Capitolo 6
Attendemmo
in silenzio, poi il mio infallibile udito –aiutato dal mio sesto senso- mi fece
spalancare gli occhi e trattenere il respiro. Vedendomi muovere di scatto, Connor mi fissò e Charles si guardò intorno.
«Sono qui?» Sussurrò il mio socio.
«Sshh. Ho
sentito un rumore di ruote e zoccoli, devono essere loro» mi alzai restando acquattato dietro la roccia
e i cespugli, attendendo che le giubbe rosse entrassero nel mio campo visivo.
Ed eccole, infatti, avanzare marciando lungo il sentiero principale. A capo
c’era la cavalleria –saranno stati una trentina di soldati- di cui i primi tre
erano sicuramente i comandanti date le medaglie che addobbavano le loro divise,
seguiti a ruota da una decina di carri e dietro ancora la fanteria; a occhio e
croce quelli a piedi saranno stati un centinaio o due.
Aspettai che passassero tutti, persino che
l’ultimo superasse il masso dietro il quale eravamo nascosti di una decina di
metri, poi scivolai nei cespugli, seguendoli.
«Andate prima voi, Signore?» Sussurrò Charles
allungando il collo nella mia direzione. Mi voltai verso di lui e annuii, poi
accelerai il passo fino ad essere ad un paio di metri dalla mia vittima.
Fischiai piano, giusto quel che bastava per
essere udito dalla mia preda che, come previsto, si fermò per guardarsi
indietro. Non mi notò, ero mimetizzato nei cespugli e l’erba alta, quindi
fischiai di nuovo e, stavolta, la giubba rossa avanzò verso di me
–inconsapevolmente- di qualche passo. Aspettai qualche secondo, poi scattai in
piedi e l’afferrai con forza, premendogli una mano sulla bocca per poi tirarlo
giù nel cespuglio. Si dimenava come un forsennato, per Dio.
Misi l’altro braccio intorno al suo collo e lo
obbligai a sdraiarsi a terra. Lo bloccai mettendomi sopra di lui, poi presi un
sasso e glielo ficcai in bocca di prepotenza, usando due dita per spingerglielo
in gola. Boccheggiava e tentava di liberarsi graffiandomi il volto, ma io
continuavo a tenergli chiuse le labbra con entrambe le mani, mentre lo
sventurato sotto di me serrava gli occhi e li riapriva, piangendo. Dopo poco le
mani ricaddero lungo i fianchi, così gli tolsi la giacca, la camicia e i
calzoni.
Feci cenno a Charles di entrare in azione, lui e Connor partirono: uno correndo a terra, mio figlio saltando
di ramo in ramo, come sua madre. Ne approfittai per prendere gli abiti del
soldato senza però perdere d’occhio quei due. Charles si nascose dietro un
cespuglio, mio figlio era acquattato sul ramo esattamente sopra gli ultimi due
soldati. Li vidi mentre si guardavano come per attaccare insieme, infatti al
cenno d’intesa di Connor, Lee sbucò dal cespuglio e
il ragazzo si lasciò cadere dal ramo, conficcando la lama celata nel collo
della giubba rossa. Charles, invece, prese da dietro l’Inglese premendogli una
mano sulla bocca, per poi trascinarlo nell’erba alta. Dopo qualche secondo
sentii un crack inconfondibile, segno che il collo della giubba rossa si era
rotto sotto le mani del mio compare.
Sollevato dal fatto che fosse andato tutto
liscio, mi alzai sollevando la divisa del soldato, la piegai e la misi in un
borsone assicurato alla sella del mio cavallo, poi montai e li raggiunsi
tenendo gli altri due purosangue per le briglie.
Aspettai che Charles e Connor
spogliassero i cadaveri e posassero i loro vestiti nelle borse, poi montarono e
iniziammo a muoverci, seguendo a debita distanza le giubbe rosse che ormai si
erano allontanate. Non avevo fretta, li avremmo raggiunti all'accampamento e da
quel momento sarebbe iniziato il piano.
«Come va la ferita, Signore?» Domandò Charles
trottando alla mia destra.
«Per ora bene» feci una piccola pausa lanciando a
mio figlio -alla mia sinistra- un'occhiata «Anche se avrei preferito non
averla» Connor non disse nulla, ricambiando però il
mio sguardo.
«È stato un incidente» si giustificò tornando a
guardare la strada.
«Un po' come la tua nascita» Charles non perse
occasione, sbuffai.
Connor
si voltò fulmineo verso Lee, incenerendolo con lo sguardo.
«L'avreste evitata facilmente se non aveste avuto
a che fare con la mia gente» rispose acido, proprio come una vecchia zitella.
Stavolta non mi trattenni.
«Se non fossimo intervenuti sareste tutti morti,
e tu non saresti nato per il semplice fatto che vi avrebbero sterminati prima
ancora di dire A»
«Cosa che stanno ancora cercando di fare» e mai
smetteranno, mio caro ragazzo.
«Ma che noi abbiamo impedito» lo sentii
schioccare la lingua, contrariato.
«Non sei mai piaciuto a quelli del mio villaggio»
certo, tranne a tua madre.
«E indovina la cosa quanto mi turba? Dovreste
come minimo esserci riconoscenti» strinsi le redini tra le mani per trattenermi
dal dargli una sberla.
«Questo mai; persino mia madre ha tagliato con te
quando ha capito chi eri» sorrisi divertito e allargai le braccia, tenendo le
briglie del cavallo con la mano destra.
«L'ha mai chiesto, forse? Mai sostenuto di essere
un Assassino. Non ho mai nascosto la mia identità, si è lasciata confondere da
una stupida arma» mi pentii in quel preciso istante di non aver parlato quel
famoso giorno, quando venni cacciato da Tiio. Avrei potuto
giustificarmi, inventarmi qualcosa, ma sapevo non sarebbe servito. Quella donna
non era una stupida, non avrebbe comunque ascoltato quello che avrei detto a
mia discolpa. Era vero? Oppure stavo cercando l’ennesima giustificazione per il
poco coraggio che avevo avuto? Avevo solo rubato un’arma e nemmeno
intenzionalmente, me l’ero ritrovata in mano per scampare alla morte per
l’ennesima volta. Curioso, vero? Alla fine i legami con gli Assassini non
riuscivo ad evitarli.
«Arma che non ti appartiene. A chi l'hai rubata?»
«Ad un illuso che sperava di uccidermi» e che mi
fece perdere la mia spada corta, l’unico ricordo che avessi di mio padre.
Vecchio bastardo «Dev'essere una caratteristica comune agli Assassini,
l'idiozia» sentii Charles sghignazzare sottovoce «Ma questo è un altro
discorso» continuai «Le nostre azioni vengono interpretate diversamente in base
alla nostra ideologia? Buono a sapersi» era questo che non tolleravo e che mai
avrei perdonato a Tiio.
Ero stato un po’ opportunista con lei, lo ammetto.
Ero stato un uomo dal doppio volto e l’avevo usata per raggiungere i miei
scopi, ma non l’aveva fatto anche lei? Non mi aveva ricattato e sfruttato per
liberarsi di Braddock? L’aveva fatto eccome e me ne
resi conto subito, ma nonostante ciò sentivo che supportarla era la cosa giusta
e mi sentii meno bastardo autoconvincendomi che, in fondo, la stavo aiutando
perché volevo.
«L'ideologia non c'entra, ti stai nascondendo
dietro a delle belle parole. Avevate altri piani, a te interessava il
medaglione» restai in silenzio. Come faceva a conoscere il medaglione Mohawk?
Che gliene avesse parlato Tiio? Ma a che proposito?
Ad un moccioso di dieci anni non sarebbe importato. O forse... Achille.
«Non parlare di cose che non conosci, ragazzo» mi
limitai a dire.
«Ne so abbastanza da poter affrontare il
discorso» fece accelerare di poco il cavallo, affiancando il mio.
«Oh, no, non credo» lo guardai severo. Quel
marmocchio aveva appena iniziato a vivere e già aveva la presunzione di
mettersi al mio livello? Oh, no, non l’avrebbe avuta vinta con me. Spronai il
cavallo per il nervoso e troncai lì il discorso, non avevo né tempo né voglia
di parlare a vuoto con Connor, tanto non avrebbe
capito. Era troppo stupido e ottuso.
Proseguimmo ancora per un paio di chilometri, le
giubbe rosse erano ormai fuori dal nostro campo visivo, ma le tracce delle
ruote dei carri e le impronte degli zoccoli mi confermarono di aver imboccato
le strade giuste ai pochi bivi che avevamo incontrato. Provai pena più che per
i cavalli che per Connor –che dalla sua espressione
pareva stremato-, quindi decisi di fermarmi; uscii nuovamente dal sentiero e mi
addentrai tra gli alberi quel tanto che bastava per non essere visti a primo
impatto. Smontai da cavallo e legai le briglie al primo albero vicino, lo
stesso fecero Charles e Connor.
Mi guardai intorno, il sole stava tramontando e,
a breve, il buio del bosco ci avrebbe impedito ogni movimento.
«Meglio
muoverci a montare la tenda se vogliamo un riparo entro la notte» dissi
prendendo la pelle arrotolata e legata dietro la sella del mio cavallo. Charles
non se lo fece ripetere due volte, accorse subito aiutandomi a distendere la
pelle per terra. Guardai Connor.
«Mentre
noi la montiamo, tu pensa a saldarla al terreno, ok?» Indicai degli spuntoni di
legno legati a delle corde che, a loro volta, erano assicurate agli angoli
della tenda. Lui annuì, iniziando a piantare nella terra fredda e umida il
primo pezzo di legno appuntito per poi legargli attorno la corda.
Io,
intanto, presi un lembo della pelle e lo legai ad un piccolo ramo basso
sporgente, Charles fece la stessa cosa dall’altro lato.
«Ben
fatto, Signore.» sorrise soddisfatto del nostro lavoro. Mi limitai ad annuire,
dargli una pacca sul braccio ed uscire dalla tenda, constatando con immenso
piacere che Connor aveva appena finito di piantare
l’ultimo spuntone.
«Ottimo.
Sarà meglio che voi due andiate a cercare un po’ di legna» dissi avvicinandomi
ai cavalli.
«Perché
dovremmo andare noi? Non potete andare tu e l’altro?» Mi voltai giusto in tempo
per vedere l’espressione di Charles, che interpretai come un misto di odio,
ribrezzo e solo Dio sa cos’altro.
«Gradirei
che mi chiamassi con il mio nome, indiano» oh no, non di nuovo. Vi prego.
«Perdona
la mia mancanza, ma di solito non mi appunto i nomi di chi devo uccidere»
roteai gli occhi, esasperato.
«Non
saresti in grado di accoppare una lepre» mi morsi l’interno delle guance per
non scoppiare a ridere, poi mi voltai e presi dal purosangue di Charles le
pelli e le coperte che avremmo usato di notte.
«State
diventando noiosi, voi due» borbottai tornando vicino alla tenda «ora andate,
tra non molto sarà buio» sentii sbuffare e non ebbi dubbi su chi fosse: mio
figlio.
«Smettila
di dare ordini, non siamo i tuoi schiavi. Perché non vai tu a cercare la legna,
eh?» Dio santissimo, legatemi o lo uccido,
pensai.
«Mastro
Kenway è ferito, razza di idiota» intervenne Charles.
Ah, vecchio mio, se ti avessi lasciato solo con quel ragazzino non avreste
fatto molta strada. No, avreste perso tempo a litigare come marmocchietti.
«Esattamente,
e visto che è solo colpa tua, mi sembra il minimo che tu possa fare per
rimediare» lanciai le coperte dentro la tenda con indifferenza, quando mi
sentii afferrare il braccio dalla mano possente del ragazzo.
«Non
usarla come scusa» parlava della feria? Oh, cielo, pensava che fossi caduto
tanto in basso?
«Non
l’ho mai fatto. Allora obbedisci perché te lo sto ordinando io. Che ti piaccia
o no, figliolo, farai ciò che ho detto» strattonai il braccio ed entrai nella
tenda ignorando le frecciatine che continuavano a lanciarsi Charles e Connor, poi fortunatamente si allontanarono.
***
Charles
mi afferrò un braccio e mi tirò lontano dalla tenda. Io mi strattonai subito,
farmi toccare da quel tizio era l'ultima cosa che desideravo.
«So
camminare da solo, grazie!» Sbottai irritato.
«E
allora fallo, ragazzino» si abbassò a raccogliere un ramo secco, poi si guardò
intorno per cercarne altri. Lo imitai, raccogliendo ogni pezzo di legno che
potesse essere utile.
Di
tanto in tanto lo guardavo con la coda dell'occhio, stando sempre attento a non
farmi notare. Anche lui, come mio padre, sembrava tenersi in forma nonostante
l'età. Cercai di immaginarmelo a scalare palazzi e saltare da un tetto
all'altro, ma non mi sembrava il tipo.
Cosa
aveva visto mio padre in Charles? Perché lui e non Thomas? O Johnson? Era
davvero così abile? O era il suo prediletto semplicemente perché strisciava ai suoi piedi? Tutta questa
adulazione nei confronti di mio padre non la capivo; era il suo Maestro, sì,
quindi avrei dovuto fare lo stesso con Achille?
Un
improvviso fruscio mi destò dai miei pensieri, ma notai subito un coniglio
scappare impaurito, quindi non mi preoccupai.
Charles
scattò in piedi, portando la mano alla pistola alla cintola.
«Calma,
era solo un coniglio» tentai di rassicurarlo.
«E
perché non l'hai preso? Sarebbe stato la nostra cena»
«Speravo
in una preda migliore» lui roteò gli occhi, poi mi si avvicinò.
«Abbiamo
raccolto legna a sufficienza, vado a portarla dalla tenda. Tu pensa al cibo»
senza dire nulla gli posai la legna sul mucchietto di rami che aveva in
braccio, poi tornò indietro. Io, invece, mi arrampicai su un albero per
scrutare la zona.
***
Dopo
aver sistemato i giacigli per la notte, ero riuscito a trasportare due tronchi
di medie dimensioni vicino alla tenda, davanti alla quale avremmo acceso il
fuoco. Quando arrivò Charles mi ero seduto da poco -per riflettere- e notai
subito la mancanza di Connor.
«Ecco
la legna, Signore» la lasciò cadere a terra sbuffando «l'indiano sta cacciando»
aggiunse poi.
Mi
avvicinai ai rami e ne presi uno piccolo, impilai un paio di foglie secche ed
iniziai a sfregare un'estremità del legnetto su di esse.
«Non
sapevo sapeste accendere un fuoco, Signore» commentò Lee osservandomi.
Continuai a ruotare il rametto tra i palmi delle mani e, finalmente, una
fiammella iniziò a divorare le foglie.
«Ci
sono molte cose che non sai, Charles» avvicinai il focherello al resto della
legna, attendendo che anche gli altri rami prendesse fuoco.
«Siete
un uomo pieno di risorse, Mastro Kenway» sorrise. Si
era forse dimenticato della mia avventura
nel bosco con Tiio? Non vi badai molto e afferrai un
paio di rami dal falò non ancora completamente acceso.
Charles
mi si sedette accanto, prendendo posto alla mia sinistra; notai che stava
fissando l'anello, lo stesso che tolsi ad Edward Braddock
dopo averlo ucciso. Se lo rigirò all'anulare destro tenendolo con il pollice e
l'indice ed io non dissi nulla, limitandomi a smuovere la legna per alimentare
il fuoco.
«Sono
contento di aiutarvi in questa causa, Mastro Kenway.
In questi anni ho capito molte cose» mi voltai verso di lui abbozzando un
sorriso, poi tornai a guardare per terra.
«Lo
so, Charles. Lo so. È per questo motivo che ho scelto te come prossimo Gran
Maestro»
«La
vostra decisione mi riempie d'orgoglio, non sapete quanto» fece una piccola
pausa «mi sembra solo ieri il vostro arrivo a Boston, non sapevo chi o cosa
aspettarmi»
«Eri
un ragazzo sveglio, lo capii subito. Avevi voglia di fare, di agire, ho
apprezzato molto i tuoi sforzi per entrare nell'Ordine» presi fiato e alzai lo
sguardo, fissando l’albero di fronte a me «mi sono solo limitato ad insegnarti
ciò che sapevo»
«Siete
un ottimo Maestro, Signore. Dico davvero» non risposi, non sapevo che dire, in
realtà.
L'avevo
visto crescere, quel ragazzo. Lo incontrai quando era ancora un ventiduenne
inesperto e ingenuo, l'avevo visto comprendere, impegnarsi, migliorare.
Semplicemente ero fiero di lui.
«Signore»
girai lo sguardo nella sua direzione per farlo continuare «prima, quando ero a
raccogliere la legna, ho riflettuto molto...» si guardò ancora l'anello.
«Riguardo
cosa?»
«Questa
situazione, il ragazzo, voi. Comprendo bene che sia vostro figlio, ma rischia
di mandare in fumo i nostri sforzi. È pur sempre un nemico»
Deglutii
a fatica, come se in gola avessi un sasso grande abbastanza da soffocarmi. Mi
sentii stupido ancora una volta: Charles mi aveva dato l'ennesima dimostrazione
che Templari e Assassini si sarebbero sempre combattuti. Se solo avessi osato
confidargli la mia speranza di vederci uniti, probabilmente si sarebbe
dimenticato di essere il mio allievo, denunciandomi come traditore dell'Ordine.
Non
si sarebbero mai piaciuti, questo era chiaro.
«Non
ti è mai andata a genio nemmeno Tiio, dico bene?»
Sorrisi appena tendendo la mano verso il fuoco, ormai scoppiettante.
«Chi?»
Domandò perplesso.
«L'indigena,
Charles. La madre di Connor»
Ci
furono attimi di silenzio, forse cercava le parole adatte.
«In tutta
onestà, no, Signore. Mi sono domandato spesso cosa avesse acceso il vostro
interesse per quella femmina» a dire il vero non lo sapevo nemmeno io. Non
c’era una cosa in particolare, a dirla tutta, mi aveva colpito il coraggio, la
freddezza e la calma che la caratterizzavano. Raramente mi trovavo a mio agio
con le persone, forse solo con Holden e Charles. Senza il forse. Capii subito
di avere molto in comune con quella donna indiana e collaborare con lei fu,
forse, la cosa più strana ma sensata della mia vita.
«Non
saprei risponderti. È successo e basta, ma è acqua passata» smossi ancora la
legna, lo vidi annuire senza esserne però molto convinto.
«Siete
arrivato addirittura ad uccidere Edward Braddock.
Dovevate tenerci molto»
«Quell’idiota
non mi è mai piaciuto. Era un barbaro, un uomo senza scrupoli e
senza cervello. L’avrei fatto comunque, prima o poi» annuì ancora.
In
quel momento sentii un fruscio provenire da dietro la tenda, alzai lo sguardo e
vidi Connor con un’espressione soddisfatta in volto
e, in mano, teneva per le zampe un paio di lepri. Morte, ovviamente.
Hola! Siate sinceri, non è tenerello Charles? Dovete dire di sì, fatemi contenta. E
poi non fa altro che zittire e ridicolizzare Connor,
insomma, solo per questo “mille punti a Charles Lee!”. Vi stupirà quest’uomo,
garantito.
Grazie se siete arrivati a
leggere fin qui, ci si vede lunedì prossimo, adios!