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Autore: SakiJune    06/08/2014    0 recensioni
"Gallifrey si era risvegliata con un ruggito di dolore, non con uno sfarfallio di ciglia. La pace futura doveva fondarsi su un ultimo, necessario atto di violenza. Ma il Dottore non ne fu testimone né causa. Non sentì le voci stridule risuonare nelle strade, le voci gravi sillabare con prudenza all’interno di stanze sigillate, né le voci amiche chiamare il suo nome, i suoi tanti nomi, in un tono che non attende risposta ma ne ha bisogno, ne ha sete. Non sentì giungere chi, fuggito o intrappolato all’inizio della Guerra del Tempo, si era rifugiato in differenti linee temporali e ora aveva sentito il richiamo, sempre più forte, giungere da casa. Erano tornati - gli spauriti e i vili, i saggi e gli idealisti..."
Sequel di "A Taste of Honey".
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Altri, Doctor - 12, Jenny, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'From Lungbarrow to Trafalgar Square'
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Qualche nota sui riferimenti alla serie classica e non.

Gli incubi del Dottore: nel primo viene ricostruito il suo rapporto con il Maestro nelle sue diverse incarnazioni. Congelarsi, per un Signore del Tempo, è una misura estrema per sopravvivere ad un trauma, che il Terzo Dottore usa per due volte in presenza della sua companion Jo con suo immenso sgomento.

Nel secondo incubo compaiono nell’ordine: The Beast Below, Doomsday, Battlefield, The Underwater Menace, The Web of Fear, Blink, The Wedding of River Song, The Aztecs. C’è un piccolo accenno che si può interpretare sia come omaggio a The Girl in the Fireplace che a The Eleventh Hour, e alcuni collegamenti con la trama di Lungbarrow che comunque sono presenti in tutta questa parte della storia; infine lo stratagemma del tè è preso di peso da The Christmas Invasion. Grazie, Jackie Tyler :)

Delle origini di Kedred parlerò nei capitoli successivi.




Nei giorni successivi Drax tenne fede ai patti, ultimando i lavori sul sistema di teletrasporto interno - l’onore del collaudo fu affidato ad una recalcitrante legnotalpa catturata in giardino tra le minacce della Governante, dopodiché Dorium iniziò ad utilizzarlo regolarmente - e occupandosi delle scartoffie per permettere il riallacciamento della Casa alle stazioni principali della Cittadella.

Il suo periodo di ferie era quasi terminato e presto sarebbe tornato in quell’aula schiamazzante di gioventù. Non aveva certo le doti di un buon insegnante; non era paziente né comunicativo. Preferiva utilizzare il suo talento per improvvisare piuttosto che ricavarne scoperte da condividere, ma aveva accettato questo compromesso pur di orbitare intorno a Lady Romana. E se fosse riuscito nel suo intento, restituendo al Dottore il suo bene più prezioso, lei forse avrebbe iniziato a guardarlo con altri occhi… Questo, prima che lei tornasse dai suoi viaggi diplomatici e annunciasse le sue nozze. Ora non si sentiva totalmente demotivato, certo, la ragione principale restava solida e non si sarebbe arreso facilmente. Ma i suoi ingenui sogni d’amore erano naufragati e da quel punto di vista non vi era proprio nulla che potesse fare.


Cerchi infiniti.

Senza legami, libero, in corsa… curioso, affascinato, innamorato - afferri, stringi, rincorri, inciampi, gridi. Fuggi dalla tua stessa ombra. E ancora lui ti appare davanti, ti guarda negli occhi e chiede: “Guardami, Dottore!”

Paradossi. Giorni ormai fissati al tempo indelebilmente, in cui una realtà orribile rivive in eterno. Luoghi che non potrai più rivedere, persone a cui non potrai più dire “mi dispiace”. Porte che non potrai più varcare, focolari ormai spenti, vagiti e rantoli.

Il suo profilo è quello di un falco, feroce e minaccioso.

Tendi la mano per salvarlo - lui ti trascina nell’abisso, per orgoglio, per abitudine. Non ha più un volto, è un’idea che ripete “Guardami!”. Lo guardi e non c’è nulla, come dietro la maschera di Omega - vuoto, come il vuoto della solitudine, lo stagno ghiacciato e quel diario con troppe, troppe pagine vuote, e lui continua a gridare “Guardami distruggere questo stupido pianeta che ami tanto!” e implode, incapace di fermare la distruzione che lui stesso ha innescato, e rifiuta di restare, si spegne e si riaccende di rabbia e di follia.

I suoi occhi sono quelli di un ragazzino, voraci e terrorizzati.

L’Eremita ti ha aiutato a trovare la tua strada, ma nessuno ha aiutato lui. Nessuno sapeva, nessuno immaginava il tormento lacerante che si era impossessato di lui. I tamburi, i maledetti tamburi…

- Koschei!

È la tua voce di bambino, nella realtà in cui siete stati bambini per davvero. È un prato che ondeggia delle vostre risate, all’ombra delle torrette di Oakdown. O forse sono le vostre due ombre, sullo schermo dell’aula, a bisbigliare sciocchezze ignorando la lezione del giorno.

Non vorresti sognare.

Temi che il Guardiano dei Sogni sia ancora in agguato, che quel tentacolo strappato s’insinui nei tuoi pensieri per gettarli nel Nulla color dell’inchiostro.

Ed è solo con il gelo che puoi combatterlo - gelo nella mente, gelo nelle ossa, nelle viscere dalle tinte stravaganti. Ghiaccio reale e impietoso, cura e veleno insieme, una fortezza da scalare per risalire verso la libertà e la pace.


Ada gridò.

E questa volta non era un incubo. Magari si fosse trattato di quelle orribili sensazioni notturne, da cui puoi tornare in tempo per respirare e allungare la mano ad assicurarti che tutto ciò di cui t’importa ti respiri accanto.

Era sveglia, completamente sveglia - dalla finestra aperta entrava il profumo dell’erba umida e dalla stanza accanto giungeva l’ormai familiare frastuono dei lavori in corso.

Tutto ciò di cui le importava era ancora al suo fianco e respirava ancora, sebbene a fatica. Ma era freddo, freddo come la brina di Freon, come il terrore che ora l’attanagliava e le impediva di pensare.

Gli era già accaduto qualcosa di simile, lo sapeva e si sforzava di ricordare, ma non cambiava nulla - il panico ebbe il sopravvento e gridò ancora. Finalmente la Governante e Drax giunsero, furono portate coperte, la Casa aumentò gradualmente la temperatura della stanza e questa si fece più raccolta, per disperdere meno calore possibile.


Riesci a sentirli, sono qui per te, ma non puoi ancora tornare da loro.

C’è una Balena Astrale che soffre per portare in salvo i bambini dell’Astronave UK. E una spiaggia della Norvegia che ha un nome quasi più impronunciabile del tuo. Sei Merlino, o lo sei stato, o lo sarai; e se hai freddo è perché stai esplorando una caverna sull’Himalaya, e Padmasambhava già teme che tu scopra i suoi piani. Atlantide rimane negli abissi, i semi si schiudono ma gli Angeli sono bloccati in cerchio a fissarsi per l’eternità. River Song guarda negli occhi di un Teselecta e non ti ha mai amato tanto, ma è rimasto un sorso di cioccolata a rapprendersi in una tazza e troppe finestre mostrano una luce accesa ad attenderti…

Dov’è lei?

Cos’è questo vuoto?

Brucia. È vuoto e brucia e ti senti perduto.

Senti le loro voci e vai oltre, più indietro ancora, la guerra contro i Vampiri e Susan,

(no, si chiamava Arkityor, allora)

piccola e indifesa e già così testarda, e quasi rammenti l’origine di ogni cosa e il posto che occupavi nell’Universo quando ancora non c’era vita, solo intelligenza.

Ma non sei tu.

Tu sei un riflesso nel torrente, il volto sporco di mirtilli di uno scampolo che vuole solo divertirsi come un pazzo prima che le porte dell’Accademia si schiudano e la noia invada le sue giornate.

Innocet ride e ne mangia a sua volta, ma la sua veste è rimasta miracolosamente pulita, come se non fosse nemmeno uscita dal giardino. “Sciacquati subito quella roba dalla faccia, o Satthralope si arrabbierà davvero. Sei orribile. Non posso guardarti!”

Ride, ma di colpo s’incupisce, mentre continua a ripetere l’ultima frase in preda all’angoscia.

“Non posso, non posso guardare!”

Perché quelle parole risuonano così chiare? Non è soltanto un ricordo… la tua cara Cugina è davvero qui con te, e non puoi dirle che riesci a sentirla… non riesci a tornare. Il gelo non ha ancora mollato la presa… o forse sei tu a lasciare che ti culli nella sua morsa, timoroso di ciò che troverai al risveglio?

Di ciò che non troverai?

Hai paura, Dottore, hai paura?


Rabbiosa d’impotenza, Innocet si era lasciata prendere dalla disperazione: - Non posso guardare! Mi dispiace, non ce la faccio. Credevo davvero che questa Casa l’avrebbe salvato? Che lo amasse, perché l’ho cresciuta con la forza del suo ricordo, con la speranza che tornasse? Non posso. Non voglio più saperne niente! - La porta sbatté più volte di fila dietro di lei, sebbene non vi fosse vento. Lungbarrow era piuttosto suscettibile alle ire della sua Governante.

Drax strinse le labbra. - Odio ammetterlo, ma temo che abbia ragione, Ada. - Chiamare le cose con il loro nome era l’unica via possibile. - Se non si riprende, non mi resta altro da fare che riportarlo alla Cittadella. Ci sono dei dispositivi che stimolano la rigenerazione.

Ada tremò, incapace di contraddirlo, ma anche profondamente divisa nell’animo.

Lady Romana aveva preso quella decisione dopo che alla capitale i tentativi di risvegliarlo si erano rivelati vani, fiduciosa più nel potere dell’affetto che nella fredda scienza. Il suo viaggio di molti mesi attraverso le galassie e le epoche non l’aveva allontanata da Gallifrey che per pochi giorni - e sarebbe stato un tempo ancora minore se la TARDIS d’ordinanza non avesse dovuto fare i conti con le turbolenze temporali che ancora circondavano il pianeta e che solo con il passare dei secoli si sarebbero dissipate completamente, ma lo stesso si era convinta che a Lungbarrow sarebbe stato più al sicuro, nel caso gli eventi avessero ritardato il suo ritorno.

Quella scelta si stava rivelando ingenua e sentimentale? Innocet pensava di sì, e lei?

Ada non era superficiale al punto da non accettare una simile eventualità, no, l’avrebbe amato con qualunque volto, con qualunque voce, al costo di qualsiasi sacrificio. Ma se c’era una possibilità di non gettare via quella sua vita ancora tutta da vivere e da celebrare, doveva trovarla: sentiva in modo assoluto che quel corpo pallido e magro avesse ancora tanto da dare all’Universo. E a lei, se l’avesse ancora voluta… se...

- Tè - dichiarò, colta da un’ispirazione improvvisa.

- Prego?

- Del tè. Dobbiamo dargli del tè. - Ada afferrò la veste di Drax, cercando di spiegarsi. - Durante l’invasione dei Sycorax sulla Terra, i vapori del tè l’avevano fatto riprendere dai postumi della rigenerazione. Forse…

Il sorriso di lui si dischiuse, e rivelò quanto le fredde dichiarazioni di poco prima non avessero rispecchiato i suoi reali pensieri ma solo un buon senso artefatto. Vide finalmente in lui l’istinto d’improvvisazione e lo spirito d’avventura che l’avevano consacrato come membro dei Deca. Era quasi bello, così, traboccante di speranza.

- Theta, sei diventato troppo inglese, amico mio! Protoantocianidine ad alta temperatura, dunque… faccio un salto in giardino. Non mi stupirebbe affatto se fosse così semplice. Oh no, no… tieni duro, ragazzaccio - Si tirò su e sparì dalla vista di Ada saltando letteralmente dalla finestra.

- Sveglia, Dottore, oggi sei interrogato. Rischi l’ammissione all’esame e se torna Badger ci distrugge la camerata - Più di tutte le altre che aveva conosciuto, la dodicesima incarnazione dell’amico gli ricordava quella originale. Agitando il tè bollente sotto il suo naso, gli sembrò di rivivere gli anni spensierati dell’Accademia, quando davvero l’esito di una prova di metà semestre era la paura più grande… ma naturalmente era solo un’illusione, dovuta alla prima alba della giornata e alle sue luci infide che dipingevano ombre sul volto immobile del Dottore.

Con il passare dei minuti le sue condizioni sembrarono migliorare. La temperatura si era alzata, entrambi i cuori avevano ripreso a battere ad un ritmo sempre più stabile.

- Passami il cucchiaino.

Ada iniziò con l’infilarglielo tra le labbra, lasciando che le gocce di liquido gli scendessero sulla lingua. Finalmente vi fu un lieve movimento all’interno, come se cercasse di succhiare. Ed era così, e man mano che continuava ad imboccarlo, lo vedeva fremere dall’aspettativa di assaporarne un altro poco. Iniziò a deglutire. Con cautela, Drax gli sollevò i cuscini per metterlo in una posizione che gli consentisse di bere senza soffocare. Erano le luci del mattino? Oppure davvero le sue guance stavano pian piano prendendo colore?

Ada posò la tazza e il cucchiaino, per spiare la sua reazione. Lo videro aprire e chiudere la bocca come a chiederne ancora, ed era meraviglioso, era oltre ogni loro previsione...

Il primo sole era già alto quando tentò per la prima volta di emettere un suono. Mosse la mano sulla coperta e Ada l’afferrò, constatando quanto fosse calda, ma lui scattò a respingerla e sporse il braccio oltre il bordo del letto, cercando, le dita protese verso qualcosa. - Thistle - mormorò. Ada si fece più vicina, stordita dalla felicità. Gli occhi ancora saldamente chiusi, la mano del Dottore trovò il ventre di lei e vi appoggiò il palmo, provocando uno scalciare improvviso.

- Non era tè di cardo, ma ti pare - scherzò Drax, emozionato. - È violaspina…

- È il nome della nostra piccola - protestò Ada, d’improvviso quasi irritata dalla sua presenza. Ora che il pericolo era passato, stava ergendo una barriera. E lui lo intuì, si sentì di troppo e decise di rispettare quello spazio intimo di cui non faceva davvero parte.

- Vi… vi lascio soli, devo comunque tornare all’Accademia. Andrà tutto bene.

Malgrado se stessa, Ada si voltò, timorosa che il Dottore potesse nuovamente scivolare nel gelo e nel buio, ma incapace di mostrarsi irriconoscente.

- Non aspetti che…

Drax scosse la testa. - Ho una lezione due ore fa. Ci si vede in giro.

- Ti ringrazio. Davvero.

- Ho solo saccheggiato le aiuole della Governante, è stato forte. Lo facevamo sempre, ai tempi della vecchia Satthralope.

Si pentì di aver nominato quest’ultima, irrazionalmente preoccupato che potesse spuntare da sotto il letto o apparire allo specchio. Ma era ovvio che fosse impossibile e mentre azionava la sua TARDIS rise tra sé di quanto fosse facile tornare giovani e stupidi con il pensiero, mentre il sollievo faceva piombare sulle sue spalle una comprensibile stanchezza.



Nel suo laboratorio (due ore e mezza prima - era vietato viaggiare nel lontano passato e interferire con la Storia del pianeta, ma ottimizzare i tempi di lavoro andando indietro di qualche ora non era punito troppo severamente) trovò un visitatore piuttosto sgradito, un tutor dei Corsi Elementari - soprattutto, uno di quei giovanottini di recente tessitura che pensano di conoscere tutto. Il pavimento era ancora cosparso di frammenti di TARDIS per lo più inutilizzabili, ma il tizio si era fatto strada in qualche modo e con orrore si accorse che teneva in mano l’oggetto più prezioso che ci fosse nella stanza, giocherellandoci pure.

- Chi ti ha dato il permesso di entrare? Eh? Posalo subito.

Il giovane alzò le mani come per arrendersi.

- Ti ho detto di posarlo. Piano, lì, dov’era prima. Perfetto. Hai dieci secondi per spiegarmi cosa fai qui dentro.

- Ho parlato con un tecnico degli Archivi, al matrimonio della Lady Presidente. Mi ha detto che stai progettando qualcosa di molto importante e molto segreto e che avresti potuto… forse… aver bisogno di un aiuto.

Drax maledì Damon con tutte le sue forze, il che equivaleva ad “abbastanza debolmente”, distrutto com’era. - Ha! È così! Io avrei bisogno… humpf.

- So che non hai una specializzazione in Teoria Temporale. Posso aiutarti in concreto, se permetti. Mi hanno affidato la Nursery. Capisci cosa vuol dire?

Non avrebbe voluto ammettere di aver capito, ma l’orgoglio non gli sarebbe servito a nulla. Non solo non era ferrato in materia, ma era stato bocciato a quell’esame qualcosa come venti volte. Un addetto alla Nursery, l’allevamento di TARDIS interno all’Accademia, era esattamente la persona di cui avrebbe avuto bisogno per portare avanti il suo progetto.

- Come ti chiami, intanto?

- Oh, scusa. Kedredaselus, della Casa di Deeptree. Puoi chiamarmi Kedred. Oppure “ehi”. I miei Cugini mi chiamano sempre “ehi”, ci sono abituato.

- Fantastico. Posso fidarmi, figlio di Redlooms? - Era il vecchio soprannome di Deeptree, dovuto al fatto che tutti i suoi membri avevano quel fastidioso “red” nel nome, che inevitabilmente diventava uno scioglilingua.

- So già di cosa si tratta, mi ha raccontato più o meno…

- Grandioso. È andato a spifferare tutto - sbottò Drax con un gesto stizzito. Era arrabbiato con Damon, stanco per i giorni appena trascorsi, e si sentiva mortificato per come i suoi insuccessi scolastici pesassero sulla realizzazione di quel sogno.

- Puoi fidarti. Davvero. Ho anch’io i miei segreti - Alzò le spalle con una smorfia che qualcuno avrebbe definito tenera e qualcun altro buffa. Drax non sapeva cosa pensare, ma non aveva molte alternative.

- Sicuro che li hai. Mai incontrato uno di Redlooms con gli occhi blu, per esempio, e ai miei tempi li conoscevo tutti e cinquantasette.

- Siamo quattordici, adesso, - sviò il discorso Kedred. - La guerra, sai.

Drax si trattenne dal chiedere ironicamente “No, quale guerra?”. Era stato un Rinnegato e un disertore, non poteva prendersi la libertà di scherzare su questo argomento. Sì, ognuno aveva i propri segreti, le proprie colpe, e iniziare ad avere fiducia l’uno nell’altro era la strategia migliore che potesse immaginare per la sua gente. Gliel’aveva insegnato Lady Romana, che non aveva giudicato le sue scelte e gli aveva permesso di restare, in nome dell’affetto che entrambi provavano per il Dottore. Ma soprattutto, ella aveva dato l’esempio in prima persona, intrecciando quella sua esistenza con il fragile fantasma divorato dai rimorsi che Lord Borusa era diventato nei lunghi secoli trascorsi in prigionia nel catafalco di Rassilon.

Drax soffriva per quella decisione, ma l’ammirava. E l’amava ancora di più.

Due cose non sapeva, però. Innanzitutto la precedente incarnazione di Romanadvoratrelundar, nello stesso frangente, non avrebbe esitato a farlo giustiziare per la sua diserzione, per principio, anche se la guerra era ormai finita. In secondo luogo, quel matrimonio era stato molto più di un’unione simbolica - e se si fosse dato la pena di assistervi invece di costruire teletrasporti casalinghi e preparare bevande calde, l’avrebbe compreso. Damon, Jelpax, persino Kedred, potevano dirglielo: quel giorno negli occhi della Lady Presidente e del suo anziano sposo si era visto brillare un caldo e reale sentimento.

   
 
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