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Autore: Shirangel    07/09/2008    4 recensioni
Ho imparato ad ignorare la fame, tranne quando si fa più intensa. Sto diventando sempre più forte. Anche la tentazione di tornare nella dispensa lo è, ma posso controllarmi. Per una volta non posso essere debole. Devo essere forte. Devo avere il comando su me stesso. { Sicuro che non sia lei ad avere il comando, Bill? }
[Attenzione: tematiche forti]
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tokio Hotel
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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How To Be Strong

È notte.

O, perlomeno, è buio. Come sempre, del resto.

Non potrebbe essere diversamente, se continuo ostinatamente a tenere l’avvolgibile abbassato, serrandomi nella mia stanza. È bello stare al buio, sembra quasi di fuggire dal mondo.

Regalando una pigra occhiata alla sveglia, vengo a conoscenza del fatto che non è propriamente notte. Sono le sette del mattino, quasi ora di colazione.

Colazione.

Il mio stomaco si contrae dolorosamente. L’ultima cosa che ho mangiato è stata uno spicchio di mela, senza contare il pranzo che ho vomitato. Quanto tempo è passato? Più di ventiquattro ore, se non sbaglio, più di un giorno intero. Una sensazione di potenza si irradia in tutto il mio corpo.

Sono riuscito a resistere per un giorno intero. Sono orgoglioso di me.

Ma ho così fottutamente fame, dannazione.

Forse potrei sgattaiolare in cucina e mangiarmi un biscotto. Di quelli al cioccolato, morbidi, che profumano di dolce e mi fanno attorcigliare lo stomaco al solo pensiero.

Però.

Sono al cioccolato. Il cioccolato è cattivo.

Calorico.

Ingrassante.

Solo uno. Un piccolo biscotto, che male può fare? Il più piccolo che trovo, anzi, ne mangio solo mezzo. Solo poche briciole. Non riesco a resistere, scendo dal letto un po’ faticosamente e scendo le scale, attento a non far rumore. Devo reggermi forte al corrimano, o cadrò. In questi tempi sono così stanco, e gli scalini così alti...

Mi fermo un attimo. Mi si sono appannati gli occhi, nulla di grave: mi capita spesso di recente di perdere momentaneamente la vista. La prima volta che è successo mi sono spaventato e ho mangiato un intero piatto di pasta. Tom ha ridacchiato, e ridendo mi ha ammonito di star attento se non volevo diventare enorme: appena mi sono alzato da tavola sono corso in bagno e ho vomitato.

Sono arrivato alla dispensa. L’armadio è grande, imponente, irradia un magnetismo quasi insostenibile. Punto gli occhi sulla maniglia.

Il mio stomaco mi sta implorando di abbassarla.

Allungo una mano tremante e la stringo incerto sul pomello; non so se continuare o correre di sopra a rintanarmi sotto le coperte, chiudendomi a riccio con le mani a stringere la pancia dolorante.

Ritraggo di poco il braccio, ma un’ennesima fitta allo stomaco mi spinge ad aprire di scatto l’anta dell’armadio. I miei occhi si spalancano: cibo. Da quant’è che non mangio decentemente?

Il mio sguardo si fissa sul pane.

Pane.

Non riesco nemmeno a ricordare che sapore ha. Dio. Sono secoli che non metto in bocca un pezzo di pane.

No.

Non pane. Carboidrati. Un cumulo di carboidrati che non aspetta altro che gonfiare il mio povero corpo.

Una fetta.

Una sola, piccola fetta di pane...

Scuoto la testa. Non posso mandare a puttane tutto il lavoro che sto facendo.

Poi vedo la scatola dei biscotti. Sulla confezione sono riportati disegni che non rispecchiano molto la realtà, sembrano molto più appetitosi e il colore è decisamente più invitante. Afferro il pacco e me lo stringo al petto, possessivamente, cullandolo tra le braccia.  Introduco una mano pallida nella  maldestra apertura che Tom ha tagliato con le forbici.  Frugo un po’, ed estraggo un frollino ricoperto di cacao; è così dannatamente invitante. Me lo porto alle labbra, tentennando: il profumo basta a farmi quasi svenire dalla fame, e il mio stomaco protesta gorgogliando. Mi torturo il labbro inferiore, strappando con i denti una fastidiosa pellicina. L’improvviso dolore mi riporta alla realtà: non posso. Non riuscirei a fermarmi, li finirei tutti, vinto dalla fame,  e dovrei vomitare. Non mi piace vomitare, lo odio. Spaventato da quello che stavo per fare, lascio cadere il biscotto nella scatola e la rimetto frettolosamente nell’armadio. Mentre chiudo le ante, la luce si accende ed un assonnato Tom spunta dalla porta. Si strofina gli occhi confuso, sorpreso di trovarmi qui.

« Bill? Non mi dirai che hai già fame, dopo tutto quello che hai mangiato ieri. » ride brevemente, prendendomi in giro. Ieri c’era il pranzo di compleanno di Georg e ho dovuto mangiare tutto.

Annuisco distrattamente, fissando gli occhi a terra.

Non sa che appena dopo il dolce ho vomitato tutto nel bagno.

Farfuglio qualcosa a proposito della bottiglia d’acqua minerale che stavo cercando, ed esco velocemente dalla stanza. Tom si acciglia, ma non dice nulla.

Torno di corsa in camera, cercando di non cadere, ma le ginocchia mi cedono e rovino in terra. Sbatto il gomito contro il tavolo e non riesco a non gemere di dolore.

« Bill, tutto okay? » vedo una mano che si allunga verso di me, e grato verso l’inaspettato appoggio l’afferro tirandomi in piedi. Tom deve aver sentito il frastuono.

« Si. » mugolo in risposta. « Io... sono inciampato nel tappeto. » lui cerca di dire qualcos’altro, ma io mi scuso con un mal di testa e torno in camera. Sento che fa lo stesso, la sua stanza è abbastanza vicina alla mia.

Mi stendo sul letto, togliendomi la maglietta e rimanendo solo con i boxer. Mi accarezzo il petto con la mano, avvertendo con una punta di orgoglio le costole spigolose sotto le dita e sfiorando la pancia quasi piatta. Scivolo davanti allo specchio, guardandomi da tutte le angolazioni. Sono un po’ dimagrito, sulla buona strada per avere una forma perfetta. Chissà se a Tom piacerò.

Ho imparato ad ignorare la fame, tranne quando si fa più intensa. Sto diventando sempre più forte.

Anche la tentazione di tornare nella dispensa lo è, ma posso controllarmi. Per una volta non posso essere debole.

Devo essere forte. Devo avere il comando su me stesso.

{ Sicuro che non sia lei ad avere il comando, Bill? }

 

Finito *riot* avevo un sacco di altre cose da fare ma ho fatto questo <3

È uno spin off di Anorexia: ai tempi della longfic non ero in grado di descrivere i processii mentali di Bill.

Ora penso di essere abbastanza informata per farlo.

Grazie della lettura. E un bacio a tutti coloro che mi hanno sostenuta durante Anorexia <3

PS: nell'ultima frase lei è la malattia UU

   
 
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