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Autore: Lady Winter    23/07/2014    3 recensioni
Light ha sedici anni, da dieci vive in un orfanotrofio, ma la sua vita, purtroppo, non finisce lì. Il fato, il destino o chi per lui, ha fatto sì che venisse affidata ad un istituto molto speciale: la sede di reclutamento dei Guardiani; uomini e donne che lottano contro i vampiri. Tuttavia, il posto occupato da lei è il più basso, disdicevole: lei è l'Esca; la sua vita è sacrificabile, di facile sostituzione.
Poi, una notte, l'attimo prima di morire, vedrá un paio di occhi verdi, e tutto cambierá...
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Light
29


Quando, pian piano, iniziò a riprendere conoscenza, si chiese cosa mai le avessero fatto. Si sentiva strana, intontita, come se fosse stata a letto con l’influenza per giorni e, improvvisamente, fosse stata catapultata in mezzo ad una folla. Guardandosi attorno, si accorse di trovarsi in camera da letto, e doveva essere giorno inoltrato, visto come il sole giocava con le squame argentate del drago sul soffitto. Tuttavia, sapeva, sentiva, che era successo qualcosa, sebbene non riuscisse a ricordare molto.
Forse, l’ultima immagine nitida che le sembrava di riuscire a focalizzare era un vampiro che camminava in un vicolo, diretto verso il ragazzino, Oliver, e, pochi istanti dopo, quello stesso vampiro in cenere. Era consapevole, il suo corpo era certo che fosse successo altro. Ma cosa? Abbassò il mento sul petto e notò la grande macchia rossa sulla divisa all’altezza del petto. L’ansia la colse, che si fosse ferita? Che avesse attaccato qualcuno? Che lo avesse ucciso? Ma non le risultava che i vampiri potessero versare così tanto sangue, e che avesse un profumo così buono.
Un momento. Profumo? Da quando in qua il sangue, probabilmente umano, le faceva venire l’acquolina in bocca? Sicuramente c’era una spiegazione, una motivazione per tutto ciò. Fece un respiro profondo, per far rallentare la corsa forsennata del suo cuore, ma si accorse, con sgomento, che nessun cuore le rimbombava più nel petto. Forse, forse, Aaron l’aveva trasformata. Ma allora dov’era? Non aveva promesso di starle sempre affianco? Magari era uscito un attimo, si disse, sarebbe tornato subito. Si sedette sul letto e, pian piano, notò come sensazioni che prima aveva trascurato, fossero mutate. Le sembrava che i suoi abiti non fossero più cuciti con quel materiale rigido che la infastidita, ma con un tessuto pesante, resistente, seppur morbido. La trapunta era piena di piccole increspature che, il giorno prima le facevano storcere il naso da solletico, ma che ora le parevano ancora più rigide. E il drago, il drago. Ora che lo guardava attentamente, si accorse che era avvenuto in lui il cambiamento più profondo; o meglio, ai suoi occhi la pittura sembrava enormemente mutata. Il corpo non era più di un piatto argento, ma accoglieva tutte le possibili sfumature, dal piombo fuso al grigio perlato, mentre la luce vi si rifrangeva contro; le squame non parevano più solo dipinte, ma sovrapposte, come se veramente facessero da scudo alla carne calda dei muscoli; il muso sembrava più affilato e lo scintillio dei denti, che s’intravvedeva appena, letale. Gli occhi,ch subito l’avevano stregata, non erano più colorati da un arcobaleno intero, ma i vari pigmenti prendevano il sopravvento, come ad indicare un cambiamento d’umore.
Era immersa in quelle riflessioni, mentre sentiva nuovi odori giungerle alle narici, quando le parve di scorgere un movimento e, dopo aver sbattuto le palpebre, si accorse che non era la sua immaginazione: la coda del drago stava guizzando nel soffitto. Ma com’era possibile? Quello era un disegno, strati di pittura su un muro morto, immobile; eppure sembrava che la trasformazione avesse avuto effetti allucinogeni, perché ora era certa di aver visto i grandi occhi puntarsi dritti su di lei.
Basta, ne aveva abbastanza, se Aaron non aveva intenzione di comparire, sarebbe andata a cercarlo lei. Senza realmente concentrarsi nei movimenti, si avviò verso l’armadio, sorpresa di quanto poco tempo ci avesse impiegato, e lo fu angora di più quando, cercando qualcosa di pulito da indossare, si accorse di aver completamente scardinato l’anta, nell’aprirla. La poggiò con cautela al muro,con un vago sorriso sulle labbra. Non le avevano detto che i cambiamenti sarebbero stati così radicali; certo, era a conoscenza delle capacità speciali dei vampiri, della loro forza, velocità e dei sensi sviluppati oltre ogni umana concezione, ma, chissà perché, non si era mai soffermata sul fatto che avrebbe dovuto riabituarsi a tutti quei movimenti che aveva sempre fatto senza badarvi troppa attenzione.
Aveva appena finito d’infilarsi una canottiera color pesca, quando udì un rumore di passi allontanarsi in direzione della foresta. Spalancò la finestra, e scorse una figura minuta inoltrarsi tra gli alberi; doveva sicuramente trattarsi Oliver. Salì sul davanzale e, pronta per mettere alla prova il suo nuovo corpo, spiccò un balzo, finendo per atterrare non troppo lontano da dove la vegetazione s’infittiva. Trattenne una risata, voleva fare una sorpresa al suo amato, mostrargli come i suoi senti si fossero affinati, come ora avrebbe potuto essere ancora più letale. Sollevò il volto al cielo, felice di essere finalmente libera da tutto, da ogni costrizione, di aver assunto quella forma che, come mai le era capitato, sentiva giusta per sé.
Un risolino le scappò quando, aprendo gli occhi, si scontrò con la superficie pallida e lattiginosa della luna, invece che con il sole accecante che si aspettava. Aveva la visione ad infrarossi incorporata! Ora giorno e notte non avrebbero più fatto differenza, non sarebbe stata indifesa, il buio o la luce purissima non sarebbero stati che un fastidio.
Corse, saltò, felice di potersi godere la sua foresta, la sua casa, senza nessun bisogno di prestare attenzione a dislivelli o radici, libera di guardare solo le foglie ancora aggrappate agli altri rami, perché la direzione giusta per tornare a casa le si era impressa nel cuore, e da quel momento non avrebbe più potuto perdersi.


Si fece attenta quando giunse in una zona a lei sconosciuta, dove gli alberi erano accostati gli uni agli altri; l’edera così fitta da intralciare il cammino; i raggi lunari quasi inesistenti, tanto le chiome erano rigogliose. Sentì dei sussurri e, seguendoli, sbucò in un tratto di terra su cui regnava un grande tronco ripiegato quasi a formare una culla su cui, con suo enorme sgomento, era disteso Aaron.
Gli si precipitò accanto, incurante di tutto il resto, e prese a scuotergli delicatamente un braccio.
<< Amore! >> lo chiamò << Amore svegliati! Sono qui, sono una vampira! Apri gli occhi e guardami! >> ma lui non rispondeva. Che fosse addormentato, permettendo che il sangue lo riportasse in vita? Però, solitamente, bastava un sussurro a farlo destare. Forse era imbarazzato per non essere stato al suo fianco per tutto il tempo? << Aaron, su, apri gli occhi! Non importa se mi sono svegliata da sola. Ora tu sei qui e siamo insieme, dai. >> Tuttavia, fu un'altra voce a chiamare il suo nome e, quando lei si voltò, incontrò gli occhi azzurri di Nathan, insolitamente freddi.
<< Finalmente ti sei svegliata. >> le disse, con un leggero sorriso << La trasformazione è durata una settimana intera e stavo cominciando a preoccuparmi. >>
<< Una settimana? Di solito non bastano pochi giorni? >> il vampiro si passò una mano tra i capelli biondi, insolitamente scompigliati, notò la giovane, e sospirò.
<< Probabilmente il fatto che tu abbia avuto in corpo due veleni ha complicato le cose. Però non ha più importanza, almeno non devo più preoccuparmi che qualcosa sia andato storto, Aaron mi avrebbe ucciso, altrimenti. >> come un fulmine a ciel sereno, la ragazza si rese conto che il sonno del suo compagno non era naturale, che non sentiva i flebili palpiti che, nello lunghe notti passate abbracciati, si era accorta scuotessero il cuore morto, irrorandolo ancora di linfa vitale. Tornò verso di lui, e si sedette su una piccola sporgenza, in modo da essergli il più vicina possibile. Il Giustiziere indossava ancora l’uniforme da combattimento, ed era certa che fosse la stessa del giorno in cui l’avevano attaccata, perché sentiva un vago odore nauseante provenire da essa, che nulla aveva a che fare con l’aroma di pino e di terra che emanava il corpo del suo amato. Guardò Nathan sollevargli le palpebre e scrutare gli occhi del suo amico; con orrore la fanciulla si accorse che non erano più del verde profondo e brillante di cui si era innamorata, ma erano bianchi, unica nota di colore la pupilla, che svettava in modo quasi macabro, nera come la morte.
<< Cosa gli è successo? >> chiese al Sommo, mentre egli continuava a controllare i polsi, il collo, posò  l’orecchio sul cuore e poi rialzò il viso, un espressione di sconsolato dolore in volto.
<< Non ora Light. >> rispose con voce stanca, provando a piegare le dita dell’altro, così innaturalmente rigide << Per favore, torna a casa, Oliver dovrebbe essere arrivato. Sfamati, togliti ogni bisogno, e poi torna qui. Non è facile ciò che ti devo spiegare. >> avrebbe voluto insistere, urlare che, come sua ragazza, aveva tutto il diritto di stare al suo fianco, di sapere cosa gli accadeva ma, come richiamata da quelle parole una fama o meglio, una sete bruciante si fece largo in lei, tanto da farla piegare in due dal dolore. Il suo istinto prevalse e, senza nemmeno rendersene conto si ritrovò in cucina, a fissare con sguardo bestiale le bottiglie colme di liquido vermiglio che il giovinetto teneva tra le braccia.
<< Ti sei svegliata! >> l’accolse felice, posando il carico sul tavolo e andandole vicino, abbracciandola. Era la prima volta che lo faceva, e fu strano sentire quel corpo di ragazzo stringersi al suo, in cerca di un conforto quasi materno. Le venne spontaneo sollevare una mano e posarla tra i suoi capelli scuri, quasi  non si accorse di aver cominciato ad accarezzarlo.
<< Era da tanto che aspettavo di poterti abbracciare. >> le disse, spostando su  di lei i sui ridenti occhi grigi << Aaron diceva che potevo farlo anche prima, ma io avevo paura di dimenticarmi che eri umana, e di farti male. Ma ora non c’è più nessun problema. >> con un sospiro posò di nuovo il capo sul suo petto, e Light sentì un moto di commozione stringerle la gola. Quel povero ragazzino aveva visto in lei la sua prima e, forse unica, figura materna, e non poteva che esserne lusingata.
Però quel liquido rosso, denso, e ancora caldo spargeva nell’aria un profumo quasi irresistibile e, con un sospiro ed un bacio sulla fronte fu costretta a separarsi da Oliver, per poter stringere, finalmente, tra le mani quello che, da ora in poi, sarebbe stato il suo nutrimento.
Come si portò alle labbra la bottiglia, e la prima goccia di sangue le toccò la lingua, sentì un prurito ai denti che aveva un che di fastidioso; allontanò l’oggetto e si strofino la bocca con la mano libera, nel tentativo di alleviarlo. La fermò la risata cristallina del suo compagno di cena che, cercando di calmarsi le disse:
<< L’unico modo per far uscire i denti è bere sangue, di certo non fare quelle facce strane! >> così riprovò, sebbene non troppo rassicurata da quelle parole. Fu sufficiente un sorso, uno solamente, a farle perdere la lucidità. Esisteva solo quel sapore in bocca, l’alleviarsi dell’arsura, lo stomaco che si allargava, ricevendo finalmente ciò che chiedeva. In men che non si dica non era rimasta più nemmeno una goccia di liquido rosso, e lei era finalmente sazia.
<< Wow, >> disse Oliver, distraendola dalla contemplazione della goccia di sangue che aveva terso dal proprio labbro inferiore << Non avevo mai visto nessuno bere così velocemente! Aaron dice sempre che possiamo rischiare di fare indigestione, ma io non gli credo. E poi il sangue umano è buonissimo! >> quelle parole furono come una doccia gelata. Sangue umano? Sangue umano? Aaron le aveva promesso che mai l’avrebbe lasciata diventare un mostro, che le avrebbe impedito di nutrirsi di persone, che l’avrebbe resa come lui! Valevano così poco le sue parole? Tutte le promesse? Voltò piano le bottiglie, accorgendosi in quel momento che erano tutte etichettate: “ARH+” diceva quella che aveva in mano; poi c’era “0-“ e anche” AB+” e sicuramente gli animali non avevano gruppo sanguigno.
La collera l’assalì, non prestò più attenzione alle parole che l’altro vampiro pronunciava, ne vide come le indicava un'altra direzione, per poi lanciarsi in una spiegazione dettagliata. Riusciva a pensare solamente che era stata ingannata. Una sola cosa gli aveva chiesto: di bere sangue animale. Glielo aveva detto, che l’eternità per lei era accessibile a quella condizione, se le prometteva di non lasciarla mai. Ma non era stato in grado di tener fede alla sua parola, e ora lei era diventata un mostro.
Scagliò a terra la bottiglia, che si ruppe in mille pezzi, e presto le altre fecero la stessa fine. Non guardò Oliver, non rispose alle sue domande sempre più ansiose; semplicemente si voltò ed iniziò a correre nella direzione in cui era certa avrebbe ritrovato il Giustiziere. Fu vagamente consapevole di aver demolito un muro, passandovi attraverso, troppo infuriata per pensare di usare la porta o, al massimo, la finestra. Non si curò delle urla che la rincorrevano, ne degli alberi che sradicava al suo passaggio. Sapeva solo che doveva trovarlo, e fargliela pagare.
Era il primo uomo a cui aveva donato il suo amore e la sua fiducia; il primo ad aver conosciuto ogni suo segreto; l’unico a cui aveva permesso di prenderle la vita, in cambio di una immortale al suo fianco, ed invece l’aveva ingannata. Tante parole per nulla. E ora? Magari non l’avrebbe nemmeno più voluta, visto che si cibava di umani!
Trovò facilmente l’albero piegato, e in ancora meno tempo le sue mani si strinsero intorno al collo del vampiro che vi giaceva, sollevandolo e gettandolo lontano, come uno straccio.
<< Come hai osato! Come! Ti avevo scongiurato di non farmi diventare un mostro, ed ora guarda cosa mi hai fatto! Sangue umano! >> ma lui non rispondeva, non si muoveva, non dava segno di sentirla. La sua ira era troppo grande per permetterle di notare il modo naturale in gui giaceva il corpo, come un fantoccio. Voleva solo fargliela pagare, restituirgli un po’ dell’odio per se stessa che cominciava a roderla dentro.
Non pensò consciamente, quando caricò il pugno; non si rese conto di ciò che stava per fare, quando una lieve luce argentea lo avvolse, semplicemente, si scagliò contro quel corpo, dimenticando per un breve, fatale istante, che era quello dell’uomo che amava.


Il suo attacco non andò a segno. Un attimo prima che sfiorasse quella pelle fredda, un altro vampiro le si era scagliano contro, mandandola lontana. E ora era a terra, impegnata a guardare la voragine che le si era aperta affianco, dove la sua mano aveva colpito il terreno.
<< MA SEI IMPAZZITA? >> le urlò contro Nathan, gli occhi spiritati, i canini sguainati << Che ti è saltato in mente? Lo potevi uccidere! >>
<< Mi ha trasformato in un vampiro che si nutre di sangue umano! Era la sola cosa che gli avevo chiesto di evitare! Me l’aveva promesso ed invece non ha tenuto fede alla sua parola! Mi ha fatto diventare un mostro! >> il Sommo si raddrizzò, abbandonando la posizione di attacco, e la guardò con occhi freddi, inclementi, come se si trovasse davanti un’estranea.
<< Aaron mantiene sempre le promesse. E questa volta non ha fatto differenza, tanto più che ti ama e che non avrebbe permesso a nulla di andare contro i tuoi desideri. >>
<< Ma Oliver… >> cominciò lei, mentre la gravità d ciò che aveva fatto le penetrava pian piano nella mente, scalfendo le nebbie che la riempivano.
<< Se lo avessi lasciato spiegare, ti avrebbe detto che quelle erano le mie bottiglie, ma che contenevano sangue animale. Aaron ha fatto di tutto perché fosse il primo che bevevi, non avrei di certo rovinato i suoi sforzi. >>
<< Quindi… >> la voce l’abbandonò, mentre l’orrore la colmava, la colpa, il disprezzo.
<< Quindi hai attaccato il tuo compagno per nulla. Troppo cieca per notare come non reagisca a nessuno stimolo. >> il vampiro rifletté una attimo, prima di continuare la spiegazione scrutandola, chiedendosi se fosse degna di conoscere il male che affliggeva quello che, sperava con tutto il cuore, era il suo uomo. << Per lui il sangue umano è nocivo, una goccia lo lascia paralizzato per giorni. Ma per trasformarti, per far si che dai suoi denti sgorgasse veleno, ha bevuto due sorsate del tuo sangue, e ora non riesco in nessun modo a farlo rinvenire. >> il biondo si avvicinò all’amico, e se lo caricò in spalla, mentre lei prendeva a tremare convulsamente, incapace di piangere.
<< Ora cerca di tornare in te. >> le disse con voce più morbida e sguardo triste << Porto Aaron a casa mia, dove spero riuscirò a trovare una soluzione. Oliver sa la strada per arrivare. Quando sarai pronta, fatti condurre da noi. >> e se ne andò, portando il cuore della fanciulla tra le braccia.

Eccomi di nuovo! So che ormai ne avrete fin sopra i capelli delle mie scuse, ma non consco altro modo di porgervele... quindi scusatemi per il ritardo. Non è facile per me scrivere questi capitoli, forse perchè mi sto avvicinando alpunto di svolta, e la fine non è più un miraggio. Forse ho paura di lasciare andare questa storia, e quindi la fantasia si annulla, quando arrivo davanti al pc.
bando alle ciance, che ne pensate? non era per nulla in programma, ciò che è successo in questo capitolo, ma avevo bisogno di un idea pe non passare quattro pagine di Word a descrivere solamente le strazianti sensazioni di Aaron o le nuove percezioni di Light. Come vi è sembrato? Inaspettato? Per me sì! e anche tanto! Ma mi è venuta quest'idea e ho detto"perchè no? dopotutto, sarebbe troppo perfettina se, qualche volta, non fosse anche lei vittima di qualche assurdo, stupido malinteso" e così è nata la sfuriata e tutto ciò che segue.
Fatemi sapere!

a più presto, spero ;)

 
  
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