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Autore: iononbrucio    13/08/2014    0 recensioni
“Questo corpo non mi appartiene, non più, ecco perché lo distruggo in ogni maniera possibile. Cicatrici, lividi, polmoni neri, fegato a puttane. E Gaia sembra solo una presa in giro, se la associ ad una ragazza dalle occhiaie grigie, le costole che premono contro la carne, quasi vogliano fuggire da questo corpo marcio, le braccia violacee. Gaia non è una secchiata d'acqua cristallina, fresca. Gaia è acqua sporca, putrida.”
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non riesco più a distinguere la realtà dalla fantasia. Allucinazioni, incubi, buio. Il buio mi circonda, intravedo appena la mia cameretta alla luce fioca di una lampadina malfunzionante. Mi carezzo i capelli, delineo il mio profilo con la delicatezza di un pianista che sfiora i tasti del proprio pianoforte. Un canto funebre proviene dall'esterno, o forse si tratta solo dell'ennesimo scherzo della mia mente malata.
Ho solo 16 anni, e non vedo la luce del sole da due mesi. Mia madre lo ha accettato, con le lacrime che premevano agli angoli degli occhi e la voce incrinata dalla delusione, ma lo ha accettato. Alice, mia sorella, continua a piangere e a tormentarsi, vorrebbe passeggiare con me come pochi mesi fa, prendere un gelato alla gelateria dell'angolo e godersi i raggi di sole sulla pelle. Crede di essere il problema.
Lei è ingenua.
Lei è ignara, non sa degli sguardi della gente, dei risolini soffocati, delle occhiate cariche di commiserazione.
Lei non se ne rende conto
.
L'ultima volta che abbiamo camminato per le vie della città, sono rientrata in casa con parecchi lividi, le osse doloranti e un labbro spaccato. Gente cattiva, bulli, criminali, chiamateli come volete, ci hanno soprannominate 'la drogata anoressica e l'handicappata', e dopodichè, hanno sfogato la propria rabbia sull'involucro morto che ancora trascinavo per le strade. E la mia impassibilità non ha fatto che aumentare il loro rancore e l'energia con cui mi colpivano. Ho preso per mano Alice, che tremava in un angolo, il suo sguardo era smarrito ma fiducioso. Ho tamponato le ferite, coperto i lividi in maniera abbastanza convincente, e ho chiuso la porta a chiave. A doppia mandata.
Sono passati due mesi.
Piango silenziosamente e cammino in bilico tra follia e lucidità, barcollando pericolosamente, rischiando di precipitare nell'oblio.
   
 
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