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Autore: elyxyz    14/08/2014    19 recensioni
TRAMA: Arthur trova davanti a casa un cane abbandonato e la sua amica Gwen gli consiglia un veterinario di nome Emrys.
“Ma che cazzo…?” si lasciò sfuggire, appena messo piede nel vialetto, stringendo le palpebre per mettere a fuoco – fra la pioggia, la nebbia e le tenebre della sera – osservando la massa informe sul suo tappeto ‘welcome’ sotto al porticato buio. Un topo! Un dannato sorcio davanti alla sua porta!
(...) Brandendo l’ombrello rotto come avrebbe fatto un cavaliere medievale con la propria spada – o come un poliziotto con uno sfollagente – si avvicinò risoluto.
E fu allora che si accorse che il topo non era un topo.
Cioè… era un topo
, ma un topo-cane.
Lo stesso topo-cane che ora guaiva e scodinzolava verso di lui, grondando pioggia e bava sul suo tappeto immacolato.
[AU!Fic Merthur. Accenni ArthurxVivian nel passato. - 12 capitoli in totale, storia conclusa.]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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Waiting for you

Doverosamente dedicata al cucciolo d’uomo che mi ha resa una zia orgogliosa.

 

Un pensiero speciale a chi ha recensito il precedente capitolo e invito i lettori silenziosi, se lo desiderano, a lasciare un segno (che è sempre gradito).

A FlameOfLife, DevinCarnes, chibimayu, _Serendipity_, hiromi_chan, katia emrys, lululove2, mindyxx, Burupya, misfatto, Yuki Eiri Sensei, Morbid Fleur, Sheireen_Black 22, Eresseie93 e Clary Rose94.

Ai vecchi e ai nuovi lettori.

Grazie.

 

 

 

Waiting for you

 

 

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Capitolo XI     

 

 

“Arthur... Sono consapevole che non dovrei dirtelo, ma... Non puoi farti venire una crisi di panico, lo sai, vero?”

Merlin gliel’aveva raccomandato come se stessero camminando sulle uova.

 

Certo. Lo sapeva anche lui.

Ed era per questo che aveva preferito conoscere ogni particolare, ogni fase del parto in anticipo, per essere pronto e preparato a qualsiasi evenienza.

Eppure le parole del veterinario non gli davano pace. Perché capivano entrambi che c’era un rischio reale che lui andasse fuori di testa, e questa era l’ultima cosa di cui avevano bisogno in quel frangente delicato.

 

A costo di spaventarlo, il dottor Emrys era stato estremamente chiaro: “Bisogna lasciare la cagna tranquilla ed evitarle qualunque fastidio o stress. Niente visitatori in giro o estranei. Se si innervosisse, potrebbe persino decidere di non occuparsi dei cuccioli”, aveva avvisato, come monito. “E tu, ovviamente, non devi essere una fonte di ansia per lei…

 

Più facile a dirsi che a farsi, considerò Arthur, facendo mente locale.

 

Dall’ultima visita, ogni giorno aveva riavviato nella memoria la loro conversazione, aveva rivisto passo per passo ogni indicazione, ogni consiglio e avvertimento.

Si era fatto più accorto, per cogliere i segnali del cambiamento.

Aveva preparato per Aithusa una tana vera, dove avrebbe partorito e allattato i suoi cuccioli nelle settimane a venire.

Il veterinario l’aveva messo in guardia: gli abiti rubati erano stati il primo segnale della scadenza; se lui non avesse fornito un buon nido per tempo, la cagnetta avrebbe provveduto da sé, perché questo le diceva il suo istinto.

Invece, lasciandole il tempo di familiarizzare col nuovo posto, aveva evitato una fuga dell’ultimo minuto.

 

Arthur spazzolò il fondo dello scatolone e riaccomodò l’imbottitura. Una parte di lui storse il naso per la misera scelta. Un altro pezzo di sé considerò che fosse ironico come tutto questo assomigliasse all’inizio della loro avventura, ora che ci si apprestava ad un nuovo avvio.

 

Tra tutte le possibili (costose e confortevoli) scelte, Merlin gli aveva consigliato la semplicità come opzione migliore: un grosso scatolone di cartone, ricoperto di asciugamani, tappetini e teli assorbenti. Niente giornali, aveva detto il veterinario, perché erano troppo sottili e scivolosi per le zampette tenere dei cuccioli, soprattutto nella delicata fase in cui avrebbero imparato a camminare.

Ritagliando da un lato un’apertura, Aithusa avrebbe potuto entrare ed uscire a suo piacimento, ma il bordo alto avrebbe ugualmente impedito la fuga dei piccoli per le prime settimane.

Arthur aveva posizionato il contenitore in un luogo più riparato e quieto della casa rispetto alla vecchia cuccia, lontano da rumori e luci fastidiose.

A volte, la sera, quando Aithusa vi si sdraiava, anche lui le sedeva accanto, sul pavimento, accarezzandola, immaginandola allattare i cuccioli che percepiva muoversi sotto alle sue dita.

 

 

***

 

 

Francamente, chiunque avesse detto – neanche due mesi prima – che il grande Arthur Pendragon si sarebbe ridotto a misurare le temperatura rettale di un cane due volte al giorno, sarebbe stato chiamato pazzo. Come minimo.

E invece eccolo lì, il grande uomo, ad aspettare il suono rivelatore, pronto a registrare il nuovo dato sulla tabella che il dottor Emrys gli aveva fornito, spiegandogli che il primo sintomo evidente del travaglio era una chiara diminuzione della temperatura della cagna.

 

Al bip di avviso, esaminò il display, ancora immobile sui 38,5° costanti, come quella mattina, quando era stato il veterinario a misurarla, durante il controllo abituale del sabato.

 

Arthur sospirò, in parte rasserenato e in parte frustrato. C’era un pezzetto di lui che non voleva mutare questa situazione, tutto sommato ormai familiare e gestibile… e c’era l’altro tassello che invece desiderava la fine di quest’ansia, di quest’attesa gocciolata giorno per giorno.

Voleva il parto. E vedere i cuccioli. E soprattutto avere finalmente la certezza che Aithusa sarebbe sopravissuta con i suoi piccoli, e che tutto era andato bene.

 

Ma, ovviamente, non aveva il potere di far accadere tutto questo programmandolo. Merlin gli aveva detto che i parti cesarei costituivano un’eccezione, in casi gravi e inevitabili, e a loro volta non erano esenti da rischi e complicazioni.

Restava solo una cosa: lasciare alla natura il tempo di fare il suo corso.

Dannata natura!, borbottò Arthur, fra sé, impaziente. E poi cercò di dominarsi, preparando il necessario per la cena. Chiudendo le imposte, s’accorse che il cielo nero prometteva un acquazzone imminente. Questo lo incupì ancor di più. Dannata natura!, bofonchiò di nuovo, stavolta per una ragione diversa, ricevendo in cambio il rombo di un tuono e le prime gocce che rimbalzavano contro le persiane.

Aithusa abbaiò, impaurita dal suono improvviso, e lui corse a rassicurarla, prima di tornare al loro cibo.

 

 

***

 

 

Quella domenica era iniziata sotto ad un cielo plumbeo, un diluvio costante fin dalla sera prima e vento con raffiche impressionanti.

Visto che la passeggiata mattutina era fuor di questione, Arthur si godette il caldo del suo letto come non succedeva da secoli. Dopo una veloce capatina in bagno e aver riempito le ciotole della cagnetta, se n’era tornato a dormire un po’, perché davvero lo stress di quell’ultimo periodo lo aveva logorato.

 

Erano quasi le undici, quando il mugolio di Aithusa lo risvegliò.

Forse si era sentita sola, senza coccole né compagnia.

Ma, quando la raggiunse accanto al nido, si accorse subito che qualcosa non andava.

 

Il cibo che le aveva versato era ancora intatto, c’erano due chiazze di vomito sul pavimento, e la cagna, irrequieta, continuava a raspare nello scatolone con frenesia, come se stesse cercando di accomodare l’imbottitura.

 

Accucciandosi, Arthur si avvicinò, notando solo in quel momento che lei stava tremando, mentre i muscoli addominali si contraevano.

 

“Oh! Oh, cazzo!” esalò, mettendosi una mano sulla bocca, scioccato. “Merlin!” esclamò, spaventando la cagna con l’urlo e subito le lanciò uno sguardo di scuse, avvicinandosi cauto con la mano, per offrirle una carezza.

 

Aithusa uggiolò in risposta, andando incontro alle dita del suo padrone col muso, leccandogliele prima di lasciarsi toccare.

 

Arthur si sentì stringere le viscere, eppure doveva lasciarla da sola almeno il tempo per recuperare il telefono e l’occorrente di emergenza che il veterinario gli aveva insegnato a predisporre.

 

Merlin. Doveva chiamare Merlin. Ora, adesso. Subito.

Doveva essere lì, lo voleva con lui. Cazzo. Cazzo. Cazzo.

 

Con le mani che tremavano, cercò il cellulare e attese una risposta all’altro capo della linea, che suonava libera. Eppure Emrys non rispondeva.

 

Dov’era finito, quell’idiota?, imprecò mentalmente Pendragon, posando il telefono sul ripiano, mentre raccoglieva il kit necessario. Asciugamani, sì. Disinfettante, sì. Forbicine, sì. Guanti, sì. Spago, sì. Bilancina, sì. Carta e penna per annotare il peso, sì.

 

Arthur interruppe il controllo dell’elenco mentale per ritentare un contatto col veterinario, mentre sbirciava di lontano la cagna sofferente.

Gesù, Merlin! Rispondi!, lo supplicò, sentendo la voce familiare solo dopo un’infinità di squilli.

 

“Pronto?” gracchiò, con un fastidioso brusio di sottofondo.

 

“Dove sei?!” lo aggredì verbalmente.

 

“A Canterbury. Al convegno di veterinaria! Non ricordi? Te l’ho detto ieri…” – Arthur si sbatté una manata in fronte, dandosi dello sciocco. Cazzo, era vero. – “C’è qualche problema?”

 

Aithusa sta partorendo! Ha le contrazioni!” lo informò, ansioso. “Ci siamo! Ci siamo!”

 

“Aspetta un secondo”, l’avvertì e per un lungo istante ci fu solo rumore caotico, poi la voce di Merlin, seria, ritornò circondata dal silenzio. “Ok, non allarmarti, o la spaventerai! Devi stare calmo, così la tranquillizzi”, ripeté. “Te l’ho già detto, se la innervosisci, complichi le cose. Potrebbe anche non volersi occupare dei cuccioli…

 

“Merlin! Ti voglio qui! Ho bisogno di te!” lo scongiurò.

 

“Arthur…” lo chiamò il veterinario, costernato. “Ci vogliono quasi due ore per raggiungerti, non so se farò in tempo a…

 

“L’Università di Canterbury, hai detto?” L’interruppe, strofinandosi i capelli biondi in un gesto nervoso. “C’è un aeroporto, lì vicino. Ti mando l’elicottero della Pendragon Company, e ti preleverà in un battito di ciglia!” lo informò, valutando la via più breve. “Resta in linea, finché chiamo il pilota…

 

Purtroppo per loro, le forti raffiche di vento e l’acquazzone inclemente – che stava inzuppando mezza Inghilterra – impedivano qualunque decollo in tempi ragionevoli.

 

Fu col cuore pieno d’angoscia che Arthur diede la brutta notizia al medico.

“Permesso negato!” sbottò, allarmandosi. “E come faccio?!”

 

“Farà tutto lei!” lo rassicurò Merlin. “Senti… Devi solo capire se ti vuole vicino oppure no”.

 

“Sì, mi chiama e mugola”, gli riferì, accostandosi a lei.

 

“Ok, è una bella cosa. Restale accanto, parlale piano, accarezzala se lo vuole…” lo istruì. “Io adesso parto, ma piove a dirotto…” lo avvertì, come preavvisandolo che la situazione meteo avrebbe rallentato il rientro. “Resterò al telefono con te e ti darò istruzioni, d’accordo?”

 

“D’accordo”, si rassegnò Arthur, sentendosi impotente.

 

“Descrivimi la situazione”, gli chiese il veterinario, per avere un quadro completo e, contemporaneamente, tenere la mente occupata dell’uomo al telefono.

 

Dopo essersi fatto raccontare tutto, Merlin gli ricordò due cose fondamentali: “Tra un cucciolo e l’altro, passeranno almeno venti minuti, potrebbe volerci anche un’ora… ma sono solo due, sarà una cosa veloce… E potrebbe spuntare prima la coda. Ecco, non ti allarmare, è una cosa abbastanza comune…”

 

“E se uno si incastra?” domandò, preoccupato.

 

“Arthur, che cazzo, smettila di gufare!” lo sgridò, stringendo i denti e accelerando per eseguire un sorpasso un po’ azzardato. Non avrebbe mai potuto spiegargli i movimenti da compiere al telefono, non senza averli visti prima di persona. “Andrà tutto bene, lo sappiamo entra-” un bip-bip s’intromise nella loro comunicazione. “Merda!” sibilò Merlin, dopo un momento di silenzio.

 

“Che c’è? Che c’è?!” insistette Arthur, all’altro capo. “Sei a corto di gas?”

 

Peggio…” gemette il veterinario. “La batteria del cellulare è quasi esaurita e ho dimenticato a casa il cavo di ricarica…

 

Oh, dannazione!” ruggì Pendragon.

 

“Arthur, ascoltami bene. Non so quanta autonomia mi sia rimasta, quindi presta la massima attenzione: ripasserò i passaggi fondamentali, ok?” Merlin attese appena un sospiro, prima di incominciare. “Lasciala fare: Aithusa saprà per istinto come comportarsi. Quando il cucciolo uscirà, gli romperà il sacco, lo leccherà per aiutarlo a respirare e lo laverà. Morderà il cordone – so che fa schifo, ma probabilmente mangerà anche la placenta perché favorirà la produzione di latte. Farà la stessa cosa con l’altro e ripulirà quasi tutto da sola; ripeto: lasciala fare. Poi tu devi cambiare la pavimentazione della tana, asciuga bene tutta l’umidità senza disturbarla troppo e lasciala in pace coi cuccioli, che probabilmente si attaccheranno a lei per nutrirsi. Ti è chiaro fin qui?”

 

“Sì…”

 

“Se per qualche remota ragione lei non facesse quello che ti ho spiegato, ricordi i passaggi che abbiamo tentato in ambulatorio?”

 

Ssss-no”, farfugliò Arthur, in quell’istante col vuoto più assoluto. Rammentava tutto fino a pochi minuti prima, però ora… ora il suo cervello era una tabula rasa.

 

“Devi indossare i guanti puliti e fare con le mani le stesse cose che lei farebbe col muso”, e poi aveva riassunto in preciso ordine come rompere il sacco, disinfettare, legare i cordoni e tagliarli e frizionare delicatamente ogni cucciolo, aiutandolo al primo respiro. “I piccoli, appena nati, vanno pesati e contrassegnati in qualche modo e il loro peso va annotato”, si raccomandò. “E…”

 

“Merlin? Ma a che punto sei?”

 

“Ho appena superato la periferia di Cuxton, mi ci vorrà circa un’altra ora di viaggio”, lo ragguagliò.

 

“Fai in fretta, per favore!”

 

 “Credimi, sto già infrangendo tutti i limiti di velocità!”

 

“Metti tutte le multe sul mio conto!”

 

“Oh, sii certo che lo farò!” gli appuntò, divertito, prima di tornare serio. “Ascolta: dimenticavo un’altra cosa! Le perdite ematiche sono normali, non ti spaventa-!

 

“Merlin? Merlin?! MERLIN!” urlò contro il telefono. Ma la linea si era interrotta. Arthur digitò freneticamente fra le chiamate recenti, tuttavia una voce preregistrata lo avvisava che il cliente selezionato non era al momento raggiungibile. Così imprecò a denti stretti, per non allarmare la cagna.

 

Eppure, all’improvviso sentì la nausea avvolgerlo e il battito cardiaco aumentare, e riconobbe i sintomi per istinto. Le mani gli tremavano, ma s’impose di fare respiri profondi e di non perdere la calma. Non poteva avere un altro attacco di panico. No, non ora.

 

Aithusa si fidava di lui. E non l’avrebbe delusa.

D’accordo, sapeva di potercela fare.

Calma. Calma. Calma.

Non avrebbe mandato tutto a puttane, vero?

 

 

***

 

 

Merlin parcheggiò di sbieco davanti a Casa Pendragon con una grande frenata e per poco non finì addosso all’auto parcheggiata del suo cliente. Agguantando la sua borsa medica, rinunciò all’ombrello e corse verso l’entrata, senza stupirsi di trovare il cancelletto e la porta semiaperta.

 

“Arthur?” chiamò piano, entrando.

Poiché nessuno gli rispose, gocciolando, avanzò a tentoni verso l’unica zona tenuamente illuminata dell’appartamento e fu lì che lo trovò.

 

Circondato da asciugamani sporchi, guanti usati, stracci, spaghi e confusione generale, se ne stava seduto a terra a gambe piegate, accanto allo scatolone, con la testa reclinata in avanti, nascosta fra le braccia puntellate sulle ginocchia.

 

“Ehi…” lo chiamò piano, accarezzandogli una spalla.

 

Arthur sollevò di scatto il viso, sussultando. Aveva un’espressione sfatta, gli occhi arrossati e un’aria fragile che strinse il cuore di Merlin.

 

“Stanno…” farfugliò sfinito, annuendo alla cagna e ai cuccioli seminascosti da lei. “Bene?”

 

E mentre lui riabbassava le palpebre e lasciava cadere la testa all’indietro, contro il muro, il dottor Emrys non perse tempo e visitò la madre e i neonati, leggendo anche gli appunti scarabocchiati in fretta su un foglio, dimenticato in mezzo al caos del pavimento.

 

“È tutto a posto!” riesordì, poco dopo, nuovamente chino davanti a lui, esprimendo un verdetto positivo.

 

“Invece è stato un casino! Io mi sono agitato, lei si è agitata e-” farfugliò Pendragon, attingendo alle ultime scorte di energia o di adrenalina rimasta in circolo gesticolando freneticamente.

 

“Arthur…” lo blandì Merlin, sfiorandogli gli avambracci, come a confortarlo. “Sei stato bravissimo. Davvero. Non poteva concludersi meglio di così. E non addossarti colpe che non hai, stupido asino!” lo sgridò, cercando di alleggerire l’atmosfera con quel nomignolo. “Se hai fatto qualche errore, hai rimediato alla grande ed è comunque il risultato che conta: sono tutti vivi, sani e salvi…” Il dottor Emrys sorrise, cercando di tranquillizzarlo, anche se sembrava che l’altro uomo non fosse completamente in sé.   

 

Tutti vivi, sani e salvi, aveva detto Merlin.

Tutto era andato bene, Aithusa stava bene, i due cuccioli stavano bene… Dio, grazie.

 

D’improvviso sentì la tensione abbandonarlo, come le parole andavano a scavarsi una nicchia dentro di lui, accendendo un tremito.

Arthur sentì le palpebre pungere, un singhiozzo spingere contro la gola, ansioso di uscire.

 

Deglutì un groppo di pianto, ma lo liberò un momento dopo, quando le braccia di Merlin lo circondarono in una stretta calda e rassicurante, e lui si lasciò cullare e confortare – nascondendo il volto nell’incavo del suo collo –, lavando via il terrore annichilente e l’apprensione che lo avevano tenuto ostaggio finora.

 

ShhShh… Va bene così…” lo sentì bisbigliare, caldo e rassicurante. “Butta fuori tutto… È finita… È davvero finita…

 

Quando lo sfogo cessò e si divisero, il veterinario si appoggiò sui talloni, ma rimase ancora lì, accucciato fra le gambe di Arthur. Non c’era alcun imbarazzo, mentre i loro sguardi si incrociavano, e comunicavano quello che le parole non avevano ancora detto.

 

Merlin allungò una mano e, con un gesto d’affetto, tentò di arruffare la testaccia bionda che tanto lo aveva fatto penare. Ma non arrivò mai alla fine delle sue intenzioni, perché Arthur, catturandolo con una mossa fulminea, afferrò il suo viso, accarezzando con le palme gli zigomi spigolosi. E l’istante successivo le loro bocche erano unite.

 

Era un bacio al sapor di lacrime salate. Ed euforia. E liberazione.

 

Nel momento in cui si separarono, però, Arthur abbassò lo sguardo, quasi intimidito, forse pentito di essersi approfittato di lui. “Scu-

 

“Non ci provare nemmeno!” lo mise in guardia Merlin, afferrando la stoffa della sua maglia all’altezza del cuore. “Quasi non ci speravo più!” ruggì, prima di strattonarselo contro e di ricambiare il favore, assaggiando le sue labbra una seconda volta, per esserne certo. Ma sì, Arthur Pendragon sembrava essere il baciatore migliore del mondo.

 

 

***

 

 

“Hai già scelto i nomi?” domandò Merlin, accomodandosi accanto a lui sul divano, dove finalmente potevano riposare in pace dopo una doccia calda – avevano anche scherzato sull’idea di farla insieme, per risparmiare acqua (sì, come no?) –, ma era effettivamente un po’ troppo presto per quel genere d’intimità (non che volessero aspettare molto di più per raggiungere quel traguardo, a giudicare dagli sguardi che si lanciavano), e il tutto si era risolto ottenendo un cambio d’abiti per entrambi e una cioccolata calda come genere di conforto.

 

“Beh… In realtà, non ho ancora controllato il sesso…” ammise Arthur, grattandosi la nuca. “Avevo altro per la testa”.

 

“O forse temevi di prendere la stessa cantonata della prima volta, eh?” lo pungolò il dottor Emrys, ammiccando. Ma prima che l’altro protestasse, continuò: “Sono un maschietto e una femminuccia!” gli rivelò, con un sorriso. “Il maschietto è quello color crema, la femminuccia ha la macchiolina nera sul musetto”, precisò.

 

Quindi, alla fine…”

 

“Sì, sono dei meticci. Mi dispiace dirlo, ma solamente un mantello completamente candido è sinonimo di purezza in un Bichon, il resto è considerato un difetto”.

 

Arthur scosse il capo, stringendo le loro dita intrecciate. “Sai che non me ne importa nulla… Uno stupido pezzo di carta non fa la differenza!”

 

Il veterinario lo ricompensò con un enorme sorriso. “Questo sì che è parlare!” approvò, con orgoglio. “Ma, tornando a noi: voglio i nomi!”

 

“Beh… M’ero fatto un paio di idee…”

 

“Vuoi farti pregare?!” lo pungolò. “Dai, sentiamo!”

 

“Il maschietto si chiamerà Kilgharrah”.

 

Il dottor Emrys sbatté la palpebre, sorpreso. “Questo sicuramente non viene suggerito dal mio libro!” considerò. “Sembra il nome di un drago e non di un cane, neppure se fosse grosso come una montagna!” obiettò, ridacchiando.

 

“Beh, ma è un nome imponente e per gli amici sarà Killy…” Arthur difese riottoso la propria idea.

 

Killy è perfetto”, approvò Merlin. “E lei?”

 

“La femmina sarà Albion”.

 

“Nientemeno! L’antico nome dell’Inghilterra e quello che sembra un drago!” fischiò, ammirato. “Fai progetti in grande stile, tu!”

 

Arthur rise. “Oh, sì! Mi è andata di lusso! Perché, vedi… sarà Morgana, fra noi due, a fare la figlia devota... E se i gemelli avranno dei problemi mentali per questo, sarà solo colpa sua! Leon si è già rassegnato alle sue stranezze…

 

“E quale sarebbe la rosa delle possibilità?” s’incuriosì.

 

“Anche se manca poco, il ginecologo non ha ancora visto con certezza cosa saranno; ma lei propende per Ygraine, come nostra madre. E poi Mordred, perché ha sempre sognato di chiamare suo figlio così, se fossero una coppia mista. Se invece nascessero due femmine, punterebbe su Elizabeth, come la mamma di Leon. E, Dio non voglia!, Uther jr, per rendere felice mio padre…”

 

“Beh, sarebbe stato peggio se lo avessi nominato tu così, no?” ipotizzò, ridacchiando. “Pensa a quando rimprovererai il cucciolo:No, Uther, non rovistare nel secchio della spazzatura!’ oppure: ‘Uther! Non fare pipì nell’angolo!’”

 

“A mio padre verrebbe un altro infarto!” sogghignò, immaginandosi la scena. “Aithusa per poco non lo ha portato nella tomba, ma questo sarebbe il colpo di grazia!”

 

Merlin sorrise, felice di quel momento sereno dopo tutta la tempesta che si era abbattuta su di loro.

“A proposito… Visto che sei sopravvissuto a questo, potresti anche offrirti di accompagnare tua sorella in sala parto!” gli suggerì, fingendosi serio.

 

COSA?!” esclamò Arthur, tutto sdegnato. “Non ci penso neppure a sopportare quella strega! È già abbastanza isterica di suo, figurarsi in travaglio!” ipotizzò, rabbrividendo. “No, grazie”, rifiutò, con ampi cenni del capo. “Probabilmente, a quest’ora mio padre ha già affittato mezzo del St Mary’s Hospital e un’intera equipe di specialisti pronti a sorbirsi le sue paturnie. Che s’arrangino!” decretò.

 

“Comunque sarebbe carino mandarle un messaggio per avvisarla che è appena diventata zia… o prozia. Non so… Esattamente, come ti vedi in tutta la faccenda?” gli domandò, incuriosito.

 

“Il padrone. Sono solo Il Padrone”, scandì, con enfasi. Anche se era lui il primo a non crederci.

 

 

Continua...

 

 

 

Disclaimer: I personaggi di Merlin, citati in questo racconto, non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

La foto non mi appartiene, ma essendo il parto di un Bichon con due cuccioli, non ho resistito. Con un po’ di fantasia, mi piace pensare che siano Killy e Albion con Aithusa.

 

Ringraziamenti: Un abbraccio alla mia kohai che subisce le mie paranoie. X°D

E a Laura, che si sciroppa le anteprime con un entusiasmo che mi commuove.

Note: Ed eccoci al tanto sospirato momento del parto e del chiarimento!

Spero che vi siano piaciuti, e che la parte medica non sia stata troppo pallosa. Mi sembrava necessaria per rendere realistico il compito di Arthur. Non poteva improvvisarsi esperto e sicuro da solo, non con le premesse di questa storia.

 

Le varie nozioni veterinarie e le indicazioni riguardanti il parto e l’accudimento sono prese da guide mediche veterinarie, da siti web specializzati e dalla visione di alcuni filmati. Tuttavia, non sono un’esperta del settore né ho avuto esperienze dirette, quindi – malgrado la mia pignoleria – potrebbe esserci qualche imprecisione.

 

Il St Mary’s Hospital è rinomato per il suo reparto di maternità ed è dove, per inciso, ha partorito anche Kate Middleton, futura regina d’Inghilterra.

 

Per pignoleria, Arthur chiede a Merlin se ha finito il gas e non benzina, perché le auto con impianto a gas hanno un allarme sonoro ‘bip-bip’ che indica quando il serbatoio è quasi vuoto.

 

 

Ecco tre anticipazioni del prossimo capitolo (che è anche l’ultimo!):

 

Arthur sorrise, intenerito. C’era poco da fare. Era più forte di lui.

Quei sacchi di pulci simil topi lo avevano ridotto alla stregua di un budino floscio. Si era bruciato dignità e orgoglio. Ma andava bene così.

Oh, certo. Anche risvegliarsi con Merlin abbarbicato contro, come se fosse stato il suo orsacchiotto personale, e la colazione che avevano condiviso assieme avevano contribuito a portarlo verso questo stato di atarassia perfetta…

 

Ma quando, verso le undici, un corriere espresso gli consegnò un enorme pacco dono, con dentro un cesto di prodotti per cuccioli e un biglietto firmato da ciascuno dei suoi collaboratori, Arthur fu seriamente sul punto di fare un’idiozia, come dare una promozione a tutti con aumento di stipendio, e fanculo se avesse portato le finanze della ditta al tracollo.

 

(...)

 

“Ciao! Io sono Elena…” si presentò lei, allungando una mano da cui pendevano un sacco di bracciali etnici.

 

“Arthur Pendragon…” ricambiò, ancora incerto, il saluto e la stretta. “Guarda… Se fai parte di qualche astrusa setta o stai cercando di vendermi qualcosa, devo avvertirti che io non sono interessato”, premise, con gentile fermezza.

 

Uhmm… no. Veramente… è stato Merlin a dirmi che dovevo presentarmi a questo indirizzo…” motivò, con un sorriso incoraggiante. “Sono la nuova dog sitter!”

 

Col cazzo che avrebbe affidato la sua preziosa prole ad una Figlia dei Fiori malcresciuta!

Quella lì sembrava così svampita da essere uscita direttamente da Woodstock!

 

(...)

 

Giunto a ritroso, Arthur affondò il naso contro la conca del bacino, dove depositò un bacio a schiocco, che fece tremare Merlin, mentre accarezzava nuovamente le sue natiche sode.

E infine, si tuffò fra loro.

 

Oh, sììì

 

~ ~ ~ ~ ~

 

 

Ringrazio i 40 utenti che hanno messo la fic fra i ‘preferiti’, i 10 ‘da ricordare’ e i 150 ‘seguiti’.

Noto con piacere che molte persone si sono aggiunte! Su, non siate timidi! Mi piacerebbe davvero sapere cosa ne pensate visto che siamo alla fine! ^_=

 

 

Avviso di servizio (per chi segue le altre mie storie):

 

  • Aggiornata Linette cap. 88.
  • Postata la shot modern!AU merthurEstetico trascendentale (con)gelato”.

           Restate sintonizzati!

 

 


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Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche costruttive.


Grazie (_ _)

elyxyz

 

   
 
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