la mancanza.
Poter tornare a casa la sera e trovarla illuminata, calda, col profumo della cena in preparazione era un qualcosa che gli era profondamente mancato. Così come gli era mancato sentire lei che lo salutava dalla cucina o vedere Vato che correva ansioso di raccontagli la sua giornata.
Ovviamente quelle prime settimane furono molto impegnative: fu necessario terminare il trasloco, vendere l’appartamento di New Optain e quanto altro. Dicembre e Gennaio passarono senza che la famiglia se ne rendesse conto, impegnata com’era a districarsi in quella nuova casa che, ad onor del vero, era parecchio più grande della precedente. La cucina era una stanza separata rispetto al salotto ed era anche molto più ampia e agevole; le camere da letto erano lo stesso di dimensioni ragguardevoli tanto che anche in quella di Vato era possibile pensare ad altro arredamento che non fosse il lettino ed il cassettone per i vestiti. E c’era anche una grande camera per gli ospiti ed un ripostiglio, insomma, come commentò Rosie, sembrava una vera e propria reggia in confronto a dove stavano prima.
Alla luce di tutto questo, quando una sera di fine gennaio, dopo cena, il capitano si sedette sul divano per godersi finalmente la quiete di casa, ritenne di esserselo ampiamente meritato. Niente più mobili da spostare o roba da sistemare: solo il caminetto acceso ed il giornale arrivato all’ufficio postale quella mattina.
Quasi immediatamente Vato si arrampicò accanto a lui, assieme a Lollo e ad un libro. Appena si fu sistemato provvide ad accomodare Lollo contro il bracciolo imbottito.
“Ecco, sistemati pure così – disse – ti ricordi a che punto siamo arrivati?”
“Vato, i giocattoli non parlano.” gli ricordò Vincent, guardandolo con aria perplessa.
 “Ma papà, lui non è un giocattolo, è Lollo – rispose il bambino alzando lo sguardo dal libro e posandolo sul suo amico di pezza – e a lui piace stare accanto a me, così può leggere.”
“Leggere…”
“Certamente, gliel’ho insegnato io. Vero, Lollo?”
Disse questa frase con sincera convinzione, come se il giocattolo fosse in grado di rispondere, tanto che Vincent non riuscì a ribattere.
A dire il vero la questione di Lollo era un qualcosa che non si era aspettato: quando era partito quel pupazzo non costituiva niente di più che il giocattolo preferito di suo figlio. Ma adesso faceva uno strano effetto vedere il bambino che interagiva con lui come se fosse in grado di parlare e capire.
Rosie gli aveva raccontato l’importanza che aveva assunto Lollo durante il periodo della separazione e anzi era molto sollevata perché la mania ossessiva verso quel pupazzo era diminuita in maniera esponenziale: bastava pensare che Vato aveva smesso di ciucciargli l’orecchio destro che, comunque, avrebbe sempre portato i segni di quel mese di crisi.
“No, amore, aspetta – lo richiamò Rosie, arrivando – scendi dal divano che ti devo misurare questo maglione.”
“Va bene, mamma.” annuì volenteroso lui mettendosi proprio davanti al fuoco per evitare di prendere freddo.
“Niente da fare – sospirò alla fine, facendogli cenno di tirare su le braccia per sfilarglielo – sei ancora cresciuto e ormai ti va quasi tutto corto, fiocco di neve.”
“E’ perché domani compio cinque anni – spiegò lui con aria di chi la sapeva lunga – non mi vanno più i maglioni dei bambini di quattro anni. Sono grande, mamma.”
Più che grande era davvero alto per la sua età e sembrava che l’aria di campagna contribuisse a fargli aggiungere centimetri su centimetri. Peccato che, nonostante il suo appetito fosse tornato quello di una volta, anzi fosse sensibilmente aumentato, restava magro e slanciato proprio come il padre.
“Cinque anni, eh? Già, come vola il tempo: non ci posso credere che era solo cinque anni fa che eri un fagottino che profumava di talco e di latte. Comunque domani vieni con me a fare compere: bisogna prenderti dei nuovi vestiti. Forza, torna pure a leggere.”
Mentre il bambino si arrampicava di nuovo sul divano, Vincent ne approfittò per seguire la moglie in camera da letto, chiudendo la porta alle loro spalle.
“Il fatto che nostro figlio parli con un orso di pezza non ti preoccupa?” chiese.
Lei si girò a guardarlo con aria perplessa, ma poi scrollò le spalle e si mise a piegare l’indumento.
“Beh, considerato che tutt’ora Ally parla con le sue bambole e le fa sedere per prendere il the, direi proprio di no.”
“Non stiamo parlando di tua nipote – scosse il capo lui – ma di nostro figlio.”
“Vincent, ha cinque anni – la donna sorrise leggermente – è solo una fase. Tutti alla sua età avevamo un gioco preferito che avremmo sempre voluto fosse vivo.”
“Io no.”
Rosie lo fissò in modo tale che lui arrivò a sentirsi leggermente stupido per non aver passato mai quella particolare esperienza dell’infanzia. Ma, oggettivamente, da piccolo aveva ben altro a cui pensare rispetto al crearsi degli amici falsi o immaginari: lo trovava altamente controproducente e alienante dalla realtà.
“Ti assicuro che nostro figlio non si sta comportando in modo strano – lo rassicurò ancora lei baciandolo sulla guancia – lascialo con il suo Lollo. Per lui è anche un aiuto considerato che non ha ancora fatto alcuna amicizia.”
“Se lo dici tu… però per me è strano.”
 
Il giorno successivo, il compleanno di Vato, come regalo Rosie lo portò alla libreria del paese.
“Davvero posso scegliere io, mamma?” chiese il bambino estasiato mentre entravano e il campanello appeso alla porta tintinnava allegramente.
“Sì, però deve essere adatto a te, intesi?”
“Certamente, così lo può leggere anche Lollo.”
“Ma certo… uh, però non vedo nessuno qui.”
“Arrivo subito! – una voce dal retro rassicurò sulla presenza del proprietario – Un attimo di pazienza.”
Nel frattempo Vato si guardava attorno con meraviglia: non era mai stato in una libreria e non credeva che potesse esistere una stanza con tanti libri tutti assieme. Fu una scoperta così esaltante che si sentì il bambino più felice del mondo, come se il regalo più bello per il suo compleanno fosse esser stato portato in quel posto, a prescindere dal libro che avrebbe scelto.
Con delicatezza liberò la mano dalla presa della madre ed iniziò a camminare tra quegli scaffali così alti e colmi di volumi, i dorsi delle copertine così invitanti e carichi di promesse. C’erano tantissime cose da imparare, storie da conoscere, informazioni che l’avrebbero tenuto impegnato per il resto della vita...
Distrattamente sentì sua madre che si metteva a parlare con qualcuno e si sentì autorizzato a proseguire con la sua ricerca: sapere che non era sola lo rassicurava, così non si sarebbe preoccupata per lui.
Del resto… come poteva non proseguire in quel labirinto di libri?
Arrivò alla fine del piccolo corridoio, fino ad una grande libreria di legno: i volumi erano così grossi che sicuramente dovevano pesare parecchio. Dovevano essere i classici libri per i grandi, quelli che lui non era ancora autorizzato a leggere: sua madre gli diceva sempre che erano argomenti troppo complicati per la sua età, ma Vato, in una piccola e ribelle parte di lui, era convinto che bastava leggere attentamente per capire le cose e…
Il suo flusso di pensieri venne interrotto da un lieve formicolio dietro la nuca. Fu una strana sensazione che lo avvisò di essere osservato. Si girò lentamente, ma non vide nessuno e, nonostante si sentisse come quando sua cugina Ally gli faceva qualche agguato, preferì riportare la sua attenzione ai libri.
Stava per allungare la mano e toccarne uno, quando la sensazione si ripresentò più forte di prima.
Questa volta optò per girarsi di scatto e con una torsione che quasi gli fece perdere l’equilibrio, considerato che indossava ancora il pesante cappotto, si voltò per affrontare il suo osservatore…
Osservatrice più che altro.
La bambina era a quattro zampe, per metà nascosta dietro una delle librerie. Lo fissava con quella che si poteva definire divertita curiosità, gli occhi verdi che non si distoglievano da lui.
Il bambino non aveva un grande rapporto con i propri coetanei, in particolare con le femmine: la sua esperienza si fermava ad Ally che, ad essere sinceri, rientrava nel campo delle creature totalmente incomprensibili. Ogni volta che andava da lei lo obbligava a sedersi e a prendere il the con le sue bambole… una cosa molto stupida: è chiaro che le bambole sono giocattoli e non possono parlare ed era altrettanto ovvio che in quelle piccole tazzine non era contenuto alcun liquido, tantomeno the.
E anche quando facevano altri giochi era profondamente civettuola e capace di metterlo in netta difficoltà.
Manco a dire che i libri non le interessavano minimamente, nonostante avesse la fortuna di andare già a scuola ed imparare un sacco di cose nuove.
Il fatto che lo sguardo della nuova bambina ricordasse vagamente quello di Ally non era un buon segno.
“Ciao.” sorrise infine lei, alzandosi in piedi ed uscendo allo scoperto.
Con qualche movimento esperto delle mani si lisciò il grembiulino rosa che indossava sopra il vestito verde e poi fece qualche passo in avanti, portandosi accanto a Vato.
“Ciao…” salutò lui con voce sommessa.
“Che hanno i tuoi capelli?”
“Perché?” chiese lui, ignaro che la bicromia fosse una rarità.
“Perché sono strani: non ho mai visto un bimbo con capelli bianchi e neri.”
“Li ho così da sempre. Però tu hai gli occhi verdi ed io non ho mai visto una bambina con gli occhi verdi.”
“Anche mia mamma li ha verdi, ed io sono come lei. Tu a chi somigli?”
“A papà… però – rifletté – lui  ha tutti i capelli neri.”
“E la tua mamma?”
“Anche lei.”
“Oh.”
Non seppero cosa dire, a quanto sembrava le loro conoscenze infantili non arrivavano alla soluzione del problema. E la cosa non andava: bisognava trovare almeno un dato di fatto a cui potersi aggrappare.
“Un giorno troverò la risposta in qualche libro – promise Vato – e poi te la dico.”
“Però non ti stanno male.” disse lei, mettendosi le mani dietro la schiena.
“Uh… va bene.”
“Ti ho seguito da quando sei entrato, ma non ti sei accorto di me… sei strano!” ridacchiò lei, avvicinandosi ancora e scrutandolo con attenzione. Arrivò persino ad allungare un indice per toccargli una guancia, come si stesse assicurando che era un bambino vero.
Vato arrossì: le femmine piccole proprio lo mettevano in difficoltà, non c’era niente da fare. Questa poi sembrava averlo preso in simpatia e non sembrava aver intenzione di andarsene e lasciarlo tornare ai suoi libri.
Non aveva una mamma che la richiamasse?
“Questi libri non sono belli – disse la bambina, volgendosi verso i volumi che Vato aveva bramato fino a qualche minuto prima – sono scritti in piccolo piccolo e non hanno figure.”
“Però si leggono.”
“Io non so ancora leggere – scosse il capo, mentre ciocche di capelli castani le cadevano davanti al viso, tanto che se le dovette tirare indietro con la mano – devo andare in prima elementare a settembre.”
“Pure io. Però io so leggere… e anche un po’ scrivere.”
“Davvero?” sgranò gli occhi.
“… solo il mio nome –  si corresse Vato, accorgendosi di aver esagerato nell’ultima affermazione – ed in stampatello…”
“Stamp… che?”
“Stampatello. Come questo…” indicò un titolo.
“Ma quelle sono lettere.”
“Sì, ma sono in stampatello e… oh, lascia stare, a scuola te lo spiegano.”
“Se lo dici tu… comunque io mi chiamo Elisa – sorrise la bambina tendendo la mano – e questo negozio è quello del mio nonnino. Oggi sono venuta a trovarlo con la mamma. E tu chi sei? Non ti ho mai visto.”
“Io sono Vato e sono qui perché mia mamma per il compleanno mi deve regalare un libro che scelgo io.”
disse quell’ultimo dettaglio con aria di grande importanza.
“Compi gli anni oggi? Che bello! Io ne ho quattro e mezza e tu?”
“Oggi cinque!”
“Però sei alto – lei si mise una mano sopra la testa castana e poi la spinse verso Vato, arrivando appena al mento – sembri un bimbo più grande. Se hai cinque anni allora a settembre andiamo a scuola assieme!”
“Vato, amore? – Rosie comparve dagli scaffali – Ah, eccoti qui… oh, ma stavi facendo amicizia.”
“Buongiorno signora – sorrise Elisa, prendendo i lembi del grembiulino e facendo una piccola riverenza – io mi chiamo Elisa Meril.”
“Lo immaginavo. Stavo parlando con tua mamma e tuo nonno fino ad adesso. Allora vi siete già conosciuti, eh? Hai visto, tesoro, ti sei fatto un' amichetta… avete anche la stessa età.”
“No, non è corretto – specificò lui – lei non ha ancora cinque anni.”
“Li compio a giugno, il sette giugno… mamma mi ha insegnato che io sono nata il sette giugno 1880. E tu?”
“Il ventisette gennaio 1880.”
“Elisa? – una nuova donna, chiaramente la madre data la somiglianza, si avvicinò a loro – Ecco dove eri finita: sempre a gironzolare per gli scaffali. Oh, ciao piccolo, tu devi essere Vato, vero?”
“Sì – arrossì lui – mi chiamo Vato Falman.”
“Ma che tenero, è timido!”
“Sei diventato tutto rosso in viso – constatò Elisa, inclinando la testa con curiosità – sei rosso, bianco e nero… sei un bambino dai tanti colori.”
“Elisa – la richiamò Rosie – dato che tu e Vato avete fatto amicizia, questo pomeriggio vuoi venire a casa a mangiare una fetta di torta?”
“Che?” Vato annaspò sentendo quell’invito, senza che nemmeno gli venisse chiesto un parere.
“Mamma, posso?” chiese subito Elisa, giungendo le mani in segno di supplica.
“Ma certo, cara, abbiamo anche scoperto che abitiamo parecchio vicino. Così tu e Vato potrete giocare spesso assieme. Non è meraviglioso?”
“Evviva!”
Ma mentre la bambina saltellava sul posto, i capelli castani che si muovevano assieme a lei in ciocche disordinate e ribelli, Vato si sentiva come preso in trappola. Davvero doveva giocare spesso, ossia tante volte, assieme a lei? Non gli sembrava una bella prospettiva, proprio per niente. Lui aveva già Lollo con cui giocare ed il suo amico aveva i suoi medesimi interessi: i loro desideri coincidevano sempre e nessuno poteva prendere il suo posto.
Anche se lei era davvero carina e incredibilmente diversa da Ally.
 
Nonostante fosse partito abbastanza prevenuto nei confronti di quell’ospite a sorpresa per il suo compleanno, Vato si dovette ricredere e, a circa metà serata, arrivò alla conclusione che non tutte le bambine erano come sua cugina, alla quale, nonostante tutto, voleva un gran bene.
Elisa si era dimostrata una bambina molto differente che non aveva preteso nessun gioco strano da parte sua. Non si era portata dietro bambole o simili, era stata felice di partecipare a tutto quello che Rosie proponeva loro e che incontrava anche i gusti di Vato. E poi era interessata a tanti argomenti: per la prima volta in vita sua Vato aveva scoperto il piacere di spiegare qualcosa: un esperienza molto differente dal parlare con degli adulti che erano già informati su determinati argomenti. Come se non bastasse sapeva molte cose pure lei: gli aveva raccontato che sua madre, oltre che pensare alla casa, si occupava anche di far crescere diverse erbe che poi venivano usate in medicina. Disse alcuni nomi così strani e affascinanti che Vato ne restò profondamente affascinato e questo fece salire Elisa su un piedistallo del tutto particolare, tanto che a un certo punto decise di presentarla anche a Lollo.
“Ti voglio far conoscere un amico – disse, mentre avanzavano nel corridoio – si chiama Lollo.”
“E perché non ha partecipato pure lui alla festa?” chiese Elisa, prendendogli la mano, un gesto che fece irrigidire il bambino come mai gli era successo. Che era tutta questa confidenza? Si conoscevano da nemmeno un giorno.
“Mi hai preso la mano…”
“Mh, ho un po’ paura quando sono nei corridoi e ci sono le porte chiuse: se poi esce fuori un mostro?”
“No, non esistono i mostri. Per lo meno non a casa mia.” la tranquillizzò lui, sollevando la mano libera per aprire la porta di camera sua.
Come la bambina venne introdotta in quell’ambiente, Vato rimase sulla soglia ad osservarla: aveva paura che all’improvviso si mettesse a fare danni o a chiedere come mai non c’erano bambole o simili. Ma poi la vide andare verso il letto e puntare il dito verso Lollo, sistemato seduto contro il cuscino.
“E’ lui – dichiarò subito, facendosi avanti e sentendosi in dovere di fare le presentazioni ufficiali – si chiama Lollo ed è speciale.”
“Ciao, Lollo.”
“Sai, lui è un orso istruito – fece ancora Vato con aria di grande importanza – sa tutto quello che so io perché glielo insegno sempre. Quando leggo qualcosa lui è assieme a me e se non capisce glielo spiego.”
“Si vede che ha l’aria intelligente – annuì con convinzione Elisa – oh, ma ha l’orecchio destro rovinato.”
“E’ stato malato quando mio papà era qui ed io e mamma eravamo ancora a New Optain.”
“Che cos’è Niuoptan?”
“E’ il posto dove stavo prima – Vato allungò la mano e prese Lollo tra le braccia in modo da mostrarlo meglio – lì stanno ancora i miei nonni, zia Daisy e zio Max, zia Alyce e zio Luke con i miei cuginetti Ally e Loris.”
Elisa mise una mano sull’orecchio rovinato del pupazzo, un gesto che in qualche modo disturbò Vato. Tuttavia, nonostante quella trasgressione, il bambino capì che non c’erano cattive intenzioni.
“Aspetta – esclamò ad un tratto lei, iniziando a frugarsi nella tasca del grembiule – adesso lo curiamo. Sta dicendo che l’orecchio gli dà ancora fastidio.”
“Sì, ma Lollo è coraggioso e sopporta.”
“Però quando uno si fa male deve mettere il cerotto – spiegò lei prendendo un fazzoletto coi ricami rosa – tienilo che gli metto questo. Così poi non ha più la bua, funziona così.”
Con mosse leggermente maldestre avvolse l’improvvisato bendaggio sull’orecchio del pupazzo, fermandolo con un nodo instabile. Poi fece un passo indietro, fissando con orgoglio il suo operato.
“Ehi – ammise Vato – ora è contento.”
“E’ vero, guarda sorride. Sì, è vero, Lollo, ti sta proprio bene.”
“Dice che sei stata gentile.”
“Guarda che sento quello che dice. Mi piace, hai un amico davvero simpatico.”
“Credo che pure lui ti trovi simpatica.”
“Ho un’idea, perché non giochiamo assieme a lui? In tre è divertente.”
“Mh – annuì Vato, sedendosi sul pavimento – Lollo conosce un sacco di indovinelli e anche io!”
“Indovinelli? Belli! Quelli con le filastrocche?”
“Certamente. Dai, Lollo, inizia pure tu.”
 
“Stanno interagendo con quel pupazzo…”
Vincent lo disse con un’espressione così abbattuta che Rosie dovette mettersi la mano in bocca per trattenere una risata. Fece un cenno al marito per allontanarsi silenziosamente dalla porta aperta della camera di Vato e si avviarono fino alla cucina.
Il capitano era rientrato prima del previsto, lieto di poter fare quella piccola sorpresa al figlio, ed aveva scoperto che avevano una piccola ospite in casa. La cosa gli aveva fatto enorme piacere, del resto in quasi un mese e mezza che era in paese Vato ancora non aveva fatto alcuna amicizia… tuttavia come si era affacciato in camera aveva visto che Lollo ancora la faceva da padrone.
“Amore – Rosie scoppiò a ridere non appena la porta della cucina fu chiusa alle loro spalle – sei incredibile! Sul serio, dovevi vedere la tua faccia.”
“Nostro figlio e quella bambina hanno comportamenti anomali e tu ridi?”
“No, sei tu che sei anomalo, ma ti amo lo stesso – lo abbracciò lei – te l’ho detto: a cinque anni i bambini parlano con i loro giocattoli. Evidentemente tu sei stato l’eccezione che conferma la regola… non c’è niente che non va in Vato ed Elisa, anzi hanno l’aria di divertirsi parecchio. Non credo di aver mai visto nostro figlio così complice con Ally.”
“Una che faceva prendere il the alle bambole e chiacchierava con loro… – borbottò Vincent – ci credo che poi Vato mi diceva che le femmine sono strane. Eccezion fatta per la qui presente, ovviamente.”
“Ovviamente. Allora, Vincent Falman, sei pronto a fare buon viso a cattivo gioco e presentarti ad Elisa?”
“E di sicuro devo far finta che Lollo sia vivo…”
“Consideralo un regalo di compleanno per tuo figlio.”
 
Quella sera, dopo cena, Rosie andò in camera di Vato per aiutarlo a cambiarsi per la notte. Tuttavia il bambino era ormai deciso a dimostrare che era autonomo e si cambiò da solo, sebbene con qualche difficoltà. Così non le rimase che stare seduta nel letto, osservandolo districarsi per far entrare le braccia nelle maniche.
“Vieni, mio piccolo fiocco di neve – sorrise, infine – hai fatto un ottimo lavoro, ma c’è qualche cosa da sistemare.”
“Però i bottoni sono giusti.” fece notare Vato.
“Sì, sei stato bravo – si complimentò lei, sistemandogli meglio il colletto ed i pantaloni – ma col pigiama bisogna stare attenti altrimenti poi la notte ti scopri…”
“… e prendo il raffreddore, lo so.”
Finita l’ispezione, Rosie si alzò e fece cenno al figlio di mettersi sotto le coperte.
“Oggi non credo che tu voglia leggere prima di dormire, ti vedo molto stanco.”
“Io no, ma Lollo sì – ammise Vato, sistemando il pupazzo sotto le coperte accanto a lui – abbiamo giocato tanto con Elisa. E poi adesso Lollo deve guarire bene, vedi che ha il cerotto?”
“Gliel’ha messo Elisa? E’ proprio brava quella bimba vero?”
Vato si girò verso l’orso e fissò quel fazzoletto sistemato in maniera goffa, ma gentile.
“Credo che a Lollo piaccia molto.”
“E a te?”
Vato arrossì.
“E’ diversa da Ally…”
“La vogliamo invitare altre volte a casa?”
“Per me va bene… mamma, perché sorridi così? Mi stai facendo uno scherzo?”
“No, amore – ridacchiò Rosie – adesso chiudi gli occhi e dormi. Buonanotte.”
“Buonanotte…”
Come la luce venne spenta e la porta chiusa, Vato abbracciò Lollo e rifletté sul fatto che molto spesso le femmine erano strane… persino sua madre. Però Elisa era speciale, ne era certo.
Altrimenti Lollo non avrebbe parlato con lei.





Pew! Ce l'ho fatta a terminare il capitolo prima di partire. Purtroppo non sono riuscita nel mio intento di finire la fic per tempo, per cui per gli ultimi capitoli (non so ancora quanti) dovrete aspettare che io torni dopo il 12 agosto :P Buone vacanze
  
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