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Autore: Polaris_Nicole    25/07/2014    2 recensioni
Ciao a tutti, questa è la mia prima fanfiction.
Ero un po' diffidente dal pubblicarla, ma mi sono lasciata convincere da un'amica.
Ho sempre ritenuto Nico e Leo come due sfaccettature del mio carattere: Nico rappresenta la parte ribelle, che ha sofferto e simboleggia il mio desiderio di rivalsa; Leo invece rappresenta la voglia di vivere, il non voler mai far soffrire i propri amici, anche se dentro si nasconde un dolore ancora più grande ...
Ho sempre immaginato il contrasto che si sarebbe creato tra queste due parti che, pur essendo così diverse, sono capaci di completarsi.
Spero che la storia vi piaccia, non dimenticate di recensire!
[Valdangelo] [accenni alla Pernico]
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, Crack Pairing | Personaggi: Leo Valdez, Nico di Angelo
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Scambi d’abito e reazioni deludenti
 
Continuai a rigirarmi nel letto con nervosismo crescente.
Continuavo a vedere la stessa immagine davanti agli occhi, ovunque mi girassi incontravo lo sguardo assente di mia sorella Bianca o di mia madre Maria.
Per non parlare di quando vidi il viso di mio padre, la prima volta che lo vidi, quello sguardo severo che si rifletteva nelle iridi nere di quel ragazzino di soli dieci anni.
Ero spaesato, spaventato e deluso, ero solo un bambino quando persi tutto, ero solo un bambino quando venni colpito dalle velenose parole di Ade che, quasi ogni giorno, mi ripeteva “avrei preferito che fosse Bianca a sopravvivere, dovrò accontentarmi di te”.
Poi all’improvviso tutto finì, mi sentii avvolgere da una sensazione di calore, una sensazione che mai prima di allora avevo provato.
Mi girai nel sonno verso la fonte di quel calore tanto piacevole quanto rassicurante ma, appena mi aggrappai a quella percezione, avvertii il battito frenetico di un cuore impazzito.
Aprii di scatto gli occhi e rivolsi uno sguardo a cosa stessi stringendo e rimasi pietrificato quando incontrai due occhi scuri che mi guardavano e il viso rilassato di Leo Valdez che mi sorrideva.
Eravamo stretti l’uno all’altro in un abbraccio scomposto e disordinato, sebbene più grande dei letti normali del campo, in due si stava decisamente un po’ troppo stretti.
“buongiorno” fu la prima parola che uscì dalle labbra del figlio di Efesto che, nonostante quel breve attimo di imbarazzo, non aveva smesso di abbracciarmi o di sorridermi con una delle più belle facce da ebete che io avessi mai visto.
“ti senti meglio?” chiesi mettendomi a sedere sul duro materasso del letto a baldacchino dalle coperte e i tendaggi scuri, quasi neri.
“sì, decisamente meglio, grazie Nico” disse posandomi un piccolo bacio sulla fronte prima di alzarsi e prendere dei vestiti abbandonati su una poltrona a sacco della capanna numero tredici.
“perché mi hai dato un bacio?” chiesi senza potermi impedire di arrossire e distogliere lo sguardo verso il pavimento, i primi sintomi della cotta si facevano sentire.
“te lo dovevo, sai, quello dell’altra sera” disse con un sorriso malizioso prima di uscire impedendomi di ribattere e, magari, consigliargli di non uscire con ancora i MIEI vestiti addosso.
Rimasi steso a letto ancora per un po’ prima di scoprire residui di cenere tra le lenzuola proprio dal lato della torcia umana (dovrei smetterla di chiamarlo in questo modo).
Quando mi alzai, però, mi resi conto che quel matto di Leo non solo era uscito da “casa” mia coi miei vestiti addosso, ma che anche il cambio che si era portato era costituito dai miei vestiti! Dimenticandosi la maglietta del campo, la camicia, ecc.
Avrei potuto benissimo aprire l’armadio e infilarmi la prima maglietta nera che trovavo, ma un’idea perversa assalì il mio cervello annullandone totalmente la razionalità.
Mi tolsi velocemente il pigiama e mi rivestii altrettanto rapidamente mettendo, invece dei soliti vestiti neri, i vestiti che Leo aveva abbandonato su una delle poltrone verdi sparpagliate per la stanza.
Mi guardai un po’ allo specchio, i vestiti mi andavano leggermente grandi, ma solo perché ero decisamente meno muscoloso di Leo, risultato dovuto sicuramente alle tante ore passate nelle fucine assieme agli altri figli di Efesto.
L’immagine che vidi riflessa mi fece scoppiare a ridere, era come se proprio quei vestiti mettessero allegria, oppure era perché, con i suoi vestiti addosso, l’odore di Leo mi aveva avvolto completamente offuscandomi i sensi.
Cominciai a scuotermi i capelli e ad imitare tutti i tipici comportamenti di Leo tanto che alla fine arrivai a tentare di imitare la sua voce e il suo tono spavaldo.
“i vestiti ti stanno bene, non quanto stanno bene a me, ma non sei male; l’unica cosa che mi lascia un po’ perplesso è l’imitazione” disse un Leo Valdez piuttosto divertito alle mie spalle.
“da quant’è che mi spii?” chiesi sistemandomi la camicia meglio che potevo girandomi verso di lui ma, appena mi voltai, vidi che Leo indossava una maglietta nera col teschio e portava la mia giacca da aviatore, la cosa più inquietante, è che stava benissimo.
“da un po’, fammi spazio” disse con un sorriso affiancandomi davanti allo specchio e circondandomi le spalle con un braccio, gesto che mi fece arrossire istintivamente.
“già, sembro proprio un idiota vestito così, a te invece sta bene un po’ di colore” disse con naturalezza stringendo la presa, ma senza farmi male.
Mi divincolai dalla presa e mi voltai verso l’armadio per cambiarmi, ma Le mi bloccò con uno sguardo interrogativo.
“non penserai mica che io vada in giro vestito in questo modo” dissi prendendo la prima maglietta che mi capitò a tiro, allora, Leo cominciò a fissarmi con un sorriso beffardo sul volto.
“allora cambiati pure”
“non con te davanti, esci”
“e perdermi lo spettacolo? Neanche morto!”
“sai che potrei ucciderti seriamente, vero Valdez?”
“no, sono troppo carino per morire, so che lo pensi anche tu” a quelle parole divenni paonazzo e dovetti voltarmi per non suscitare il sospetto di Leo, lui si avvicinò e mi sussurrò “se tu esci vestito così allora ti seguo”.
Gli rivolsi uno sguardo di sfida ed entrambi uscimmo di “casa” parlando un po’ di tutto e ridendo delle occhiate confuse che ci venivano rivolte da tutti i ragazzi del campo.
A colazione ci sedemmo al tavolo di Ade come al solito.
“che hai intenzione di fare oggi?” chiesi mentre addentavo le mie uova strapazzate.
“penso che starò un po’ nelle fucine, in genere il mercoledì sono quasi vuote, così ne approfitto per lavorare un po’, non ti dispiace?” disse con una velocità tale che capii solo la metà del senso della frase.
“perché dovrebbe dispiacermi? Penso che me ne starò un po’ nel bosco” dissi con falsa convinzione, ormai mi ero abituato alla compagnia di Leo e sarebbe stato difficile farne a meno per un po’, sembra  esagerata come reazione, ma i figli di Efesto sarebbero disposti di passarci settimane nelle fucine!
Leo si limitò ad annuire e restammo in silenzio per un po’, Leo provò a farmi ridere tenendo in bilico il suo bicchiere sulla testa (risultato? I suoi capelli ricci zuppi d’acqua) ma, a parte quello, niente.
Quando Leo mi lasciò per andare nelle fucine, non mi sentii più molto a mio agio, così, andai a fare una passeggiata al confine con il bosco.
Quel posto mi piaceva perché decisamente meno caotico rispetto al campo in sé, inoltre, era anche meno affollato dato che lì era più facile venire a contatto con mostri di qualsiasi tipo.
Ci avevo passato così tanto tempo in quel bosco, la prima volta che lo esplorai fu a dieci anni, prima di trovare l’ingresso per il labirinto costruito da Dedalo.
Quando pensavo a quel labirinto riaffioravano in me solo tremendi ricordi, ero felice che quell’ingresso non esistesse più, almeno così evitavo di pensare a Minosse, Pan, Ethan o Luke.
Una cosa a cui pensavo sempre era che avevo troppi ricordi, ero solo un ragazzino, e avevo sofferto già così tanto.       
In un impeto di rabbia, diedi un pugno al tronco duro di un albero non molto lontano da dove stavo passeggiando.
“Hei! Ma sei impazzito?! Ma … Nico? Sei proprio tu?” chiese una voce da dietro l’albero, solo più tardi mi resi conto che si trattava di Juniper, la fidanzata di Grover.
“scusa Juniper, non volevo” mi affrettai a dire nei confronti della ninfa, ma lei sembrava troppo presa da come ero vestito (come se lei, con la carnagione verde e quel vestito rosa shocking, fosse la persona più normale del mondo!).
“qualcosa mi dice che Leo centra qualcosa” disse lei con tono esperto sedendosi ai piedi dell’albero accanto a me.
“al momento è l’ultimo dei miei problemi” dissi, in effetti era vero ma, considerando che era uno dei pochi problemi anche solo minimamente risolvibili, saltava la fila di u bel po’ di posti.
“dai! A me puoi parlarne, siete così carini insieme!” esclamò entusiasta Juniper facendomi quasi soffocare con la mia stessa saliva.
“c-che hai detto?!” sbottai sgranando gli occhi, non potevo credere a quello che aveva detto.
“andiamo, Nico! Al campo ce ne siamo accorti tutti, sicuro di non aver passato troppo tempo con quello sciroccato di Ade?” chiese lei intrecciandosi i capelli, “Leo è innamorato di te” continuò notando il mio viso sempre più confuso, ma usando comunque il tono di chi sta dando le previsioni del tempo.
Stavo per ribattere alla sua affermazione, ma Juniper mi interruppe “va da lui e non discutere”.
Non risposi, mi limitai a sorriderle e a lanciarmi in una corsa verso le fucine del campo.
Non ci potevo credere, Leo Valdez era innamorato di me, Leo Valdez era innamorato di me! La notizia mi fece sorridere come mai avevo sorriso in vita mia.
Mentre attraversavo il campo correndo come un matto, tutti mi guardavano sospettosi, non capitava mica tutti i giorni di vedere Nico di Angelo che indossava vestiti colorati e che sorrideva!
Quando mi ritrovai all’entrata delle fucine, rallentai la corsa ed entrai facendo attenzione a non fare troppo rumore.
Il luogo era deserto, tranne che per una testa riccioluta china su uno dei tanti piani di lavoro disponibili, non potei non notare che fosse bellissimo quando se ne stava tutto concentrato a risolvere un problema.
Mi avvicinai lentamente e, quando avvertii il suo respiro, gli avvolsi la vita con le mie braccia e appoggiai il viso nell’incavo tra il collo e la spalla.
Leo sussultò e si voltò di scatto abbandonando quello che stava facendo e, quando mi vide, il suo viso si fece più pallido e sgranò gli occhi.
“NICO! STA GIÙ!” disse afferrandomi e gettandomi a terra, non sapevo cosa fare, poi dal suo piano di lavoro partì un’esplosione che mi spinse ad aggrapparmi al petto di Leo più forte che potevo.
L’esplosione finì come era cominciata, non durò molto, ma fu abbastanza potente da spazzare via dalla mia testa il discorso chilometrico che mi ero preparato.
Mi sentivo uno stupido, ero certo che da quel momento in poi Leo non mi avrebbe più neanche rivolto la parola, quando i nostri occhi si incontrarono sentii tutta l’adrenalina abbandonarmi.
I suoi occhi indugiarono un po’ sul mio viso, la sua espressione era indecifrabile ma poi, poco prima che anche l’ultimo barlume di speranza mi abbandonasse, sorrise.
“niente di rotto, spero” esclamò, io risi perdendomi in quegli occhi scuri del colore del cioccolato, quello fondente, il mio preferito.
Passai ai capelli, erano così ricci e morbidi, li accarezzai con una mano senza curarmi troppo della reazione del proprietario.
“Nico, io …” non finì mai quella frase, lo strinsi a me e lo baciai con tutto il fiato che avevo nei polmoni.
Non sapevo da quanto, ma desideravo quel contatto più di qualsiasi altra cosa, non passò molto che anche Leo rispose al bacio.
Era un bacio semplice, casto, senza troppe pretese, solo due ragazzi innamorati.
Avrei volentieri approfondito quel bacio, ma la mia attenzione ricadde su una strana sensazione di calore sul mio fondoschiena, cercai di ignorarlo, ma diventava sempre più forte.
Cominciarono a lacrimarmi gli occhi, sembrava che la mia pelle stesse andando a fuoco … aprii gli occhi giusto in tempo per vedere il fuoco che ci circondava.
Spinsi via Leo con non molta grazia allontanandomi da tutte le fiamme che vi erano sul pavimento.
Leo si alzò prontamente in piedi, rivolgendo uno sguardo all’incendio, poi a me e rimasi distrutto dall’espressione che vidi dipinta sul suo volto.
Fece per aprir bocca, ma lo interruppi.
“scusa …” dissi semplicemente, fu poco più di un sussurro, poi scappai via costringendomi a non voltarmi mai.
Non fu una scena da film, una di quelle dove c’è il ragazzo che scappa e, dietro di lui, c’è un altro tizio che lo chiama a gran voce.
Ma niente, Leo non provò a chiamarmi, probabilmente era tornato al suo lavoro fregandosene di quel che era successo, senza che gliene importasse qualcosa del bacio.
Mi chiusi la porta della capanna di Ade alle spalle e mi tolsi la camicia di dosso: avevo il fondoschiena completamente rosso e ustionato.
Faceva malissimo, ma non più male di quanto me ne avesse fatto lo sguardo di Leo.
 
Note d’autrice: Questo capitolo l’avrò finito un paio di settimane fa, ma sono riuscita a caricarlo solo ora.
Allora, tornando alla storia, Nico ha baciato Leo (leggermente OOC come comportamento, ma Leo farebbe perdere la testa a tutti!), ma non sembra che Leo abbia reagito come sperato … Cosa succederà adesso? Nico combinerà qualcosa di stupido? Leo appiccherà altri incendi? E i due riavranno indietro i rispettivi vestiti? Lo scoprirete nel prossimo capitolo!
Prima di salutarvi, però, volevo avvisarvi che il prossimo sarà il penultimo capitolo! Siamo quasi arrivati alla fine di questa mia prima storia e devo dire di essere molto soddisfatta del mio lavoro.
Presto aggiornerò anche “Son of the Moon”.
Tanti baci, Polaris_Nicole        
  
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