Cap.3
Sfiducia
Sono
al limite e sto
urlando il mio nome, a pieni polmoni, come uno stupido.
Steve
si sedette di scatto e chinò il capo, digrignando i denti.
"…
Ed io sono Capitan America!" tuonò.
Tony
incrociò le braccia, sogghignò.
“…
E sei stato ben addestrato” disse, sarcastico.
Lo
indicò con il capo, e socchiuse gli occhi.
“Io
sono Iron Man... E prima che tu lo chieda, è il mio nome da
super-eroe,
lavoro che svolgo da molto più tempo di te;
ghiacciolo”. Fece l'occhiolino. “In
quanto a competenze, vinco io”.
Steve
conficcò le unghie nel palmo e digrignò i denti,
rialzandosi
nuovamente.
“Tu
non vali neanche la metà di altre persone che ho conosciuto!
Scommetto
che lo fai solo per il tuo ego!” ululò.
Tony
roteò gli occhi.
“Sarei
tentato di citarti Il Re leone, ma temo tu non sia abbastanza colto
per cogliere il riferimento” disse.
La
porta automatica si aprì con un fruscio, Clint sporse il
capo.
“Signor
Stark ...”.
Sgranò
gli occhi, si mise sulle punte e guardò i due.
“Cosa?”.
Steve
indietreggiò, strinse i pugni e si mise in posizione di
combattimento
con le gambe piegate e aperte.
“Allora
è una base di super-eroi quella che mi tiene
prigioniero?” domandò.
Clint
si tolse lentamente la faretra dalle spalle, indietreggiò
fino alla
finestra.
“Perché
ci sono due Steve Rogers in casa?”.
Tony
si sbatté la mano sulla fronte e sbuffò.
“Proprio
quello che volevo evitare, Barton”.
Steve
impallidì e deglutì a vuoto.
“Un
clone o un sosia?” domandò e la voce gli
tremò.
Sentì
le gambe tremargli e s'irrigidì.
Tony
incrociò le braccia.
“Non
la seconda e poco probabilmente la prima. Le vostre similitudini
attualmente sono del 99,8%” informò.
Clint
aggrottò la fronte.
“Dobbiamo
avvisare gli altri”.
Tony
scosse il capo.
“Meno
gente lo sa, meno panico si scatenerà, più
probabilmente il falso si
tradirà”.
Clint
guardò Steve socchiudendo gli occhi chiari.
“Non
mi guardi così. Non so che idea abbia lei degli avversari,
ma si vede
che lei è addestrato e in uno scontro non potrei farle
granché. Soprattutto
contando che suppongo non siate in due e che lei non sia abituato a
muoversi da
solo.
Non
mi mette a fuoco da vicino, senza offesa” ribatté
Steve.
Indietreggiò
ancora, rimanendo in posizione difensiva, fino a raggiungere
la parete.
“Con
il suo siero, dubito di reggere il confronto” disse Clint.
Tony
socchiuse gli occhi, incrociò le braccia e
sogghignò.
“Ma allora non sai solo sparare
insulti sperando di trovare quello giusto”.
“Che
cosa mi distingue dall'altro?” domandò secco Steve.
Corrugò
la fronte e ansimò, avvertiva delle fitte alle tempie e la
vista si
oscurò.
<
Nessuno mi conosce, nessuno può testimoniare per me ...
forse potrei
rispondere a delle domande private? > si domandò.
“…
E lei non si sottovaluti solo perché riceve delle buche in
amore”
brontolò.
<
Sperando che quello che ha sul collo nascosto sia un succhiotto e non
una puntura di vespa > pensò.
Tony
spostò il peso da un piede all'altro facendo qualche passo
lateralmente, mosse il capo a destra e sinistra tenendo lo sguardo duro.
“Al
momento solo il livello di educazione”.
Clint
si poggiò con la schiena al davanzale della finestra
stringendo la
presa sull'arco.
“…
E la delicatezza nel psicanalizzare i fatti altrui”.
Steve
rimase rigido, contro il muro, ma abbassò le braccia.
“Non
mi piace essere preso in giro e voglio sapere contro cosa
combatto”
ribatté asciutto.
Tony
indicò Clint con il capo, assottigliò le labbra.
“A
me non piace mettere a rischio gli altri contro una potenziale
invasione
di simil-cloni perfetti”.
Clint
poggiò le mani sul davanzale della finestra, sollevando i
piedi da
terra.
“Ci
deve essere qualcosa che solo uno dei due sa”
suggerì.
<
In realtà li distingue anche la stazza, il Capitano
è molto più grosso
di quest’altro > pensò.
Tony
arricciò il naso, strofinò le labbra tra loro e
incrociò le braccia.
Clint
dondolò avanti e indietro, tenendosi al davanzale.
“Se
hanno gli stessi ricordi la vedo particolarmente dura” disse
Tony, e
gli indicò la porta con il capo.
“Esci.
Comportati normalmente. Niente allarmismi” ordinò.
Clint
storse il labbro, sbuffò ed uscì.
Tony
si avvicinò, si chinò in avanti e
indurì lo sguardo.
“Come
avresti voluto il tuo scudo?” chiese.
Steve
strofinò il piede per terra. Si grattò il
sopracciglio ed espirò.
“Non
lo volevo. Il discorso uscì tra me e Howard”
spiegò. Aprì la mano
sudata e se la guardò. “Io volevo difendere,
più che attaccare e gli raccontai
che spesso mi nascondevo dietro i coperchi delle spazzature dell'epoca.
Lui
fece per questo lo scudo tondo, ma si rese conto che non aveva il suo
solito
stile letale e perciò cercò di darmene
altri”.
Proseguì
e gli occhi gli si arrossarono.
Tony
grugnì, si passò la mano tra i capelli e
sentì delle fitte al petto;
che divennero una sensazione di gelo. Si sporse guardando Steve negli
occhi.
“Ti
devo le mie più sentite scuse... Capitano” disse,
freddamente. Gli
porse la mano, le dita tremavano leggermente.
<
Mi ha preso in giro per tre anni. Per tre anni! È stato mio
amico, il
mio capitano, avevo superato lo stupido odio infantile per Captain
America per
essere alleati... era tutta una bugia > pensò.
Il
viso di Steve si illuminò e sorrise, le iridi azzurre gli
brillarono.
“Mi
credi?” domandò e la voce gli tremò.
Tony
inspirò, espirò e annuì.
“Risposta
naturale, spontanea, sicura. Si tratta di mio padre, so di cosa
stiamo parlando. Quella era la risposta giusta. Qualsiasi altra
sarà quella
sbagliata” disse, scuro.
Chiuse
gli occhi, e deglutì.
<
Ora dovrò affrontare quel traditore >
pensò.