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Autore: Riholu    10/08/2014    2 recensioni
[Storia ambientata prima degli eventi di B2 e N2]
Ad Unima non c'è più tempo di divertirsi, perché i Pokémon stanno soffrendo per mano di un team sconosciuto.
Non c'è più tempo di giocare al novello allenatore, e Touko dovrà impararlo presto, se vorrà aiutare la sua regione a curarsi dalle Ombre.
Tratto dal testo:
I due ragazzi si guardarono per un attimo, per capire chi è che dovesse parlare.
Alla fine prese parola il primo.
«Ciò che stiamo per dirti probabilmente ti scioccherà un po', ma non è il caso di addolcirti la pillola. Hai comunque l'età per capire, quindi cerca di affrontare la verità con diplomazia. Qualunque sia. E di crederci, soprattutto»
[REVISIONE IN CORSO --> Capitolo 13]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Altri, Touko
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Videogioco
Capitoli:
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Capitolo 89




Il mattino seguente, Wes aprì gli occhi al nuovo giorno che il sole era già alto.
Ancora un po' assonnato, si mise seduto stropicciandosi gli occhi e sbadigliando sonoramente, per poi dare un'occhiata alla sveglia sul comodino.
Che, però, si accorse non esserci.

Stranito, si guardò attorno e si ricordò dove fosse.
Con un piccolo sorriso indefinibile abbassò lo sguardo -ancora vago- sulle coperte, accarezzandole piano e osservando i ghirigori del lenzuolo.
Se lo ricordava, quel lenzuolo: era l'ultimo con cui aveva dormito tanti anni fa...

Sua madre non aveva cambiato nulla, in quella stanza. La sua stanza.
Sembrava quasi che vi fosse entrata solo per pulire, come sempre, poi per il resto ogni cosa era rimasta come lui l'aveva lasciata.

La sua camera era proprio quell'unica stanza al secondo piano che si poteva vedere da fuori: vista dall'esterno non si poteva definire tale, ma l'interno della stanza era costruito come fosse una mansarda, col tetto spiovente. Le uniche finestre che illuminavano la stanza erano quelle sulla facciata della casa, poste a est perché il sole all'alba svegliasse l'inquilino.

Le pareti erano bianche, pulite, luminose: non c'era una singola macchia in quel colore puro e candido. E la luce che entrava dalle finestre, infrangendosi sul bianco, illuminava la stanza meglio di una lampada sul tetto.
I colori predominanti nella stanza, oltre al candore del muro, erano le tonalità del rosso e del blu. Il letto, posto davanti alle finestre in orizzontale, era incassato in un armadio a muro che prendeva due pareti: quella opposta alla luce e quella alla sua sinistra; le coperte color arancio e il cuscino rosso cupo formavano un forte contrasto con il legno chiaro dell'armadio e i cassettoni gialli sotto al letto. Gli sportelli dei mobiletti erano, invece, bianchi con le maniglie blu.
Oltre il letto, delle mensole sovrapposte erano incassate sotto i mobiletti, sotto di loro altri cassetti colorati di un blu simile alle profondità marine.
Il pavimento, in parquet chiaro, ospitava un tappeto bianco sporco decorato con un motivo astratto, di cui era impossibile afferrare il disegno, e un pouf circolare messo sul tappeto, di un blu appena più chiaro di quello dei cassetti.
Sulla parete sulla destra delle finestre stava invece una scrivania, anch'essa di legno chiaro plastificato, una libreria al suo fianco, qualche quadro e peluche di Pokémon vari a dare colore.

Wes sbadigliò un'altra volta, poi si levò le coperte di dosso e si decise ad alzarsi.
Dalle finestre filtrava una luce quasi accecante, per cui fu costretto a proteggersi gli occhi da quel bagliore: e dire che una volta gli piaceva la luce!
Da quando aveva girato in posti bui e sotterranei per troppo tempo, la luce del giorno in Auros gli dava davvero fastidio agli occhi.

Sempre sbadigliando, raccolse i suoi vestiti lasciati sul pouf e uscì dalla stanza, diretto in bagno per farsi una doccia.
Appurato che non fosse occupato, vi entrò chiudendosi la porta dietro.

Helen, al piano di sotto già sveglia da un bel po', sentì il rumore di porte che si aprivano e chiudevano e capì che si era svegliato.
Sorrise: un sorriso luminoso, felice.
Da quanto tempo non lo faceva? Forse anche troppo.

Tornò a occuparsi della colazione e dei pancake che stava preparando: sapeva che a suo figlio piacevano da sempre. E se non aveva cambiato gusti, avrebbe apprezzato la sorpresa.

Lasciò un attimo i fornelli per andare alla finestra e guardare fuori. Cercò Touko con lo sguardo, trovandola in giardino intenta a lavare un Haku che continuava a sgusciare via e bagnarla tutta, in mezzo a tante risate di gioia.
Sorrise intenerita a quella scena: quella ragazza era davvero una forza della natura, vivace e sorridente, ma matura e responsabile.

La brunetta si era alzata molto presto, come da solito, ed era scesa subito giù con l'intento di chiederle il permesso per usare la pompa d'acqua e lavare il suo starter.
Un po' sorpresa, lei glie l'aveva accordato, non sapendo bene come un Pokémon potesse necessitare di una pompa da giardino per essere lavato, ma una volta visto quant'era grosso aveva ben capito la necessità.

Non riuscendo a reprimere un nuovo sorriso divertito, si sporse dalla finestra e si affacciò per chiamarla.
-Touko, tra poco e pronto!- le gridò.

La ragazza si fermò, chiudendo la pompa e smettendo di inseguire il povero serpente, poi si volse e le sorrise.
-Okay! Grazie, signora Mokura!- le rispose, andando immediatamente a posare l'attrezzo da giardino.
Poi si volse verso il serpente.
-Tu vedi di non combinare danni, ti lascio girare qui attorno nel giardino, eh?-.

-Seeer!- annuì il Pokémon, sdraiandosi sull'erba a prendere il sole e asciugarsi.

Touko annuì e tornò dentro casa, mezza fradicia.
-Certo che per essere un Pokémon di tipo Erba, di acqua non ne vuole sapere!- sbuffò, guardando com'era ridotta.

-E che vuoi farci? Comunque è bene che lo bagni spesso: col caldo che fa in questa regione, è bene restare sempre idratati- le consigliò la donna, che era tornata a cucinare.
In quel momento stava posando i pancake in pila su tre piatti.

-Ah sì? Allora ci litigherò molto spesso- rise l'altra, di buonumore.
Si guardò un'altra volta, facendo una smorfia.
-Il bagno non è occupato, vero?-.

-Invece sì, si è alzato Wes- le rispose Helen.

-Sì? … E allora dove mi asciugo?- chiese di nuovo la brunetta.

-In camera mia c'è un piccolo bagno, puoi usare quello se vuoi-.

-La ringrazio signora!- esclamò la quindicenne, andando alla ricerca della stanza che le aveva indicato con la testa la madre del suo migliore amico.

Quest'ultima annuì, sempre sorridendo, e finì di impilare i pancake.
Prese la nutella dalla credenza sopra la cucina e uno dei piatti, per portarli nel salotto e mangiare là, ma quando si girò vide sulla porta suo figlio che la guardava curioso.
Rimase un attimo sorpresa, sia nel vederselo davanti così grande -ancora non si era abituata a quanto era cresciuto- sia perché era in cucina.
Lui, che dopo quello non c'aveva più voluto mettere piede.

-Wes!- esclamò, sobbalzando un po'.

-Scusami, avrei dovuto bussare- si scusò il biondo, grattandosi la guancia.
Sbadigliò di nuovo, stavolta con la mano davanti alla bocca.
-Ma a che ora sono andato a dormire ieri...? Sto morendo dal sonno- farfugliò, seccato da sé stesso.

-In verità siamo andati a dormire a mezzanotte e mezza, è più che normale che hai sonno, tesoro- gli rispose, posando quello che aveva in mano sul tavolo e osservandolo.
Non sembrava intenzionato ad allontanarsi da quella stanza... forse non si era accorto dov'era, visto il sonno?

-Mi sono addormentato anche più tardi, mamma. Sarà il letto... soporifero. Dormire di nuovo in quella stanza deve avermi scombussolato le cose... mi alzo sempre all'alba- disse Wes.

Si guardò un attimo attorno, osservando la cucina con sguardo vago; poi sposto lo sguardo sul pavimento, laddove era accaduto l'incidente con il coltello.
Incidente... non sapeva dire se potesse venire davvero definito così: ancora non aveva capito le intenzioni di suo padre, e fino ad allora non avrebbe potuto dare un vero aggettivo a quello che era successo là.
Nemmeno “tentato omicidio” gli sembrava più così effettivo...

-Forse è meglio che usciamo di qui- gli arrivò da sua madre.

Alzò gli occhi su di lei, visto che era rimasto ad fissare il punto in cui ricordava erano lui e Tsutai al momento del colpo quasi mortale.
Helen lo guardava preoccupata, pronta a portarlo via di lì se avesse dato cenno di... di cosa? Pazzia? Paura? Cosa doveva provare lui ora, nell'essere di nuovo lì? Ancora non aveva capito nemmeno questo. Gli veniva così naturale percorrere quei corridoi e quelle stanze...

Si rese conto di starla facendo preoccupare, per cui si affrettò a rassicurarla.
-No, tranquilla, sto bene. Credo... Non so come dovrei sentirmi, a mente lucida. Ricordo perfettamente, come non potrei? Ancora ogni tanto torna a farsi sentire- le rispose, scuotendo il capo.

Nel sentire quelle parole, la donna gli si avvicinò e gli poggiò una mano sul viso, accarezzandogli la guancia e la fascetta col pollice.
Ancora una volta quel gesto lo sorprese: non era proprio abituato ad avere una madre attorno... un genitore. Non lo era mai stato.

-Vedrai che col tempo tutti i ricordi diventeranno belli, Wes. Un giorno riuscirai a pensare a quello che è successo in passato senza provare rabbia, o dolore, o rancore nei confronti di tuo padre. Posso giurartelo, Wes: Tsutai prima non era così... e non ho idea di cosa gli sia successo per cambiarlo in tal modo- provò a consolarlo Helen.

Sentendola parlare di suo padre, rimase ad ascoltarla mentre lei continuava.

-Un tempo era uno sbruffone di prima categoria... La prima volta che lo vidi mi sembrò un donnaiolo, visto come si comportava con le donne: era carismatico, piacente d'aspetto e notevolmente alto e forte. Crederai fossi una ragazza sciocca all'epoca, nel dire queste cose, ma veramente lui era così. Un po'... come sei tu ora; ma più muscolo. Ricordi com'era, no?-.

-Sì, lo ricordo... anche se in chiave meno piacevole. Continua- la spronò lui, curioso.

Sì... voleva sapere.
Lui conosceva Tsutai solo per come l'aveva sempre visto da bambino, e non si era mai soffermato a chiedersi com'era prima di essere padre e marito. Non si era mai interessato a ciò... ma ora voleva sapere qualcosa di più su di lui.
Se doveva uscire dal guscio d'odio... doveva conoscerlo di più.

-Beh... eravamo a Diamantopoli quando ci conoscemmo. A quei tempi era un giramondo. Lui mi aveva notata, sì, ma io ero decisamente ben poco aperta, da liceale. Questo l'hai preso da me. Un giorno mi avvicinò, alla sua solita maniera con cui “adescava” le ragazze, ma io conoscendolo già di fama lo trattai abbastanza male. Lui se la prese nel sentirsi chiamato “donnaiolo” e diede a me della befana; ti lascio immaginare il litigio, in piazza pubblica, che ne venne fuori. Attirammo un bel po' di attenzioni... A litigio finito ci mettemmo a ridere, per la puerilità del nostro comportamento, e ci mettemmo a parlare amichevolmente: era un uomo interessante, era più di quel che dimostrava d'essere-.

-Ovviamente, parlando parlando, iniziammo anche a vederci... lui era più grande di me, girava il mondo e guadagnava da sé. Si potrebbe dire che era un poveraccio, ma a me piaceva lo stesso. Mi divertiva, mi faceva ridere come nessuno. Finii con l'innamorarmene... ma una donna non fa mai il primo passo. Lui mi si dichiarò dopo un mese che c'eravamo conosciuti, così iniziammo a frequentarci... baci, coccole, tenerezze: eravamo due fidanzatini innamorati l'uno dell'altra. E dire che lui aveva praticamente ventitré anni! Sembrava il più bambino tra i due, invece-.

-Un anno dopo mi chiese di sposarlo, e io accettai. Ero appena diciottenne, per cui fui costretta a scappare di casa con lui per poterlo fare. Propose lui questa pazzia... Pazzia che accettai ben volentieri. Avrei fatto di tutto per potere stare con lui e amarlo... Tu sai che la famiglia Koto è abbastanza famosa, e potrai capire che i miei genitori erano assolutamente contrari alla nostra relazione. Una ragazza ricca con un povero giramondo... ma non mi importava. Ci sposammo, trovammo casa a Sulfuria con quello che avevo trafugato dalla cassaforte dei miei genitori, e là iniziammo la nostra vita coniugale-.

-I problemi iniziarono quando io rimasi incinta di te... non dico che tu fossi un problema, anzi io ero felicissima! Una famiglia era quello che desideravo con tutto il cuore. Però lui era preoccupato... come te da piccolo, lui aveva la tendenza a... “infiammarsi”. Era un attaccabrighe, e più volte tornava a casa con l'occhio pesto e molto altro, quando usciva con dei suoi amici per una rimpatriata in un bar, a bere e parlare. Temeva di essere incapace di fare il padre, ma io continuavo a rassicurarlo... poi sai com'è finita, il resto della storia. Picchiava te, picchiava Michael, ci gridavamo in faccia litigando come forsennati. E poi... se ne andato- concluse Helen, abbassando il capo con gli occhi lucidi.

Wes la guardò e, vedendola di nuovo in procinto di piangere, l'abbracciò stretta.
Si sentì un verme: non si era mai soffermato a pensare a cosa provasse sua madre, dopo la scomparsa di Tsutai. Lui ne era felice, era "libero"... ma lei?
Era stato egoista.

-Scusami, mamma...- disse, non riuscendo a perdonarsi.

-Per cosa?-.

-Ti ho lasciata sola... Me ne sono andato. Non ce l'ho fatta più e sono scappato di casa, lasciandovi soli. Mi dispiace così tanto...- rispose, stringendosi a lei.

-Quel che è passato è passato, Wes. Non preoccuparti di cosa è successo anni fa, perché quello non puoi modificarlo in nessun modo, e nemmeno puoi dimenticarlo, come invece hai fatto. Il passato è parte di te, sono le tue origini... è quello che sei stato, quello che puoi evitare di essere. Ti regala insegnamenti, ti fa crescere, e ti rende prezioso quel che puoi avere in futuro...- gli disse invece la donna, allontanandosi e guardandolo in viso.
Poi si volse verso l'entrata, su cui una timida Touko si era soffermata per lungo tempo, ad ascoltare anche lei.
-Ti rende prezioso quello che puoi avere in futuro- ripeté, accennando alla ragazza.

Il giovane si volse, chiedendosi cosa guardasse, e rimase sorpreso di vedere la brunetta lì, non aspettandosela.
Non sapeva nemmeno che fosse sveglia, per dire.

Touko, nel sentirsi così osservata, s'imbarazzò all'istante e abbassò lo sguardo, colta in fallo.
-Scusate, io... fo-forse non dovevo ascoltare...- balbettò, rossissima in viso.

Wes ridacchiò, lasciando sua madre per andare da lei.
Le diede un bacio a stampo, zittendo il suo farfugliamento, poi la guardò dolce.
-Tu puoi sentire quello che vuoi, quando mi riguarda. Capito?- le disse, accarezzandole il capo.

Sorpresa dal bacio, la ragazza annuì e ricambiò il sorriso.
-Sì... scusa-.

-E smettila di chiedere scusa, se no non ti lascio più in pace finché non la smetti. Lo so che soffri il solletico, non costringermi a usarlo contro di te- la minacciò bonario lui, guardandola con fare poco promettente.

-NO! Non oseresti- lo smentì lei, pronta ad allontanarsi e correre via.

-Scommettiamo?-.

-Io direi che è meglio mangiare, prima che i pancake si raffreddino e io ti tiri una sberla sulla nuca, figlio mio. Non si trattano così le ragazze- li interruppe Helen, guardandoli altrettanto -falsamente- bonaria.
Anche lei sapeva menare, se voleva.

-Guarda che come la tratto io, la tratta solo il suo Pokémon Leggendario- le rispose lui, perplesso.
Notando lo sguardo palese della madre, sospirò.
-Okay, okay. Mangiamo. E' un'eternità che non ne mangio- rise il ragazzo, sedendosi a tavola.

La donna alzò lo sguardo al cielo, esasperata, e gli mise davanti la sua colazione; lo stesso fece per Touko, che prese posto anche lei accanto a lui.
Con la nutella al centro del tavolo e la bionda anch'essa al suo posto, finalmente il pasto mattutino -non più tanto, visto l'ora- tanto atteso poté essere consumato. Con somma gioia del Campione, che non ne assaporava da anche troppo tempo, pur essendo uno dei suoi cibi preferiti.

Non mancarono le battutine e le frecciate per un po' di cioccolata di troppo; le risate mal celate che scatenò la brunetta quando si sporcò bocca e mani in un improvviso sbuffo di allegria, oppure la ghiottoneria del ragazzo quando si lamentò che i pancake erano finiti.

La lavata di piatti e posate utilizzate fu il tocco finale di quella splendida mattinata: diede da fare sia a Helen che a Touko, che si offrì di aiutarla in quella faccenda, e il tutto si svolse sotto gli occhi di un Wes alquanto di buonumore e in vena di fare scherzi alla sua compagna di viaggio.
E difatti gliene fece – col risultato di venire schizzato d'acqua e sapone. E giù di lì altre risate.

Ma non finì lì!
Cosa c'era di meglio da fare, se non giocare con i propri Pokémon? In una giornata simile, iniziata così bene, divertirsi in giardino con loro era d'obbligo. Anche perché l'adulta ricordava con affetto i tre piccoli Eevee che avevano adottato tanto tempo fa, e desiderava rivedere quelle tre piccole pesti.

Umbreon e Espeon fecero le feste alla donna con allegria, lieti di rivederla, e la micetta si comportò con lei come aveva fatto col suo allenatore ieri.
Anche lei se ne stupì, ricordando quando fosse abituata a vederla distante, o al massimo al seguito del suo padroncino.
Il volpino invece non era cambiato affatto: cornuto era e cornuto rimaneva.

La donna fece conoscenza anche di Haku, che amichevolmente venne ribattezzano “serpentone” da lei stessa.
Avesse potuto, avrebbe anche volentieri parlato con Ho-Oh e Zekrom, ma lo spazio in quel giardino cominciava a scarseggiare, tra piccole creature che si rincorrevano e mosse Pokémon vaganti -che colpivano anche gli esseri umani lì presenti-.

Tutto Villaggio Toko poté di sicuro sentire quella gioia, nascosta dalle bianche mura di casa Mokura.

In tardo pomeriggio fu tempo di ripartire.
Non potevano rimanere lì troppo a lungo, e sebbene tornare a casa fosse stato un vero piacere per il ragazzo, contro ogni suo pronostico, avevano un tempo limite da potere trascorrere nella regione.
Erano già al secondo giorno e avevano visto poco e nulla.

Per cui, al momento di andare, il saluto fu davvero sofferto.
-Dove andrete, ora?- chiese Helen, mentre abbracciava il figlio ritrovato.

-Prima di incontrarti eravamo diretti a Sulfuria, quindi andremo là- rispose quest'ultimo, scindendo la stretta e allontanandosi da lei dopo un lungo abbraccio.

-Proprio Sulfuria...? Vai sempre in posti dove è presente parte del tuo passato- rifletté lei, riferendosi al fatto che per un po' di tempo i Mokura avevano abitato proprio in quella città malfamata.

-Sembra proprio che non possa evitarlo- ridacchiò il ragazzo, sospirando mesto.
Affrontare questa piccola parte di sé, in questi due giorni, era stato facile oltre ogni previsione, anche per quanto riguardava il ricordo in cucina, che forse erano uno dei più terribili.
Ma sarebbe sempre stato così facile?

-Non puoi scappare dal passato, Wes-.

-Ho tanta voglia di continuare a farlo, invece... Vorrei restare qui- rispose triste il mulatto, abbassando la testa.

Sua madre gli regalò una carezza.
-Ricorda: fai tesoro del passato, vivi felicemente il presente e affronta con tranquillità il futuro. E' il segreto per una vita felice- gli rivelò, mentre abbassava la mano.

-Lo farò, allora... mamma-.

Lei annuì, poi si volse verso Touko, che stava in piedi accanto a Wes, e abbracciò anche lei.
-E tu, ragazza mia... non abbandonare mai mio figlio, restagli sempre accanto. Supportalo, aiutalo. Quel che lui sta affrontando, e affronterà in futuro, non saprà passarlo da solo... per cui non lasciarlo mai, e imponiti se lui si rifiuta. Tu sei la luce che per anni non ha mai avuto, ti prego di restare tale- le disse all'orecchio, mentre la stringeva maternamente.

La ragazza ne fu commossa.
-Lo farò, signora- promise, sicura.

-E chiamami Helen-.

-D'accordo... Helen-.

La donna annuì e si allontanò anche da lei, per poi mettersi davanti a entrambi e battere le mani.
-Su! E' tempo di andare. Promettetemi almeno di passare un'altra volta, prima di tornare a Unima- esordì, sorridente.

-Torneremo. E dopo la faccenda di Unima... tornerò ancora. Stavolta con Michael, anche lui vorrebbe tanto rivederti- annuì Wes.

-La nostra famiglia può ancora tornare ad esser tale. L'ultimo passo spetta a te, figlio mio, nel perdonare quello scapestrato menatore giramondo di tuo padre. A te la scelta di una famiglia felice per intero o a metà. Torneremo comunque a essere una famiglia. E ora, su! Andate, prima che ti incateni in casa e non ti faccia più andare via-.

Il biondo rise e montò sulla moto, portata fuori casa, seguito subito dalla sua compagna di viaggio.
Con un ultimo saluto alla madre, accesa la moto e levato il cavalletto, i due ragazzi ripartirono alla volta della prossima città.
Destinazione: Sulfuria!

                                                                                                               *
Si posta nel week-end!
Così com'è la fine della loro breve pausa.
Sulfuria è il teatro di mille problemi... cosa succederà?
Questo capitolo si può considerare la continuazione del precedente: quant'è bello tornare a casa... e quant'è ancora più bello sapere che, dopo tanto tempo, ne hai ancora una!

Ringrazio per le recensioni:
Little Crew, che già pensa che stia finendo la storia: ancora c'è da fare!;
Noel Le Blanc, sempre dolce e gentile - e pronta a uccidere Tsutai xD;
Frago_chan, che spero non mi abbia ucciso Michael D:
Grazie mille a tutte e tre!! :D

Novanta capitoli... non riesco nemmeno a realizzarlo!
Immaginate il nodo nella gola che ho ogni volta che leggo il numero del capitolo che andrò a scrivere xD Sarà lo stesso quando andrò a scrivere il centesimo °-°

Ciao!!
Alla prossima settimana! ;)
   
 
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