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Autore: Laylath    12/08/2014    2 recensioni
(Spin off di Un anno per crescere )
Più di venti anni prima che un gruppo di ragazzi intrecciasse i propri destini in un piccolo angolo di mondo, a New Optain, una pasticciera ed un poliziotto fanno il loro primo incontro.
Ecco la storia di Vincent e Rosie, i genitori di Vato.
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Vato Falman
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Un anno per crescere'
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Capitolo XIX

1885. Tutta colpa dei temporali

 

Fu questione di qualche settimana prima che Vato ed Elisa diventassero davvero inseparabili.
La cosa fece enormemente piacere a Vincent e Rosie che, finalmente, vedevano il loro figlio molto più partecipe del mondo esterno, come se venisse stimolato nel modo giusto, senza forzature. Elisa sembrava intuire come prenderlo: sempre gentile e calma, nonostante l’età, era perfettamente consapevole di avere a che fare con una personalità un po’ particolare che, tuttavia, le andava a genio.
Effettivamente anche la madre della bambina confermò che era la prima volta che Elisa stringeva amicizia in maniera così profonda. Non che avesse mai disdegnato la compagnia ed i giochi con le sue coetanee, ma sembrava preferire nettamente quella istruita di Vato.
Così divenne normale per Rosie avere quella piccola ospite a casa: entrambi i genitori di Elisa lavoravano e spesso la bambina era lasciata dal nonno o da qualche parente. Poter passare il pomeriggio con Vato le risultava decisamente più gradito.
“E questa è una e – spiegò il bambino un pomeriggio, indicando la lettera con il dito – vedi? E’ facile: le metti tutte assieme e diventa cane.
Tuttavia quello che sembrava normale e facile per lui non era alla portata di Elisa che, ovviamente, aveva bisogno di una spiegazione più semplice e fatta da una persona esperta.
“Non ci riesco…” ammise lei, cercando di seguire le lettere con l’indice.
“Vato, non essere insistente – lo rimproverò leggermente Rosie, vedendo l’aria abbattuta d maestro e allieva di fronte all’ennesimo fallimento – quante volte ti devo ripetere che ogni persona ha i suoi tempi?”
“Quando inizio la scuola ti prometto che imparo – disse Elisa, cercando di consolarlo – magari la maestra mi aiuterà a capire bene come si fa… forse tu hai imparato in modo diverso.”
“Però è strano – scosse il capo lui – tu sai un sacco di nomi delle erbe e conosci tante altre cose… dovresti riuscire a leggere senza problemi. Sei sicura di non voler riprovare?”
“Vuoi proprio farlo?” e la sua aria sconsolata faceva capire che gli esercizi di lettura non erano il miglior modo per passare quel pomeriggio.
“Beh, se vuoi posso leggere io – si arrese lui – andiamo in camera e… oh, piove.”
Si girò verso la finestra, sentendo le prime gocce che si abbattevano sui vetri.
“Oh no – sospirò Elisa – i temporali sono iniziati!”
“E’ un solo temporale. Inizia e finisce.” corresse lui
“No – scosse il capo la bambina, con aria preoccupata – qui durano tanti giorni e sono uno dopo l’altro. E sono brutti perché fanno i tuoni forti e di notte mi fanno tanta paura.”
Vato la fissò con perplessità, non riuscendo a capire dove stesse il problema. Ovviamente conosceva i temporali: a New Optain, in autunno, accadeva spesso che ce ne fossero. Tuttavia trovandosi molto più a nord erano assai più frequenti le nevicate, sicuramente molto meno rumorose.
E, di conseguenza, il bambino non aveva ancora sperimentato cosa volesse dire sentire tuoni così violenti che continuavano ad imperversare per ore ed ore.
 
“Non smette ancora!” si lamentò Vato all’ora di cena, osservando con apprensione il cielo che si illuminava a giorno per il nuovo fulmine.
“Sì – spiegò Vincent – qui c’è una vera e propria piccola stagione delle piogge, me lo stavano raccontando alcuni agricoltori proprio stamattina. Per qualche settimana ci sono questi temporali intensi e di conseguenza bisogna sempre tenere d’occhio il fiume: a volte capita che esondi.”
“Spero che non ci siano pericoli in vista – commentò Rosie, aiutando il bambino a riempire il proprio bicchiere d’acqua – a New Optain non succede mai nulla del genere. I problemi più gravi li ha sempre causati la neve con le strade impraticabili, ma niente che preoccupasse davvero la città.”
“E’ un tipo di clima diverso – scrollò le spalle Vincent – si tratterà solo di farci l’abitudine.”
Come il padre disse la parola clima a Vato tornò in mente il libro di scienze che gli aveva dato sua madre diversi mesi prima. Forse poteva trovare una risposta a quello che si prospettava essere un problema bello grosso: quei temporali proprio non gli piacevano, erano totalmente diversi rispetto a quelli che aveva conosciuto a New Optain. Non aveva mai visto lampi così violenti e soprattutto non gli era mai capitato di udire dei tuoni così forti ed improvvisi: più di una volta era sobbalzato, colto di sorpresa da quel fenomeno e, se doveva essere sincero, iniziava ad avere una certa paura, specie man mano che l’ora di andare a letto si avvicinava. Elisa gli aveva raccontato che i tuoni e lampi erano spaventosi soprattutto la notte quando si era soli nei propri letti e lui iniziava a credere che fosse vero.
Così, dopo cena, corse in camera sua a recuperare il prezioso libro e lo sfogliò con impazienza, cercando la pagina dove veniva spiegato il fenomeno dei temporali. Perché per lui funzionava così: quando conosceva bene qualcosa smetteva di averne paura.
Per quale motivo non doveva funzionare anche questa volta?
Avrebbe dimostrato ad Elisa che lui era un bimbo forte e coraggioso.
 
“Accidenti, proprio non smette d’intensità – commentò Rosie, finendo di prepararsi per la notte – raramente ne ho visto di simili a New Optain… quando ero ragazzina li consideravo come qualcosa di romantico, ma in questo caso non ci vedo niente di bello. Preferisco di gran lunga la neve…specie da quando incontrai un giovane poliziotto davanti al mio negozio.”
“Ah, il mio piccolo fiore romantico e sognatore – sorrise Vincent, baciandola sul collo non appena lei si infilò sotto le coperte – lo sai che a volte sento la mancanza delle nostre colazioni segrete sotto la neve?”
“Solo noi due, con la città ancora addormentata… i tuoi capelli erano sempre umidi. Come non ti prendessi un raffreddore ancora non lo so.”
“Mh, avevo il tuo meraviglioso caffè a scaldarmi: sarei uscito anche in mezzo ad una bufera per raggiungerti, Rosie McLane.”
“Qui più che altro mi dovrai raggiungere in mezzo ai temporali.” ridacchiò lei accoccolandosi nell’abbraccio del marito.
 
Alle due di notte fu come se un piccolo fulmine fosse riuscito ad entrare dalla finestra, superando imposte e tende, per saltare sopra di lei. All’improvviso il suo sonno venne interrotto da qualcosa che le saliva sullo stomaco.
“E’ il fronte freddo!” ansimò una vocina, mentre delle piccole mani le tiravano la manica della camicia da notte.
“Eh? – Rosie aprì gli occhi, spaventata da quel risveglio così brusco – Che…?”
“L’aria fredda incontra la calda – c’era una disperata urgenza in quella spiegazione – e la fa sollevare! E cala la pressione… e poi si crea il tuono… ed è quando si ha…” la spiegazione accademica venne interrotta da un tuono particolarmente forte e con un singhiozzo Vato si strinse al petto della madre.
“Amore! – lo consolò lei, cercando di allentare quella stretta così forte – Vato, è solo un temporale, non c’è nulla di cui aver paura…”
“Ma che ha…?” la voce assonnata di Vincent arrivò dall’altra parte del letto.
“I tuoni…” spiegò lei, cercando di calmare il bambino. Non l’aveva mai visto così spaventato in vita sua.
“I fulmini e i lampi avvengono nello stesso momento – continuò Vato, tremando lievemente e cercando di mantenere un tono di voce saldo – solo che… che la luce è più veloce del suono e si vede prima il fulmine rispetto al tuon… mamma!”
Quasi urlò quando un tuono particolarmente forte fece vibrare le imposte.
“Perché ci sta spiegando i temporali a notte fonda?” sospirò Vincent accendendo la luce e girandosi a guardare suo figlio stretto al petto di Rosie.
“La luce è più veloce del suono…” singhiozzò Vato, come se quella frase spiegasse tutto.
“Oh no, fiocco di neve – lo consolò la madre, accarezzandogli i capelli – non devi aver paura dei tuoni. Sei a casa, al sicuro… va tutto bene.”
“E hai anche una tua camera ed un tuo letto – gli ricordò Vincent, riadagiandosi sul cuscino – sai bene che nel letto di mamma e papà dormi solo quando sei malato e vai tenuto d’occhio durante la notte.”
Rosie fissò il marito con aria di supplica, ma sapeva che per determinate cose era irremovibile. Una di queste era impedire al bambino di prendere determinati vizi, come quello di dormire sul lettone. Faceva parte di quelle regole che Vato aveva imparato sin dai primissimi anni e che andavano rispettate senza alcuna discussione.
Tuttavia, sentendo il bambino così disperato, per una volta tanto non se la sentì di assecondare quella rigidità così marcata: in fondo quella che stava vivendo era un’esperienza del tutto nuova e spaventosa che andava assimilata con una certa dolcezza e…
“Forza, adesso dai il bacio della buonanotte a tua madre e torna in camera. Non hai niente di cui preoccuparti: i tuoni sono solo rumorosi, niente di più.”
“Mamma, per favore! – pianse il bambino – Non voglio stare solo…”
“Non potremmo almeno per stanotte?” propose Rosie, intuendo che il problema poteva degenerare.
“Le regole sono regole e lui lo sa bene – Vincent si sedette nel letto, passandosi una mano tra i capelli arruffati – non vanno assecondati i capricci.”
“Ha solo paura.”
L’uomo lanciò uno sguardo alla moglie e annuì.
“Può stare per altri cinque minuti, il tempo di calmarsi. Poi dritto in camera, giovanotto.”
“Ma i tuoni…”protestò lui.
Ho detto dritto in camera tua – la voce era quella che non ammetteva repliche – non hai né influenza né altra malattia ed il tuo lettino ti aspetta. E’ notte fonda ed i bravi bambini sono a fare la nanna.”
“Papà…”
“Che c’è?”
“Perché quando due correnti d’aria si incontrano devono generare il fenomeno atmosferico del temporale? – c’era una notevole componente di supplica nella sua voce – Non… non capisco.”
Era così patetico e buffo sentire quella vocina che diceva termini così particolari come fenomeno atmosferico e se non fosse stato per il cipiglio arrabbiato del marito, Rosie sarebbe scoppiata a ridere.
“Non lo so, Vato – disse Vincent – sono un poliziotto e non rientra tra le cose che ho studiato. E soprattutto non ho voglia di discuterne alle due di notte. Forza, torna in camera tua.”
“Lo riaccompagno io –  Rosie scostò le coperte e prese in braccio il figlio – vieni, cucciolo, la mamma ti aiuta a riaddormentarti.”
Vincent li osservò uscire con un cipiglio contrariato: conferenze sui fenomeni atmosferici alle due di notte? Decisamente a volte suo figlio si dimostrava davvero un bambino strano.
E che sia solo un caso isolato… non ho nessuna intenzione di improvvisarmi scienziato per lui ed i suoi capricci infantili.
 
“Inizio ad odiare questo maledetto tempo, sul serio.”
Vincent quasi ringhiò quella frase circa due settimane dopo quel primo incidente notturno.
“Non otterrai nulla in questo modo – sospirò Rosie, rimettendosi sotto le coperte – domani notte sarà di nuovo la stessa storia.”
“E allora anche domani notte si prenderà un paio di sculacciate e continuerà così fino a quando non la smetterà… o non smetteranno questi temporali. E non guardarmi così, non lo sto mica frustando.”
“Se mi permettessi di riaccompagnarlo a letto e di calmarlo come si deve, eviteremmo ampiamente questi pianti notturni.”
“Non devi accorrere da lui per il minimo capriccio infantile. E’ così che si rovina il carattere.”
“Ma quali capricci – lei si incupì – ha paura, tutto qui. Con la luce spenta il temporale è tutta un’altra cosa per lui, così come lo è per tantissimi bambini.”
“E allora che impari a superare questa maledetta paura! Dannazione, stiamo imparando a memoria tutti i segreti dei fenomeni atmosferici a furia di vederlo piombare qui ogni notte… sembra che alle due gli scatti una sveglia per la quale deve venire a sfogare le sue paure interrompendo il nostro sonno.”
“Ha cinque anni… Vincent, possibile che tu non capisca? Stai pretendendo troppo da lui!”
I due si fissarono con aria di sfida, in totale disaccordo sul metodo con il quale affrontare quel problema. Quasi a fare da contorno a quel momento di tensione il temporale si fece sentire ancora di più e puntualmente tornò il pianto del bambino.
“Mamma!” la voce ovattata dalla porta chiusa giunse chiara e nitida.
“Questa volta le prende sul serio – si incupì Vincent – vedi come gli passa la paura…”
“Non ci provare nemmeno – sibilò Rosie, alzandosi dal letto ed andando ad aprire la porta giusto in tempo per far entrare il bambino – vieni, fiocco di neve, la mamma dorme assieme a te stanotte.”
“Sul serio?” esitò Vato, mentre veniva preso in braccio.
“Ma certo – lo baciò sulla guancia umida per le lacrime – vedrai che i tuoni non ti disturberanno più.”
E prima di chiudere lanciò al marito un’occhiataccia che lo sfidava a contraddire quanto aveva appena detto.
 
Vincent era un sostenitore dell’educazione vecchio stile che non concedeva troppi capricci ai bambini.
Riteneva che, per quanto piccolo, suo figlio fosse perfettamente in grado di assimilare determinate e basilari regole ed era altrettanto convinto che a queste regole si dovesse attenere senza troppe discussioni. Effettivamente con un bambino come Vato, di carattere obbediente e tranquillo, erano rare le volte in cui le regole erano disattese e bastava sempre un richiamo per riportarlo all’ordine. Di conseguenza erano anche rare le volte in cui lui e Rosie avevano discusso riguardo i metodi pedagogici da adottare.
Tuttavia sembrava che quell’idillio durato cinque anni fosse messo a dura prova da quei temporali che non accennavano a finire, così come le sveglie notturne del meteorologo di famiglia, come ormai l’aveva soprannominato Vincent.
Rosie l’aveva diffidato dall’alzare le mani sul bambino per quanto concerneva quel problema notturno. Ogni notte, quando arrivava il momento di mettere a letto Vato, i loro sguardi si incontravano come a sfidarsi.
Gentilezza e comprensione – sbuffò il capitano, mentre la osservava sistemare il pigiama del bambino e rassicurarlo con dolci parole –sciocchezze, sta solo assecondando i suoi capricci. E ad andare avanti così finirà per viziarlo.
Perché non aveva dubbi in merito: andare con lui nel lettino ogni volta voleva dire viziarlo. Era vero che poi  Vato riprendeva a dormire tutta la notte senza più svegliarsi, ma non andava bene. Era abbastanza grande per dormire da solo, e se proprio aveva bisogno di compagnia che usasse il suo orso di pezza.
“Per quanto ancora intendi obbligare tua madre a venire da te ogni notte?” chiese con voce severa, mettendosi a braccia conserte.
“Non lo sgridare – Rosie fece subito da contraltare all’uomo – tranquillo, fiocco di neve, alla mamma non crea alcun problema stare nel lettino con te.”
“E’ che i tuoni qui sono forti – spiegò Vato con vergogna – più che nelle altre stanze, ne sono sicuro.”
“No, è solo la tua impressione. Te l’ho già spiegato: non entrano dentro casa.”
“Lo fanno – scosse il capo bicolore il bambino – solo quando c’è la mamma se ne stanno lontani.”
Ovviamente non c’era nessuna spiegazione accademica a questo fenomeno, lo sapeva bene. Aveva provato a cercare nel libro se si parlava del potere delle madri di allontanare il pericolo, ma non se ne faceva accenno: dunque non poteva mostrare al padre una pagina relativa a tale cosa e dimostrargli così il fondamento della sua teoria.
“E il tuo amico orso che cosa ne pensa di questa storia? – Vincent accennò al pupazzo – Non ti dice di vergognarti perché ormai sei grande e non dovresti aver paura?”
Vato fissò il suo amico di pezza che da qualche tempo non parlava più come una volta. Sicuramente era così spaventato dai temporali che preferiva essere solo un pupazzo ed evitarsi così tutte le paure che comportava l’essere cosciente… come dargli torto?
“Quando ci sono i temporali Lollo fa il pupazzo, così non lo sente e non ha paura… però io non posso.”
“Ma che discorsi sta facendo…”
“Vincent, ti prego. Adesso stai tranquillo, fiocco di neve, mettiti sotto le coperte e chiudi gli occhi, da bravo. La mamma resta con te fino a quando non ti addormenti.”
“… papà…”
“Che c’è?”
“Non… non mi dai il bacio della buonanotte?”
“Ti darei volentieri un paio di sculacciate della buonanotte – sospirò l’uomo, accostandosi al letto per arruffare con gentilezza i capelli del bambino – cerca di fare la nanna per tutta la notte, intesi?”
“Io ci provo, sul serio.”
“Lo so, ragazzino. Forza, chiudi gli occhi adesso.”
 
“Stai iniziando a cedere – disse Rosie con notevole soddisfazione mentre si mettevano a letto – cominci a capire che per determinate cose bisogna essere comprensivi e non severi.”
Vincent rispose con un mugugno a quella provocazione ed evitò di incontrare lo sguardo della moglie: detestava ammettere di aver sbagliato ed era sicuro che in quel momento l’espressione di Rosie era molto simile a quella di Daisy.
“Forza, andiamo – continuò lei pungolandolo lievemente sul fianco – ti stai chiedendo se forse non è il caso di smetterla con le sgridate ogni volta che viene qui. Sei suo padre, da te ricerca amore e protezione quando ha paura… perché è così difficile capirlo e provare a cambiare atteggiamento?”
“Sarebbe come viziarlo.”
“No, sarebbe semplicemente aiutarlo – la voce di Rosie si addolcì – non vedi come è mortificato con te? Ogni volta che vado da lui piange tanto perché sa che tu sei arrabbiato: lo fai sentire una delusione.”
“Ma che idee si mette in testa? – Vincent si girò a guardare la moglie – Lo sto solo sgridando, non gli ho mai detto di essere una delusione.”
“Amore, ha cinque anni – lei scosse il capo con incredulità – i suoi ragionamenti sono più semplici del previsto, a prescindere da quello che legge. Se tu lo sgridi lui lo interpreta come una mancanza nei tuoi confronti.”
Ormai il seme era stato piantato: se c’era una cosa che Rosie sapeva fare era instillare nel marito i giusti dubbi per fargli rivedere determinati atteggiamenti nei confronti di Vato. Nonostante il bambino idolatrasse il genitore, era lei quella che meglio comprendeva i suoi atteggiamenti, le sue espressioni, le sue piccole e grandi paure infantili. E dunque era quella che sapeva fare da tramite tra un figlio troppo timido per affrontare il problema col padre ed un marito che spesso faticava a tralasciare atteggiamenti troppo rigidi e radicati.
“Stanotte, se si sveglia vai tu da lui e parlagli – suggerì, abbracciandolo – vedrai che gli sarà di grande conforto e magari lo aiuterà a superare la paura.”
 
Anche quella notte aveva fallito nel suo proposito: i tuoni erano sempre forti, qualsiasi metodo per allontanare il rumore era andato male e così si era ritrovato a singhiozzare e a chiamare i genitori. Stava nel suo lettino, il viso affondato sul cuscino, sperando che la mamma lo sentisse così da non essere costretto ad andare in camera dei genitori ed essere sgridato di nuovo dal papà.
Era così brutto vederlo arrabbiato: negli ultimi giorni non faceva altro che rimproverarlo per questa sua fobia notturna. Ma come poteva spiegargli che ci aveva provato in tutti i modi a non aver paura?
“Ehilà, meteorologo di famiglia – proprio la voce del padre lo fece riscuotere ed alzò lo sguardo con estrema sorpresa, accorgendosi che la luce era stata accesa – hai chiamato?”
Il fatto che fosse venuto lui e non la mamma poteva essere indice di guai seri, ma la piccola mente di Vato percepiva soltanto la paura per i tuoni e contro questo fenomeno così spaventoso la presenza degli adulti funzionava da conforto, a prescindere dalle loro intenzioni.
“I tuoni fanno paura.” mormorò, passandosi il dorso della mano sugli occhi.
“Va bene, vediamo che cosa possiamo inventarci – con un sospiro Vincent si sedette accanto a lui, permettendogli di accoccolarsi sul suo grembo – ci sarà un modo per allontanare questi tuoni, no?”
“Sono sempre qui – scosse il capo Vato – solo la mamma li allontana.”
“No, semplicemente con la mamma hai meno paura perché non sei solo. Senti, lo sai come si fa a capire se un temporale si allontana o si avvicina?”
“No…” Vato si girò di lato in modo da scrutare il padre, una prima forma di curiosità che compariva negli occhi dal taglio allungato.
“Quando vedi la luce del lampo dalle imposte inizia a contare quanti secondi passano prima del tuono: se aumentano vuol dire che il temporale si sta allontanando.”
“Perché la luce viaggia più veloce del suono?” chiese ansioso lui.
“Ehm, presumo che sia per questo… vogliamo provare assieme?”
“Va bene! – annuì lui, trovando il coraggio di districarsi dalle coperte per sistemarsi seduto accanto al padre – so contare solo fino a dieci, pensi che basterà?”
“Spero proprio di sì. Allora sei pronto?”
“Prontissimo! Un…ahhh!”
Il tuono scoppiò praticamente in contemporanea al lampo e Vato si strinse contro il fianco di Vincent con un singhiozzo. Il capitano si trovò in estrema difficoltà a staccarlo dalla propria persona, sembrava che avesse artigli al posto delle dita.
“Va bene, vuol dire che è proprio sopra di noi – cercò di rassicurarlo – però ora si dovrebbe allontanare, vogliamo riprovare? Uno… Non urlare! C’è già il tuono a fare rumore!”
“Non se ne va! – singhiozzò Vato – Continueranno per sempre e riusciranno ad entrare in camera e rapirmi, lo so!”
“Ma che idiozie vai a dire?”
“Papà, per favore… mandali via, ti prego!”
“Vato, sono dei dannati tuoni, non posso mandarli via: bisogna aspettare che passi, ma non c’è pericolo.”
“Sì invece!”
Vincent sospirò, capendo che non c’era alcun modo di far ragionare il suo pargolo: solitamente razionale, ora era in preda ad una paura cieca che gli impediva di accettare qualunque spiegazione. E sembrava che il temporale ci mettesse del suo, scegliendo quei minuti per manifestarsi con maggiore intensità.
“Se provano ad entrare li arresto!” esclamò infine per calmare quel delirio.
Ecco, l’aveva fatto: si era abbassato a scendere a patti con le puerilità di Vato. Arrestare i tuoni, certamente: se qualcuno l’avesse sentito avrebbe di certo messo in dubbio la sua sanità mentale.
Però sembrava che con Vato funzionasse.
“Davvero?” chiese infatti il piccolo nascondendo il viso sulla sua spalla.
“Dannazione, certo – annuì Vincent, accarezzandogli la schiena e cercando assumere un tono di voce carico di contegno, nonostante si vergognasse profondamente di se stesso – se provano ad entrare in camera tua li arresto per violazione di domicilio e soprattutto per tentato rapimento di mio figlio. E tu sai bene che papà compie sempre il suo dovere.”
“Oh, papà! – le braccia del bambino si strinsero ancora di più attorno a lui – allora sei il poliziotto dei temporali! Li tieni buoni e impedisci che facciano male ai bambini!”
“Certo… ovviamente. E’ uno dei motivi per cui sono stato chiamato in questo posto: qui ci sono temporali più cattivi rispetto a New Optain e avevano bisogno di me.”
Dannazione, ma che sto andando a dire…?
“Avete sentito brutti cattivi? – Vato si girò con sfacciataggine verso la finestra – Provate a venire e mio papà vi arresta tutti! E lui è capitano di polizia e lo fa senza problemi!”
“Vero, amore? – la voce di Rosie fece voltare Vincent – Papà è proprio un bravo poliziotto.”
“Li tiene buoni, mamma, è fantastico! Ascolta… si sentono già di meno: hanno paura di papà!”
“Hai il sogghigno di quella vipera di tua sorella…” sibilò Vincent, cercando di non farsi sentire da Vato che, in quel momento, si stringeva di nuovo a lui con orgoglio e felicità e sfregava la testolina bicolore contro il suo collo.
“Scommettiamo che nell’arco di un paio di giorni non si spaventa più?” strizzò l’occhio lei con aria complice.
“Va bene, lo ammetto, avevi ragione tu… sei contenta ora?”
“Anche Lollo dice che sei fantastico, papà! Ora che i tuoni si sono spaventati è tornato pure lui.”
“Vigliacco di un pupazzo… il lavoro sporco l’ha fatto fare a me.”
“Eh?”
“Niente, Vato, niente! Bene, adesso direi che possiamo tutti tornare a dormire, non credi?”
“Va bene! Però… glielo ricordi ai tuoni di non fare da cattivi? Così… per essere sicuri…”
A quella supplica del bambino, Vincent si sentì preso in trappola: fare una scena madre davanti a sua moglie? Ma perché il mondo gli voleva così male quella notte?
Ma a fare da contraltare a quel problema di dignità, c’era il faccino speranzoso di Vato. E così…
“Statemi a sentire, tuoni! Siete tenuti costantemente sotto controllo, lo sapete bene: ci sono celle per tutti voi alla stazione di polizia e non esiterò a sbattervi in galera se disturberete ancora il sonno di mio figlio…”
“… e di Lollo!”
“… e del suo amico Lollo, sono stato chiaro? Adesso siete pregati di circolare, non c’è niente da vedere qui. Forza e coraggio, ciascuno se ne torni a casa propria. Il poliziotto dei temporali, Vincent Falman, vi tiene sotto costante osservazione, ricordatelo.”
Quella scena madre gli valse l’imperitura ammirazione di Vato (e di Lollo) e dieci minuti di risate da parte di Rosie che, per i giorni successivi, non smise di chiamarlo poliziotto dei temporali. Ma almeno l’emergenza venne risolta… anche perché nell’arco dei successivi due giorni terminarono di loro spontanea volontà.
 





disegno di Mary ^__^
  
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