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Autore: Padmini    04/08/2014    0 recensioni
{Fan fiction sulla serie di libri Sherlock Lupin e Io}
Dopo mesi e mesi di lontananza, Arsène finalmente riesce a raggiungere i suoi amici, Irene e Sherlock, a Londra, con il circo del padre. I tre ragazzi, che proprio non sanno tenersi fuori dai guai, verranno coinvolti in un mistero che avrà per teatro proprio il circo di Theophraste e dovranno cavarsela tra trapezisti, domatori, maghi e i loro sentimenti.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Irene Adler, Nuovo personaggio, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La grande sera




Solo per miracolo riuscii ad addormentarmi quella notte. Dopo l'emozione che mi aveva dato l'incontro con Arsène avevo temuto di non riuscire a prendere sonno per almeno due giorni, invece mi svegliai riposata ed energica come al solito, felice di poter condividere i giorni a seguire con il mio amico. Stranamente, ma forse non poi così tanto, in quei momenti non pensavo ad altri che ad Arsène, forse perché lo vedevo così poco, al contrario di Sherlock che incontravo quasi ogni giorno.

Sapevo che ci sarebbe voluto del tempo prima che il circo fosse pronto per lo spettacolo, ma nel frattempo continuato a vivere le mie giornate, pur consapevole della presenza in città di una persona che le avrebbe rese emozionanti e memorabili.

La mattina continuavo a seguire le mie lezioni e il pomeriggio mi recavo alla caffetteria per condividere con i miei amici qualche ora di piacevole compagnia. Arsène era sempre allegro, galante e pieno di storie da raccontare dal momento che, viaggiando con suo padre o anche per conto suo, vedeva tanti luoghi nuovi e conosceva persone nuove. Più cresceva più il suo fascino aumentava. Il suo viso sempre abbronzato e sorridente, il suo fisico che sembrava essere stato scolpito da un artista e le sue battute sempre così divertenti che mi facevano piegare in due dal ridere, anche se non sarebbe stato il caso in pubblico. Tutto ciò scatenava in me una girandola di emozioni che oscuravano il resto. Fu incredibile come passare il tempo con lui lo facesse accelerare così, prima che me ne accorgessi, arrivò il giorno tanto atteso.

Avevo preparato mio padre e sapeva che sarei andata a vedere lo spettacolo. Lui non era mai stato amante del circo, perciò mi impose di farmi accompagnare dal signor Nelson, che accettò volentieri, soprattutto per poter vedere Arsène in azione nella pista, perché fino a quel momento lo aveva sempre visto solo durante le nostre stravaganti avventure.

 

Come programmato, ci trovammo il pomeriggio in caffetteria per la consueta tazza di cacao tutti insieme, ma ad una certa ora ci separammo, Arsène per mettere a punto i dettagli della sua esibizione, Sherlock, Orazio e io per ritirarci per la cena. Il circo era stato montato appena fuori Londra, nella brughiera di Hampstead, perciò decidemmo di prendere una carrozza e di cenare in una trattoria lì vicino.

Una volta che Arsène, che aveva beneficiato del nostro passaggio fino ai tendoni, proseguimmo il viaggio e ci lasciammo scaricare di fronte ad una locanda che a prima vista sembrava ideale per noi.

Io, lo ammetto, nonostante fossi sempre stata un'attenta osservatrice, quel giorno non avevo notato il viso di Sherlock, perciò rimasi a bocca aperta per lo stupore quando Orazio, nell'intimità della tavola che avevamo occupato per la cena, espose i suoi dubbi riguardo l'umore del nostro amico.

“Qualcosa non va, Sherlock?” gli chiese con nonchalance, versandogli da bere “Da quando l'ho vista oggi pomeriggio mi è sembrato di pessimo umore e più il suo amico Arsène rideva e scherzava, più lei si faceva scuro in volto”

Aveva parlato con naturalezza, senza giudizio nella voce, lasciando a lui la possibilità di spiegare la ragione del suo comportamento. Dal canto mio non mi ero resa conto di nulla. Arsène mi aveva ammaliata con la sua personalità e solo Orazio, sempre abituato a dover osservare ogni dettaglio e anche più cose alla volta, aveva colto il suo umore tetro. Sherlock non si scompose e rispose con la stessa disinvoltura.

“Sto bene. Ero solo pensieroso. Il fatto è che ...”

Restò con la bocca aperta, come se volesse pronunciare una 'a', ma non proseguì la frase subito, esitò qualche istante, in cerca delle parole giuste da pronunciare.

“Il fatto è che mia sorella non sta molto bene. Avrebbe voluto venire con noi ma ha la febbre. Tutto qui. Era triste per essere rimasta a casa, ma tra qualche giorno sarà già guarita.”

Per confermare ciò che aveva appena affermato sorrise, ma subito dopo rivolse lo sguardo alla cameriera che si era avvicinata al nostro tavolo con le ordinazioni. Io avrei dovuto incoraggiarlo a dire la verità, a sfogarsi finalmente con noi, ma in quel momento ero troppo eccitata per ciò che stava per accadere che non prestai attenzione a lui e nemmeno alla cena, che mangiai distrattamente, non badando neppure alle occhiatacce critiche del signor Nelson.

Potevo avvertire nell'aria l'eccitazione elettrica che precedeva uno spettacolo come quello che stavamo per vedere.

 

Poco più tardi, dopo una breve passeggiata, giungemmo al circo. Sperai di intravedere Arsène entrando, ma c'era così tanta gente che si accalcava all'entrata che mi sentii persa, perciò cercai solamente di aggrapparmi al signor Nelson o a Sherlock per non perdermi tra la folla. Cercando la mano dell'uno o dell'altro incontrai invece la presa salda e rassicurante di Arsène. Mi voltai e vidi che ci aveva raggiunti tra le persone in fila per comprare il biglietto.

“Muovetevi!” ci esortò, trascinandomi via, assicurandosi naturalmente che anche Sherlock e Orazio ci seguissero “Vi ho preso i posti in prima fila! Mio padre non vuole assolutamente che paghiate il biglietto, non dopo quello che avete fatto per lui!”

Solo quando finalmente raggiungemmo i nostri posti riuscii a ringraziarlo a dovere.

“Tuo padre è molto gentile, Arsène” mormorai, accomodandomi “Sinceramente non credo che ...”

“Non parlare” mi zittì lui, facendomi l'occhiolino “Mio padre ci è riconoscente ancora da quando lo abbiamo scagionato dall'accusa di omicidio e voleva sdebitarsi in qualche modo, perciò goditi lo spettacolo e non preoccuparti!”

Gli sorrisi e lo osservai mormorare qualcosa all'orecchio di Sherlock, che sogghignò in risposta, e correre via verso il retro del palcoscenico, dove di certo si celavano gli artisti che ci avrebbero deliziati quella sera.

Ormai era tutto pronto. Ci volle ancora una decina di minuti perché tutti gli spettatori occupassero le panche e l'ingresso fosse chiuso. Due artisti, che riconobbi come due trapezisti, chiusero le tende e tutto si fece buio. D'istinto cercai la mano di Sherlock e la strinsi forte, emozionata. Pian piano si accesero le luci, dapprima lentamente, poi tutte insieme, e la pista venne illuminata. Mi voltai verso il mio amico e, non voglio nasconderlo, con una certa sorpresa, lo vidi sorridere per la prima volta da parecchi mesi. Sorrisi a mia volta e non lasciai la presa, sorprendendomi ancora di più del fatto che mi piaceva quel contatto con lui.

Pochi istanti dopo comparve, in groppa ad un cavallo senza sella, Theophraste. Si esibì in una serie di acrobazie una più audace dell'altra, infine saltò giù e congedò il cavallo con un fischio, rispedendolo dietro le quinte.

“Madames et Monsieur, benvenuti al grande circo di Theophraste Lupin!”

Strinsi di più la mano a Sherlock, mentre la musica riempiva il tendone, facendomi battere forte il cuore. Lo spettacolo stava per avere inizio.

   
 
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