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Autore: Padmini    30/07/2014    2 recensioni
{Fan fiction sulla serie di libri Sherlock Lupin e Io}
Dopo mesi e mesi di lontananza, Arsène finalmente riesce a raggiungere i suoi amici, Irene e Sherlock, a Londra, con il circo del padre. I tre ragazzi, che proprio non sanno tenersi fuori dai guai, verranno coinvolti in un mistero che avrà per teatro proprio il circo di Theophraste e dovranno cavarsela tra trapezisti, domatori, maghi e i loro sentimenti.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Irene Adler, Nuovo personaggio, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Arriva il circo!




Se dovessi paragonare la mia vita ad un elemento naturale sceglierei un fiume.

Un fiume non sta mai fermo e non è mai uguale a se stesso, a tratti è impetuoso, la corrente fa scorrere la vita rapidamente, con salti e corse sfrenate, che ti lasciano senza fiato per la sorpresa, in altri casi è tranquillo e placido, quasi noioso. Un fiume inoltre non è una linea retta che parte dalla sorgente e arriva al mare, ha mille curve e devia quando meno te lo aspetti.

Questa è la mia vita e così è sempre stata. Non appena mi abituavo all'andamento degli avvenimenti, noiosi o avventurosi che fossero, tutto prendeva una nuova direzione. Incontravo anse, paludi, cascate, che trasformavano ciò che era certo, lasciandomi con la sorpresa e la necessità di dovermi adattare di volta in volta a ciò che mi accadeva.

Accadde tutto in pochi giorni, come spesso mi succedeva. Il fiume della mia vita scorreva sereno e tranquillo per mesi e mesi, poi qualcosa di inatteso e sempre sorprendente lo faceva deviare, certe volte lentamente, certe altre con un salto vertiginoso che mi lasciava senza fiato. Come quando scoprii le origini dei miei veri genitori o quando vidi sparire la luce dagli occhi della donna che per tutta la vita che avevamo vissuto insieme avevo chiamato madre, anche quell'estate segnò per sempre la mia vita e in un modo del tutto inaspettato, come da tradizione.

Quando finalmente credevo di aver compreso una persona, questa sconvolgeva le mie certezze, mostrandomi ciò che fino a quel momento, per pigrizia o per paura, non avevo voluto vedere.

Erano trascorsi alcuni mesi da quando avevamo aiutato Orazio a scagionare il suo amico, il Capitano Hirst, dalle accuse che lo avevano quasi portato sula forca. L'emozione di quei giorni sembrava essere partita con Arsène, che era tornato da suo padre per lavorare nel circo.

Io e Sherlock continuavamo a frequentare la scuola e a vederci di tanto in tanto alla caffetteria, dove bevevamo litri e litri di cacao, ma sentivo che senza il nostro amico non era la stessa cosa. Anche Sherlock era cambiato, come sempre cambiava quando Arsène non era presente. In quel periodo però sembrava ancora più diverso del solito. Era chiuso in se stesso, taciturno e a tratti freddo, ma conservava sempre quel piglio di pazzia che gli permetteva di fare cose impensabili, nelle quali mi coinvolgeva, con mio rammarico sempre meno spesso. Sembrava che volesse ritagliarsi un'intimità tutta sua, uno spazio personale per riflettere. Ovviamente, o forse non così tanto, quando ci incontravamo per il nostro cacao, mi raccontava le sue avventure: le sessioni di tiro al bersaglio nella vecchia stazione abbandonata, la catalogazione dei tipi di terriccio che trovava nelle varie zone di Londra, lo studio delle impronte delle scarpe e dei copertoni delle ruote delle carrozze e delle biciclette, nonché la memorizzazione della mappa di Londra, dal viale più ampio al vicolo più stretto.

I giorni trascorrevano tutti uguali, tra lezioni di canto e piacevoli chiacchierate con Sherlock, il cui carattere sembrava cambiare di giorno in giorno, sfuggendo dal mio controllo e dalla mia comprensione. Non potevo sapere però che presto la sequenza di albe alternate a tramonti che sembrava dipanarsi davanti a noi senza avvenimenti degni di nota sarebbe stata bruscamente interrotta da dei fatti che avrebbero invertito tutto ciò di cui ero sicura.

L'avventura iniziò con l'arrivo a Londra del circo di Theophraste Lupin.

 

Non era una cosa così eccezionale che il circo del nostro amico facesse tappa anche a Parigi, ma per me e Sherlock era un avvenimento da non perdere, non tanto per poter ammirare le mirabolanti acrobazie dei trapezisti o la maestosità degli animali, ma perché potevamo rivedere Arsène.

Eravamo entrambi seduti nelle nostre poltrone alla caffetteria quando leggemmo sul giornale l'annuncio che presto la città sarebbe stata illuminata dal circo.

“Hai visto, Sherlock?” gli domandai, facendogli vedere la pagina “Arsène tornerà presto in città!”

Ero euforica, facevo fatica a stare ferma sulla sedia, e mi aspettavo una reazione simile anche da parte del mio amico, ma mi sorprese. Fissò a lungo il foglio mentre nei suoi occhi si sussegguivano una serie di emozioni, così rapidamente che feci fatica a seguire il corso dei suoi pensieri. Infine, forse con una certo sforzo, sorrise.

“È fantastico, Irene” mormorò, alzandosi in piedi “Ora ti chiedo scusa, ma devo andare o mia madre mi verrà a cercare ...”

Non mi diede il tempo di rispondere e se ne andò, ma io ero così eccitata per il ritorno del mio amico che nulla mi avrebbe potuto distrarre. I giorni successivi mi sarei pentita di quella mia superficialità. In quel momento però non sentivo e non vedevo nulla che non fosse la prospettiva di incontrarmi nuovamente con il mio amico.

 

Una settimana più tardi, mentre ancora in città non c'era traccia del tanto desiderato circo, ricevetti una visita inaspettata. A dir la verità speravo in un'incursione notturna da parte di Arsène, ormai lo conoscevo abbastanza bene da sapere che era troppo impaziente da poter aspettare il giorno successivo per potermi vedere, e la cosa non poteva che riempirmi di gioia.

Stavo dormendo, placidamente stesa nel mio letto, quando sentii il cigolio della finestra che si apriva. Mi misi subito in allerta, non si poteva mai sapere chi o cosa potesse entrare, ma riconobbi immediatamente la sagoma del mio amico e mi rilassai. Raccolsi alla cieca la vestaglia e, assicuratami che mi coprisse decentemente, accesi la lampada che tenevo sul comodino e gli corsi incontro. Non fece in tempo a dire alcunché perché lo abbracciai e anche lui, dopo un istante di sorpresa, ricambiò la stretta.

“Arsène! Sapevo che saresti venuto a trovarmi!” esclamai gioiosa, pur mantenendo un tono di voce bassa, perché né mio padre né il signor Nelson potessero sentirmi.

Lui sciolse l'abbraccio solo per potermi guardare in viso.

“Non avrei potuto mancare a questo appuntamento per nulla al mondo!” mormorò lui con un sorriso malizioso.

“Non avevamo nessun appuntamento, signoru Lupin!” risposi io, fingendomi offesa.

“Come no! Forse non lo avevamo formalmente, ma ogni qualvolta metto piede a Londra mi sento in dovere di farti una visita notturna, mia cara ...” mi spiegò lui, facendomi tanto di occhiolino.

“Sei stato anche da Sherlock?” gli chiesi, credendo che mi avrebbe risposto di sì, ma si fece scuro in volto.

“No, da lui non vado quasi mai. Dorme con sua sorella, rischierei di svegliarla. Venire a trovare te è meno rischioso e molto più piacevole, te l'assicuro!” mi sussurrò, con quel piglio da conquistatore che lo aveva sempre contraddistinto. Non pensai male, la sua era una ragione più che valida per non andare a trovare Sherlock, ma in quel momento, in fondo al mio cuore, un sentimento di tristezza si era impiantato come un seme e, proprio come avrebbe fatto una pianta, sarebbe cresciuto fino a diventare incontrollabile. In quel momento, ovviamente, non ci pensavo.

“Domani verrai in caffetteria?” domandai a bruciapelo, vedendo che si stava già lentamente muovendo verso la finestra.

“Certo, non preoccuparti. Purtroppo potrò stare pochissimo perché, almeno i primi giorni, dovrò aiutare a montare il tendone”

Gli sorrisi, incapace di trovare una risposta decente. Ero così felice che fosse in città che la mia mente sembrava annebbiata e, come spesso accadeva, Arsène le diede il colpo di grazia. Dopo essersi allontanato da me di qualche passo si avvicinò con un balzo e mi sfiorò le labbra con un bacio, che ricambiai appena perché lui era già tornato sul balcone.

“Buonanotte, mia dolce dama” soffiò dolcemente “è stato un piacere rivederti”

Io restai immobile, sopraffatta da troppe emozioni, e lo lasciai andare via senza proferir parola. Solo dopo qualche minuto, quando finalmente riebbi il controllo di me, mormorai una debole risposta.

“Anche per me …”

   
 
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