Libri > Percy Jackson
Ricorda la storia  |      
Autore: Efthalia    23/07/2014    10 recensioni
{Brothership Bianca/Nico}
Cosa sarebbe successo se Bianca non fosse mai morta? Nico sarebbe lo stesso ragazzo cupo che abbiamo imparato ad amare nei libri?
Dopo molto tempo, i fratelli Di Angelo trascorrono un pomeriggio in cui condividono vari momenti del loro passato, si confrontano sul loro presente e le loro menti sfiorano l'imminente futuro.
III classificata al contest "Di semidei, mitologia e amore" di kuma_cla
Storia partecipante al contest "Choose your cabin!" di Daenerys Laufeyson
Genere: Fluff, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bianca di Angelo, Nico di Angelo
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Autore: Efthalia (su Efp); -Daughter of Athena (sul forum)
Titolo: Come Nico imparò l’arte del tiro con l’arco
Pairing e personaggi: Bianca Di Angelo, Nico Di Angelo
Rating: Verde
Genere: Fluff, Generale, Introspettivo
AvvertimentiWhat if?
Note: La maggior parte delle note le scriverò sotto. Utilizzerò questo spazio solo per avvisare che nei dialoghi vi sono alcune parole in corsivo in modo da segnalare che esse sono pronunciate in lingua italiana dai protagonisti.
Dopo questo, ci rivediamo sotto!
*prende una patatina e... se la mangia!* (chi ama Death Note capirà).


 

 Bianca/Nico

≈ Come Nico imparò l’arte del tiro con l’arco 


La letale e scintillante freccia d’argento si conficcò perfettamente nella corteccia dell’albero in cui era fissato provvisoriamente un bersaglio ancora, purtroppo, immacolato.
Nico, decisamente spazientito e irritato, osservò per un momento l’arma che vibrava ancora a causa del violento impatto, chiedendosi perché mai Apollo - o Artemide, probabilmente - ce l’avesse tanto con lui.
Era la tredicesima volta che tentava di centrare almeno il cerchio concentrico più esterno, ma l’unica cosa che riusciva a colpire era lo sventurato tronco.
Le ninfe del bosco gli indirizzavano delle occhiate contrariate, cosa che non considerò di buon auspicio. Aveva sentito dire da molti semidei che le creature della natura conoscevano ottimi metodi per vendicarsi: chiunque avesse fatto loro del male, per esempio, avrebbe assaporato un dolce risveglio a base di umida terra mattutina e molteplici viscidi insetti striscianti.
Sbuffò con stizza e restituì l’arco alla ragazzina che gli stava accanto. – È inutile, faccio schifo a tirare. Sto persino innervosendo le driadi.
La giovane, che non dimostrava più di dodici anni, rimise l’arco nelle mani del semidio, poi incrociò le mani sul petto e lo guardò con pazienza. – Non devi mai arrenderti così in fretta, Nico. Prima avevi quasi fatto centro!
Il figlio di Ade inarcò un sopracciglio. – Bianca, ho a malapena sfiorato il bordo del bersaglio.
La Cacciatrice fece per dire qualcosa, ma le si incepparono le parole in bocca.
Se non fosse stata lei, probabilmente Nico si sarebbe offeso quasi a morte e avrebbe assunto un cipiglio degno del padre, ma la sorella lo fece inspiegabilmente ridacchiare.
– Sì, sì. – borbottò, senza che il piccolo ma sincero sorriso smettesse di illuminargli il volto. – Adesso, però, voglio passare nel migliore dei modi il tempo con la mia sorellina.
Quelle parole le provocarono un po’ di benevolo fastidio.
Nonostante Bianca adorasse quel testardo di suo fratello, non riusciva a tollerare il fatto che lui sembrasse più grande. La superava di diversi centimetri, ormai, sebbene non fosse ancora una cima per la sua età.
Sfortunatamente, capitava troppo spesso che i due non si vedevano per qualche mese, e al termine della loro lunga separazione, restava sempre orgogliosamente stupita alla vista del viso di Nico, il quale man mano si distendeva in una forma più mascolina e matura.
Il più piccolo dei Di Angelo non ne era al corrente, ma la ragazza conservava una foto di lui in età infantile che portava sempre con sé: era un semplice ed efficace antidoto contro la tristezza che a volte prendeva il sopravvento. Le si riscaldava il cuore a contemplarla mentre ripensava ai bei momenti trascorsi insieme, quando fino a qualche anno prima la faceva disperare con le carte di Mitomagia e con la sua lingua capace di formulare centinaia di domande in un solo minuto.
Per lei sarebbe rimasto per sempre il bambino a tratti fastidioso dalle guance perennemente scarlatte e paffute; sarebbe rimasto in ogni caso il suo fratellino.
Decise di non replicare, altrimenti sarebbero finiti in un altro dei loro tipici battibecchi fraterni, e si dichiarò d’accordo con lui nel passare il tempo diversamente.
Lei e le altre Cacciatrici erano arrivate al Campo Mezzosangue durante il primo pomeriggio, e i due non avevano ancora avuto modo di stare un po’ da soli. Adesso, però, erano quasi gli unici a trovarsi sulla serena spiaggia dei fuochi d’artificio.
Bianca si sedette sulla sabbia, mentre Nico si sdraiò completamente appoggiando il capo sulle sue gambe.
Scherzavano spesso quando dibattevano su chi dovesse essere il più grande, ma entrambi erano consapevoli che lei sarebbe rimasta in ogni caso la sorella maggiore. Insieme alla sua aura immortale, Bianca sprigionava un’energia materna che solo il fratello poteva avvertire. Per questo, infatti, si sentivano piacevolmente a loro agio quando entrambi rivestivano i rispettivi ruoli.
La Cacciatrice gli accarezzò distrattamente gli scuri e folti capelli, e condivisero per un po’ la rilassante quiete disturbata soltanto dal rumore delle onde marine che si infrangevano con morbidezza sulla riva, dai versi striduli dei camaleontici ippocampi e dai suoni ovattati provenienti dalla zona interna del campo.  
L’infuocato sole cremisi del tramonto tingeva d’oro il mare vasto e oscillante con i suoi raggi ardenti, donava al cielo sereno una tenue tonalità rosea e le poche nuvole sparpagliate in quella distesa così meravigliosa da apparire innaturale avevano assunto una sfumatura aranciata a volte delicata, a volte più vivace.
Bianca inspirò la gradevole brezza marina la quale le scompigliava gentilmente le poche ciocche che non era riuscita a raccogliere nella sua lunga treccia, poi espirò quasi impercettibilmente.
Le era mancato parecchio il vento frizzante.
Quello della baia Long Island diffondeva quasi lo stesso odore della sua città natale, Venezia.
Il crepuscolo le provocava sempre un po’ di malinconia e nostalgia delle sue origini, però non li reputava sentimenti negativi. Quella era la sua vita, ed erano anni che conviveva con l’impressione di trovarsi tra due fuochi: il passato e il presente.
Prese della sabbia tra le mani e la trattenne per un po’, studiandola. L’ultima volta che aveva provato quella sensazione scottante e ruvida era successo in Italia, e le sembrava quasi di poter tastare un minuscolo pezzo della sua terra natia.
Non potè fare a meno di sorridere mestamente a quel pensiero, sentendosi una sciocca.
Aprì il palmo della mano e lasciò che i granelli danzassero nell’aria accompagnati dal vento.
Ogni volta che metteva piede nel singolare e incredibile Campo Mezzosangue, Bianca si sentiva protetta e al sicuro; ma forse, si disse, era Nico a farle provare quel senso di familiarità.
Era così presa dai suoi pensieri che si era quasi dimenticata della sua presenza, così abbassò lo sguardo su di lui.
Il piccolo senso di colpa svanì non appena comprese che era stato proprio Nico a nascondersi, tentando invano di confondersi tra le ombre del tutto assenti. Lo guardò ferita, perché non aveva mai fatto nulla del genere quando erano in compagnia.
Pareva che il semidio non fosse più tanto spensierato, e lo capiva, ma doveva essere forte. Non si sarebbe mai dovuto permettere di esibire quello sguardo sconsolato davanti agli altri.
La guerra contro Gea era stata tremenda e difficile per tutti, ma non era quello il vero problema di Nico.
Era sopravvissuto alla guerra contro i Giganti, ma lottava ancora contro quella che aveva luogo dentro di sé.
– Vuoi andare da qualche altra parte? – gli chiese dolcemente.
Qualsiasi altra persona gli avrebbe fatto pesare il suo scortese gesto, ma solo perché non ne conosceva il reale motivo.
Nico continuò a tenere lo sguardo triste e scuro sull’esteso ed aureo oceano.
– No, tranquilla. – rispose con un filo di voce, ma sentiva ancora gli occhi preoccupati di lei sulla sua pelle. – È solo che quando penso a lui, spesso il mare non mi sembra più così infinito, anzi, è fin troppo ristretto, perché è proprio così che mi fa sentire: in gabbia, oppresso, come se non potessi fare in modo di dimenticarlo. L’oscurità prende il sopravvento e... be’, mi lascio trascinare senza nemmeno accorgermene. – rimase sconcertato dalle sue stesse parole, ma non se ne vergognò. Non con l’unica persona al mondo che lo capiva e gli voleva bene più di chiunque altro.
Quei mormorii colpirono il cuore di Bianca per poi avvolgerlo nella stessa intensa mestizia che provava il più piccolo. Assistere alla sua infelicità l’angosciava molto, poiché non poteva fare nulla per aiutarlo a parte consolarlo, farlo sfogare e, suo malgrado, incoraggiarlo a tentare.
Ad essere sincera con se stessa, non approvava il fatto che Nico fosse innamorato di Percy. Credeva tantissimo in suo fratello, ma il figlio di Poseidone era così accecato dall’amore per la sua fidanzata da non rendersi conto dei sentimenti dell’amico.
Bianca desiderava il meglio per lui, e pregava ogni giorno il padre che prima o poi trovasse la persona adatta, la persona che sapeva farlo star bene come ci riusciva lei.
– Guardami, Nico. – gli ordinò con determinazione, e riprese a parlare solo quando il semidio distolse lo sguardo dal mare e lo posò su di lei. – Per noi figli di Ade, l’oscurità è qualcosa che ci creiamo da soli. È ciò che ci rappresenta, ma può anche trasformarsi in una nostra nemica. Ci si sente come se non ci fosse speranza, come se non si potesse mai uscire dai nostri problemi, ed è lì che le ombre di Ade iniziano a tormentarci lentamente. Siamo noi stessi a convocarle, e non c’è male più brutto: esse iniziano a cambiarci da ciò che siamo a ciò che potremmo essere.
La Cacciatrice si fermò un attimo a osservare l’espressione concentrata di lui, poi riprese. – Sai qual è il rimedio? – fece un’altra piccola pausa, quasi divertita dall’aspettativa che campeggiava nelle iridi scure di Nico. – È immaginare. Non devi mai limitarti a fissare un solo obiettivo. Apri la mente, e chiediti sempre “e se...?”. Sei una persona saggia, fratellino, e sono sicura che una delle opzioni che ideerai ti troverà. All’inizio potrà anche non renderti pienamente soddisfatto, ma col tempo capirai di aver fatto la scelta più giusta.            
Le parole di Bianca furono seguite da un lungo silenzio, di cui Nico si servì per riflettere su ciò che gli aveva detto.
Si sentiva proprio come aveva detto lei: senza speranza.
Non riusciva a scorgere la luce in fondo al tunnel; si sentiva come se gli mancasse un unico ma indispensabile pezzo per completare il puzzle della sua felicità.
Aveva degli amici; aveva Bianca, sebbene non la vedesse spesso; era uno dei semidei più stimati del campo e sapeva che Ade era orgoglioso di lui; ma oltre la sorella, nessuno conosceva il segreto che custodiva con tanta diligenza.
Aveva capito di essere omosessuale all’età di circa tredici anni, e dal quel giorno l’allegria e l’estroversione che tanto lo rappresentavano divennero sempre più fioche, ma manteneva comunque il suo carattere esuberante e gasato. Come sempre, era stata Bianca a tirarlo su di morale, era stata Bianca a ripetergli che non si sarebbe dovuto imbarazzare per ciò che era.
Il ragazzo non lo aveva mai espresso a parole, ma le era infinitamente grato per tutto, dato che senza di lei era sicuro che si sarebbe fatto inghiottire dalle tenebre più profonde.
Secondo la maggiore, bastava immaginare per esaudire i propri desideri, ma Nico aveva paura di farlo: ogni volta che provava a dare una forma alle sue fantasie, esse prendevano sempre una piega che aveva un ché di tragico e doloroso. Probabilmente era causato dal fatto che fosse un figlio di Ade, ma non ne era completamente certo.
– E se non riuscissi a pensare ad altre soluzioni? – le chiese con un tono quasi infantile. – Ti capita mai di tentarci con tutta te stessa ma non vedere altro che... cose brutte? 
I ricordi di Bianca vorticarono nella mente facendosi più vividi che mai.
Certo che le era capitato.                                                                         
Aveva provato quelle stesse sensazioni in prima persona.
Prima di unirsi alle Cacciatrici, Bianca si sentiva come se non potesse in alcun modo risolvere i propri problemi.
Insomma, come poteva cambiare una vita composta da un passato che le sembrava lontano di decenni, da un fratello poco più piccolo da accudire e da autisti dell’autobus con le corna d’ariete?
Era solo una bambina orfana  rassegnata al fatto che non avrebbe mai avuto il sostegno dei genitori nei momenti più importanti. Ci sarebbe stato solo il suo fratellino ad assisterla, cosa che se da un lato la rasserenava, dall’altro l’amareggiava.
Poi Bianca aveva iniziato a immaginare, prendendo esempio proprio dal piccolo Nico.
Se la sua vita includeva assalti da tizi dall’aria letale e dalla forma umanoide, perché non avrebbe potuto comprendere anche personaggi usciti dai romanzi di Carrol? Il Bianconiglio le avrebbe fatto comodo, per esempio.
Ripensandoci, quell’idea era la più assurda che avesse mai concepito, ma l’aveva sempre divertita e confortata. Sarebbe stato fantastico scoprire un nuovo mondo colmo di magie, utopie e bizzarrie in cui lei era la protagonista e che non includeva tutto ciò che le ricordava la sua oscura origine. 
Voleva semplicemente che la sua vita cambiasse radicalmente.
Non passò nemmeno tanto tempo quando scoprì di appartenere realmente a qualcosa che non rispecchiava con esattezza il significato di normalità.
Il dottor Thorn trasformato in una manticora, quello strano ragazzino con la spada luminosa, quella ragazza bionda comparsa dal nulla caduta nello strapiombo insieme al mostruoso vicepreside e persino un tipo dalle gambe di una capra... era successo tutto troppo in fretta, tutto contemporaneamente. Bianca credeva fosse un sogno, ma i pizzicotti di Nico le avevano provocato soltanto piccoli lividi.
E poi erano arrivate loro, le Cacciatrici.
Era rimasta incantata dal loro modo di vivere.
Per sempre giovani, per sempre libere, per sempre immortali.
La cosa che l’aveva davvero colpita, però, fu l’unione tra tutte loro: sembravano una vera famiglia, e lei ne aveva un esigente bisogno.
Necessitava di una nuova vita, di un nuovo inizio.
Sapeva che la decisione di donarsi ad Artemide non era perfetta, perché tra lei e Nico si sarebbe generata una crepa difficile da risanare, ma era la via più giusta, lo percepiva.
C’erano stati tanti di quei periodi in cui avrebbe voluto tornare al Campo Mezzosangue e stare con il fratello per l’eternità, tanti di quei momenti infelici, eppure li aveva superati tutti. E continuava a farlo.
 Voleva spiegargli la sua esperienza, ma era ancora troppo presto per parlarne. I due andavano d’amore e d’accordo, certo, ma per il minore quello era un argomento tuttora delicato.
– Sì, mi è capitato. E adesso sta capitando anche a te. – si limitò a dire gesticolando con le mani. – Lo so che questo è un momento difficile, ma so anche che si sistemerà tutto. – lo affermò con una convinzione tale da rendere i pensieri di lui improvvisamente più positivi.
Lei era sicura che Nico avrebbe superato la situazione, così com’era certa di aver fatto la scelta giusta unendosi alle Cacciatrici.
Tutti, persino le anime più oscure, avrebbero trovato la via più idonea, prima o poi.
Il semidio era ancora piuttosto taciturno, ma Bianca conosceva un ottimo modo per rallegrarlo.
– Ora basta pensare, okay? – esclamò, il tono che non ammetteva repliche. – Ho portato delle cose che potrebbero piacerti.
Il minore si fece immediatamente più attento e si mise a sedere.
Una delle tante cose che preferiva di sua sorella era il fatto che gli faceva sempre molti regali.
Bianca sapeva di viziarlo un po’, ma doveva in qualche modo far sparire il broncio dal viso di lui. Anche se precario, le si illuminavano gli occhi a vederlo raggiante, raggiante come qualche anno prima.
Rovistò nello zaino senza peso e, una volta trovato, porse il pacchetto incartato al ragazzo, il quale glielo strappò letteralmente dalle mani e lo scartò con foga, finché non ridusse la carta da regalo in un foglio accartocciato.
Si curò, tuttavia, di mettere la decorazione stropicciata in tasca per paura che le driadi gli facessero un’imboscata.
– Per Zeus! – Nico quasi urlò quell’esclamazione, e a giudicare dal rintronante tuono che subito la succedette, credette che il Re del Cielo non avesse gradito essere menzionato.
– Nico! – lo rimbeccò Bianca, rivolgendogli uno sguardo di rimprovero.
Lui ignorò bellamente il richiamo e le diede un affettuoso bacio sulla guancia in segno di ringraziamento.
– Forse non ti rendi conto di cosa tu mi abbia appena regalato! – enfatizzò, gli occhi sgranati dalla felicità posati sulla scatola di carte da gioco. – È la prima edizione di Duelist Alliance*! Dove diavolo l’hai trovata?
Benché fosse ancora contrariata dalla sua imprudenza, la Cacciatrice non poté fare a meno di lasciar correre quando incontrò il sorriso genuinamente gioioso del fratello. Oltre a lui, non aveva mai conosciuto una persona che si mostrava così contenta subito dopo aver affrontato degli argomenti delicati. Magari un po’ fingeva per toglierle un peso, era probabile, ma lo apprezzava molto.
– Diciamo che tenersi in contatto con le Amazzoni non fa mai male. – buttò lì lei, con fare misterioso.
Nico continuò a guardare con stupore la rara scatola di Mitomagia sussurrando tra sé e sé quando fosse “geniale” e “forte”.
Bianca, tra uno sbuffo divertito e uno esasperato, riprese a frugare nel suo zaino.
Certamente non si limitava a regalargli solo delle carte da gioco.
Se c’era una cosa che i fratelli Di Angelo amavano fare, quella era ascoltare della buona musica degli anni Quaranta mentre gustavano del cibo italiano.
Il loro passato non era stato decisamente lieto, ma alcune cose non le avrebbero mai volute dimenticare, e quello lì era un ottimo metodo per non farlo.
Gli mancavano tantissimo i primi e i secondi piatti così semplici, eppure così saporiti, ma lei non poteva di certo trasportarli nel suo zaino. Si limitava quindi a portargli dei dolci.
Nico andava matto per le crispelle di riso e per il Montebianco, tuttavia non disprezzava affatto la varietà di biscotti alla mandorla e al limone che li contornavano.
I suoi occhi brillavano di golosità, ma non si rischiò ad afferrare le buste come aveva fatto con il precedente dono.
– Hai avvisato il signor D che mangiamo qui? È già arrabbiato con me perché mi rifiuto di indossare quella stupida maglia del campo. Non vorrei entrare a far parte della sua lista nera anche per questo. – borbottò il giovane.
Per l’ennesima volta in quel giorno, Bianca criticò mentalmente la maglietta di Nico che raffigurava delle scritte nere insieme a una strana figura: Vote “NO” on DaleksStop extermination today*!  
La prima volta che vide quella t-shirt ne era rimasta terrorizzata, convinta che ci fosse una feroce creatura mitologica pronta a sterminare l’intera prole degli dei, e quando Nico le rivelò che quella frase non c’entrava assolutamente nulla col loro mondo, per poco non gli urlò in faccia tutta la sua indignazione.
 – L’ho avvisato. – confermò seccamente Bianca. – Ma concordo con lui nel fatto che dovresti lasciar perdere tutte queste magliette che non fanno altro che spaventarci. Quella con scritto “Giuro solennemente di non avere buone intenzioni” non era affatto divertente!
– Sono straordinarie, invece, non puoi non ammetterlo! – replicò Nico.
Poco prima di addentare il suo primo pezzo di Montebianco, rise sotto i baffi: quel giorno era stato convocato personalmente da un Dioniso pretenzioso di spiegazioni. Non era stato affatto facile convincerlo che quella frase era contenuta in uno dei suoi libri preferiti, infatti, in seguito, il dio si occupò di fare numerose ricerche tramite l’unico computer del Campo Mezzosangue.
Dopo l’avvenuto, la divinità non lo aveva più guardato con gli stessi occhi.
Secondo il semidio, gli stava antipatico quasi quanto Percy, a giudicare dai nomignoli che gli aveva affibbiato: i più comuni erano Nick The Sallow* o il marmocchio nerd di Fiato Morto.
Bianca avrebbe tanto voluto rispondergli per le rime esprimendo tutto il suo disappunto al riguardo, ma stava lottando contro l’Mp3, che di funzionare non ne voleva sapere.
Il fratello non afferrò perfettamente i brontolii incomprensibili di lei, ma dal tono suppose che stavolta non era concorde con le sue opinioni.
– Eppure Talia mi aveva spiegato come funzionavano questi oggetti! – mugugnò maneggiando il dispositivo come se fosse un esplosivo.
– Da’ qua! – sospirò Nico. – Se premi il tasto “next”, è normale che l’Mp3 non si accende!
Con un sospiro accondiscendente, la Cacciatrice gli mise nelle mani il temuto apparecchio e, una volta avviato, si misero una cuffia ciascuno.
Ascoltarono diverse canzoni della loro epoca, e la sorella si lasciò completamente andare quando le note di Over the rainbow*le riempirono le orecchie.    
Anni prima, quella canzone era stata la colonna sonora delle sue fantasie: era uno dei motivi per cui aveva iniziato a credere ad un mondo tutto suo.
Adesso, però, quella era soltanto la colonna sonora dei suoi ricordi più dolci e amari allo stesso tempo.  
Mentre la voce raffinata della ragazzina ricopriva il silenzio naturale tra i due fratelli, le scorrevano vari momenti della sua vita passata.          
Ricordava di quando loro due, piuttosto piccoli, si rincorrevano per casa mentre il giradischi suonava canzoni jazz e la madre stendeva il bucato.
Ricordava le domeniche festose, quando Ade andava a far loro visita e i tre preparavano i budini all’uovo e alla vaniglia per lo straordinario evento.
Ricordava la voce rassicurante della sua mamma  mentre le insegnava a cucire, e la invogliava a continuare nonostante fosse una totale frana.  
Il sorriso di Maria colorato di un rosso acceso era indelebile nella sua mente, così come le risate infantili di Nico e l’odore del suo piatto preferito, il risi e bisi.
Bianca si riteneva fortunata a rammentare quei semplici momenti quotidiani, poiché era stata immersa nel fiume Lete insieme al fratello, e non si sarebbe mai stancata di invocarli in sua compagnia.
Non sapeva quanto tempo sarebbe passato prima di riviverli nuovamente insieme, giacché se ne sarebbe dovuta andare l’indomani mattina, quindi cercò di non pensare all’imminente partenza.
Ogni volta che lasciava il Campo Mezzosangue, Nico non andava mai a salutarla e non si faceva trovare nemmeno nella Cabina 13. Naturalmente, la Cacciatrice comprendeva perfettamente i plausibili stati d’animo di lui, però l’addolorava non poterlo abbracciare un’ultima volta prima della loro lunga separazione.
Si convinse di non pensarci, e stranamente tutte le preoccupazioni  vennero diluite quando con lo sguardo incontrò il sole calante che rendeva il cielo un grande tappeto di varie nuance d’arancio e di rosa.

 
***
 
Nico si trovava nuovamente nella radura in cui, il giorno prima, aveva tentato di fare centro tirando con l’arco sotto gli incoraggiamenti di Bianca.
Sembrava che gli alberi e i cespugli lo stessero osservando attentamente, e dato che erano le driadi ad albergarli, si disse di non preoccuparsi: sapeva che non avrebbe colpito nessun tronco, quel giorno.
Avrebbe dovuto trovarsi altrove, lo sapeva, ma, come sempre, non si era sentito pronto.
In quello stesso istante, probabilmente Bianca stava varcando l’uscita del Campo Mezzosangue, e, soprattutto, stava riaprendo la ferita di Nico che non sarebbe mai guarita del tutto a causa della sua duratura mancanza.
Il semidio avrebbe tanto voluto ignorarla per il resto della sua vita e detestarla, ma non ci riusciva, e non perché portare rancore verso qualcuno era il difetto fatale dei figli di Ade: lui le voleva bene incondizionatamente, e da quando aveva rischiato la vita per lui nella discarica degli dei, si sentiva maggiormente attaccato a lei.
Quel regalo, quella statuetta che rappresentava loro padre e che per poco non aveva ucciso Bianca, Nico la portava sempre con sé, ovunque andasse.
Era proprio quell’oggetto premuto sulla sua pelle a farlo ragionare, a ricordargli che sua sorella aveva rischiato di morire pur di farsi perdonare per aver scelto le Cacciatrici, ed era convinto che nemmeno l’essere più malvagio in assoluto avrebbe potuto odiarla.
Nico alzò il capo ed espirò profondamente, cercando di privarsi dei troppi pensieri, poi strinse a sé l’arco e le due frecce che teneva in mano e si concentrò sul bersaglio dinanzi a lui.
Si ricordò di avere un motivo ben preciso per essere lì: doveva dimostrare qualcosa a se stesso.
Dal giorno precedente, le parole della più grande erano state marchiate sulla sua coscienza, e lui si sentiva in dovere di fare qualcosa.
Ci si sente come se non ci fosse speranza, come se non si potesse mai uscire dai nostri problemi, ed è lì che le ombre di Ade iniziano a tormentarci lentamente. Siamo noi stessi a convocarle, e non c’è male più brutto: esse iniziano a cambiarci da ciò che siamo a ciò che potremmo essere.
Nico era a conoscenza che, in diverse occasioni, la sua fragilità e la sua debolezza prendevano completamente il sopravvento, tuttavia era sicuro di avere una determinazione tale da sopraffare qualunque altra cosa. E stavolta, era deciso a scacciare via totalmente le tenebre che rischiavano di imprigionarlo nelle loro braccia fredde e inquietanti.
Bianca gli aveva detto che il modo migliore per non essere sconfitti dall’oscurità era immaginare, ma capì di non trovarsi d’accordo con lei.
Per lui, la soluzione ideale era agire e, specialmente, pensare in positivo.
Caricò l’arco con la prima freccia.
Prima di tirare, si dedicò esclusivamente ad ascoltare il suo respiro regolare e alla corda che tendeva sempre di più. Pareva che il cerchio giallo del bersaglio gli sussurrasse che se solo avesse voluto, avrebbe potuto centrarlo in pieno.
Bastavano soltanto buona volontà, pazienza e fermezza.
Poteva farcela.
Doveva farcela.
Un attimo d’immobilità, poi lasciò che la freccia fosse spinta via dalla pressione.
La punta aguzza si piantò esattamente nel confine tra il cerchio bianco e quello blu del bersaglio.
Sorrise, perché non aveva mai colpito quell’oggetto in vita sua, tuttavia il risultato non lo soddisfò abbastanza. Bianca gli ripeteva che avrebbe potuto fare il meglio, che lui aveva delle possibilità perché oltre le sue insicurezze, lui era estremamente forte.
Gli era rimasta l’ultima freccia.
Incastrò anch’essa nell’arco e tirò nuovamente la corda, poi puntò lo sguardo sull’oggetto da colpire.
Stavolta non vedeva colori o cerchi: stavolta vedeva quel mare che non gli sembrava poi così infinito; puntava gli occhi sulla luce labile che nonostante tutto lo illuminava nei momenti più bui e scorse persino il suo più grande segreto.
Quelli erano tre ostacoli con cui avrebbe dovuto convivere, e non avrebbe mai dovuto eliminarli.
Lasciò che l’ultima freccia si spingesse verso le tre barriere, e sorrise fieramente quando essa per poco non si fissò nel cerchio concentrico rosso.
Aveva segnato nella circonferenza gialla, la più interna.
Nico lasciò cadere l’arco ai suoi piedi e si allontanò col sorriso sulle labbra dalla radura.  Mentre si convinceva che sì, lui aveva ancora la possibilità di trovare il pezzo mancante del puzzle della sua felicità, Bianca Di Angelo, nascosta dietro un fitto cespuglio, sorrideva con ancora più orgoglio del fratello, ammirando quanto fosse cresciuto il suo soldatino.

 



*[…] la prima edizione di Dualist Alliance: di carte da gioco non ci capisco praticamente niente, scusate, così da brava bambina ignorante ho cercato le espansioni delle carte di Yu-Gi-Oh :’)
*[…] Vote “NO” on DaleksStop extermination today!: l’idea non è mia. Da tempo voglio comprare quella maglietta di Doctor Who e ripensandoci mi è venuta l’idea di inserirla in questa storia. Qui l’immagine.
*[…] Giuro solennemente di non avere buone intenzioni: nemmeno questa è una mia idea. La frase è tratta dai libri di Harry Potter. In questo caso, la maglietta ce l’ho :P
*[…] Nick The Sallow: ahm, bene. Allora, io non sono brava come Riordan e non riuscivo a storpiare il nome di Nico, così ho deciso di assegnargli questo nomignolo. In inglese, sallow (che vuol dire “giallastro”) fa rima con “angelo”.
*[…] Over the rainbow: Mi è piaciuta molto l’idea di inserire questa canzone nel testo per esprimere al meglio le sensazioni di Bianca, e credo che il fatto che risalga al 1939 calzi a pennello. Qui il video con la traduzione.
 
Note noiose d’autrice
Adesso che ho finito con le precisazioni, eccomi qui a blaterare :)
Ho amato scrivere questa storia, anche se alla fine ho avuto dei piccoli problemi, e qualunque posto si aggiudicherà ai contest, essa occuperà sempre un posto speciale nel mio cuoricino (?).
Se vi steste chiedendo per quale motivo Nico non rappresenta con esattezza il Nico di Eroi dell’Olimpo, sappiate che non potevo di certo renderlo sad but fabtroppo triste, dato che comunque Bianca è sopravvissuta a Talo.
Non ho potuto (e non ho voluto) cambiare l’orientamento sessuale di Nico perché non avrebbe avuto senso. Che Bianca sia viva o morta, lui resta gay.
Spero di aver reso i personaggi più IC possibile (cosa non molto semplice, dal momento in cui Bianca è comparsa soltanto in un libro e Nico è ispirato di più a “La maledizione del Titano” con qualche nota triste), anche se sono sicura che le tacche dell’ICometro (?) scenderanno un pochino.
Credo di aver detto tutto!
Spero solo che la storia vi piaccia! Fatemi sapere cosa ne pensate scrivendo una recensione, su questa storia ho bisogno di taaanti pareri u.u

Efthalia.
 
  
Leggi le 10 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Percy Jackson / Vai alla pagina dell'autore: Efthalia