CAPITOLO
1 – OMICIDIO
Il
cercapersone suonò ripetutamente, destandola dal suo sonno turbolento. Accese
l’abat-jour che illuminò la stanza: si sedette sul bordo del letto e con una
mano scostò i lunghi capelli corvini da davanti al volto.
«Cosa
vuole il capo a quest’ora?» si lamentò, prendendo in mano il cordless e
componendo a memoria il numero di cellulare del suo superiore. Al terzo squillo
il capo rispose.
«Yamamizu,
ho bisogno di te: c’è stato un omicidio al Ritz.»
«Capo
sono le tre del mattino… non c’è nessun altro disponibile?»
«No,
voglio te, non affiderei questo caso a nessun altro. Capirai quando arriverai
qui. Il prima possibile spero.»
Click.
Aya sospirò, poi si rassegnò e si diresse verso il bagno per sciacquarsi il viso: tanto non avrebbe dormito ancora a lungo, il suo sonno era perennemente disturbato dai ricordi del passato.
Indossò
velocemente un paio di pantaloni grigio scuro e una magliettina a maniche
lunghe, prese la fondina con la pistola d’ordinanza e la indossò, poi mise la
giacca coordinata ai pantaloni per coprire il tutto. Da un tavolino posto
accanto all’ingresso prese le chiavi di casa e il distintivo, poi uscì e si
diresse verso il garage dove aveva posteggiato l’auto. Tokyo di notte era
molto meno caotica rispetto al giorno, quando tutti correvano a destra e a manca
per raggiungere posti da cui poi dovevano ripartire in quattro e quattr’otto.
Adorava quella città di notte, guidare in quello stato le provocava un senso di
serenità infinito, e nemmeno si accorse che un sorriso le era comparso sulle
labbra mentre, a velocità sostenuta, raggiungeva il Ritz Hotel.
«Al
terzo piano.» le disse, indicandole l’ascensore.
«Grazie,
ma preferisco le scale.» Fare tre piani a piedi non la spaventava, pur di non
rimanere chiusa da sola in quell’aggeggio infernale.
Davanti
alla stanza incriminata, la 302, un paio di agenti controllavano la situazione,
mentre seduti su dei divanetti posti a metà del corridoio c’erano alcuni
ragazzi raccolti attorno a una giovane in lacrime.
«Yamamizu!
Vieni, entra!»
«Ancora
non ho capito perché vuoi a tutti i costi che sia io ad occuparmi del caso…»
disse la detective, entrando nella stanza.
«La
vittima è Ozora Tsubasa, hai presente?»
«Stai
scherzando? La stella del calcio?»
«Mi
piacerebbe scherzare, credimi. È stata la fidanzata a trovarlo, Nakazawa Sanae:
era preoccupata per il suo ritardo, così è tornata in albergo assieme a
portiere della nazionale, Wakabayashi Genzo. Le macchie di sangue davanti alla
porta d’ingresso della camera indicano che il cadavere è stato spostato, ma i
due che l’hanno trovato giurano di non aver mosso niente.»
«La
porta era aperta o chiusa quando sono arrivati?» Aya si chinò per visionare
meglio l’enorme macchia di sangue che imbrattava la moquette.
«Chiusa,
hanno dovuto usare la chiave magnetica di Wakabayashi, che divideva la stanza
con la vittima.»
«L’assassino
ha spostato il cadavere per poter chiudere la porta e ritardare il ritrovamento.
Questo indica che quando ha sparato, il giovane era vicino alla porta. Potrei
quasi ipotizzare che sia stato lui ad aprire...»
«Aya,
questo caso è giusto per te: la fidanzata di Ozora è in un tremendo stato di
shock… solo tu puoi interrogarla, perché capisci il suo dolore…» ne
concluse il capo, scuotendo la testa.
«Kitano,
cosa dice il medico legale?» lo interruppe Aya, avvicinandosi al cadavere
coperto da un telo.
«Buonasera,
Yamamizu. O farei meglio a dire “buonanotte”!»
«Ciao
Katsuo, che mi dici della vittima?»
Il
medico legale, caro amico di Aya, sollevò il telo dal cadavere e mostrò alla
ragazza i segni delle pallottole:
«Tre
colpi d’arma da fuoco a distanza ravvicinata, uno ha perforato il polmone
causando la morte. Dalla quantità di sangue posso dire che non è morto sul
colpo ma ha impiegato almeno un paio di minuti.»
«Quindi
potrebbe aver visto in faccia l’assassino…»
«Potrebbe
benissimo, anche perché oltre ad essere stato spostato qui, posso affermare con
certezza che è stato girato supino.»
«Vuoi
dire che l’assassino ha perso tempo a girare il cadavere prima di trascinarlo?
Per cosa può averlo fatto?»
«Non
credo per comodità…»
«Qualcuno
ha già controllato se manca qualcosa? Potrebbe trattarsi di un furto finito
male.»
«Non
abbiamo trovato segni di effrazione: molto probabilmente la vittima stessa ha
aperto la porta al suo assassino.»
Aya
si voltò e sorrise alla sua collega Hakitawa Mikiru: una giovane dai capelli
castani tagliati a caschetto con una frangia regolare e profondi occhi marroni
molto allungati. Oltre ad essere una collega era anche la sua migliore amica,
lavoravano insieme da anni, avevano perfino frequentato insieme l’accademia
della polizia. Mikiru condusse Aya alla porta d’ingresso:
«Vedi?
Le porte si aprono solo tramite tessera magnetica: ognuno dei ragazzi che
dormivano in questa stanza ne aveva una copia, per facilitare gli spostamenti
singoli. Ognuna di queste copie è schedata tramite un numero, e la centralina
ha registrato tutti i passaggi. Ho già fatto richiesta per avere quelli
relativi agli ultimi due giorni.»
«Hai
ragione, nessun segno di scasso. Andiamo a interrogare la ragazza di Ozora.»
«Aya-
Mikiru la fermò e la fece voltare –So benissimo perché Kitano ha voluto
affidarti questo caso, ed è anche il motivo per cui ho voluto affiancarti, ma
se per qualche motivo non te la senti…»
«Sto
bene, voglio solo capirci qualcosa di più mentre la Scientifica raccoglie le
prove.»
Si
avvicinarono al gruppetto mentre Mikiru estraeva dalla tasca della giacca color
antracite il fedele taccuino su cui annotava tutto.
«Salve,
sono il detective Yamamizu, e questa è la mia collega Hakitawa. Vorremmo
esprimere le nostre condoglianze per la perdita del vostro amico.»
«Perdita?-
esclamò con arroganza un ragazzo alto, con corti capelli corvini e occhi neri
come la pece –Questa non è una perdita, è assassinio!! Qualcuno ci ha
portato via non solo un capitano, non solo un calciatore: ci ha portato via
l’anima della squadra, colui che aveva sempre una parola di conforto per
tutti! Non è una semplice perdita…»
«Capisco,
signor…?»
«Wakabayashi.»
«Wakabayashi-san,
capisco benissimo il suo stato d’animo, e le posso assicurare che i migliori
elementi della nostra sezione sono già impegnati alla ricerca di indizi.»
rispose Aya, che in quanto a diplomazia era un asso. Osservò con attenzione il
gruppetto di calciatori: erano tutti affranti, qualcuno aveva addirittura gli
occhi rossi, altri si soffiavano il naso di tanto in tanto. Nessuno di loro
aveva l’aria da killer, ma l’esperienza aveva insegnato ad Aya che molto
spesso l’apparenza inganna.
«È
lei la signorina Nakazawa?» intervenne Mikiru rivolgendosi ad una giovane dai
capelli castani scuri che piangeva ininterrottamente. Sanae annuì, asciugandosi
le lacrime che rigavano copiosamente le guance.
«Andiamo
nella mia stanza…» mormorò alzandosi con un grande sforzo psicologico.
Chi ha ucciso Ozora?
Ed eccoci qua, con le prime fasi dell'investigazione... siamo ancora lontani dai primi sospetti, ma intanto inizia a delinearsi un leggero profilo del killer... chi sarà? Si accettano scommesse! XD
Un grazie di cuore a OnlyHope (scusami ma mi è venuto spontaneo mentre lo scrivevo... sai che gli voglio bene, ma sul momento la storia è nata così... potrai mai perdonarmi???), Melantò (quella conversazione è stata solo l'inizio del delirio, nemmeno io so cosa salterà fuori! Sto ancora cercando come far uscire allo scoperto il killer!!), Solarial (me davvero felice che ti piaccia, sìsì!), Saretta (sapessi quante cose ho dovuto schivare io, lanciate da Only!!! Poverina, la maltratto sempre... grazie per seguirmi nei miei deliri!), Berlinene (dì a quelli della Toho di non fare i furbi che potrei anche farli condannare tutti!! XD Grazie per aver letto...) e tutte/i coloro che hanno letto... spero continuiate a seguire questa mia storiella.
Baci, Sakura chan