La battaglia del Ciciarampa
La
mattina dopo Rea era uno zombie. Aveva le occhiaie e durante la notte si era
agitata talmente tanto che aveva finito per sbattere contro la tastiera del
letto, facendosi male.
Vide
Axel arrivare in sala da pranzo con un sorriso a
trentadue denti stampato in faccia e lo odiò con tutta se stessa.
“Buongiorno!”
la salutò, sedendosi per fare colazione.
“Magari”
rispose lei, bevendo lentamente il suo caffè forte. Lui la squadrò.
“Dormito
male?”
“In
modo pessimo, sì. Tu, invece, sembri bello fresco e riposato” osservò con una
punta di acidità. Il ragazzo rise divertito.
“Si,
quando mi addormento niente può disturbarmi” confermò soddisfatto.
Mangiarono
in silenzio (con grande gioia da parte dell’emicrania di Rea) e poi raggiunsero
il gruppo dei guerrieri fuori dal palazzo.
Erano
in sette o otto e loro riconobbero solo la Regina Bianca e il Cappellaio Matto.
In verità, la ragazza aveva già visto un’altra volta anche il coniglio col
panciotto, ma non sapeva come si chiamasse.
“Dov’è
Alice?” domandarono alla reggente. Lei scosse la testa, desolata.
“Non
si è ancora vista e mia sorella sta arrivando. Temo che non verrà” rispose
gravemente.
Rea
e Axel si scambiarono uno sguardo confuso: ma non
aveva detto che avrebbe combattuto?
“Sono
qua!” annunciò una voce.
Si
voltarono tutti verso l’ingresso, dal quale apparve un’Alice in armatura e
spada scintillante.
Si
avvicinò a loro e sorrise a Rea.
“Grazie”
le disse semplicemente. Lei ricambiò il sorriso e poi annuì.
“È
la cosa giusta da fare” le assicurò.
La
Regina Bianca si alzò sul cavallo e poi guardò tutti i presenti.
“Oggi
è il giorno Gioiglorioso! Combattiamo per la liberazione
di Sottomondo!” esclamò.
Dalla
folla (poco numerosa) si levò un grido di gioia.
I
campi di battaglia non erano decisamente fatti per Rea, che, non appena
arrivarono davanti all’esercito della Regina Rossa, si sentì subito
terrorizzata.
Axel, che le
stava accanto, la vide impaurita e le sorrise.
“Tranquilla,
noi ci togliamo di qui appena iniziano a combattere. Non c’entriamo niente con
questa lotta e non ci immischieremo” la tranquillizzò. La ragazza si sentiva
strana, tutto quello che voleva era semplicemente fuggire, ma sapere che quelle
persone avrebbero iniziato una guerra la faceva sentire in colpa per la sua
codardia.
“Non
è questo” sussurrò in direzione del compagno, sentendosi invadere da una
tristezza enorme.
“Allora
che succede?” le domandò.
“Non
lo so, è come… come se ci fosse qualcosa di più, dietro alla lotta di queste
persone. Loro non vogliono combattere, non vogliono rischiare la morte, io lo
sento” spiegò bisbigliando.
In
quell’istante le due fazioni si scagliarono l’una contro l’altra ad armi
sfoderate, in mezzo a grida di incoraggiamento.
Rea
era rimasta immobile al centro del campo, incapace di camminare, di spostarsi
di lì.
Si
sentiva colma di disperazione: perché fare così? A che serviva?
Tutti
quelli che si stavano sfidando non volevano questo, non volevano dover
combattere, loro volevano la pace.
“Muoviti
di lì!” le gridò Axel, prendendola per un braccio e
trascinandola via velocemente.
Si
nascose dietro ad una roccia gigante, lontano da tutto quel baccano. Controllò
che nessuno li avesse seguiti, poi la fissò truce.
“Ma
che diavolo stavi facendo?” l’aggredì.
Rea
si accorse di star piangendo solo quando il ragazzo cambiò sguardo e nei suoi
occhi comparve la preoccupazione. Si mise una mano su una guancia sentendola
bagnata e si strofinò il viso cercando di asciugarsi.
“Scusami”
disse imbarazzata.
Lontana
da tutta quella gente si sentiva meno disperata. Quell’emozione distruttiva di
poco prima non era sua, lei poteva solo percepirla ma non proveniva dal suo
cuore: erano tutti loro a provarla.
“Mi
dici che ti succede?” s’informò lui.
Non
fece in tempo a rispondergli che una serie di Heartless
si materializzarono al loro fianco, pronti ad attaccare. Axel
sfoderò il Keyblade.
“Maledizione”
imprecò.
Anche
Rea decise di far comparire la sua spada: stavolta non voleva essere un peso
per nessuno.
Lo
affiancò con sicurezza.
“Io
sono pronta!” esclamò.
Il
ragazzo annuì e si lanciarono entrambi verso i nemici, fendendo l’aria con le
loro lame.
Fortunatamente,
considerò lui, quelli erano Heartless purosangue e il
loro cuore non era più nei loro corpi. Con gli emblema avevano avuto qualche
problema, il pomeriggio precedente, e questo non era un bene: non poter
sconfiggere gli Heartless più forti perché Rea si
sentiva male era decisamente un impedimento.
Lei,
dal canto suo, stava provando a colpire gli esserini neri ma non ci riusciva,
erano troppo veloci.
Uno
le si avvicinò alle spalle e, quando lei si voltò, lo vide saltarle addosso. Si
parò con le mani.
“AH!”
gridò impaurita.
Axel la protesse
col proprio Keyblade, distruggendo lo Shadow ed evitandole l’attacco.
La
guardò arrabbiato.
“Tu
non hai idea di come si utilizzi un Keyblade, vero?”
le domandò acidamente. La ragazza scosse la testa.
“Non
ne ho idea” confermò.
Sentirono
delle grida venire dal campo di battaglia e i due si sporsero a controllare,
preoccupati per Alice.
“Sei
cose impossibili, contale Alice: uno, c’è una pozione che fa rimpicciolire;
due, c’è una torta che fa ingrandire; tre, gli animali parlano; quattro, i
gatti evaporano; cinque, esiste un paese delle meraviglie; sei, posso uccidere
il Ciciarampa!” esclamò la bionda, saltando.
Si
mosse quasi automaticamente, fendendo l’aria con la spada e decapitando quella
specie di mostruoso drago.
Atterrò
di botto sulla roccia, sentendo una pietra sbatterle contro il braccio e fu
accecata dal dolore per un istante. La prima cosa che vide quando riuscì a
riaprire gli occhi fu la testa del Ciciarampa
rotolare a terra e sorrise: avevano vinto! Lei aveva vinto, ce l’aveva fatta!
Si
mise a ridere per scaricare la tensione.
Rea
e Axel attesero seduti in giardino. Avevano visto
Alice che veniva portata in una specie di trionfale parata improvvisata e
avevano tirato un sospiro di sollievo: era finita.
Al
momento la stavano aspettando per tornare al castello di Yen Sid e lasciarla lì fino a che tutte e sei le principesse
non fossero riunite. Era questo il piano.
Paperino
(che aveva portato la Gummiship nel piazzale del
giardino del castello della Regina Bianca) si avvicinò a loro.
“Ho
chiamato Re Topolino, ha detto che anche loro sono riusciti a recuperare una
Principessa, mentre Sora ci sta già aspettando da Yen Sid
per ripartire domattina” li avvertì.
“Domattina?”
chiese la ragazza, sfinita. Sbadigliò.
“Sì,
oggi rimarremo a riposarci al castello e ripartiremo domani” spiegò il papero.
“Bene,
almeno possiamo stare tranquilli per un po’” commentò soddisfatta.
“Io
non credo proprio” la smontò Axel, sorridendo. Lei
gli lanciò un’occhiataccia.
“Che
intendi dire?”
“Devi
imparare a usare il Keyblade, non posso vederti
menare colpi a caso come se stessi cercando di scacciare le mosche! Ti farò
allenare nel combattimento!” la informò. Rea si accasciò al suolo, distrutta.
“Ma
io voglio riposarmi!” si lamentò.
Paperino
fece un cenno col braccio, interrompendoli, e salutò Alice, che si avvicinò
tranquilla. Ora portava di nuovo il suo vestito azzurro e bianco e sembrava sé
stessa, non più una ragazza triste e disperata.
“Sono
pronta a partire, quando volete possiamo andare” disse sorridendo.
Il
ragazzo si alzò e tese una mano alla sua compagna, che l’afferrò controvoglia e
si tirò su.
“Tu
mi vuoi morta, vero?” gli chiese. Lui rise divertito e poi l’accompagnò alla Gummiship.
“No,
il mio compito è proteggerti” la corresse.
Rea
guardò con la coda dell’occhio le loro mani ancora unite e arrossì: ora avrebbe
anche potuto lasciarla, no? Però era un contatto piacevole, tutto sommato.
Si
sedettero tutti e quattro sulle poltroncine della navicella e, con suo grande
dispiacere, le loro mani si staccarono.
“Ok,
tutti pronti? Si parte!” annunciò Paperino, accendendo i motori.
La
ragazza deglutì e provò a calmare il battito accelerato del suo cuore, ma non
ci riuscì: quella sensazione di emozione allo stato puro le rimase dentro senza
che potesse fare niente per cancellarla.