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Autore: REAwhereverIgo    05/08/2014    2 recensioni
La battaglia per difendere la luce e ritrovare il vero Kingdom Hearts è ormai vicina. Non si può più sfuggire al destino, questo i possessori del keyblade lo sanno bene. Ma cosa succederà a Ventus, Xion e Roxas? È davvero inevitabile una nuova guerra?
Una nuova alleata sarà chiamata a lottare per il predominio della luce. Ma è davvero questo ciò che vuole?
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
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Al castello

“Il loro dolore sarà alleviato quando tornerete a mettergli fine”

“Altre ferite restano da curare”

“Vi prego, dite a Sora che deve riuscire a liberare coloro che sono collegati al suo cuore. Ventus… Roxas… XionNaminè…”

 

“Roxas… XionNaminèVentus…” ripeteva Rea, sussurrando.

Axel la guardò con le braccia incrociate, preoccupato. Quei nomi… avrebbe dovuto conoscerne solo uno, quello che lui stesso aveva pronunciato qualche ora prima, non tutti. Non era un caso che fossero proprio quei quattro che andava ripetendo, non poteva esserlo.

Iniziava seriamente a chiedersi chi fosse quella ragazza. Topolino aveva solo detto che poteva usare il Keyblade, senza dare altre spiegazioni. Sospirò.

“Scusami se ti disturbo, volevo sapere come sta la tua amica” gli chiese la Regina Bianca, entrando nella camera e sorridendo dolcemente.

Erano arrivati lì con Rea stretta tra le sue braccia e il Cappellaio che parlava, parlava e parlava. Senza quasi chiedere il loro nome aveva fatto portare dentro la ragazza, prontamente visitata dai medici di corte.

“Sapevo che sareste arrivati” gli aveva solo detto, per poi scomparire nei meandri del castello.

“Sì, tutto bene. Ancora non si è svegliata, ma almeno si muove” rispose lui, passandosi una mano tra i capelli. La donna gli sorrise gentilmente.

“Starà bene. Il suo cuore emana un’energia infinita, la sua missione la richiamerà alla realtà” gli assicurò.

“Speriamo” commentò il ragazzo, preoccupato.

La Regina Bianca gli si avvicinò comprensiva.

“Va’ a riposarti, ci penso io a lei” gli disse. Più che un consiglio era un ordine a cui, anche se detto nel modo più gentile possibile, non si poteva disubbidire. Axel annuì e uscì dalla stanza, ancora pensieroso, per raggiungere la sua camera.

 

Rea sentiva la testa pesante e non riusciva a capire cosa fosse successo. Ricordava… no, in verità non ricordava niente, nemmeno la più piccola scemenza.

“Ben svegliata, Rea” la salutò una voce, dolcemente. Lei aprì un occhio con molta fatica e si guardò intorno: vicino al suo letto, seduta a terra, c’era una donna col viso gentile e un sorriso tranquillizzante.

“C-chi sei?” le domandò.

“Io sono la Regina Bianca. Sei stata portata qui svenuta, ti abbiamo curata e messa a letto. Come ti senti?”

La ragazza ci pensò.

“Solo un po’ stordita” rispose.

“È normale. Un potere come il tuo porta a grande sofferenza, quando non si sa come usarlo” commentò la donna, alzandosi con un gesto veloce.

“Un potere… come il mio?” chiese Rea, sussurrando. La Regina annuì per poi sorriderle.

“So che vorresti saperne di più, scusami se ho parlato troppo, ma non è compito mio spiegarti cos’è successo. Sono convinta, però, che capirai tutto a breve. Adesso scusami, ma devo andare a vedere se tutto è pronto per il giorno Gioiglorioso, tu riguardati” si congedò. Lei si mise a sedere sperando di fermarla, ma era già scomparsa.

“Simpatica. No, sul serio, davvero tanto gentile” commentò acidamente.

Odiava quando le persone dicevano qualcosa e poi ritiravano tutto o, peggio, le davano un indizio per capire qualcosa e poi non spiegavano niente: era da sadici! Lei, poi, era curiosa come un gatto e ogni volta ci cascava!

Sbuffò e si alzò per sgranchirsi un po’ le gambe, poi le venne un dubbio: ma Axel dov’era?

Si affacciò in corridoio per controllare se per caso non fosse lì, ma non c’era nessuno in giro se non lei.

“Non dovrei allontanarmi di qui” si disse riflessiva.

Tutti i suoi buoni propositi, però, furono mandati in fumo quando vide un coniglio bianco col panciotto attraversare il corridoio. Sgranò gli occhi e si chiese se non fosse quello il famoso Bianconiglio che le aveva nominato Axel qualche ora prima.

“Ovviamente la cosa più saggia sarebbe stare qui. Ovviamente io non sono una persona saggia” commentò, correndo dietro all’animale.

Svoltò l’angolo e lo vide sparire dietro ad una porta, così lo seguì incuriosita: quel posto era sì tetro, però pieno di cose da scoprire!

“Aspettami!” gli gridò, andando più veloce che riusciva.

Quello si fermò un attimo, mosse la coda e poi ripartì di corsa, sparendo alla sua vista poco dopo.

Rea si fermò col fiatone e si guardò intorno: dov’era? Possibile che fosse scomparso così?

Si appoggiò sulle gambe, stanchissima.

“Maledizione, sono poco allenata per questo” osservò.

“E adesso dove vado?” si chiese.

Notò che era finita in una specie di grosso stanzone circolare dal quale si diramavano quattro strade diverse e storse la bocca: si era persa.

Ne imboccò una, sperando in bene.

 

“Io non lo so più che cosa dovrei fare. Tutti si aspettano che io sconfigga questo Ciciarampa, ma non ne sono in grado”

“Alice, la scelta è solo tua. Non si vive per accontentare gli altri”

Rea uscì da una delle porte trovate in fondo a un corridoio e trovò la Regina Bianca a parlare con una ragazza bionda. Si bloccò, temendo di aver interrotto qualcosa, ma poi si rese conto che nessuno si era accorto di lei e si nascose dietro ad una pianta.

La bionda si girò leggermente, rivelandole il suo volto, e Rea sentì una sensazione stranissima pervaderla, come se un ricordo lontano stesse cercando di tornare alla sua mente e lei non riuscisse a focalizzarlo. Sentì girare la testa e si portò una mano alla fronte, tentando di capire cosa stesse succedendo.

Si sentiva come se qualcosa le si stesse smuovendo dentro, un richiamo ancestrale vecchio come lo stesso universo: era il richiamo di qualcosa di familiare, che le apparteneva.

Si appoggiò alla pianta.

“Ehi, stai male?” le chiese qualcuno.

Alzò lo sguardo e si trovò davanti la ragazza bionda, che la guardava preoccupata. Sorrise con fatica.

“N-no, tutto ok” rispose.

“Sicura? Ti vedo pallida. Vieni, ti aiuto a metterti a sedere” le disse, allungando una mano.

Quando Rea la strinse fu come se un fiume in piena si riversasse nella sua mente, facendola inginocchiare dal dolore.

“Grazie, Sora, per aver chiuso la serratura oscura. Tu sei il prescelto del Keyblade

“Come hai detto scusa?”

Aveva parlato ad alta voce?

“Nulla, io… sono solo un po’ stanca” spiegò alla ragazza. “Alice… lei è Alice” le suggerì una vocina in testa.

“Se ti siedi è meglio, fidati”

“Grazie Alice” disse lei, mettendosi su una panchina di pietra. La bionda la guardò.

“Ci conosciamo noi due?” le chiese. La ragazza arrossì imbarazzata e poi scosse la testa.

“No, non credo” negò. Era vero, anche se era convinta di conoscerla non si erano mai viste.

Quella le si sedette accanto e poi sospirò.

“Meno male. Insomma, non penderla male, ma in tutto questo caos se avessi anche iniziato a dimenticare le persone sarebbe un guaio” disse guardando il cielo. Rea la osservò.

“Qualche problema?” domandò sinceramente interessata. Lei annuì.

“Sì, diciamo che sono… un po’ confusa, tutto qui. Le persone si aspettano da me qualcosa che io non posso proprio fare” le spiegò. La ragazza sorrise comprensiva.

“Come uccidere il Ciciarampa?” indagò. Un attimo dopo si chiese da dove quella domanda le fosse venuta fuori e, soprattutto, cosa fosse il Ciciarampa.

Alice sospirò.

“Non voglio farlo, tutto qui” rispose.

Rea si chiese come dirle che doveva seguirla. Quello non le pareva proprio il momento adatto per spiegarle la situazione. O no?

“Te lo ricordi Sora?” esordì. La bionda si voltò di scatto.

“L’eroe del Keyblade?”

“Esatto” confermò.

“Ovvio che me lo ricordo. Senza di lui due anni fa non saremmo stati in grado di chiudere il sigillo sulla serratura oscura” rispose Alice.

La ragazza sospirò e poi parò una mano davanti a sé. “Come aveva fatto? Ci aveva solo pensato?” cercò di ricordare il modo in cui Sora aveva evocato il Keyblade.

Sentì un lieve peso tra le dita della mano e aprì gli occhi: era comparso.

Alice trattenne il fiato.

“Sei una prescelta?” chiese incredula. Rea annuì contrariata.

“Così pare. Non ho ancora ben capito cosa sia una prescelta, cosa sia un Keyblade o cosa significhi e, soprattutto, non ho capito cosa io stia facendo, però sì, posso evocare una di queste spade strane” confermò. La appoggiò sulla panchina e sospirò.

“Pensa, sono dovuta partire con persone che a mala pena conosco e che mi hanno parlato, dopo nemmeno cinque minuti di conoscenza, di viaggi interdimensionali e principesse di luce, di oscurità, di serrature, di cattivi e organizzazioni, di Nessuno e di Heartless. Non ho la più pallida idea di cosa significhi tutto questo e, personalmente, vorrei solo tornarmene a casa e svegliarmi domattina con mamma che grida che è tardi” le raccontò.

Vide in cielo la Luna e sorrise.

“Però… non so, sento che la cosa giusta da fare è rimanere qui, con Axel, anche se tutta la situazione non mi è chiara. Non importa se io penso di non essere all’altezza della cosa, basta sapere che qualcuno crede in me” le assicurò. Poi la guardò sorridendo.

“Vada come vada andrà bene, penso”

“Perché sei qui? Intendo dire, come mai gli eroi del Keyblade sono tornati?”

“C’è una guerra in atto, credo, e abbiamo bisogno di riunire le principesse. Compresa te, temo” le spiegò.

Alice rimase in silenzio per un po’.

“Il destino alcune volte è strano. Chissà se davvero è già stato tutto scritto” si chiese.

Si alzò rimanendo zitta, poi si voltò verso Rea.

“Domani, dopo la battaglia, verrò con voi. Voglio aiutarvi” decise. La ragazza la guardò dolcemente.

“È la cosa giusta da fare”

 

 

  
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