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Autore: Marguerite Tyreen    06/08/2014    0 recensioni
Salisbury è il luogo del leggendario scontro finale tra Re Artù e Mordred, ma è anche il titolo del disco preferito di Linda.
Linda, che ha conosciuto per caso Beatrice all'uscita di un teatro e se ne è innamorata da subito, senza volerlo, senza prevederlo. Linda, che però è sposata e si porta dentro un segreto che nemmeno suo marito conosce.
Così, in un'estate piovosa, una quieta provincia del nord-est farà da sfondo alla battaglia tra il dolore del passato e le paure del futuro. Come una moderna Salisbury.
***
"Ma credi che sia semplice? Io devo tornare alla mia vita normale, alle mie fotografie insignificanti, alla mia storia con Lorenzo, altrettanto insignificante. E come posso farlo, dopo aver capito che è ancora possibile tutto questo?"
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Salve, popolo di EFP!
Eccoci qui con una nuova storia: dovrebbe essere una oneshot particolarmente lunga ma che, per comodità, ho pensato di dividere in cinque capitoli piuttosto brevi (forse è più corretto definirla mini-long, a questo punto?). E' già tutto scritto, quindi gli aggiornamenti dovrebbero mantenersi regolari, visto che si tratta per lo più di revisionare e trascrivere il materiale ^^ Per il resto, posso dire che l'idea centrale (di cui non spoilero nulla) mi girava in testa da un sacco di tempo, così come la possibilità di fare una sorta di omaggio al buon vecchio rock. Poi le protagoniste sono venute letteralmente da me e, dopo parecchi mesi, siamo qui.
Quindi se volete mettervi comode e seguire questa avventura con me, ne sarò felice; se vorrete divertirvi a spulciare citazioni e riferimenti, ne sarò ancora più felice. Ad ogni modo, un grazie di cuore a tutte quante, che siate solo passate o che vi siate fermate o che abbiate voluto lasciarmi una parola!
Bisous ♥
Marguerite.



 

 
















 


 

 

Prologo.
Sweet the rain's new fall


 

Somewhere in your eyes
That very special glow
Something drawing me
To where I do not know

 

Vicenza, maggio 2014.

- Ehi, serve aiuto?
Un paio di occhi verdissimi, da sotto un ciuffo di riccioli biondi, la scrutò con lieve diffidenza a quelle parole, nel baluginare della luce del telefonino.
- Scusami, sono una vera ficcanaso. Ma ti ho vista prendertela con quell'aggeggio e così... - adesso l'imbarazzo era tale che, quasi, Linda si pentì della propria istintiva cordialità.
Ma il sospetto dell'altra era già svanito, nel gesto di cacciarsi il cellulare nella tasca dei jeans, in favore di un contatto diretto: - La tecnologia è il male. - sbottò – Credo che qui dentro non ci sia campo.
- Già, concordo: ti lascia sempre a piedi quando hai bisogno.
- Quando hai bisogno di un taxi, soprattutto.
- Vuoi il mio? Non di taxi, naturalmente.
Le aveva strappato un sorriso, anche se – poteva dedurlo da quella sua grazia ciarliera mal trattenuta – doveva essere il tipo di persona facile a farselo rubare: probabilmente avrebbe sorriso anche davanti al suo obbiettivo. Sarebbe stata un soggetto interessante, con quel viso espressivo, tondo e luminoso. Linda non si era mai piaciuta, nemmeno negli scatti accurati di Lorenzo: la pesante miopia le conferiva uno sguardo eccessivamente penetrante, quasi intimidatorio.
- Provo ad uscire un attimo per chiamare. Ciao!
Tenendo in equilibrio i vinili sul braccio, Linda le rivolse un cenno della mano.
Il foyer del teatro cominciava a vuotarsi, eccetto per i pochi affezionati che, in piedi davanti alle porte, attendevano per un autografo da parte del pianista. Fuori la pioggia aveva ripreso a cadere fitta, per tornare a soffocare la città nella consueta cappa umida del nord-est. Premuta tra la piccola folla e la parete, Linda si asciugò con la punta delle dita le gote sotto gli occhiali. Una mano le sfiorò la spalla.
- Ehi, già di ritorno?
La sconosciuta aveva l'aria appena più inquieta di come la ricordava, ammesso che poi la ricordasse: - Non era questione di campo, è che proprio i taxi non si trovano. Non ho la minima idea del perché. Secondo te sto facendo il numero giusto?
- Guarda, non saprei proprio, sono di Bologna. - si giustificò. Non c'era ragione di provare anche un moto di simpatia dopo pochi minuti, la solidarietà sarebbe stata sufficiente, ma si affrettò ad aggiungere: - Dove dovevi andare?
- In stazione, a cercare un treno per Padova, altrimenti non saprei davvero come rientrare a casa.
- Senti, se ti va, in stazione ti ci posso accompagnare io. Cioè, ti accompagnerei anche a casa, essendo di strada, ma non guido di notte. Mi fermo fino a domani.
L'altra si fissò i piedi senza smettere di sorridere, rasserenata: - Non sono nella posizione per protestare. E nemmeno per rifiutare, ma lasciami fare un'ultima prova.
- Davvero, non mi costa nulla.
- Sei un angelo, non sai che sollievo! - sembrò rilassarsi del tutto – A proposito, piacere, Beatrice. Beatrice Fortini. Ma ho un nome terribile, mi faccio sempre chiamare Bea.
- E' carino, invece. Io sono Linda Pesaro. - armeggiò ancora con i vinili – Accidenti a quanto ingombrano queste cose!
- Ma perché te le sei portata appresso?
- Per l'autografo. - la guardò da sopra la montatura dorata degli occhiali.
- Ah, giusto, non ci avevo pensato. Non sono una grande appassionata di musica.
- Aspetta: a che ora hai il treno?
- Tra due ore e mezza, più o meno.
- Ok. - sospirò – Allora non ti secca se aspettiamo Wakeman, vero? Almeno il disco delle Six wives of Henry VIII ci tenevo a farmelo firmare. Non penso ci vorrà molto.
- Ma figurati. - concluse e rimase in silenzio a lungo, studiandola con discrezione.
Forse erano entrambe fuori luogo, lei nelle sue scarpe basse di vernice e in quel vestito blu eccessivamente bon ton e Beatrice che dichiarava, col suo aspetto scompigliato, di essersi infagottata nei primi panni che aveva trovato.
- Te la posso fare una domanda, Bea?
- Sicuro!
- Ma se non sei appassionata di musica, come ti è venuto in mente di sobbarcarti tre ore di concerto per solo pianoforte?
- Dici che sia roba da intenditori? - rise, scrollando le spalle, un poco evasiva – Ero curiosa, ma è stato gradevole. E' davvero molto bravo, questo Wakeman.
- Già, nessuno ha saputo sostituirlo negli Yes. - cercò di tenere a freno lo sguardo sognante, rimproverandosi di non avere più quindici anni.
- Gli Yes?
- Sì, il gruppo in cui suonava.
- Erano in gamba? Come si scrive?
- Come in inglese. Meritano un ascolto, se ti piace il progressive: insomma, se hai apprezzato buona parte di quello che hai sentito stasera, puoi cominciare da lì. - finì per ingarbugliarsi con le parole, come al solito – Cioè, sempre che tu voglia approfondire... non era un'imposizione.
- Tranquilla: sono estremamente curiosa, pur non sapendo dove mettere le mani. La mia vera ossessione è il cinema.
- Io sono per la musica anni '70.
- Non hai l'aria da hippie.
- Mai avuta. - le strizzò l'occhio, mentre si scarmigliava un curatissimo caschetto castano chiaro – Sono rock inside: mai giudicare un libro dalla sua copertina.
- Giusto, giusto. Eppoi? Dammi qualche altra dritta, sennò non imparo.
- Dammela tu una dritta, nemmeno ti conosco. Che film ti piacciono?
- Sono una patita di fantascienza. Non fantasy, eh: niente hobbit, elfi e bestiole varie. - precisò con minuziosa attenzione, attirandosi lo sguardo interessato di Linda – I miei ragazzi dicono che sono un po' nerd. - e qui fece una smorfia, perplessa da quel lessico giovanile.
Linda non volle approfondire ulteriormente circa l'accenno ai “ragazzi” anche se, nella sua immaginazione che tendeva a galoppare sempre troppo liberamente, non riusciva a figurarsela come madre. Chissà poi perché. Nemmeno lei lo era, in fin dei conti e quella faccenda non la riguardava. Si affrettò a frugare nella memoria e a fare un nome: - I Rush. Sì, penso proprio che dovrebbero piacerti: c'è un bel po' di fantascienza nei testi, tanti riferimenti alle anti-utopie.
- Soltanto dopo l'arrivo di Neil Peart, però. - era intervenuta una ragazza mora che faceva la fila davanti a loro assieme a quella che avrebbe potuto essere sua sorella o un'amica.
Quest'ultima e Linda si sorrisero a lungo, per quel silenzioso sodalizio facile ad instaurarsi tra le donne insicure del loro aspetto. Entrambe si spianarono meccanicamente le gonne dei vestiti, rifugiandosi quanto più possibile dietro gli occhiali.
- Già, - si riscosse – ma a me non dispiacevano nemmeno prima.
- Ma no! Prima copiavano solo dai Led Zeppelin! - si fece largo l'amica, in un'affermazione coperta quasi subito dalla protesta dell'altra.
- Non dire niente, ché tu ascolti gli Uriah Heep!
Quasi incurante dei vinili, Linda batté le mani, esaltata come quando era ragazzina: - Anche tu? Ma sono il mio gruppo preferito!
Le venne in mente il cipiglio severo di Lorenzo nel sentirle stilare classifiche come se, con gli anni, avesse perduto il diritto alle preferenze.
- Anche il mio!
- Li ho visti due volte a Londra, l'anno scorso e quello prima.
- Lei è stata a Londra?
Linda cercò istintivamente Beatrice, che l'osservava spaesata, nonostante quel perenne bagliore divertito negli occhi, che sembrava non abbandonarla nemmeno un secondo.
- Ecco, Bea, ascoltati anche Salisbury.
- Come?
- Salisbury. E' un album, è stupendo.
- Voi tre sembrate uscite da un film d'epoca. - Beatrice agitò le mani – E' un complimento: significa che avreste dovuto vivere in quegli anni.
Le ragazze erano tornate a parlare fitto tra di loro.
- Io non sono poi così giovane: i prossimi sono quarantadue. Tu?
- Ventisette.
- Mamma mia. - Linda si coprì le gote con i palmi – Come sono vecchia!
- Non l'avrei mai detto, dai. Te ne avrei dati al massimo trentacinque. - ma, pur continuando a discuterne, Beatrice non sembrava granché interessata alle frivolezze del passare del tempo, non quanto non lo fosse a qualcosa di meno evidente.
- Perché sono il tuo gruppo preferito?
Glielo chiese all'improvviso, spiazzandola. Era una domanda banale, dopotutto, ma una corda in Linda tremò, vibrò inspiegabilmente. Forse era stata l'insolita fermezza nella sua voce, lo sguardo che continuava a farsi spazio dentro di lei, incuneandosi senza che Linda l'avesse voluto o sperato. Forse era stato quel suo chiedere perché: nessuno lo aveva mai fatto. Al massimo si era sentita rivolgere i quale delle conversazioni superficiali, eppoi neanche troppi.
- Quando avevo sei o sette anni, mio padre mi portò a un loro concerto, in un teatro come questo. Lui era un aspirante chitarrista. - il tono si intenerì, senza che intendesse evitarlo – Oddio, no, in realtà i miei avevano una farmacia, ma è sempre stato un mezzo artista autodidatta. Aveva anche un gruppo, ma non ha mai sfondato. - rise – Quindi puoi immaginare come per me fosse la prima volta in cui vedevo quella gente tutta insieme, in cui sentivo rimbombare forte quella musica che mio padre era solito provare in cantina. Non mi sembrava neanche di essere a Bologna, ero inebriata, tutto si agitava attorno a me come in un sogno. Poi è comparso sul palco questo ragazzo con lunghissimi capelli neri... beh, è una lunga storia.
- Secondo la quale ti sei presa la tua prima cotta per uno sconosciuto musicista inglese. - le strizzò l'occhio.
- Ma va là! Per il suo strumento, semmai. Ero alta così, nemmeno sapevo cosa volesse dire prendersi una cotta. Per me era uno stregone che faceva magie con la tastiera e...
Un silenzio improvviso era calato sul foyer, seguito da uno scroscio di applausi. L'imponente fisicità di Rick Wakeman aveva, da sola, riempito il locale assieme al brusio che era tornato a farsi vivo in un lento crescendo. Il pianista sorrideva, senza paternalismo, ai fan che gli porgevano libretti e copertine di vecchi vinili. Firmava tutto con sereno, britannico distacco, anche i cimeli di un passato che, forse, soltanto il pubblico rimpiangeva.
Quella calma era arrivata a ricordare a Linda quanto per lei fosse impossibile, quanto la memoria avesse la stessa punta aguzza di uno spillo, dimenticato sotto i comodi cuscini del presente, ma pronto a ferirla di nuovo.
E lui le ammiccò cordialmente, persino, quando gli augurò la buonanotte.


 

 

***
 


Credits:

Per la citazione – Uriah Heep, Salisbury
Per le ispirazioni musicali – Rick Wakeman, Catherine Howard / Cat Stevens, Morning has broken

   
 
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