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Autore: sorita    24/07/2014    3 recensioni
-Mamma, siamo arrivati?
La bella ragazza abbassò lo sguardo, guardandolo teneramente e accennando ad un sorriso.
Lasciò per un attimo la valigia e lo prese in braccio, stampandogli un bel bacio sulla guancia e sistemandogli i capelli.
-Si, tesoro mio. Siamo a casa.
Forgive me for What I've done....
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sora Takenouchi, Taichi Yagami/Tai Kamiya | Coppie: Sora/Tai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era una settimana che Taichi non riusciva a prendere sonno.
Dormiva male.
A volte sentiva caldo.
A volte aveva troppi pensieri nella testa.
Ce ne era uno in particolare che lo tormentava.
Cercava di scacciarlo in ogni modo dalla sua testa ma, puntualmente, tornava lì, in prima linea.
Era davvero preoccupato.
Ogni volta gli appariva di fronte la scena di quell’uomo che la importunava.
Ed era davvero una cosa che lo faceva innervosire.
In generale, non sopportava che le donne venissero infastidite con certi gesti.
Se poi aggiungevi che la vittima era la madre di suo figlio, proprio non gli andava giù.
Tutto questo lo aveva portato a mobilitarsi.
Sora era stata chiara, se non riusciva a trovare nulla di meglio, la sua scelta sarebbe caduta sulla Tashibi.
E per niente al mondo l’avrebbe lasciata lavorare in un luogo del genere.
In quegli anni era entrato in contatto con numerose aziende, uno degli aspetti positivi delle università prestigiose e a numero chiuso.
Effettivamente, doveva ringraziare Sora e Yamato per questo: la prima per averlo aiutato a raggiungere un livello tale da passare i test, il secondo per averlo convinto a svolgerla, nonostante la distruzione del suo cuore.
Fatto sta che , in uno degli incontri con le aziende maggiori, aveva conosciuto e fatto amicizia anche con esponenti del settore di Sora, ossia quello dell’ingegneria civile.
Gli venne subito in mente Benji Keritomo, con cui aveva riso e scherzato una sera intera.
Mesi prima gli aveva detto che cercava qualche dipendente che fosse all’altezza dei suoi uffici, qualcuno che avesse già un pò di esperienza nel settore.
Alla fine Sora aveva lavorato durante gli studi, e ciò glielo aveva confidato una volta suo figlio.
Decise di chiamarlo, sperando con tutto se stesso che quell’uomo cercasse ancora nuovi dipendenti, e per una volta ebbe fortuna.
Dopo la conferma, Taichi spiegò a Keritomo che conosceva una ragazza che potesse essere interessata a quel posto.
Ovviamente, al signor Benji serviva un curriculum e aveva anche espresso il desiderio di contattarla per un colloquio, per parlarle di persona ed esaminare, così, tutte le sue caratteristiche.
Un’altra cosa positiva di questa azienda scovata da Taichi, si basava sul fatto che essa non risultava troppo lontana dalla casa di Sora, e che fosse raggiungebile comodamente attraverso la metro.
Taichi era consapevole anche che la Keritomo’s Agency non risultava sicuramente nella lista delle aziende trovate dalla fanciulla, questo perchè Benji non aveva mai messo effettivamente degli annunci online, era davvero un tipo strano.
Dunque, ormai era fatta, si era accertato che il capo dell’azienda accettasse un eventuale incontro, ma ora il giovane Yagami doveva fare l’ultimo passo: doveva riferire tutto ciò a Sora, e ,anche se poteva sembrare lo step più facile, in realtà non lo era.
Aveva innanzitutto paura di far la figura dell’impiccione, non sapeva se poteva effettivamente apprezzarlo come gesto oppure vederlo sotto un altro punto di vista, come, per esempio, intendere implicitamente che fosse incapace di trovare un lavoro da sola.
Ma lui mai avrebbe pensato una cosa del genere, anzi.
Sapeva delle sue capacità, e tutti quei colloqui fatti finora dimostravano quanto potesse valere.
La disoccupazione momentanea di Sora era dovuta alla sua idea di non voler sacrificare il tempo che avrebbe voluto passare con suo figlio, e questo Taichi lo aveva capito.
Alla fine disse a sè stesso che doveva rischiare, nel caso avrebbe cercato di chiarirsi.
 
Erano al solito pranzo di famiglia della Domenica.
Avevano appena finito di pranzare e, come sempre, Sora era l’addetta a lavaggio dei piatti.
In realtà, era da sempre stata abituata a fare così, ad aiutare la madre nel pulire la cucina e nel liberare la tavola appena pranzato.
E, come ormai si era abituata, lavava i piatti in silenzio, mentre i nonni e gli zii strapazzavano suo figlio.
Quel giorno c’era anche lo zio Takeru, che si divertiva ad abbracciarlo e fargli fare l’aereoplano.
Hikari rideva divertita alla scena, si erano affezionati anche loro a quel piccolo tesoro.
Rispetto a tutti i pranzi passati, qualcosa era cambiato.
Taichi osservava senza problemi Sora affaccendarsi a sistemare la cucina e a fare tutto il resto.
Aveva cominciato anche a salutarla quando arrivava a casa Takenouchi per le riunioni familiari.
Per il resto, ossia nei giorni in cui veniva a prender il figlio per trascorrere il tempo con lui, la ragazza aveva da sempre rispettato i patti : non si faceva mai trovare la mattina, e neanche la sera quando Taichi riportava a casa la loro creatura.
Toshiko aveva notato da circa una settimana che, a volte, l’attenzione di Taichi ricadeva sulla porta della camera della figlia, dove lei si rifugiava sempre.
La verità era che Sora aveva messo in pratica tutto ciò che le era stato ordinato.
Anche il fatto di non darsi troppa importanza.
Dopo aver pranzato da sola con Shinichi e l’uomo che amava in quel ristorante, quasi che le si accese un pizzico di speranza, ma lo spense presto ripensando alle parole delle settimane prima di sua madre e anche di lui.
Quel pranzo non significava nulla per loro due, era stato fatto unicamente per il bene di Shinichi.
La questione l’aveva chiusa li, non voleva illudersi.
Per questo continuò ad obbedire a quelle leggi implicite della casa.
Quello che non sapeva, era che Taichi aveva rivalutato quel pranzo.
Era stata un’occasione per stare solo con la sua vera famiglia, inoltre vedere Shinichi così felice gli aveva fatto provare delle sensazioni indescrivibili.
Sora continuò, però, ad eseguire e rispettare queste leggi anche nelle riunioni familiari.
Puntualmente, infatti, ogni volta che finiva di lavare i piatti, se ne andava in camera sua.
Ormai si era abituata, riusciva a reggere meglio quella situazione che prima sembrava molto più pesante.
Ad alleggerirla , in realtà, fu un insieme di cambiamenti.
Il primo interessava sua madre: Toshiko non reggeva più quella situazione di freddezza e non riusciva più a nascondere la felicità interiore che aveva da sempre provato nel riaverla a casa.
Ormai pranzavano e cenavano sempre insieme e Sora si accorse che i loro dialoghi si facevano sempre più ampi.
Sua madre si dimostrò molto interessata nelle sue ricerche lavorative e ,a volte, era anche emersa della preoccupazione nei confronti della figlia nel vederla stanca e un pò triste.
Ovviamente, ancora si frenava in certe cose, ma vederla così interessata riscaldava un poco il cuore della giovane figlia.
Il secondo riguardava la famiglia Yagami.
In realtà, i genitori di Taichi non le avevano mai detto nulla di male da quando era tornata ad Odaiba, anzi, le avevano sempre sorriso.
Negli ultimi giorni, si interessarono anche loro alla sua vita, facendole delle domande sulla sua giornata o semplicemente raccontando qualche scena buffa di Shinichi.
Anche quì, i dialoghi non duravano molto, ma stavano davvero migliorando.
E poi c’era lei, la dolce Hikari, che a volte si proponeva anche di aiutarla nel lavare i piatti.
Come i suoi genitori, anche lei dal primo giorno in cui conobbe la verità, non smise di sorridere alla bella ragazza.
Era vero che a volte si trovava nel dubbio per come comportarsi, questo perchè non sapeva cosa ne pensava il suo amato fratello.
Non poteva nascondere di essere stata arrabbiata con lei negli anni passati, aveva ferito il suo amato Taichi, lo aveva lacerato come aveva spaccato il cuore anche a lei stessa, ma vederla tornare con il loro bambino le aveva lasciato una sensazione strana dentro.
Come per il fratello, anche per Hikari Sora era da sempre stata essenziale per la sua vita, erano cresciute insieme e l’aveva sempre protetta.
E la giovane Takenouchi  aveva amato la sua piccola sorella acquisita fin dalla sua nascita, e vederla approcciare con lei o semplicemente cercare di aiutarla, le metteva il sorriso in viso oltre che le colmava in parte il vuoto che aveva nel cuore.
 
Quel giorno, Taichi si era deciso di parlare a Sora di quel lavoro.
In quel momento, il bel giovane si trovava seduto sul divano, al fianco del figlio, e più volte aveva gettato delle occhiate verso la neo-mamma.
Dopo che incitò se stesso almeno dieci volte, prese il bicchiere da dove il piccolo Shinichi aveva mangiato il gelato e lo portò nel retro cucina.
Sua sorella lo intravide con la coda dell’occhio e cercò di seguire tutta la scena.
Arrivò, così, in cucina e notò che Sora aveva quasi finito di lavare tutti i piatti.
Quando la bella fanciulla lo intravide, il suo cuore aumentò all’improvviso il battito.
Le capitava sempre così, alla sua vista il cuore cominciava a correre all’impazzata e lei non poteva far niente, solo evitare di farlo notare.
Il giovane dalla chioma castana, che quel giorno indossava una semplice maglia bianca che gli risaltava sia il bel fisico che l’abbronzatura del suo corpo, le porse il bicchiere.
Lei rispose solo con un sorriso, prendendolo senza esitazione, per poi riconcentrarsi nel finire il suo lavoro.
Notò con la coda dell’occhio ,però, che Taichi era rimasto fermo, lì di fianco.
Così, gli prestò di nuovo attenzione, chiedendosi come mai non se ne tornava in salone.
Lo vide grattarsi il capo, come faceva anche suo figlio.
Erano sempre più uguali, sia fisicamente che nei modi.
 
-Ecco, volevo parlarti...
 
Quasi che Sora sentì il cuore andarle in gola.
Le cominciò a salire l’ansia, non capendo cosa potesse essere.
Non era mai più andato da lei con il solo scopo di parlarle, il pranzo era stata una situazione a parte, ora le stava dicendo che voleva parlare, solo con lei.
Taichi osservò che era rimasta immobile, quasi pallida, con le mani sotto l’acqua fredda del rubinetto.
Si affrettò a specificarsi, capendo che forse stava andando nella direzione sbagliata:
 
-Conosco una persona che cerca una dipendente nella sua azienda e, visto che mi hai detto che cercavi, ho pensato di dirtelo... non è neanche lontano da qui, ed è disponibile per un colloquio... ho anche il suo numero e indirizzo, se ti interessa.
 
Dopo aver compreso e assemblato tutte le informazioni contenute in quella piccola sentenza, Sora chiuse il rubinetto, lasciando insaponati ancora quattro bicchieri.
Si asciugò velocemente le mani e , nel frattempo, Taichi quasi pensò che fosse la volta buona che si arrabbiasse con lui per il suo fastidioso interessamento.
 
-Puoi fornirmi tutti questi dati anche ora? Ovviamente chiamerei domani, che è Lunedì.
 
Capì che si era fatto troppi film mentali, che quasi avesse apprezzato quel gesto:
 
-Certo, posso anche mostrarti la strada col computer.
 
Lei annuì e gli fece capire che potevano usare il computer della sua camera.
Era così disperata che in quel momento quasi lo volesse abbracciare per ringraziarlo dell’interessamento.
Gli disse di precederla e di andare in camera sua, che lei doveva andare ad attivare il modem per navigare in internet, posto nel salone, vicino al telefono.
Obbedì, senza pensare agli occhi indiscreti di tutta la famiglia verso i due.
Entrò nella sua camera, ordinata e precisa come i vecchi tempi.
Nulla era cambiato, neanche la posizione del quadretto che ritraeva loro due negli anni precedenti.
Era la prima cosa che notò ma pensò,poi, di far finta di nulla.
Si sedette davanti al computer, che era già acceso.
Notò dei fogli scritti sopra a quella stessa scrivania, ma l’occhio gli cadde su uno di essi,pieno di conti.
Cercò di studiarlo velocemente, vi erano dei numeri e ,a loro fianco,per ognuno di essi, una scritta.
Poteva benissimo leggere le parole “scuola materna”, “affitto”, “bollette”, “fondo Shinichi”,”alimentari quotidiani”.
Mettendo assieme un pò di idee, concluse che quelli erano i conti che stava facendo con un ipotetico stipendio.
Sopra vi era cerchiato la parola “fulltime riorganizzato” con una specie di “v” a fianco di quella scritta per indicare che la scelta ricadeva su quella colonna.
Sora aveva più o meno fatto i conti delle spese mensili ,tenendo conto di uno stipendio recepito per otto ore di lavoro.
Sicuramente, la frase “Full time riorganizzato” alludeva proprio quello, di gestire le otto ore lavorative come voleva lei.
Da quel valore andava a togliere tutte le somme relative alle altre parole.
Le cifre più alte erano quelle relative alle voci “fondo Shinichi” e “affitto”.
Probabilmente, come “fondo” intendeva i soldi da mettere da parte per il futuro del bambino, e aveva intenzione di lasciarnegliene davvero tanti.
Alla fine di quel conto restava poco niente, ossia non aveva mai tenuto conto delle esigenze o svaghi per lei.
Non si sarebbe tenuta niente per se stessa, il tutto andava a lui, suo figlio.
Quasi che si agitò ancor di più pensando ,poi, anche alla parola “affitto”.
Aveva davvero intenzione di andarsene dalla casa della madre?
I suoi ragionamenti si dovettero fermare quando sentì aprire la porta.
Fece finta di non aver letto niente, anche se ormai quel foglio gli era entrato nella mente.
Sora, facendo finta di nulla, tolse tutte quelle carte scritte e indicò a Taichi il segnale sullo schermo del computer, segno che potevano, così, accedere ad internet.
Successivamente, il ragazzo le indicò, attraverso la mappa satellitare, come raggiungere l’azienda e la giovane madre capì tutto al volo.
Poi, si fece lasciare il numero di Benji e Taichi le spiegò che poteva chiamarlo in qualsiasi ora della giornata.
Una volta concluso, Sora lo ringraziò nuovamente e si sedette a bordo del letto, sospirando involontariamente.
Il bel giovane pensò che quel foglio di poco prima era un’ulteriore conferma dei suoi sospetti, ossia che la bella Takenouchi stava pensando davvero di andare alla Tashibi.
Questo scatenò dentro di lui una grande ansia, così da farlo sudare, vederla là dentro era davvero l’ultima cosa che voleva.
 
-Vedrai, che ce la farai.- disse all’improvviso, attirando la sua attenzione.
 
Lo fissò coi suoi occhi abbastanza stanchi, cercando di accennare ad un sorriso che, però, gli morì in bocca.
Poi, cominciò a pensare che lui forse si stava preoccupando per lei, e il fatto che la stesse incitando a non mollare la emozionò e non poco.
Cercò di nascondere gli occhi lucidi, era davvero difficile, ogni giorno correva e si impegnava per trovare nuovi annunci.
E la notte sognava un futuro in cui lei non era in grado di proteggere e garantire un futuro al figlio.
Realizzò solo dopo che ,in tutto quel tempo, loro due erano rimasti soli, in quella stanza, in cui non stava più regnando il disagio, ma si stava creando un’atmosfera di tranquillità.
Taichi non sapeva se alzarsi dalla sedia e andarsene, forse perchè ,in realtà, non voleva farlo.
Sora si pensò di ringraziarlo di nuovo ma, ancor prima di aprir bocca, entrò correndo loro figlio, che si buttò sulle gambe del papà.
Quest’ultimo si voltò un secondo verso la direzione da cui era entrato, vedendo sullo sfondo sua sorella alzare le spalle: non era riuscita a trattenerlo.
Girandosi, incrociò il sorriso di Sora, leggermente divertita da quell’entrata in scena.                                             
 
-Papà!!! Mamma! Perchè non mi avete chiamato! Io anche voglio stare con voi!!
 
Taichi lo guardò abbastanza perplesso, Sora si affrettò a rispondergli, non spostandosi dal letto:
 
-Il tuo papà ha aiutato la mamma a trovare altri annunci di lavoro, tesoro.
 
Shinichi, alla notizia, allargò la bocca in un sorriso, e abbracciò di più il papà.
Il giovane Yagami guardò la madre che gli sorrideva grata, era quello il suo ringraziamento.
 
-Papà!! Sei il migliore! Così la mamma non lavorerà in quel posto brutto, con tanti vetri e quell’uom....
 
Ma Taichi fu pronto a fermarlo prima che potesse dire qualcosa di compromettente, prendendolo in braccio e mettendolo a testa in giù:
 
-Ah Shinichi! Mi assomigli troppo!- esclamò ridendo e portandolo fuori dalla camera di Sora.
 
Quest’ultima non capì molto la scena a cui aveva assistito, ma sorrise apertamente quando uscirono dalla sua stanza.
Quanto erano belli insieme.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Erano passate altre due settimane.
Era sempre più caldo ad Odaiba e la gente cominciava a migrare verso le rive marittime per un pò di sollievo.
Durante tutti quei giorni, Sora era riuscita ad avere un colloquio con il signor Benji Keritomo, ed era andato bene.
Il capo dell’azienda specificò alla ragazza che in realtà esigeva anche una minima esperienza e un’ottima conoscneza dell’inglese.
Su quest’ultima non poteva aver dubbi, aveva vissuto sei anni in California ed effettuato tutti gli esami in inglese, ormai era la sua seconda lingua.
Ciò costituì un ulteriore vantaggio.
Per quanto riguardava l’esperienza lavorativa, Sora affrontò a testa alta anche quella: Keritomo la mise alla prova, facendola cimentare dai lavori più semplici a quelli più complicati.
Taichi le aveva accennato che era un tipo molto buono ma esigente, ma lei era determinata, tanto che, alla fine, Sora ottenne finalmente ciò che voleva.
Benji le propose un contratto a tutti gli effetti, ma da Settembre, dopo le ferie.
Nel frattempo, per quel mese e mezzo, avrebbe fatto una specie di stage, così per prepararla al meglio e inserirla effettivamente nell’azienda.
Il signor Keritomo le aveva dato, inoltre, la possibilità di gestire il tempo, eseguendo un’orario continuato dalle 7:00 alle 15:00 o ,comunque, distrinuendo le otto ore lavorative come meglio voleva, iniziando anche un’ora prima.
Per Sora tutto ciò era perfetto, avrebbe preso uno stipendio pieno.
Certo, la mattina avrebbe avuto bisogno di Taichi per accompagnare Shinichi alla scuola materna, ma su questo si era dimostrato da sempre disponibile.
Poteva davvero dire che tutto ciò era merito suo, dell’uomo che amava con tutta se stessa.
E quel gesto poteva solo incrementare il sentimento che provava da sempre per lui.
Dunque, Sora ora era impegnata nello stage, che però, per il momento, era solo part time.
Partiva la mattina e tornava per l’ora di pranzo, solo occasionalmente era capitato che restasse anche il pomeriggio, ma tanto Shinichi era con Taichi tutto il giorno.
Quindi era rimasto solo da sistemare alcune cose, di organizzarsi per il meglio e di abituarsi.
L’unica pecca in tutto ciò che la preoccupava era che, quando sarebbe andata a vivere da sola, in un appartamento in affitto, Shinichi non avrebbe potuto dormire con lei.
Se doveva andare a lavoro per le Sette, significava che doveva partire prima, non lo poteva lasciar solo.
Doveva cosi inevitabilmente dormire col padre.
Oppure avrebbe dovuto trovare un altro modo, mettendosi d’accordo con Taichi sul fatto che il week end Shinichi potesse restare a dormire da lei e durante la settimana da lui.
Era abbastanza complicata come situazione, ma prima di Ottobre non avrebbe potuto affittare nulla,sia per una questione di accumulo di soldi, sia per il fatto che ora non aveva trovato nulla, quindi pensò che poteva aver tempo per elaborare altre soluzioni.
 
Quel Venerdì sera, Sora si trovava davanti al suo computer, a leggere articoli riguardanti il risparmio energetico.
Voleva tenersi informata, voleva far vedere a Benji di meritarsi quel posto, quindi ogni sera, mentre aspettava il ritorno del figlio, cercava aggiornamenti o articoli inerenti al suo settore.
Mentre sfogliava le pagine digitali di ciò che stava leggendo, per non si sa quale motivo, le ritornò in mente la scena di quasi due settimane prima.
Doveva andare a fare il colloquio di lavoro dal signor Hakitomo e ,mentre si preparava, come al suo solito, poi chiedeva un parere al figlio.
Era sempre stato un modo per renderlo partecipe, oltre al fatto che a volte si divertiva a sentire i suoi commenti innocenti.
Quasi che aveva optato per lo stesso abbigliamento quasi professionale della volta della Tashibi, ma, quando cominciò a provarsi di nuovo le stesse cose, Shinichi la fermò:
 
-No, mamma! Così no!
 
Aveva inizialmente riso, poi, curiosa, gli chiese cosa non gli piacesse.
 
-No no, mi piace, sei davvero bella così! Però papà non vuole!
 
A quella risposta, Sora divenne confusa:
 
-Scusa, ma come fai a saperlo? Mica è qui!
 
Scosse la testa, scompigliandosi ulteriormente la sua folta chioma:
 
-No me lo ha detto l’altra volta! Ha detto che eri troppo bella e di non farti più conciare così se no poi qualcuno ti porta via!
 
Ricordò il rossore che le pervase tutto il viso.
Pensò che suo figlio stesse esagerando, ma Shinichi era davvero sincero e poteva anche credere che gli fosse sfuggito qualcosa che non doveva dire.
Ricordò il cuore batterle all’impazzata e il suo immediato cambio d’abito con qualcosa di più semplice abbinato ad un leggerissimo trucco.
Cercò di pensare per l’ennesima volta di non farsi idee sbagliate, che tanto poi avrebbe ricevuto una delusione e si promise di non ripensare a quelle cose dette da Shinichi.
Ma ogni tanto riaffioravano alla mente, chissà, forse perchè ormai era arrivata l’ora in cui Taichi doveva riportare il figlio a casa.
Ed infatti, poco dopo, sentì il campanello suonare, dovevano essere loro.
Udì la madre salutarli e la voce squillante del suo bambino.
Sorrise all’idea che tra qualche minuto avrebbe rivisto il figlio.
Dall’altra parte, all’entrata, Taichi salutò cortesemente la signora Takenouchi, la quale subito chiese al nipote cosa avesse fatto di bello quel giorno.
Mentre il piccolo le rispondeva, notò ancora una volta il ragazzo castano fissare la camera di Sora, puntualmente chiusa.
Toshiko notò l’espressione mista tra il serio e una leggera malinconia.
Dopo qualche minuto, si voltò verso suo figlio e la bella donna dai capelli raccolti e color castano scuro.
 
-Toshiko, devo parlare con Sora, puoi tenerlo un attimo?- disse riferendosi al bambino.
 
L’interessata cercò di rispondere in maniera serena, ma non riuscì a nascondere quel piccolo stato di shock che provò sentendo quelle parole.
Taichi si diresse con apparente calma verso la stanza della ragazza e, prendendo fiato, alla fine bussò.
Sora, che era con le spalle verso la porta, si tolse gli occhiali da riposo e si girò con la sedia invitando ad entrare.
Si aspettava decisamente di trovare la madre così, quando apparì lui, si sentì quasi morire.
Se avesse avuto il cuore debole, non avrebbe di sicuro retto quel forte colpo che ricevette per la sorpresa.
Ci fu il solito attimo di silenzio, mentre lui entrava e accostava la porta dietro di sè.
Lei era alquanto imbarazzata, non si aspettava di certo una sua visita e lo si poteva benissimo capire dal fatto che indossasse già la sua vestaglia da notte che consisteva in un vestitino semplice e bianco.
 
-...scusa ,io non sapevo...- cercò di giustificarsi la fanciulla,alzandosi in piedi e vergognandosi di come stava messa in quel momento.
 
-No, figurati, è colpa mia... è che volevo solo dirti che domani volevo portare Shinichi ad un parco divertimenti che è ad un’ora di distanza da quì.
 
Susseguì un altro momento in cui Sora cercò di asscociare la sua entrata in camera con ciò che le stava dicendo.
Di solito queste cose le mandava dette da sua madre, non riusciva a capire perchè ci teneva tanto a dirglielo lui di persona.
Cercò comunque di rispondere, sempre per evitare la pesantezza della situazione:
 
-Ah, si, va bene. A che ora lo passi a prendere? Così da fartelo trovare pronto quando arrivi.
 
Vide di nuovo lui grattarsi la sua folta chioma,segno che era in difficoltà, ma Sora proprio non riusciva a capirlo in quel momento.
 
-Alle nove, il parco apre alle dieci...
 
-Ah ok, perfetto. Serve anche un costume per i giochi d’acqua?
 
Si limitò ad annuire, così la bella Takenouchi pensò che avessero finito la conversazione, ma in realtà sembro che lui non volesse muoversi.
Cercò qualcos’altro da dire e, quando lo trovò, fu preceduta da Taichi:
 
-In realtà volevo chiederti se ti va di venire con noi, Shinichi ne sarebbe felice...
 
Ora si che Sora si stava chiedendo se stesse sognando.
Aveva davvero voglia di darsi un pizzicotto, ma ,se fosse stata la realtà, l’avrebbe vista di sicuro.
La stava invitando ad andare con loro.
Lui stava invitando lei.
Si rese conto ,successivamente, che probabilmente era diventata rossa in viso, così ,per cercare di farlo notare di meno, si affrettò a rispondere:
 
-Certo, volentieri, perchè no...
 
Lo vide sorridere, quel suo bel sorriso che poteva farla svenire da un istante all’altro.
 
-Bene, allora passo alle nove domattina.- fece , infine, il resoconto aprendo la porta alle sue spalle e inizando ad uscire con qualche passo all’indietro.
La bella ramata annuì, sorridendo a sua volta.
La salutò definitivamente, per poi andarsene dopo aver salutato nuovamente Toshiko e Shinichi.
Sora lo aveva seguito con lo sguardo dalla soglia della sua porta fino a che non sparì.
La testa le pulsava e le guancie scottavano.
Nenche quando erano adolescenti i suoi inviti le facevano questo effetto.
Notò sullo sfondo lo sguardo stupito di Toshiko, diretto proprio su di lei e, sentendosi un pò sotto pressione, ritornò dentro la sua camera e si sedette sul letto.
Poteva sembrare una sciocchezza.
Minimo lo aveva fatto solo per il figlio, come quel pranzo ormai passato.
Ma lei si sentiva stranamente felice.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
La mattina dopo, la giovane famiglia partì, come era stato organizzato.
Taichi ,fin dall’inizio, si mostrò davvero gentile nei confronti di Sora, cosa che a quest’ultima aveva da sempre accelerato il cuore.
Durante il tragitto, Shinichi scherzò tutto il tempo col papà, facendo ridere anche la fanciulla che era con loro.
Il piccolo era davvero entusiasta, non solo per la gita in sè per sè, ma anche per il fatto che finalmente stava facendo qualcosa coi suoi genitori.
Era davvero felice e quest’allegria la trasmetteva a tutti.
Arrivati al parco divertimenti, dopo aver pagato il ticket d’entrata, non si perse tempo.
Iniziarono dalle giostre più banali, ma ,ovviamente, adatte ad un bambino come Shinichi, per poi andare su quelle un pò più divertenti e, perchè no, adatte anche a degli adulti come loro.
Taichi lo accompagnò su di una montagna russa fatta per i bambini, però, in realtà, vi era qualche discesa “pericolosa” che i due non si aspettavano proprio, come l’ultima di quel giro.
La maggior parte delle attrazioni era dotata della fotocamera, per scattare una foto durante il giro della giostra.
E in questo gioco era proprio posizionata sull’ultima discesa, posta immediatamente dopo una curva a gomito.
Fu quest’ultima cosa a spiazzare completamente i due maschietti, creandogli, di conseguenza delle espressioni indescrivibili e buffe durante la discesa.
A Sora non sfuggi la proiezione della loro foto nello stand accanto, dove ,se si voleva, potevano essere acquistate le immagini catturate durante il giro e, dopo aver riso di gusto, senza farsi vedere, la comprò prima che i due la potessero raggiungere.
Quando i due interessati, scesi dalla giostra, arrivarono allo stand, videro la foto: all’inizio si misero a ridere ,poi, ognuno ebbe una reazione diversa:
 
-Papà, io la voglio! E’ buffa! E’ carina! E’ divertente!
 
Taichi lo guardò subito storto, allibito proprio dalla sua volontà:
 
-No no, ti concedo al massimo di rifarne un’altra ma questa proprio no! E’ orrenda!
 
Vide il figlio insistere, ma Taichi la fece cancellare dall’uomo dello stand, divertito anche lui dalla scena.
Shinichi corse dalla madre poco distante, lamentandosi apertamente.
 
-Mamma, uffà! Non è giusto! Io la volevo! Papà ha cancellato la foto!
 
Il bel giovane si avvicinò, sorridendo e alzando le spalle, come per dire che ormai non c’era più nulla da fare.
Ma vide Sora ridere molto più di lui, e scoprì presto il perchè.
 
-Amore della mamma, lo sai che io penso sempre a te...- disse chinandosi verso il figlio e facendo apparire magicamente la loro orrenda foto.
Taichi si scompose completamente, spiazzato, mentre il bambino rise e abbracciò calorosamente la madre:
 
-Mamma tu sei la numero uno! Ti voglio bene!
 
Il ragazzo dalla folta chioma allargò le braccia, stava per iniziare a lamentarsi:
 
-Ehi, ci sono io in quella foto! Potrei denunciarti!
 
Sora gli sorrise di nuovo, dolcemente, per poi baciare la fronte del bambino e dirgli:
 
-Più in là ho visto la casa stregata, quelle che piacciono tanto a te. Non è vietata ai bambini, vogliamo andarci?
 
Inutile dire il suo entusiasmo.
Dopo aver consegnato la foto di nuovo alla mamma, pronta a metterla al sicuro nella sua borsa, i tre si avviarono.
Taichi, in realtà, non era molto sicuro dell’attrazione in cui volevano andare, e se loro figlio si spaventasse?
Non esitò a esprimere il suo dubbio e vide di nuovo la ragazza sorridergli tranquillamente:
 
-Oh, bè, in California lo zio John lo portava in case peggiori, quì si farà di sicuro una risata. E poi gli piacciono tanto!
 
Il padre non fece in tempo a rispondere che anche Shinichi disse la sua:
 
-Esatto! A me piacciono! Io sono coraggioso! E lì difenderò la mamma! Vedrai papà! Sarai fiero di me!
 
Sora lo guardò di nuovo, con quell’espressione che voleva dire “ ha preso anche questo da te, il coraggio”.
Tra i due ragazzi vi era da sempre stata la complicità, capirsi era stato sempre facile, quindi Taichi era abituato a leggere certe sue espressioni e viceversa.
Arrivarono in questa casa stregata.
Il gioco si basava in una specie di tour ,all’interno dell’attrazione, con un carrello.
Acconsentirono di farli salire in tre, in realtà erano proprio fatti apposta per tre persone, considerando un ipotetico figlio di una coppia che andava messo al centro, tra i due genitori.
E così fu, per un primo momento.
La specie di macchina ,dove erano saliti, aveva iniziato a vagare in quell’edificio immerso nel buio e in suoni strani.
Era anche leggermente freddo, e tirava un pò di vento, sicuramente erano effetti speciali.
Nel mentre giravano in questo percorso, notarono le pareti arredate proprio come una casa vecchia, piena di finte ragnatele, scheletri, ragni giganti e streghe.
 
-Ah bè, dai, niente di che!- esclamò il giovane Yagami.
 
Neanche a dirlo, Sora si sentì improvvisamente toccare un braccio e, voltandosi di scatto, vide di fronte a sè un uomo travestito da zombie urlarle in faccia.
A lei, ovviamente uscì un grido, e Shinichi si mise a ridere, scacciando via quell’attore della casa.
Sora aveva la mano sopra al petto, no quello proprio non se lo aspettava.
Era sbucato all’improvviso e le aveva fatto salire il cuore in gola.
Sentì Taichi ridere, sicuramente di lei, così lo guardò un pò storto:
 
-Stai ridendo di me?
 
Lui cercò di negare, ma era evidente.
 
-Mamma, tranquilla! Mettiti in mezzo! Così stai ben protetta da me e papà!
 
Il bel ragazzo dalla folta chioma vide che non se lo fece ripetere un’altra volta e scambiarono velocemente i posti, così che passasse proprio vicino a lui.
Non riuscì a trattenersi e le disse:
 
-Da quanto hai paura di queste cose?
 
Sora lo guardò, abbastanza indispettita:
 
-Mi ha preso alla sprovvista!- si giustificò.- e poi guarda, mi ha lasciato il braccio appiccicoso...-disse infine indicandogli la sostanza strana che le aveva lasciato.
Stava di nuovo per replicare quando la giovane Takenouchi vide anche Taichi sobbalzare dal suo posto: una mano, sbucata dal buio, gli aveva stretto improvvisamente la spalla, urlandogli poi nell’orecchio.
Il ragazzo si era impallidito e poteva benissimo sentire il suo cuore accelerato, aveva spiazzato anche lui.
Dall’altra parte sentirono, invece, Shinichi urlare:
 
-Via!! Non mi fai paura!!! Ti combatterò!
 
Era l’unico che non si faceva scomporre da queste entrate in scena.
Dopo aver cacciato l’attore, si voltò verso i genitori e rise:
 
-Papà, ma che fai? Devi proteggere la mamma! Qui dovrò proteggere entrambi!
 
Stavolta fu Sora a scoppiare a ridere, indispettendo a sua volta il padre.
Finalmente finirono il giro e, puntualmente, Shinichi si fermava allo stand delle foto.
Per l’ennesima volta, erano stati ritratti in una scena buffa, in cui il piccolo cercava di scacciare il finto zombie, Sora aveva una mano davanti alla bocca e guardava suo figlio; Taichi osservava anche lui il suo bambino con un’espressione strana, e si poteva intravedere dietro i due genitori un altro attore che stava andando a spaventarli.
Chiese ai genitori di comprargli anche quella foto.
 
-Ma no Shinichi! E’ davvero brutta!- esclamò la madre, ridendo.
 
Il castano, a quel punto, guardò Sora, mettendosi le mani sui fianchi:
 
-Ah davvero? Signore, ne voglio due copie!
 
L’interessata gli prestò attenzione, sgranando un pò gli occhi:
 
-Due?!
 
-Una per Shinichi e una per me, così da ripagare la vera foto orrenda che tu hai gentilmente acquistato!
 
Solo in quel momento la ragazza si rese conto che i due, da quando erano entrati in quell’atmosfera del parco divertimenti, scherzavano di continuo e senza farsi troppi problemi.
In realtà, il grande aiuto veniva proprio dalla loro creatura, che sapeva coinvolgere entrambi così perfettamente da far dimenticare tutto ciò che avevano in sospeso.
E così proseguirono la loro gita.
Sora propose di fare i giochi d’acqua prima dell’ora di pranzo, e Shinichi prontamente capì che era per il fatto della digestione.
Il padre rise, era davvero intelligente, e alla fine entrambi acconsentirono all’idea di Sora.
Fecero una specie di piccola montagna russa: in realtà, dovevano salire su di una canoa, uno dietro l’altro, che, a sua volta, avrebbe viaggiato in un canale d’acqua lungo e stretto.
Era inevitabile il bagno d’acqua quando si facevano quelle discese del percorso poichè la canoa, presa dalla velocità per la ripidità del percorso, quando arrivava a valle, scatenava una specie di tsunami che andava contro ai tre.
Inutile dire quante volte il piccolo volle fare quel gioco.
Alla fine erano bagnati fradici, per fortuna era davvero caldo, e quella freschezza era davvero gratificante.
I due maschietti cercavano di sistemarsi la loro chioma ribelle, che con l’acqua era diventata ancora più indomabile.
Sora, si era allontanata un attimo, ma i due non capirono perchè.
Taichi nel frattempo stava cercando di asciugare un pò i capelli del figlio con l’asciugamano, tra le risate di entrambi sentendo il resoconto del figlio di quel gioco.
Vide, poi,con la coda dell’occhio, la bella fanciulla tornare.
Anche lei aveva i capelli tutti bagnati e le gocce d’acqua continuavano a cadere da essi.
Il bel Yagami alzò lo sguardo, mentre ancora era affaccendato nell’asciugare i capelli del bambino e la vide lì di fronte a lui, sorridere di nuovo alla loro scenetta.
Era leggermente abbronzata e ciò risaltava la brillantezza dei suoi occhi dorati, mentre la delicatezza del suo viso era esaltata dai capelli ramati,bagnati e lunghi fino a più giù delle spalle.
Quasi che ne rimase incantato.
Infatti, non riuscì a notare che teneva qualcosa in mano.
 
-Ho trovato dei negozi dove vendono gadjet del parco divertimenti, quindi non lamentatevi per ora e tenetevi queste.
 
Taichi non comprese da subito cosa intendesse.
La vide avvicinarsi al figlio, che aveva i capelli abbastanza asciutti, così fece cenno al padre di smettere di strofinargli l’asciugamano.
Notò che Sora gli infilò, successivamente, una specie di fascia da sopra la testa, mettendogliela inizialmente a “collana” attorno al collo.
Fu solo momentaneo, poichè osservò la ragazza sistemare i capelli del bambino per poi tirare su quella fascia fino alla fronte e sistemargli, infine, i vari ciuffi della sua chioma.
Non fece in tempo a realizzare, che Sora si voltò anche verso di lui, facendogli cenno di sedersi.
Non si rese neanche conto di obbedirle, poichè era intento ad osservarla.
La giovane Takenouchi prese l’asciugamano e cercò di rendere più asciutti anche i capelli del padre, o almeno di renderli umidi.
Fece ,poi, la stessa operazione fatta poco prima al figlio.
La vide avvicinarsi a lui, mentre cercava di sistemargli i ciuffi che, ribelli, uscivano di qua e di là, per poi, una volta finito, incrociare il suo dolce sguardo.
Sorrise nuovamente, e si alzò, osservando con soddisfazione il suo lavoro.
Anche Taichi si affiancò a lei, puntando l’attenzione su Shinichi: con quella fascia sui capelli, il padre pensò , ancora una volta, quanto fosse identico a lui.
 
-Gli mancano solo gli occhialetti...
 
Sentì le parole di Sora dette con un filo di voce, come se fosse un sussurro e, quando si accorse che lui la stesse guardando, prese l’asciugamano e cominciò ad asciugare anche i suoi capelli, facendo finta di nulla.
Taichi osservò di nuovo suo figlio con quella fascia blue ,che portava il simbolo della mascotte di quel parco.
Sora, vedendoli in difficoltà coi loro capelli, era partita alla ricerca di due fascette e quelle erano le uniche che aveva trovato.
Si voltò di nuovo verso di lei, impegnata a farsi un ciuffo alto, che evidenziava ancora di più la perfezione del suo viso.
Vedendo i suoi maschietti ammutoliti, dopo aver messo apposto tutto l’occorrente che aveva cacciato, propose di andar a far pranzo.
L’idea fu apprezzata da tutto il gruppetto, così partirono tutti in direzione di uno dei ristoranti di quel luogo.
E, nel mentre, Taichi si sentì ancora una volta scombussolare dentro.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Passarono così altre ore al parco: salirono su altre giostre, videro un film di una ventina di minuti in 3D, e assistettero anche a degli spettacoli organizzati per intrattenere i bambini.
E ,nel frattempo, erano anche riusciti a farsi una foto stupenda, che li ritraeva felici.
Il bambino dalla folta chioma insistette nel farsi una di quelle foto con sopra la scritta “wanted” ,ma non da solo, ovviamente con la mamma e col papà.
I due accettarono ed entrarono nella cabina all’interno della quale doveva essere scattata quella foto.
Nel momento in cui iniziò il conto alla rovescia, Sora chiese innocentemente che pose dovevano fare, se da ricercati oppure no, e ,prontamente, Shinichi se ne uscì con una sua perla:
 
-No, no! Dobbiamo sorridere!Non voglio una foto in cui imitiamo la solita faccia imbronciata dello zio Yamato...
 
A quella frase, scoppiarono a ridere tutti e tre e il risultato fu una bellissima foto familiare, piena di sorrisi.
Ne fecero addirittura due copie, Taichi se ne voleva tenere una per sè, così da spiegare al suo migliore amico come erano arrivati a ridere cosi tanto.
Ormai era arrivata quasi l’ora di andare, ma Shinichi aveva insistito nel voler giocare in un grande parco giochi pieno di scivoli e altalene, messo a posta per far divertire i bambini.
Ma era davvero grande e, sopratutto, pieno di bambini e genitori.
All’inizio lo assecondarono, e Shinichi iniziò subito a giocare e fare amicizia con altri bambini, ma, per quanta gente ci fosse, era davvero difficile tenerlo sott’occhio.
E ciò Sora non lo nascose:
 
-C’è tanta gente, fatico a seguirlo... tu lo vedi da lì, si?
 
-Si, ma sono d’accordo. Lo abbiamo fatto giocare abbastanza, tra massimo cinque minuti lo richiamiamo, ok?
 
Lei annuì, accennando ad un sorriso ma non scostando lo sguardo da Shinichi.
Taichi si accorse della sua apprensione.
Se ne era sempre accorto, anche durante le loro riunioni familiari, quando per esempio Takeru  lo lanciava in alto, per giocare, vedeva la faccia della ragazza impallidirsi.
Evidentemente, se fosse stata un’altra situazione, gli avrebbe detto di smettere e di non farlo, ma in quelle occasioni non apriva mai bocca.
I due non stavano seduti, ma entrambi erano rimasti in piedi perchè così lo vedevano meglio.
Osservavano in silenzio il piccolo giocare, ma non era imbarazzante, era, anzi, dettato dalla loro concentrazione nel controllarlo.
A Taichi venne in mente le parole di Sora, ogni volta che poteva le usciva sempre detto che era la sua copia, lui da piccolo.
E questo gli veniva in mente ogni volta che lo guardava, la somiglianza c’era ,eccome, ed era stata proprio quella l’input per il quale lui aveva sospettato che quel bambino fosse suo.
E ormai era appurato, per riconoscerlo come figlio aveva anche fatto il test del dna e coincideva perfettamente.
Ma il fatto che lei ci tenesse ogni volta a specificare quella somiglianza, lo colpiva e non poco.
Si ricordò di una volta in cui il figlio gli raccontò senza problemi di alcune scene con la madre quando viveva in California.
 
“La mamma diceva sempre che a lei non serviva la tua foto, papà, perchè aveva me, che sono la tua copia! E poi, mi diceva che la tua immagine non l’avrebbe mai cancellata dalla sua memoria. La mamma ti vuole tanto bene! Io lo so, lei me lo dice sempre!”
 
Tante volte, doveva ammettere, che anche lui si approfittava di quella innocenza per scoprire un pò di cose su di lei.
Certo, non andava bene, ma era difficile far finta di nulla e chiedere direttamente a Sora, sopratutto in quella situazione di tensione che si era creata.
Solo ora si stava sbloccando qualcosa, lentamente, ma si stava sbloccando e lui, in fondo, ne era felice.
 
-Non ci posso credere!
 
Una voce squillante e forte fece un attimo svegliare i due genitori dal proprio compito.
Si voltarono per capire da dove venisse e si trovarono una giovane coppia, lei alta e snella, dai capelli lunghi e corvini, come i suoi occhi, e lui alto quanto lei, castano chiaro e occhi scuri.
 
-Sora?!Taichi?! Ma ho le allucinazioni?!
 
La giovane Takenouchi guardò il suo compagno, un pò impallidita.
Quei due erano Yukino e Kenzo, una vecchia coppia di amici conosciuta tramite i cugini di Taichi.
Dunque, lei non li aveva più rivisti e non sapeva neanche quanto sapessero di loro due.
Il giovane Yagami capì la situazione e cercò di rispondere, iniziando con un saluto.
La coppia si avvicinò, molto eccitata dalla loro vista.
 
-Oddio Sora, stai benissimo! All’inizio non ti avevo proprio riconosciuta, ma vedendo la chioma di Taichi, poi, ho associato! E’ una vita che non ci si vede!! Ma che vi è successo?
 
Yukino si era avvicinata a lei, prendendole le mani.
La ragazza dagli occhi dorati pensò che Taichi non avesse mai raccontato nulla di tutto ciò che era accaduto, se no avrebbe reagito in modo diverso.
Diede un’occhiata a lui, poi dietro di lei: ancora riusciva a vedere suo figlio, ma la visuale stava peggiorando a causa di altri bambini che correvano su e giù e dei presunti genitori che si piazzavano proprio lungo la direzione in cui poteva vedere il suo bambino.
Decise di sbrigarsi e chiudere l’incontro.
 
-Ehi, come state...come mai qui?- cercò di sviare.
 
Taichi le si affiancò, in evidente accorso di aiuto.
 
-Siamo venuti a spassarcela un poco, e voi? Ma allora state ancora insieme!- esclamò Kenzo, dando una pacca sulla spalla all’altro ragazzo che aveva di fronte.
 
Non sapeva come rispondere, ma anche lui voleva chiuderla lì:
 
-Si, cioè, è una storia lunga, ora abbiamo un pò di fretta, potremo vederci prossimamente.
 
Sora lo guardò, capendo il piano.
 
-Già, è tardi per noi, dobbiamo ripartire.
 
-Ma dai! Ma che fretta avete! Non vi corre dietro nessuno!- insistette la mora, vogliosa di scoprire cosa ci fosse dietro alla loro storia.
 
Quei due erano da sempre stati così, leggermente pettegoli, sopratutto con le coppie d’amici.
E il fatto che Taichi era riuscito a tenere nascosta loro una cosa del genere, significava che ci aveva lavorato molto.
 
-No guarda, davvero, siamo seri, dobbiamo andare, ci incontreremo un’altra sera in un bar, ma adesso proprio dobbiamo scappare.- insistette il bel ragazzo dagli occhi nocciola.
 
Ma i due non volevano proprio capire.
Sora si voltò, nel frattempo, per vedere se suo figlio fosse sempre lì, ma non lo trovò più.
Cercò di osservare meglio la zona da quella posizione, guardando a destra e a sinistra, cercando di vedere anche se si fosse allontanato solo un poco.
Ma niente.
Sentì l’ansia pervaderla,così tanto che la testa cominciò a formicolare e il fiato accorciarsi.
L’unica cosa che riuscì a sussurrare fu il suo nome:
 
-Shinichi..
 
Tacihi la sentì, ma non fece in tempo a voltarsi verso di lei, che era già partita in direzione dei giochi per cercarlo meglio.
Percependo subito la situazione, si affrettò a salutare i due, lasciandoli spiazzati e delusi dai loro comportamenti.
Ma, sinceramente, a loro non importava nulla.
Vide da lontanto Sora impegnarsi a scrutare all’interno di ogni gioco, osservare ogni angolo e ogni bambino.
Ma non riusciva a vederlo.
Cominciò a maledirsi non appena sentì gli occhi bruciare, quello era davvero il momento più sbagliato per piangere, non l’avrebbe aiutata a cercarlo, anzi, l’avrebbe solo rallentata.
Doveva mantenere il sangue freddo e cominciò a dire a sè stessa che sicuramente era dietro all’angolo, ma neanche lì lo vide.
Quando la raggiunse, Taichi notò il suo stato quasi di shock : stava tremando vistosamente.
Il cuore della ragazza stava sprofondando.
Si sentiva vuota e sospesa, e se si fosse perso? E se lo avesse portato via qualcuno?
Con quei pensieri, cominciò a scendere qualche lacrima e sentì le gambe quasi cedere.
Poi, una mano ferma e sicura la prese e la incitò a voltarsi in una certa direzione.
Se lo trovò davanti, un pò pallido e con i suoi occhi nocciola impregnati di preoccupazione.
 
-Sora...- cercò di richiamarla.
 
Ma ,quando sentì lui pronunciare il suo nome, scoppiò solamente a piangere e ad agitarsi ancora di più.
Cercò di fargli mollare la presa, per  fargli capire che non dovevano perdere tempo, che loro figlio era perso e che lo dovevano ritrovare.
Ma Taichi capì anche che doveva innanzitutto calmarla, che così si sarebbe sentita solamente male.
La prese per le spalle e con la sua forza la irrigidì, costringendola a guardarlo negli occhi:
 
-Sora, calmati! Va bene? Ora con calma lo cerchiamo, sicuramente è quì in giro... – ma la vide solo abbassare il capo e singhiozzare.
 
Non sapeva perchè, ma quella scena lo stava angosciando e spezzando il cuore.
Riusciva a percepire tutti i sentimenti che la stavano lacerando, ma prima che potesse dire altro, la vide avvicinarsi a lui, appoggiare la sua bellissima testa sul suo torace e le mani stringere la sua tshirt bianca.
Neanche ci pensò, che la strinse a sè, cercando di farla sentire al sicuro.
La sentì piangere per un attimo, accucciarsi a lui e stritolare la sua maglietta nel momento in cui sentiva le fitte al cuore.
La stava per richiamare quando vide alzare la testa verso di lui, e guardarlo con quei suoi occhi stupendi ma rossi e pieni di lascrime.
 
-Ti prego, Taichi...
 
Cominciò a parlargli con voce rotta e distrutta.
 
-Ti prego... trova il nostro bambino, trova il nostro Shinichi...-Disse per poi scoppiare di nuovo in lacrime.
 
Sentiva un’esplosione dentro di lei, con un sottofondo di liberazione, perchè finalmente stava chiedendo aiuto a qualcuno.
 
-...lui..lui è la mia vita, ti prego Taichi! Senza lui...
 
Taichi era distrutto da quella scena.
Sora era riuscita a fargli capire che Shinichi era la sua linfa vitale, la sua anima, ciò che la teneva in vita.
Senza di lui era morta.
La strinse con forza a sè, per farle capire che era lì.
Con una mano, forte e delicata allo stesso tempo, le asciugò le lacrime, o almeno cercò, per poi tirarle su il viso, verso di lui.
Appoggiò la fronte su quella di lei e la guardò decisa.
 
-Ritroveremo nostro figlio, devi stare tranquilla.
 
Entrambi avevano usato la parola “nostro”.
Era il loro bambino, ciò che li legava, in realtà era anche il simbolo del loro amore passato, o, perchè no, anche del loro amore attuale.
Vederlo così deciso e forte, fece calmare per una buona parte l’animo della ragazza, la quale si sforzò di non piangere , non le sarebbe servito a nulla in quel momento.
E questo era quello che avrebbe voluto dirle anche Taichi.
Ma non aveva finito.
 
-Ora, prima che tu me lo chieda, non ci separeremo. Ho paura che tu vada in panico. Andremo insieme, non ti lascio sola.
 
Dopo un primo istante in cui ci fu solo uno scambio di sguardi, Sora annuì, si fidava di lui.
La prese per mano, e cominciarono le ricerche.
Iniziarono a perlustrare la zona, dapprima ogni gioco per bambini, poi le zone adiacenti.
La bella fanciulla vide Taichi chiedere informazioni ai passanti, descrivendo il loro bambino.
Così, Sora sciolse la mano che la legava a lui, creandogli in un primo momento confusione, ma vide successivamente che, con coraggio, cominciò a fare lo stesso.
Passarono a setaccio la zona, e solo dopo mezz’ora riuscirono a trovare qualcuno che lo avesse visto.
Gli indicarono la direzione, e dopo averli ringraziati almeno cento volte, Taichi la tirò per mano verso la destinazione.
Si fermarono, impietriti e stanchi: Shinichi era li, su di un campetto d’erba a giocare a calcetto con altri bambini.
Sentì Sora quasi svenire dal sollievo, così la prese per un fianco, reggendola.
Dopo una prima sensazione di felicità iniziale, salì ovviamente la rabbia dentro Taichi.
 
-Ora mi sente.
 
La giovane lo guardò scossa, con gli occhi ancora rossi e qualche lacrima sulle guance.
Lui ricambiò lo sguardo,togliendole di nuovo quelle lacrime:
 
-Deve imparare, Sora. Trattieniti dal coccolarlo.
 
Aveva ragione e lei in quel momento si sentiva stanca e distrutta.
Annuì, acconsentendo così alla sua decisione.
La prese di nuovo per mano, non l’aveva mai lasciata in quella situazione, e ciò le aveva dato forza.
Si avvicinarono, e lo chiamarono.
Lui si voltò, sorridendo apertamente e molto entusiasta.
Non si era reso minimamente conto di cosa aveva fatto e della situazione che aveva creato.
Anzi, cominciò a raccontare tutto divertito cosa gli era successo nel frattempo.
 
-Non potete crederci! Mi aveva sfidato a calcetto e ho vinto! Allora quel bambino mi ha dato il permesso di fare una partita con tutti loro! E lo sai che ho anche segnato, papà?!
 
Il bimbo, ben presto, si accorse dello stato dei genitori.
Vide la madre completamente stanca che lo guardava silenziosa e, per la prima volta, senza un sorriso.
Il padre, invece, sembrava quasi arrabbiato ,così la domanda fu spontanea e chiese innocentemente cosa fosse successo.
 
-Cosa ti avevamo detto di fare? Quale era la condizione per cui ti abbiamo concesso di giocare al parco giochi?
 
Osservò di nuovo le facce di entrambi, con un dito sopra le labbra.
Poi arrivò timidamente alla risposta:
 
-Potevo giocare ma non dovevo allontanarmi da voi...- fece sentendosi un pò in colpa.- .. ma è che quel bambino mi aveva sfidato! E io l’ho battuto! E allora lui...-cominciò a giustificarsi con il suo solito entusiasmo, ma Taichi non glielo concesse.
 
-Hai disobbedito ai tuoi genitori, ecco cosa è successo! Ti sei allontanato senza dirci nulla! Tua madre è quasi morta per lo spavento! E’ questo che volevi? L’hai fatta piangere per la preoccupazione! E’ mezz’ora che ti cerchiamo, mezz’ora! Lo sai cosa poteva capitarti? Lo sai cosa accade quando un bambino si allontana da solo? Tu sei stato fortunato che ti abbiamo ritrovato! Ma se non ci fossimo riusciti? Cosa sarebbe successo? Che avresti fatto? Ti rendi conto di tutto questo, Shinichi?! Ci voleva tanto venire a chiedere il permesso???!
 
Il bambino si rese conto della gravità del suo innocente gesto.
E ad aiutarlo a realizzare tutto ciò fu vedere la mamma cercare di trattenere qualche lacrima e il papà, che era da sempre stato buono e comprensivo, furibondo.
Non li aveva mai visti così, quindi significava che l’aveva davvero fatta grossa e che aveva recato loro un dispiacere enorme.
Non potè far altro che iniziare a piangere, vedendoli in quello stato.
Sora non riusciva a vederlo così, ma non doveva intenerirsi, così cercò di rimanere immobile nella sua posizione, come fece anche il bel ragazzo.
Ma Shinichi voleva essere perdonato, voleva che lo abbracciassero come facevano sempre, così avvolse le gambe della madre, piangendo e chiedendo scusa.
Taichi vide la fanciulla mettersi una mano davanti alla bocca, stava cercando di riprendersi.
Ormai era tutto finito e lei stava realizzando che aveva fatto la figura della stupida.
Agitarsi fin dall’inizio era stato assurdo, poi farlo in quel modo, scoppiando in lacrime tanto da far pena.
Che stupida che era stata, si sentiva una debole e sopratutto non si sentiva in grado di badare al proprio figlio e gestire situazioni di quel genere.
Pensò che da sola non l’avrebbe mai portato in posti simili, solo se ci fosse stato Taichi avrebbe potuto farlo, lui era una garanzia, lui li aveva protetti e salvati.
 
-Tuo padre ha perfettamente ragione.- iniziò a dire con coraggio.- Devi ringraziarlo e non venire da me, è grazie a lui che ti abbiamo ritrovato.
 
Taichi la guardò, lei cercava di non farsi vedere ma la sua voce rotta era un evidente segno che stava per ricadere in un pianto.
 
-Se non ci fosse stato tuo padre..io...
 
Vedere Sora e suo figlio così, gli provocò dentro una sensazione assurda e strana.
Non sapeva se era sofferenza, tenerezza o qualcos’altro.
Si rese solamente conto che quella che aveva di fronte era la sua famiglia e che lui, spontaneamente, l’aveva protetta.
Così, prese per mano la ragazza.
Si abbassò, facendo così chinare anche lei, che lo guardava confusa e con le lacrime agli occhi.
Alzò con l’altra mano libera il viso del suo bambino e li guardò entrambi con la dolcezza di un padre.
 
-Venite quì...tutti e due...
 
Circondò tutti e due con le sue braccia forti, unendoli in un unico abbraccio.
Li strinse forte a sè, mentre entrambi piangevano a dirotto.
Sora non se lo fece ripetere e si accucciò anche lei, nascondendo il viso, ancora una volta avvolto da qualche lacrima; Shinichi abbracciò forte il suo papà, davvero dispiaciuto di averlo deluso.
Ora Taichi si sentiva davvero il loro punto di riferimento, sentiva di doverli proteggere, di dovergli stare accanto.
Ma non solo per un senso del dovere, perchè era padre, ma perchè non sopportava vederli entrambi così.
Renderli felici, come era successo durante la giornata e prima di quell’evento, rassenerava anche lui.
E lo rendeva inevitabilmente felice.
 
 
 
 
NOTA DELL’AUTRICE
Ok, ammetto che questo capitolo non mi piace per niente, sopratutto per come l’ho scritto.
Ho provato ad aggiustarlo, ma non chiedetemi perchè è uscito lo stesso così!
Inoltre, involontariamente, dovrebbe essere più corto dei precedenti! Non l’ho fatto apposta!
Questo è il penultimo capitolo, la settimana prossima ( verso Giovedì o Venerdì, se ce la faccio anche prima) arriverà l’ultimo.
Vi avverto, sarà abbastanza lungo, ma ho deciso di pubblicarlo tutto in una sola volta perchè sinceramente non sapevo neanche dove tagliarlo!
Mi dispiace di avervi un pò deluso, e speriamo che l’idea che ho deciso di prendere per concludere questa Taiora vi piaccia!
Ah, ecco, come una lettrice ha notato, gli altri personaggi fungono solo da contorno in questa storia, non gli ho dato rilevanza (mi sono concentrata principalmene sulla giovane famiglia, infatti poi nei personaggi della storia ho inserito solo Taichi e Sora).
Cercherò di recuperare lo spazio tolto al resto del gruppetto nel capitolo (che sto scrivendo) di Unbreakable bond!
Grazie a tutti voi, miei cari sostenitori, alla prossima!
 
Baci baci.
 
 
 
 
 
 
 
  
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