Il Cappellaio
Secondo
ciò che si ricordava Axel, dopo il giardino di siepi
avrebbe dovuto trovarsi il tribunale della regina rossa, anche se era da quando
erano atterrati con la Gummiship che qualcosa non gli
tornava.
Quando
faceva le missioni per l’organizzazione c’erano sempre sentinelle ovunque che
proteggevano i roseti e i possedimenti della Regina, ma ancora non avevano
intravisto nemmeno un essere vivente (chiamarli esseri umani era troppo, metà
di loro erano carte da gioco), nemmeno il Bianconiglio
col panciotto. Era tutto diverso da come se lo ricordava e sentiva che qualcosa
non quadrava.
“Questo
posto è tetro” commentò Rea, tremando lievemente.
Invece
di trovarsi al tribunale erano finiti in quella che una volta era la Foresta di
Loto e adesso si era ridotta ad un cumulo di macerie infinite.
Gli
alberi erano ormai spogli e la vecchia fioritura di fiori di loto era sparita
del tutto.
“Prima
non era così” le assicurò Axel, guardandosi attorno.
Aveva un brutto presentimento.
“In
che senso?” chiese lei, avvicinandosi un po’ al ragazzo. Quel posto era seriamente
da brividi, per non parlare del fatto che faceva anche freddo.
“Quando
venivo io qua, le cose erano molto più colorate e divertenti. Come l’entrata,
hai presente? Tutto dipinto in mille colori diversi, non… così tetro e buio” le
spiegò.
Superò
un ramo rinsecchito e proseguì senza preoccuparsi della ragazza, che inciampò e
cadde a terra.
“E-ehi!
Aspettami!” lo richiamò Rea, sentendosi una stupida.
Quando
provò a rialzarsi, però, qualcosa la bloccò a terra. Si guardò le caviglie.
“Ma
che… WAAAAAAAAAAAAAA!” lanciò un gridò spaventato quando una corda le si
strinse attorno ai piedi e fu tirata su di peso, rimanendo ciondolante legata
ad un albero.
Iniziò
a divincolarsi.
“Aiuto!
Aiuto!” si mise a gridare.
Axel tornò
indietro di corsa.
“Che
diavolo hai combinato?” l’aggredì arrabbiato.
“Io
niente! Sono solo inciampata! Liberami, ti prego!” lo implorò Rea, sull’orlo
delle lacrime.
Il
ragazzo le si avvicinò, ma poi sentì un rumore dietro di sé e si voltò di
scatto, sfoderando il Keyblade.
“Chi
va là?” domandò.
Ci
fu un fruscio, poi da un cespuglio apparve un uomo con un grosso cappello in
testa.
“Abbasso
la Mapocciona Caledetta”
esclamò questi, sorridendo.
Il
ragazzo rimase con la spada in mano e lo trapassò con i suoi occhi smeraldini.
“Chi
sei tu?” lo aggredì.
“La
domanda più giusta è chi sei tu. Questo è il mio parco giochi, non dovresti
stare qui” rispose l’uomo, ridendo.
Axel si rese
conto che somigliava a qualcuno, anche se non avrebbe saputo dire a chi.
“Mi
chiamo Axel, sono un amico” si presentò alla fine, abbassando
l’arma. Non la fece scomparire per paura che potesse arrivare qualche Heartless.
“E
io sono il Cappellaio Matto, al vostro servizio” ricambiò lui, togliendosi il
cappello e facendo un grosso inchino.
“Posso
sapere cosa state facendo qui?” domandò poi.
“Stiamo
cercando Alice” rispose il ragazzo, serio. Subito dopo guardò Rea con la coda
dell’occhio.
“E
tentiamo di liberare il salame appeso lì dietro” aggiunse ridendo sotto ai
baffi. La ragazza si dimenò.
“Non
chiamarmi salame!” esclamò infuriata.
Il
Cappellaio divenne serio.
“Alice,
dite? Beh, per quanto ne so io è alla corte della Regina Bianca, ma per
arrivarci… non so se sopravvivrete” li informò.
“Sappiamo
cavarcela” assicurò Axel. L’uomo lanciò un’occhiata a
Rea, che stava cercando di piegarsi verso le corde per liberarsi, poi alzò un
sopracciglio in un più che eloquente gesto di incredulità.
“È
più forte di come sembra” disse il ragazzo.
“Va
bene, se ne siete sicuri. Signorina salame, attenta!” le gridò, slegando con un
gesto della mano il nodo che teneva Rea legata all’albero.
Lei
cadde rovinosamente a terra, sbattendo il sedere sui rami secchi.
“Ahia!”
si lamentò.
Axel la fece
alzare, poi guardò il Cappellaio.
“Dov’è
la corte della Regina Bianca?” domandò.
“Sempre
dritto per di là, poi girate a destra e infine fate un giro su voi stessi”
rispose l’uomo ridendo istericamente.
Il
ragazzo sospirò, senza capire se quello che aveva detto era solo uno scherzo.
“Non
penso che questo matto ci sarà utile” commentò Rea, infuriata per la “Signorina
Salame”. Il Cappellaio mosse la mani in modo disordinato.
“Tecnicamente,
non sono proprio matto. Sono un Cappellaio Matto” precisò.
“Quale
dovrebbe essere la differenza?”
“Che
un Cappellaio Matto non è solo matto. Comunque io sto andando verso il castello
della Regina Bianca, se volete posso accompagnarvi” propose.
Axel stava per
rispondere di sì, ma la ragazza lo zittì con uno sguardo e gli si avvicinò
sussurrando.
“Siamo
sicuri di poterci fidare?”
“Abbiamo
altra scelta?”
“Io
propongo di abbandonarlo qui”
“Signorina
Salame, io ti posso sentire, lo sai? E comunque anche io mi abbandonerei qui,
di me solitamente non ci si può fidare” disse il Cappellaio, avvicinandosi di
soppiatto e infilandosi nel discorso. Rea sobbalzò.
“Va
bene, per me puoi venire con noi” decise Axel per
tutti.
“Ma…”
“Ti
ho detto che andiamo con lui” la zittì il ragazzo prima che potesse dire
qualsiasi cosa. Lei sbuffò e li seguì arrabbiata.
Effettivamente
il percorso non era dei migliori. Non per Rea, almeno, la quale aveva la triste
abitudine di cadere e farsi male anche in condizioni normali.
Non
c’era un pezzo di sentiero lungo più di dieci centimetri privo di ostacoli:
quando un ramo gigante, quando una pietra, quando si doveva arrampicare su un
albero e scendere dall’altro lato… era impossibile!
“Basta,
non ce la faccio più!” esclamò alla fine, appoggiandosi a un tronco per
riprendere fiato.
Si
guardò i vestiti, stupita del fatto che fossero ancora integri: probabilmente
le fate li avevano stregati per far sì che non si strappassero.
Axel le si
avvicinò, controllando che stesse bene.
“Dai,
fatti forza, non penso manchi molto. Cappellaio, quanto dobbiamo ancora
camminare?” domandò all’uomo. Quello si guardò intorno, valutando una
tempistica.
“In
fondo al sentiero a destra, direi. Cinque minuti di marcia, non di più”
rispose.
“Sentito?
Andiamo” le ordinò, tirandola per un braccio. Rea si lamentò con un gemito.
“Peggio
di così non potrebbe andare” disse stanca.
Come
se quelle parole avessero attratto chissà quale sfortuna, dal nulla apparvero
davanti a loro degli Heartless piccoli e colorati:
blu, rosso e giallo.
“Ancora?”
si chiese la ragazza, arretrando.
Axel fece
comparire il Keyblade nella sua mano e la fissò.
“Questi
attaccano con la magia, sta’ attenta!” esclamò. L’attimo dopo si era lanciato
verso i nemici a spada sguainata, menando fendenti a destra e a manca e
sconfiggendone uno dopo l’altro.
Rea
non riuscì a fare in tempo a capire cosa stesse succedendo che vide una serie
di cuori volare verso il cielo via, via che il ragazzo uccideva Heartless e sentì un dolore acuto al petto.
Si
portò le mani alla testa, sentendola scoppiare di pensieri e ricordi che non le
appartenevano.
“Voglio che lui soffra più di me,
voglio farlo stare male!”
“Non riesco ad alzarmi, mi sento soffocare!”
“Vi prego, aiutatemi a smettere
di piangere!”
“Basta!
BASTA!” gridò in preda al dolore.
Come
la prima volta il Keyblade le si materializzò in
mano, mandando lampi di luce in ogni direzione.
“Basta,
uscite dalla mia testa! Andate via!” urlò, fendendo l’aria con la lama della
spada.
Axel, che aveva
tolto di mezzo quasi tutti gli Heartless, la vide
accasciarsi al suolo piangendo e si preoccupò.
“Scusami,
ragazzo con i capelli per aria, la Signorina Salame si sente male” gli disse il
Cappellaio, indicandola.
“L’ho
vista!” rispose lui, acidamente.
Fece
sparire un ultimo nemico e poi si precipitò da lei, cercando di farla
riprendere.
“Rea?
Rea mi senti? Calmati!” provò a tranquillizzarla, ma la ragazza continuava a
piangere.
“Soffrono,
non li percepisci? Soffrono tutti quanti, è come un dolore infinito, non ha né
un inizio né una fine… soffrono e non so cosa fare per aiutarli” sussurrò,
tremando.
Il
cuore dell’ultimo Notturno Rosso scomparve in aria e Rea cadde svenuta tra le
braccia di Axel, che prontamente la sorresse.
Provò
a svegliarla ma inutilmente, così se la caricò in braccio e si alzò in piedi.
“Cappellaio,
quanto manca al castello?” domandò. L’uomo sorrise e indicò dietro di sé.
“Siamo
arrivati” rispose.