Al castello
“Il loro dolore sarà alleviato quando tornerete a
mettergli fine”
“Altre ferite restano da curare”
“Vi prego, dite a Sora che deve riuscire a liberare
coloro che sono collegati al suo cuore. Ventus…
Roxas… Xion… Naminè…”
“Roxas…
Xion… Naminè… Ventus…” ripeteva Rea, sussurrando.
Axel la
guardò con le braccia incrociate, preoccupato. Quei nomi… avrebbe dovuto
conoscerne solo uno, quello che lui stesso aveva pronunciato qualche ora prima,
non tutti. Non era un caso che fossero proprio quei quattro che andava
ripetendo, non poteva esserlo.
Iniziava
seriamente a chiedersi chi fosse quella ragazza. Topolino aveva solo detto che
poteva usare il Keyblade, senza dare altre
spiegazioni. Sospirò.
“Scusami
se ti disturbo, volevo sapere come sta la tua amica” gli chiese la Regina
Bianca, entrando nella camera e sorridendo dolcemente.
Erano
arrivati lì con Rea stretta tra le sue braccia e il Cappellaio che parlava,
parlava e parlava. Senza quasi chiedere il loro nome aveva fatto portare dentro
la ragazza, prontamente visitata dai medici di corte.
“Sapevo
che sareste arrivati” gli aveva solo detto, per poi scomparire nei meandri del
castello.
“Sì,
tutto bene. Ancora non si è svegliata, ma almeno si muove” rispose lui,
passandosi una mano tra i capelli. La donna gli sorrise gentilmente.
“Starà
bene. Il suo cuore emana un’energia infinita, la sua missione la richiamerà
alla realtà” gli assicurò.
“Speriamo”
commentò il ragazzo, preoccupato.
La
Regina Bianca gli si avvicinò comprensiva.
“Va’
a riposarti, ci penso io a lei” gli disse. Più che un consiglio era un ordine a
cui, anche se detto nel modo più gentile possibile, non si poteva disubbidire. Axel annuì e uscì dalla stanza, ancora pensieroso, per
raggiungere la sua camera.
Rea
sentiva la testa pesante e non riusciva a capire cosa fosse successo.
Ricordava… no, in verità non ricordava niente, nemmeno la più piccola scemenza.
“Ben
svegliata, Rea” la salutò una voce, dolcemente. Lei aprì un occhio con molta
fatica e si guardò intorno: vicino al suo letto, seduta a terra, c’era una
donna col viso gentile e un sorriso tranquillizzante.
“C-chi
sei?” le domandò.
“Io
sono la Regina Bianca. Sei stata portata qui svenuta, ti abbiamo curata e messa
a letto. Come ti senti?”
La
ragazza ci pensò.
“Solo
un po’ stordita” rispose.
“È
normale. Un potere come il tuo porta a grande sofferenza, quando non si sa come
usarlo” commentò la donna, alzandosi con un gesto veloce.
“Un
potere… come il mio?” chiese Rea, sussurrando. La Regina annuì per poi
sorriderle.
“So
che vorresti saperne di più, scusami se ho parlato troppo, ma non è compito mio
spiegarti cos’è successo. Sono convinta, però, che capirai tutto a breve.
Adesso scusami, ma devo andare a vedere se tutto è pronto per il giorno Gioiglorioso, tu riguardati” si congedò. Lei si mise a
sedere sperando di fermarla, ma era già scomparsa.
“Simpatica.
No, sul serio, davvero tanto gentile” commentò acidamente.
Odiava
quando le persone dicevano qualcosa e poi ritiravano tutto o, peggio, le davano
un indizio per capire qualcosa e poi non spiegavano niente: era da sadici! Lei,
poi, era curiosa come un gatto e ogni volta ci cascava!
Sbuffò
e si alzò per sgranchirsi un po’ le gambe, poi le venne un dubbio: ma Axel dov’era?
Si
affacciò in corridoio per controllare se per caso non fosse lì, ma non c’era
nessuno in giro se non lei.
“Non
dovrei allontanarmi di qui” si disse riflessiva.
Tutti
i suoi buoni propositi, però, furono mandati in fumo quando vide un coniglio
bianco col panciotto attraversare il corridoio. Sgranò gli occhi e si chiese se
non fosse quello il famoso Bianconiglio che le aveva
nominato Axel qualche ora prima.
“Ovviamente
la cosa più saggia sarebbe stare qui. Ovviamente io non sono una persona
saggia” commentò, correndo dietro all’animale.
Svoltò
l’angolo e lo vide sparire dietro ad una porta, così lo seguì incuriosita: quel
posto era sì tetro, però pieno di cose da scoprire!
“Aspettami!”
gli gridò, andando più veloce che riusciva.
Quello
si fermò un attimo, mosse la coda e poi ripartì di corsa, sparendo alla sua
vista poco dopo.
Rea
si fermò col fiatone e si guardò intorno: dov’era? Possibile che fosse
scomparso così?
Si
appoggiò sulle gambe, stanchissima.
“Maledizione,
sono poco allenata per questo” osservò.
“E
adesso dove vado?” si chiese.
Notò
che era finita in una specie di grosso stanzone circolare dal quale si
diramavano quattro strade diverse e storse la bocca: si era persa.
Ne
imboccò una, sperando in bene.
“Io
non lo so più che cosa dovrei fare. Tutti si aspettano che io sconfigga questo Ciciarampa, ma non ne sono in grado”
“Alice,
la scelta è solo tua. Non si vive per accontentare gli altri”
Rea
uscì da una delle porte trovate in fondo a un corridoio e trovò la Regina
Bianca a parlare con una ragazza bionda. Si bloccò, temendo di aver interrotto
qualcosa, ma poi si rese conto che nessuno si era accorto di lei e si nascose
dietro ad una pianta.
La
bionda si girò leggermente, rivelandole il suo volto, e Rea sentì una
sensazione stranissima pervaderla, come se un ricordo lontano stesse cercando
di tornare alla sua mente e lei non riuscisse a focalizzarlo. Sentì girare la
testa e si portò una mano alla fronte, tentando di capire cosa stesse
succedendo.
Si
sentiva come se qualcosa le si stesse smuovendo dentro, un richiamo ancestrale
vecchio come lo stesso universo: era il richiamo di qualcosa di familiare, che
le apparteneva.
Si
appoggiò alla pianta.
“Ehi,
stai male?” le chiese qualcuno.
Alzò
lo sguardo e si trovò davanti la ragazza bionda, che la guardava preoccupata.
Sorrise con fatica.
“N-no,
tutto ok” rispose.
“Sicura?
Ti vedo pallida. Vieni, ti aiuto a metterti a sedere” le disse, allungando una
mano.
Quando
Rea la strinse fu come se un fiume in piena si riversasse nella sua mente,
facendola inginocchiare dal dolore.
“Grazie, Sora, per aver chiuso la serratura oscura. Tu
sei il prescelto del Keyblade”
“Come
hai detto scusa?”
Aveva
parlato ad alta voce?
“Nulla,
io… sono solo un po’ stanca” spiegò alla ragazza. “Alice… lei è Alice” le
suggerì una vocina in testa.
“Se
ti siedi è meglio, fidati”
“Grazie
Alice” disse lei, mettendosi su una panchina di pietra. La bionda la guardò.
“Ci
conosciamo noi due?” le chiese. La ragazza arrossì imbarazzata e poi scosse la
testa.
“No,
non credo” negò. Era vero, anche se era convinta di conoscerla non si erano mai
viste.
Quella
le si sedette accanto e poi sospirò.
“Meno
male. Insomma, non penderla male, ma in tutto questo caos se avessi anche
iniziato a dimenticare le persone sarebbe un guaio” disse guardando il cielo.
Rea la osservò.
“Qualche
problema?” domandò sinceramente interessata. Lei annuì.
“Sì,
diciamo che sono… un po’ confusa, tutto qui. Le persone si aspettano da me
qualcosa che io non posso proprio fare” le spiegò. La ragazza sorrise
comprensiva.
“Come
uccidere il Ciciarampa?” indagò. Un attimo dopo si
chiese da dove quella domanda le fosse venuta fuori e, soprattutto, cosa fosse
il Ciciarampa.
Alice
sospirò.
“Non
voglio farlo, tutto qui” rispose.
Rea
si chiese come dirle che doveva seguirla. Quello non le pareva proprio il
momento adatto per spiegarle la situazione. O no?
“Te
lo ricordi Sora?” esordì. La bionda si voltò di scatto.
“L’eroe
del Keyblade?”
“Esatto”
confermò.
“Ovvio
che me lo ricordo. Senza di lui due anni fa non saremmo stati in grado di
chiudere il sigillo sulla serratura oscura” rispose Alice.
La
ragazza sospirò e poi parò una mano davanti a sé. “Come aveva fatto? Ci aveva
solo pensato?” cercò di ricordare il modo in cui Sora aveva evocato il Keyblade.
Sentì
un lieve peso tra le dita della mano e aprì gli occhi: era comparso.
Alice
trattenne il fiato.
“Sei
una prescelta?” chiese incredula. Rea annuì contrariata.
“Così
pare. Non ho ancora ben capito cosa sia una prescelta, cosa sia un Keyblade o cosa significhi e, soprattutto, non ho capito
cosa io stia facendo, però sì, posso evocare una di queste spade strane”
confermò. La appoggiò sulla panchina e sospirò.
“Pensa,
sono dovuta partire con persone che a mala pena conosco e che mi hanno parlato,
dopo nemmeno cinque minuti di conoscenza, di viaggi interdimensionali
e principesse di luce, di oscurità, di serrature, di cattivi e organizzazioni,
di Nessuno e di Heartless. Non ho la più pallida idea
di cosa significhi tutto questo e, personalmente, vorrei solo tornarmene a casa
e svegliarmi domattina con mamma che grida che è tardi” le raccontò.
Vide
in cielo la Luna e sorrise.
“Però…
non so, sento che la cosa giusta da fare è rimanere qui, con Axel, anche se tutta la situazione non mi è chiara. Non importa
se io penso di non essere all’altezza della cosa, basta sapere che qualcuno
crede in me” le assicurò. Poi la guardò sorridendo.
“Vada
come vada andrà bene, penso”
“Perché
sei qui? Intendo dire, come mai gli eroi del Keyblade
sono tornati?”
“C’è
una guerra in atto, credo, e abbiamo bisogno di riunire le principesse.
Compresa te, temo” le spiegò.
Alice
rimase in silenzio per un po’.
“Il
destino alcune volte è strano. Chissà se davvero è già stato tutto scritto” si
chiese.
Si
alzò rimanendo zitta, poi si voltò verso Rea.
“Domani,
dopo la battaglia, verrò con voi. Voglio aiutarvi” decise. La ragazza la guardò
dolcemente.
“È
la cosa giusta da fare”