Diario
del
Colonnello Roronoa.
15
Marzo
1967, Vietnam.
“La
situazione è diventata insostenibile.
Come
possono pretendere che degli esseri umani sopportino
tali pressioni?
E’
contro natura fino all’inverosimile, eppure siamo qua e
siamo tanti da sembrare un popolo intero.
Forse
lo siamo diventati: un agglomerato di imbecilli che
fanno la stessa cosa tutti insieme e senza un reale perché.
In
quest’ultimo mese, la mia squadra è stata decimata
e
sono rimasti i più valorosi, dicono, ma io credo sia solo
una questione di
fortuna.
In
questo mondo, non importa se tu sia forte e coraggioso
poiché
è sufficiente incontrare un nemico che imbraccia una
mitraglietta e, qualunque
cosa tu faccia, stanne certo che morirai.
Non
esiste più l’addestramento militare che mira a
creare
soldati capaci e il modo migliore per vincere una guerra è
diventato sviluppare
gli armamenti prima che lo faccia il tuo avversario.
Se
già la guerra è inumana, queste nuove metodologie
di
battaglia privano i soldati di ogni emotività.
Siamo
solo dei numeri, come dimostra il mio tesserino
identificativo.
Devo
ringraziare la mia passione per le armi bianche se
sono a capo di una squadra intera.
Non
ho titoli d’onore: sono quello che sono grazie alle mie
capacità e, per questo, mi hanno preso per il culo piuttosto
spesso, ma ora mi
temono e mi rispettano in tutto il campo.
Ho
mostrato a tutti chi fosse Roronoa Zoro e ho guadagnato
l’ammirazione di molti.
Non
avrei mai immaginato che una semplice passione
giovanile come il kendo, in un futuro lontano, sarebbe diventato il
trampolino
di lancio per una carriera militare.
Devo
ringraziare la mia testardaggine d’adolescente nel
perseguirlo se ora sono ancora vivo.
Ricordate
quanto detto per la mitraglietta?
Ecco,
io me ne sono ritrovate parecchie di fronte e le mie
katane mi hanno spesso salvato le chiappe.
Ho
27 anni e sono già sommerso di responsabilità.
Non
sono pesi comuni come uno qualunque di voi che si alza
al mattino e ingaggia la propria routine di sempre con
l’unico problema di
dover pensare al lavoro.
Mi
ritrovo ad avere delle vite a carico e parte del loro
destino dipende dalle mie scelte.
Cazzo…!
Sono
tutti giovani, i miei ragazzi, e ogni esistenza
spezzata è una cicatrice in più sulla mia anima,
indipendentemente dal fatto
che sia colpa mia o meno.
Ho
imparato a conoscere quel branco di pazzi che mi hanno
affibbiato e, dai poppanti che erano, sono riuscito a farli crescere e
a far
risuonare il loro nome almeno quanto il mio in questo Paese puzzolente.
Mi
sembrano dei bambini cresciuti troppo in fretta che prendono
alla leggera questa guerriglia dove ci hanno buttati come cani e
sovente non li
sopporto, ma sono i miei marmocchi e mi ci sono affezionato.
Cosa
estremamente pericolosa, lo so, ma li ho plasmati io e
sono parte di me.
In
guerra non si fanno amicizie: si uccide e basta, ma non
ho potuto farne a meno.
Solo
a scrivere di loro mi si stampa un cazzo di sorrisino
da deficiente che mi prenderei a sberle da solo!
Mi
hanno rammollito… o, forse, mi hanno semplicemente
restituito la mia umanità.
Prima
del loro arrivo, la guerra mi aveva rubato ogni
emozione e il mio unico scopo giornaliero era di tranciare
più vite nemiche
possibili, ma ora ho un nuovo obbligo: proteggerli.
Sono
veramente giovani, troppo!
Cosa
ci fanno loro qua?
Dovrebbero
starsene sui libri d’università o con le loro
famiglie a svolgere le vostre stesse noiose vite, eppure si sono fatti
abbindolare da sanguinosi ideali patriottici e sono finiti sotto la mia
supervisione.
Idioti…
Hanno
fatto il mio stesso errore e so per certo che non
rivedrò mai più l’America, ma non devo
permettere che tutto ciò capiti anche a
loro.
Quasi
non ricordo più il vialetto di casa mia, il volto dei
vicini, l’abbaiare del mio cane, le pareti della mia camera
disastrosamente
divisa con i miei fratellini e, se continua così,
finirò col scordarmi anche il
profumo di mia madre.
Sembra
quasi un miraggio lontano che fatico ad associare a
ciò che sono adesso: una nuvoletta incorporea che mi mostra
sprazzi di una vita
che non è la mia.
Sono
stato sbattuto in ogni angolo del globo e di un
congedo neanche l’ombra.
Sono
troppo prezioso, dicono…
Ma
loro non devono dimenticare!
Quando
sarà tutto finito, torneranno a casa e di guerra ne
sentiranno parlare solo più da vecchi, quando quei coglioni
se ne inventeranno
un’altra dove mandare a morire i propri soldati e, magari,
dovranno impegnarsi
ad evitare che le nuove generazioni come i nipoti finiscano nella
stessa rete
che ha pescato loro.
Nemmeno
se ne rendono conto quei pivellini…
Il
ricordo di ciò che era può permettere loro di
affrontare
ciò che sarà dopo questo inferno in terra.
Io
no… oramai la divisa è diventata una seconda
pelle, ma
va bene così.
Non
credo che potrei mai fare un qualcosa di diverso da ciò
che già faccio.
Ho
vissuto troppo poco e troppo intensamente… per
poi finire in questa gigantesca e subdola
famiglia che è l’esercito.
Quando
mi sono arruolato, come la maggior parte di noi,
l’idea di dover uccidere non era minimamente contemplata.
“E’
un lavoro come un altro” mi sono detto nelle mia
stupidità di ragazzino che ero, ma poi è arrivata
la guerra e mi hanno sbattuto
al fronte obbligandomi a crescere troppo in fretta.
Sono
passati quasi vent’anni da allora.
Non
posso fare altro al di fuori di ciò che sono…
Mi
sembra quasi di esserci nato con questa uniforme!
Battaglie
su battaglie… dopo innumerevoli spargimenti di
sangue, sono diventato Colonnello e mi sono ritrovato un bamboccio
figlio di
papà come diretto superiore.
Se
ne sta li, nella sua tenda con addosso il grado che il
Generale Monkey D. gli ha regalato in quanto figlio a studiare piani
d’attacco
e strategie, mentre noi macellai affrontiamo tutto quanto.
Non
mi sta sul cazzo lui, ma il ruolo che ricopre.
Negli
anni, ho sviluppato una sorta di allergia nei
confronti dei bastardi che hanno deciso tutto questo.
Sono
stanco di eseguire ordini che nemmeno comprendo e sono
stufo di essere una pedina senza scopo.
Di
certo, non sono l’unico a pensarla così e sono
arrivato
alla conclusione che sia questo il motivo per cui il termine
“disertore” sia
stato così demonizzato.
Un
traditore…
Che
parola disgustosa!
Ma
tradire cosa?!
Un
Patria che ti ha attaccato alla tetta costringendoti ad
un’alimentazione forzata e infarcita di valori
controproducenti con contorno di
menzogne a raffica per farti il lavaggio del cervello?
Beh,
se è così, scusate tanto, ma io non ci sto!
Ci
hanno detto che il nostro compito è preservare la pace
e, allora, io mi chiedo: lo facciamo così? Con violenza e
senza alcun diritto?
Facendo terra bruciata ovunque andiamo e senza fare distinzione tra
soldati e
civili, uomini o donne, adulti o bambini?
Forse
siamo noi i veri demoni usurpatori della quiete.
Magari
sta gente se ne stava bene per i cazzi loro e non
avevano bisogno di un branco di americani spacconi che arrivassero in
pompa
magna come i salvatori del mondo.
Ci
hanno indotto a credere di fare del bene e la mia
squadra ci crede ancora, ma nessuno di loro ha ancora aperto gli occhi.
Bene
verso chi?
Per
questi poveri diavoli che trucidiamo o per l’America?
Quante
cazzate!
Mi
si rivolta lo stomaco e l’idea di esserci cascato anche
io mi fa incazzare come…
Lasciamo
perdere!
Non
ho voglia di avvelenarmi con questi pensieri.
Dico
solo che, se esiste giustizia a questo mondo, prima o
poi chi di dovere dovrà pagarla e anche cara!
Controllare
la mente di generazioni intere inducendole ad
ammazzare sostenendo che è il bene.
Che
squallore…
Non
mi interessa chi ha ragione o chi ha torto, ma nel
preservare i miei ragazzi credo di star cercando una sorta di
redenzione per
tutti i miei errori.
Loro
devono tornare a vivere…
Ora
basta con queste stronzate!
Vado
a farmi una doccia…”
_Allora
femminucce!_ guardai le due donne sopravvissute della mia squadra e le
vidi
scattare sull’attenti con la stessa prontezza dei compagni
uomini.
Capii che di
donna, in loro, fosse rimasto ben poco al di fuori delle loro curve.
_Monkey D Rufy
ci ha assegnato una nuova missione. Considerando il numero ristretto di
componenti, sarà un semplice compito di ispezione, ma non
adagiatevi sugli
allori dolcezze! E’ stata scoperta l’entrata di una
galleria vietcong che ci ha
dato parecchie grane in passato, ma ora sembra sia stata abbandonata.
Il nostro
obiettivo è semplice: entrare, trovare qualche muso giallo
che sicuramente non
ci sarà e tornare a fare rapporto così che la si
possa ritenere fuori pericolo
e chiuderla. Tutto chiaro??_
_SI SIGNORE!_
gridarono in coro i miei ragazzi senza una minima espressione sul viso
come i
bravi robottini che erano diventati.
_Viaggeremo
leggeri quindi portatevi solo l’armamentario
d’assalto su breve distanza.
Riposo, ragazzi! Filate a prepararvi… la missione inizia
alle ore 18!_
Prima di
raggiungere la mia squadra, mi presi del tempo per affilare le mie
katane
sicuro che, come sempre, avrebbero svolto il loro lavoro al meglio.
Dentro un
tunnel sotto terra sarebbero state un’ottima difesa.
La notte
iniziava ad avanzare e dalla giungla si levava il vociare sinistro dei
sui
selvatici animali.
Trovai i
soldati armati di tutto punto che se la chiacchieravano fra loro come
se
dovessero fare una scampagnata in allegria, ma quando si accorsero
della mia
presenza, furono veloci a riacquistare il giusto comportamento di un
marines e mi
accolsero con il saluto militare.
Non perdemmo
ulteriore tempo e ci incamminammo nella selva oscura con i sensi tesi a
captare
qualunque pericolo.
Raggiungemmo
l’entrata
del tunnel dopo neanche venti minuti di marcia e, senza indugio, feci
strada
scomparendo nel buio corridoio sotterraneo.
Una qualunque
luce avrebbe segnalato la nostra presenza ad un possibile nemico,
così
procedemmo con una capacità visiva scarsissima che
costò caro a tutti quanti e
non avemmo neanche il tempo di accorgercene.
Un membro
della squadra che non aveva assolutamente la stoffa del soldato, Usopp,
mise un
piede in fallo e il regalino dei nostri amici vietcong prese vita.
Ci avevano
lasciato un pensiero d’addio sotto forma di bomba che
scoppiò con un fragoroso
boato.
Io fui il
più
lontano, a capofila, e grazie a questo rimasi in vita ancora un
po’.
Doveva essere
una stramaledetta missione del cazzo con rischi insignificanti e,
invece, mi
ritrovai in quel buco del diavolo che presto o tardi mi sarebbe
crollato
addosso a cercare con lo sguardo la mia squadra.
Sangue ovunque
e occhi vitrei privi di vita spalancati nel buio.
Un rantolo
alla mia sinistra mi fece voltare e vidi Sanji, un mio coetaneo, che
strisciava
a terra cercando di raggiungermi.
Era un uomo
forte e valoroso, ma nei suoi occhi non vi era altro di lui al di fuori
della
paura.
_Merda…!_
una
fitta al costato mi fece trasalire.
Osservai il
mio corpo e lo trovai infilzato da chissà quante schegge di
metallo.
Poco
più
lontano, c’erano i corpi riversi di Franky, Chopper, Brook e
Nami.
La ragazza si
trovava vicino alla bomba nel momento in cui era esplosa e ora il suo
corpo
giaceva con le budella di fuori, mentre di Usopp non vi era
l’ombra.
Forse era
saltato in brandelli e la maggior parte del sangue sulle pareti era
quanto
restasse di lui.
Un pianto
incontrollato mi inondò gli occhi e mi azzannai un labbro
per la furia che mi
ribolliva dentro.
Ero scioccato ed
era successo tutto in un secondo.
Non era
giusto!!
Niente di
tutto quello lo era!
Il marines
biondo spirò sotto il mio sguardo sconcertato.
Iniziai a
sentirmi mancare e un sospiro catturò la mia attenzione.
Sulla parete
opposta alla mia, Robin se ne stava abbandonata con la schiena mentre
si teneva
fra le mani quella parte di gamba rimastale.
Era più
grande
di me, ma anche per lei era presto per morire.
I nostri sguardi
si incontrarono e la colpa si impossessò di me.
La vidi
chiudere gli occhi e anche il suo corpo di abbandonò al
suolo.
_Mi dispiace!_
Quella voce
piagnucolante uscì dalle mie labbra.
27
Marzo 1967, Philadelphia.
“Coniugi
Roronoa,
Siamo
tremendamente addolorati nel dovervi comunicare la morte del vostro
amato
figlio avvenuta in data 16/03 intorno alle ore 21 avvenuta a causa di
un
ordigno nemico.
A
breve, vi sarà comunicata la data del rimpatrio della salma.
Ci
uniamo a voi nella sofferenza per l’ennesima perdita subita
dall’America.
Il
Dipartimento per la Difesa.”
ANGOLO
DELL’AUTORE
Ciao
a tutti!
Con
questa storia ho voluto
rubarvi un momento del vostro tempo per farvi riflettere
sull’assurdità della
guerra.
E’
un po’crudo ma anche la guerra
lo è…
Se
avete voglia di spendere altri
5 minuti in onore di questo pensiero, vi suggerisco di ascoltare parola
per
parola questa canzone che è quella che mi ha ispirata.
https://www.youtube.com/watch?v=lT4PvXNTeGA
Le
incoerenze storiche sono state
inserite per completare al meglio la storia e perdonate se ci sono
errori
tecnici, ma non me ne intendo più di tanto anche se mi sono
informata.
Baci
a tutti
Arcadia