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Autore: Victor Mauer    30/07/2014    0 recensioni
Il giovane Charles facendo colazione , una mattina d'estate , inizia un'introspezione, un'attenta ricerca nei suoi ricordi , che lo porta a ricordare degli avvenimenti riguardanti la sua storia d'amore. L'apparente serenità, stravolta dalla rottura con l'amata, subisce un risvolto dai tratti gotici , il protagonista quindi si accorge della sua realtà interiore: stagnata , fredda e morta.
Genere: Introspettivo, Mistero, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Spettri.

 
Questa mattina mi ero insolitamente svegliato presto : Alle cinque e trenta del mattino. Mi ero svegliato sereno rispetto le altre volte , vi confesso che ultimamente non dormivo così bene. Sarà per la solitudine.
 Aprii il balcone , andai fuori e respirai l’effluvio mattutino, sentii i primi uccellini svegli cinguettare , e osservavo una meravigliosa alba, mi venne voglia di fare colazione con il mio amato caffè. Così presi la moka e la preparai . Presi dello zucchero e lo misi in un bicchiere poiché ,come mi ha insegnato una mia amica , se si mette dello zucchero in un bicchiere e si fa cadere dentro un po’ di caffè ,e si agita il tutto , ne uscirà un composto che , una volta messo nella tazzina, renderà il caffè schiumato. Dopo un po’ ,quando il caffè era già nella tazzina nera (che io amo) , andai a prendere le sigarette che avevo nel cassetto. Erano delle Black Devil , erano speciali per me , poiché erano nere , che è il mio colore preferito, e non mi importava tanto del sapore , lievemente peggiore delle altre. Contate che non fumavo da giugno. Si è vero , non ne ho bisogno , non ho il vizio , ma di tanto in tanto mi ha fatto sempre piacere fumare, e oggi era il giorno giusto. Ma come ho detto , quelle sigarette per me erano speciali. E volete sapere perché non le toccavo da giugno ? Perché quello era l’ultimo pacchetto che condivisi con lei. Lei che adesso è scappata, lei che è andata via da me , e che si è portata con se il mio essere ,e che mi ha lasciato solo al mio deliquio. Lo avete mai sentito il freddo ? Non parlo di quello che si prova d’inverno. Io parlo dell’inverno che penetra nelle ossa anche nei giorni più afosi di agosto.  
Era dicembre quando ci conoscemmo ,grazie a dei miei colleghi di lavoro , e subito ci trovammo bene , e diventammo buoni amici. Ma non potrò mai dimenticare la sera che ci mettemmo insieme. Ricordo con piacere che era la sera più fredda di gennaio , cosa che a me , e anche a lei piaceva. Entrambi amavamo il freddo, il gelo , il ghiaccio. Forse lo amavamo così tanto , perché nel sud Italia e soprattutto qui a Napoli dove mi ero trasferito da poco , faceva sempre abbastanza caldo. Quella sera andammo a mangiare del ramen in un ristorante cinese , e non vi nascondo che fu difficile convincere i nostri amici! Purtroppo da queste parti , il problema della xenofobia è un fardello che ci si trascina oramai da troppo tempo. Infatti dicevano cose come :” Oddio , mangeremo cani o gatti ?” , “Mica è una zuppa a base di scorpioni ?” oppure “ Dici che le lavano le mani ?”.
Ma tralasciando questi commenti e stereotipi che mi di disgustano , passiamo alla storia: mangiammo il ramen che ,ad alcuni piacque ,ad altri no. A me e anche a lei , Erika , piacque molto. Dopo un po’ decidemmo di tornare alle rispettive case, e io ed Erika avevamo un tratto di strada in comune , e quindi decisi di accompagnarla. Ridevamo , scherzavamo , e sembrava di ottimo umore , quando ad un certo punto , arrivati sotto il suo palazzo di colpo mi strinse la mano guardandomi con quel suo sguardo penetrante , e con quegli occhi cerulei. <> -le chiesi.
Lei annuì e ci salutammo. Una volta arrivato a casa mi chiamò al cellulare , chiedendomi se per caso avessi da fare. Le dissi di no , e subito , in quell’ istante, bussarono alla porta. Aprendo la porta , vidi Erika (che mi aveva seguito), con il suo volto pallido irrigato dalle lacrime che scivolavano dagli occhi procedendo sulle sue efelidi , fino a cadere sul suo cappotto dove si posavano alcune ciocche della sua chioma fulva. <>-dissi.
<>
Confesso che non compresi granché di ciò che stava accadendo , in ogni caso , però , presi il cappotto e le chiavi , e andammo al bar sotto casa mia. Erano già le ventitré e trenta. Io non volevo nulla ma presi un caffè , e penso che anche lei non volesse nulla , ma prese una cioccolata calda. Parlammo , lei si calmò , e tornò a ridere e a scherzare ;ma quando le chiesi di dirmi il perché non volesse tornare a casa si intristì parecchio. Così cambiai discorso , e dopo un po’ il barista ci portò il conto e ci fece capire che doveva chiudere. Era oramai mezzanotte e mezza. Uscimmo dal bar e andammo a sederci su una panchina dove c’era la fermata degli Autobus.
<< Hey , Erika , si è fatto tardi , dovrai pur tornare a casa , non credi ? >>
<> -disse mentre le si riempivano ancora gli occhi di lacrime.
<>
<>-concluse ridacchiando.
Accese la sigaretta e fumò e poi successe una cosa stranissima , che a Napoli non accade quasi mai. Iniziò a nevicare! Il tabellone della farmacia segnava: meno dieci gradi. Lei tremava come una foglia , e piangeva ,e sorrideva. Le dissi <> e lei :<>                                                                       << Erika andiamo , ti prenderai la bronchite! – dissi mettendole il mio cappotto addosso , anche se lei tentò di allontanarlo con le mani ; era parecchio orgogliosa- Prendo l’auto , e ti riporto a casa. Stai diventando un ghiacciolo>>                                                                          <>Non era una stamberga , mi sembrava una casa come le altre … e capii solo dopo che quello era il problema.
<< Erika , non possiamo stare qui , farai ammalare anche me – le dissi scherzosamente- Dai fortunatamente è sabato io non devo lavorare domani , puoi venire a stare da me se ti va, dormirò sul divano..>> mi interruppi da solo… La vedevo che fissava la neve che si posava sull’asfalto ,batteva i piedi a terra e i suoi occhi di cielo piangevano sul suo viso rosso( a causa del freddo e a causa del copioso pianto), mentre batteva i denti per il freddo ed emetteva alcuni gemiti. Poi , di colpo mi disse:<>. Lo feci , senza esitare , e sentii la sua tristezza inondare il mio cuore… E poi aveva un viso così freddo… Senza pensarci , istintivamente , le misi una mano tra gola e il mento , e la baciai. Baciai quelle labbra gelate, arse e spaccate a causa del freddo. Lei ricambio.
 Ci baciammo ancora un po’ ,poi decisi di prenderla per mano e andare sopra da me. Lei mi tenne la mano facendo cenno di voler stare ancora lì , ma io ,insistente, la alzai dalla panchina e mano nella mano salimmo frettolosamente a casa. Misi subito la stufa al massimo. Tremava ancora… preparai repentinamente un thè caldo. Ma non lo bevemmo. Inutile dire che stemmo tutta la notte entrambi giacenti sotto le stesse coperte riscaldandoci grazie al tepore avvolgente della voluttà. Il giorno seguente stemmo insieme , mangiammo qualche schifezza comprata al supermercato , e stemmo ancora a letto ,ma quando fu sera lei mi chiese di restare ancora. Per me non c’erano problemi … d'altronde abitavo solo da quando mi ero trasferito per lavoro. Il giorno seguente tornato da lavoro , trovai le sue valige in casa. Mi chiese di trasferirsi qui per qualche mesetto. Io acconsentii ,dicendole di fare come se fosse a casa sua. Inutile dire che fino a giugno ho passato la parte, forse , più bella della mia vita… Peccato che poi a giugno disse che doveva parlarmi. Mi disse che non ne poteva più. Voleva andarsene via dall’Italia , via da Napoli , e via dalla sua famiglia. Vivere tra quella gente e in quella situazione così morta la logorava giorno per giorno. Non cambiava mai nulla. Vedeva le persone sopravvivere , e non vivere; vedeva la sua famiglia compiaciuta di quell’inerzia che era tipica ,ormai del suo paese. Diceva che si sentiva oppressa e disgustata dai morti che la circondavano. Andava a Parigi , e mi chiese di venire con lei a vivere. Le mi amava , ma mi disse che se ne sarebbe andata da questo cimitero anche al costo di separarsi da me. Non accettai. Anzi le dissi di andarsene , e di non farsi sentire mai più. Non so nemmeno perché lo dissi, condividevo i suoi stessi ideali , anche a me disgustava tutto di questo paese , della mia famiglia , dalla quale avevo avuto la fortuna di essermene già andato, e della mia normalissima condizione. Ma forse fu per orgoglio, forse fu perché ero come congelato , e paralizzato, tanto da non riuscire ad andare con lei , nonostante non volessi altro. E questa è la mia storia. E volete sapere cosa ho capito di me? E cosa penso?
 Non nascondo che vorrei tornare da te ,e che vorrei perlomeno rispondere a tutti i messaggi che mi invii in chat , alle tue chiamate… Ma il punto è che non ce la faccio.
Ma a chi la voglio dare a bere ! Io sono un bugiardo. Avevo detto di sentirmi solo , ma non è vero. E’ una menzogna , come è una menzogna la mia falsa serenità. Il fatto è che non sono solo , ci sei tu a tormentarmi , c’è il tuo fantasma , la tua presenza , il tuo spettro qui ad angosciarmi , ad affliggermi e a perseguitarmi. Lo senti il freddo ?  Lo senti Erika ? Oddio Erika , lo senti ? Senti ancora quel freddo di gennaio ? Io lo sento , e sento questo gelo che non mi abbandona da quando te ne sei andata. Te ne sei forse dimenticata ? Quando piangevi a dirotto ero io che asciugavo le tue lacrime! Come puoi averlo dimenticato ! Come puoi avere dimenticato che ero io ad abbracciarti ogni volta che eri triste ,e che ero io a farti sorridere quando guardavi con quegli occhi opachi ,spenti e con lo sguardo totalmente perso fuori da quella dannata finestra ! Odio il fatto che tu possa gestire una vita all’infuori di me! E’ vero sono un egoista. Il più egoista tra gli egoisti, ma non riesco a considerarti morta, solo perché sei diventata una presenza scomoda ! e soprattutto io non tollero che tu non abbia più bisogno di me !
Ho cercato così arduamente di convincermi che tu te ne fossi andata via. Ma il fatto è che non ci sono riuscito , poiché tu sei ancora qui a tormentarmi per la mia inettitudine ! Tu sei ancora qui con me, o, almeno è qui il tuo spettro , che non mi lascia mai solo, e non voglio altro che tu te ne vada! Non riesco a stare solo in nessuna situazione , in nessuna stanza e in nessuna via, strada o viale. Ho sempre paura , e riesco a vedere il fiato che espiro condensare una volta fuori dal mio corpo. Mi hai infestato … Sono una casa di spettri … e sento le ragnatele che sono state tessute in me, sento le porte scricchiolanti , e sento le catene che mi hai messo hai polsi , che cigolano mentre cammino! Io sto diventando qualcosa di freddo ,gelido , solingo , miserabile , degradato , invecchiato , deserto e desolato.
Sai una cosa ? Sai cosa pensa questo spettro ? Penso che il mio unico sollievo sia sperare che forse anche tu sei tormentata da me! E che anche io ti tormento al mattino , di pomeriggio e sera , anche io non ti faccio chiudere occhio la notte !,dimmi che non ne puoi più di me! , dimmi che hai paura ! Devi odiarmi !,presto fallo! , ho bisogno del tuo odio , dimmi che hai paura! Ammettilo ! Anche tu vuoi cacciarmi via , anche tu vuoi essere sola anche tu non ne puoi più della mia presenza  nella tua testa. Guarda cosa siamo diventati…la nostra storia è morta, ma non si è estinta. E’ diventata uno spettro che ci sta rendendo la vita impossibile.


O forse mi illudo. Tu non soffri. Io, in realtà, ero una casa di fantasmi ancora prima di conoscerti. Ero già vuoto e disabitato , pieno di ragnatele e morto da un pezzo. Ero uno dei tanti morti che odiavi. Ma era  quando  eri con me , che riuscivo a sentire un tepore provenire da te , che scacciava quel gelo. E’ così!… tu sei viva… vivissima. Infatti te ne sei andata via da questo miserabile paese , e da questo gregge malato , da questo volgo ! Hai avuto il coraggio di cambiare! Io sono morto invece… amore mio. Sai perché ? Perché i morti riescono benissimo a stare tra i vivi. E riescono benissimo a sopportare questo degrado. Io sono morto , proprio come tutti gli altri… solo che tu mi avevi fatto rinascere; tu , una ragazza così gracile pallida, che aveva amato un’orribile mostro , uno spettro. Ed è per questo che ora mi dispero. Uno spettro come me , aveva avuto il privilegio di assaporare la vita , da morto.
 
 
   
 
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