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Autore: Ella Rogers    15/08/2014    4 recensioni
La giovane si sporse sul corpo del biondo, in modo da proteggere il suo bel viso dalla debole pioggia incessante.
"Steve, non farmi questo, ti prego."
Gli carezzò la fronte. La pelle del ragazzo era fredda, gelida.
"Apri gli occhi, Steve, avanti" pregò con voce tremante, sotto lo sguardo indecifrabile di Stark.
Cercò di trasferire la propria forza vitale in lui, ma ormai era tardi.
"È colpa mia. È soltanto colpa mia. Se solo fossi stata più forte, invece di crollare in quel modo. Ti ho lasciato da solo, non ti ho protetto e adesso … adesso …"
Prese a scuoterlo per le spalle, disperata.
"Steve, svegliati, ti scongiuro."
Lo baciò e le labbra erano fredde, non più calde e morbide.
Posò la fronte sul suo torace e quella fu la goccia che fece traboccare il vaso.
"Mi assicurerò che continui a battere, te lo prometto, a qualsiasi costo."
Era stata la muta promessa fatta a lui e a sé stessa, dopo averlo amato, dopo aver sperimentato con lui cosa significasse essere una cosa sola sia nell'anima sia nella carne.
E lei lo aveva tradito. Perché quel cuore aveva smesso di battere.
Lo aveva ucciso.
Genere: Angst, Azione, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clint Barton/Occhio di Falco, Nuovo personaggio, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: Movieverse | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Road of the Hero'
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Blu
 
Blu.
Blu come il cielo nelle notti più buie.
Blu come gli abissi più profondi dell’oceano.

Steve rimase ad osservare incantato quei due grandi occhi blu screziati da riflessi dorati, che parevano fasci di luce nell’oscurità.
Occhi magnetici, attraenti come le sorgenti luminose per le falene.
Occhi che lo scrutavano attenti e con curiosità, che gli leggevano l’anima.
 
Rogers aveva corso come un forsennato per ore, prendendo le direzioni più disparate, ma allo stesso tempo puntando ad un sola meta, ovvero la stradina sterrata dove aveva lasciato l’auto noleggiata.
Si era fermato solo alcuni minuti per inviare una richiesta di aiuto a Stark e poi era ripartito come un fulmine, con la ragazza priva di sensi stretta tra le braccia.
Le voci dei soldati, dapprima forti e chiare, erano divenute un’eco lontana e poi erano scomparse del tutto.
L’alba era ormai agli sgoccioli ed aveva smesso di piovere, quando il corpo esile della giovane aveva cominciato a muoversi, come a voler scivolare via da quella stretta protettiva. Ed allora Steve si era fermato di nuovo ed aveva abbassato lo sguardo su di lei, incontrando per la seconda volta quegli occhi grandi e luminosi, ancor più belli nella realtà.
 
Tutto era reale.

Lei esisteva davvero e forse era proprio per convincersi che non stava sognando, che continuava a stringerla come se potesse sparire da un momento all’altro.

“Lasciami” sussurrò la ragazza, irrigidendo il corpo per sottrarsi al contatto con il super soldato.
Steve percepì un brivido nel sentire la sua voce, così familiare e allo stesso tempo così nuova. Una voce dolce, bassa, intrisa di ansia.
Allentò la presa e le permise di scivolare fuori dalle sue braccia.
La giovane rabbrividì, quando i suoi piedi nudi entrarono in contatto con l’erba fresca e bagnata dalla pioggia. Si strinse le braccia intorno al corpo e mosse qualche passo indietro per mettere più distanza tra sé e quel ragazzo sconosciuto, che continuava a fissarla con insistenza.
Poi in quegli occhi blu passò una scintilla e lei socchiuse le labbra in un Oh di sorpresa e sollievo.
“Steve?” domandò incerta, sollevando le sopracciglia.
Rogers si riscosse e annuì, non interrompendo il contatto visivo.
“Tu devi essere la Voce, suppongo.”

Lei abbassò il capo e alcune ciocche color miele le scivolarono davanti il viso, oscurandole lo sguardo.
“Anthea.”
Sputò fuori quel nome come se fosse qualcosa di ripugnante e poi cominciò a stuzzicare il labbro inferiore con i denti, continuando a fissare il terreno erboso.

Steve la osservò lottare contro i brividi che le facevano tremare il corpo infreddolito e coperto solo dal leggero camice da ospedale, ormai completamente fradicio.
Istintivamente si tolse la felpa che, pur essendo bagnata all’esterno, era solo leggermente umida all’interno e abbastanza calda da proteggerla da una possibile ipotermia. Lui poteva resistere al freddo anche solo con la semplice maglietta bianca di cotone.
Fece alcuni passi verso la ragazza, porgendole l’indumento, ma lei sbarrò gli occhi e indietreggiò per mantenere la distanza.
Rogers rimase stupito e allo stesso tempo deluso da quella reazione, che interpretò come un gesto di sfiducia nei suoi confronti.
Eppure le aveva appena salvato la vita.

Piccole gocce d’acqua percorrevano i corpi di entrambi ed i loro capelli erano coperti di brina luccicante.

“Scusami, ma io non posso.”
Anthea si portò le mani tra i capelli e gli occhi divennero vitrei.
“Non ci riesco” ripeteva tra sé e sé, come un mantra.
Steve rimase immobile di fronte alla crisi della ragazza. Non capiva.
“Non riesci a fare cosa?” chiese il biondo con voce dolce, cercando di rassicurarla.
La ragazza alzò il viso e lo guardò spaesata, con gli occhi lucidi.
Non toccarmi. Va bene?”
Rogers socchiuse la bocca per dire qualcosa, ma non uscì nemmeno una parola. Si limitò quindi ad annuire, confuso.
“Scusami” ripeté lei, di nuovo.
“Giuro che non ti sfiorerò nemmeno con un dito, ma prendi questa.”
Le porse ancora la felpa azzurra e questa volta la ragazza la afferrò.

Sotto lo sguardo attonito di Steve, Anthea si spogliò della stoffa bianca e bagnata, mostrando l’intimo nero, ed infilò la felpa troppo grande per il suo corpo minuto. L’indumento le arrivava fino a metà coscia e le mani rimanevano nascoste nelle maniche lunghissime per le sue braccia.
Il Capitano sentiva la faccia in fiamme e ringraziò il cielo per la scarsa luminosità, che nascondeva il rossore provocato dall’imbarazzo.

Si guardarono per alcuni istanti, poi Steve riportò la concentrazione su ciò che in quel momento aveva la priorità: andarsene da lì, il prima possibile.
“Dobbiamo muoverci. I soldati potrebbero raggiungerci se ci fermiamo troppo.”
Anthea annuì e lo affiancò, mantenendo però una distanza tale da evitare anche solo di sfiorarlo.

Iniziarono a camminare rimanendo ognuno immerso nel proprio silenzio.
 
 

                                                      ***
 
 

I raggi pallidi del sole facevano scintillare l’armatura rossa e dorata che solcava i cieli, lasciando dietro di sé una scia bianca. Iron Man volava ad altissima velocità, guidato dal segnale della ricetrasmittente di Rogers.

Tony guardava il puntino rosso lampeggiare davanti ai suoi occhi.
Steve si stava muovendo, ma la sua velocità di percorrenza era parecchio diminuita rispetto a quella di qualche ora prima.
Chiunque lo stesse inseguendo, doveva aver perso le sue tracce, dal momento che il Capitano aveva fatto anche una piccola sosta.

Stark era entrato in territorio Canadese ed era diretto verso Vancouver.
Sperava che Capitan Follia - così lo aveva soprannominato da quando aveva cominciato a dare di matto - riuscisse a tenersi fuori dai guai almeno fino al suo arrivo, cosa di cui dubitava, visto la capacità di quello di infilarsi in mezzo ai casini più incasinati.
Orami non era lontano e a confermarglielo fu la voce di JARVIS.
“Signore, tra meno di un ora raggiungeremo il Capitano Rogers.”
Tony si prese il lusso di tirare un sospiro di sollievo, appena prima di rimanere a bocca aperta e con gli occhi fuori dalle orbite.

“Merda” imprecò, fissando il punto in cui prima lampeggiava la lucina rossa.
“Merda” ripeté, arrestando il volo bruscamente.
Rimase sospeso nel cielo limpido, digrignando i denti.
“JARVIS?” domandò implicitamente, con tono duro.

“Qualcuno ha rintracciato il segnale e lo ha soppresso, signore. Non c’è modo di ristabilire un contatto con il Capitano Rogers.”

Stark soffiò di rabbia e giurò di farla pagare cara a chiunque aveva osato fargli un simile scherzetto.
“Dammi le coordinate dell’ultima posizione registrata di Rogers.”

L’A.I. ubbidì e poco dopo Iron Man era già ripartito, azionando i propulsori alla massima potenza.
 
 

                                                         ***
 
 

Un bip preoccupante mandò in frantumi il silenzio pesante e teso che si era creato tra di loro.
Steve prese la ricetrasmittente dalla tasca posteriore dei jeans e notò che la luce verde si era spenta, segno che aveva appena perso il contatto con Stark. Provò a inviare un nuovo messaggio, ma qualcosa isolava il segnale, impedendogli di mettersi in contatto con chiunque.
Sbuffò frustrato e ripose la ricetrasmittente nella tasca.
La vegetazione si stava diradando man mano che avanzavano e già si poteva scorgere la stradina sterrata dove il biondo aveva lasciato l’auto.

Rogers si bloccò di colpo, sotto lo sguardo interrogativo di Anthea.
Insidiosi punti di domanda gli affollarono la testa.
Possibile che era stato così semplice far perdere le tracce ai soldati? E se li stavano tenendo d’occhio da quando avevano lasciato la base?
Era sicuramente colpa di quei traditori, se la ricetrasmittente aveva smesso di funzionare. Ma se avevano trovato il segnale, significava che sapevano dove fossero ed anche in che direzione stessero procedendo.
Forse non era più sicuro arrivare all’auto. Forse dovevano prendere un’altra strada, ma se li stavano monitorando sarebbe stato inutile, come lo sarebbe stato rimanere fermi ad attendere un soccorso che probabilmente non sarebbe mai arrivato.

“Perché ci siamo fermati?”
La ragazza lo guardava preoccupata e visibilmente tesa.
“Non sono sicuro, ma ho il presentimento che ci abbiano preparato un agguato. È sospetta la facilità con cui siamo riusciti ad arrivare fino qui.”
Il Capitano incrociò le braccia al petto, accigliandosi.
“Steve” lo richiamò lei.
“Cosa c’è?”
Anthea sollevò il polso, mostrando un bracciale nero lucente.
“Devi toglierlo o non potrò aiutarti. Mi blocca.”
Quella ragazza riusciva a confonderlo come nessun altro.
“Cosa significa che ti blocca? E poi non vuoi che ti sfiori.”
“Resisterò.”
Era pallida in viso e Steve temette di vederla crollare a terra, per il modo in cui le tremavano le gambe.
Mi rende debole. Devi toglierlo.”
“Va bene.”

Rogers fece qualche passo verso di lei e scorse nei suoi occhi una scintilla di paura.
Quando a separarli furono solo pochi centimetri, sentì il cuore di lei tamburellare forte, quasi volesse uscirle dal petto.
Anthea gli porse la mano tremante e Steve osservò le sue labbra sbiancare, quando le afferrò il polso sottile. Decise di concentrarsi sul bracciale, per distogliere l’attenzione da quel volto terrorizzato, a causa di quel semplice contatto.
 
Cosa aveva dovuto subire quella ragazza, se il semplice sfiorarla le faceva male quanto una pugnalata?

Il cerchietto nero non aveva aperture ed era troppo stretto per tentare di sfilarlo via dalla mano. Steve lo prese tra le dita e cominciò a forzalo, nel tentativo di spezzare il metallo, che si dimostrò sorprendentemente resistente.
“Andiamo” sussurrò, percependo il braccialetto piegarsi.
Le unghie delle dita gli erano divenute bianche per la pressione esercitata sul piccolo gioiello, il quale si stava arrendendo sotto l’azione della sua forza.
Ancoro un po’ e il metallo si sarebbe spezzato.
Digrignò i denti per lo sforzo. C’era quasi, ma qualcosa attirò la sua attenzione.
Gli occhi azzurri saettarono su un punto del terreno, a qualche metro da lui, e si spalancarono, increduli e spaventati.
 
Granata!
 
L’esplosione li investì, senza che potessero reagire in qualche modo. Furono scaraventati violentemente verso la stradina sterrata, dove della vegetazione rimaneva solo qualche piccolo albero e cespuglio.
Erano completamente scoperti, adesso, privi di difese.
 
 

                                                      ***
 
 

Iron Man sorvolava la foresta, in cerca di segni vitali appartenenti ad esseri umani.
Fino a quel momento, aveva intercettato solo animali - due orsi, una volpe, troppi castori e qualche lepre - e aveva cominciato a perdere la pazienza.
Aveva da sempre sospettato che Rogers fosse un boy scout e la gita improvvisata nella grande foresta canadese non aveva fatto altro che confermare le sue supposizioni.

Oddio, cosa gli avrebbe fatto nel momento in cui lo avrebbe trovato - sempre se fosse riuscito a trovarlo, perché cercare una persona in quella distesa infinita di alberi non era facile nemmeno per un genio come lui.
Un bel pugno su quel viso da bravo ragazzo non glielo avrebbe tolto nessuno.
 
Gli ologrammi davanti ai suoi occhi ambrati continuavano a mostrare stupidi animali e Tony fu tentato di radere al suolo quella maledetta foresta a colpi di raggi laser.

“Cazzo!”
Stark osservò una nuvola di fumo innalzarsi qualche chilometro di distanza da lui, dopo aver sentito un boato.

“Spero che tu non sia morto Rogers o giuro che trovo il modo di raggiungerti vivo all’altro mondo, per prenderti a calci.”
La voce traballante tradiva il suo sforzo di rimanere calmo.
“Resisti!” gridò per scaricare la tensione, puntando dritto verso il punto in cui c’era stata l’esplosione.
 
 

                                                   ***
 
 

L’impatto con la terra dura fu violento e rotolò ancora per qualche metro, dopo il volo iniziale.
Un rivolo di sangue gli colò dalla fronte. Il ronzio nelle orecchie era insopportabile.
Si rimise in piedi, ignorando le fitte di dolore in diversi punti del corpo, e si guardò intorno, in cerca della figura esile di Anthea.
La ragazza giaceva immobile sulla strada sterrata, a una ventina di metri da lui.
“No, ti prego.”

Rogers si precipitò verso di lei, ma alcuni soldati gli sbarrarono la strada, puntandogli addosso fucili a canna liscia, perfetti per il combattimento ravvicinato.
Sulle loro divise nere spiccava una spilla rossa raffigurante un diavolo dalle lunghe corna e dai denti aguzzi.
Quella spilla.
Erano loro. Erano i soldati dell’incubo.

“La corsa finisce qui, Capitano.”
Ricordava la voce di quell’uomo.
“Non ti azzardare mai più a fare una cosa del genere o la prossima pallottola si conficcherà direttamente nel tuo cranio, mia cara” aveva detto la prima volta che lo aveva incontrato, durante l’incubo del bosco.
Mia cara.
Forse non si stava riferendo a lui quella volta, ma a Lei.
 
“Come ci avete trovato?” chiese Steve, cercando di prendere tempo.
L’uomo, il cui viso era celato dietro una maschera nera allo stesso modo degli altri soldati, fece qualche passo avanti, avvicinandosi pericolosamente al Capitano.
“Non importa come. Importa che l’abbiamo fatto” decretò e poi aggiunse “Sai, soldato, stai facendo parecchio irritare il nostro Padrone e non è opportuno farlo arrabbiare.”
“Adam Lewis?” azzardò Steve.
Dalla maschera scaturì una risata distorta.
“Il caro dottor Lewis è solo un’altra delle nostre pedine. Tu non puoi neanche lontanamente immaginare quanto sia potente il Padrone.”
Rogers strinse i pugni, fino a farsi sbiancare le nocche.
“Cosa volete da lei?”
Accennò con lo sguardo alla ragazza riversa a terra.
“Troppe domande per uno che sta per morire.”
Rogers sgranò gli occhi, quando l’uomo sollevò il fucile, pronto a premere il grilletto.
 
La pallottola non partì.
Un raggio di energia investì il soldato, scagliandolo a terra.
Gli altri uomini in nero ruppero le file, nel tentativo di evitare i laser azzurrini che avevano iniziato a piovere dal cielo.

“Ehi Rogers! Piaciuta l’entrata a effetto?”

La voce robotica di Iron Man risuonò proprio sopra di lui e Steve, per la prima volta, fu davvero felice di sentirla.
“Tony, senti … io-”
Il super soldato fu interrotto dall’arrivo di rinforzi nemici sopra grandi jeep nere, che li circondarono completamente.
“A dopo i convenevoli, Cap. Adesso pensiamo a salvarci il culo.”

Stark tese le braccia in avanti, ma non fece in tempo a sparare, che un razzo lo colpì alle spalle. Poi ancora un altro razzo a destra, poi a sinistra e infine su tutti i fronti.
“Lanciarazzi!” gridò Steve, gettandosi a terra per evitare che un razzo lo colpisse in pieno.
Iron Man precipitò rovinosamente, formando un piccolo cratere nel suolo.
I soldati cessarono il fuoco, scesero dalle jeep e dilagarono verso i due Vendicatori, imbracciando fucili di un nero scintillante.

Steve lanciò un’occhiata all’armatura di Iron Man stesa sulla schiena, immobile, poco distante da lui.
Perché non si muoveva? Possibile che erano bastati dei semplici razzi per abbatterlo?
“Stark” chiamò, strisciando sui gomiti verso di lui.
“L’armatura non risponde. Non capisco perché.”
Tony era intrappolato dentro tonnellate di metallo che non volevano saperne di muoversi.

I soldati li avevano raggiunti e puntavano le armi su di loro.
“Erik, cosa dobbiamo farne di questi due?” chiese un soldato.
“Sparate al ragazzo e fate saltare in aria l’armatura con le nuove bombe ad idrogeno.
Faranno un bel buco per terra e quello sarà la loro tomba.”

Erik. Così si chiamava l’uomo di cui aveva riconosciuto la voce, quindi.
Doveva essere il capo dei soldati traditori.
Steve si sentì sollevare brutalmente e prese ferree gli bloccarono le spalle e le braccia dietro la schiena.
Davanti a lui, un anonimo soldato gli puntò addosso il fucile.
A Rogers parve un deja vu.
Era stufo che la gente gli puntasse armi di ogni genere addosso, come se fosse un bersaglio vivente.
Se avesse portato con sé lo scudo.
Se tutto ciò che aveva intorno avesse smesso di vorticare in quel modo così nauseante.
Se fosse rimasto alla Tower, invece di buttarsi a capo fitto in quella missione suicida.
Beh quello che era fatto era fatto, ormai.

“No Rogers! Fermi bastardi!” gridò Stark, nel panico.

Il soldato sparò, spronato dalle urla euforiche dei compagni, e d’istinto Steve chiuse gli occhi.
 
Niente dolore.
Niente più grida.
Silenzio.

Morire non era stato poi così brutto.

“Dannazione.”
La voce di Erik.

Non poteva crederci.
La Signora in Nero, forse, non voleva accoglierlo tra le sue braccia, visto che continuava a non morire, anche quando la situazione era disperata.
Se fosse tornato sano e salvo a New York, sarebbe andato in Chiesa a ringraziare il Signore, che pareva avere un occhio di riguardo per lui.
 
Steve aprì lentamente gli occhi, scoprendo nel proprio campo visivo un puntino nero.
Poi realizzò quello che stava accadendo. Spalancò gli occhi, sorpreso e incredulo.
A pochi centimetri dalla sua fronte macchiata di sangue, il proiettile del fucile era immobile, sospeso in aria.
Tutti i soldati stavano guardando attoniti il cilindretto di piombo, mentre Erik aveva gli occhi castani rivolti ad un punto oltre le spalle del Capitano.
Rogers si voltò completamente, approfittando dello smarrimento degli uomini che lo tenevano fermo.
Trattenne il respiro trovandosi dinanzi a quegli occhi blu, che avevano assunto un taglio più duro e davano vita ad uno sguardo di una tale intensità, da spezzare anche gli animi più freddi.

Anthea era in piedi ed i capelli color miele le ricadevano in onde leggere dietro le spalle.
Aveva il braccio destro teso in avanti e dalla lunga e ampia manica della felpa spuntava la mano aperta, con il palmo rivolto verso Rogers e il gruppo di soldati. Le labbra rosee erano appena socchiuse e la fronte corrugata per la concentrazione.
Ai suoi piedi brillava il bracciale nero, spezzato in due.
 
Gli istanti che seguirono, Steve non li avrebbe mai dimenticati.
 
Tutti i fucili scivolarono dalle prese dei soldati, volteggiarono nell’aria e si bloccarono con la canna rivolta ognuno verso il proprio proprietario.
Uno sparo dopo l’altro, gli uomini in nero caddero a terra privi di vita, con un foro sulla maschera, all’altezza della fronte, da cui fuoriuscirono fiotti di sangue.
Alcuni soldati riuscirono a sfuggire al proiettile a loro indirizzato e tra di essi lo stesso Erik, che batté in ritirata, correndo verso una delle jeep nere.
Quando gli spari cessarono, decine di uomini erano riversi a terra privi di vita, mentre i pochi fortunati sopravvissuti correvano verso i fuoristrada o verso la foresta.
 
“Tu non sai cosa hai liberato. Ti pentirai di averla salvata dalla prigionia. Lei non è quello che sembra” affermò Erik, rivolgendosi al Capitano, prima di mettere in moto il veicolo e partire sgommando, alla massima velocità, seguito a ruota da altre jeep.
 
 
Steve non si accorse della mano metallica di Iron Man che si posava sulla sua spalla.
Era troppo scosso e confuso da ciò a cui aveva appena assistito.
Fu la voce di Stark, che aveva sollevato la visiera dell’armatura, a riportarlo alla realtà.
 
“Nat sta venendo a recuperarci con un jet. Sarà qui a momenti.”
Steve si voltò a guardare il compagno.
“L’armatura ha ripreso a funzionare?”
Osservò l’espressione di Tony divenire tesa.
“Sì, ha ripreso a funzionare. Ma non capisco in che modo siano riusciti a bloccarla.”
“Io non capisco molte altre cose, invece” sussurrò flebilmente Rogers, ma il miliardario lo sentì lo stesso.

“Chi diavolo è lei?”
Le iridi color ambra di Stark si posarono sulla ragazza davanti a loro, distante una decina di metri.
Anthea se ne stava ferma, con lo sguardo basso e le braccia incrociate sotto i seni. Dondolava sui piedi nudi, i lunghissimi capelli le erano scivolati davanti le spalle e qualche ciuffo le oscurava i grandi occhi.

“Lei è il motivo per cui sono venuto fin qui.”
“La conosci?” domando Tony, scettico.
“No.”
“E allora-”
Steve frenò il compagno con un gesto della mano.
“Non ho voglia di parlarne.”
Stark indurì lo sguardo e puntò un dito metallico sul petto del Capitano.
“Se intendi tenermi fuori da questa storia, non ci riuscirai mio caro. Ormai ci sono dentro fino al collo e non mi tirerò indietro, nemmeno se fossi costretto a cavarti le parole di bocca.”
“Stark”
“Me la devi la verità, Rogers. Cosa è successo?”

Steve guardò Anthea, che alzò improvvisamente il capo, come se avesse percepito quello sguardo sul suo corpo.
Quando le iridi cerulee si specchiarono in quelle blu dai riflessi dorati della ragazza, Steve sentì dei brividi percorrergli la schiena.

“Lei è Anthea. Sentivo la sua voce nella mia testa ed è stata lei a chiedermi di venire qui, così io-”
“Aspetta!” esclamò Tony, alzando le mani con i palmi rivolti in avanti.
“Sentivi la sua voce nella tua testa?”
Stark credeva - sperava - di aver sentito male.
“Sì.”

Il super soldato si sentì improvvisamente debole.
Ormai l’adrenalina era scemata del tutto e cominciava a sentire il dolore assalirlo. Si portò istintivamente una mano al fianco destro e percepì nel palmo della mano uno spuntone di metallo. Con un gesto veloce tirò fuori il corpo estraneo e la vista gli si offuscò, mentre una macchia rossa si allargava sulla maglia bianca, strappata e bruciacchiata.
Le gambe gli divennero molli e non si schiantò sulla terra dura, solo grazie alla presa ferrea di Iron Man, che gli passò un braccio attorno alla vita per sorreggerlo.
“Rogers, accidenti a te e al tuo spirito suicida. Resisti. Natasha sarà qui a momenti.”
La voce di Tony divenne presto un’eco lontana.
Le palpebre erano troppo pesanti e Steve si lasciò andare contro l’armatura del compagno, sfinito.
Aveva freddo ed il calore del flusso di sangue che fuoriusciva dalla ferita al fianco era quasi piacevole.
Si sentì scuotere, ma ignorò gli scossoni.
Prima di sprofondare nell’oblio, vide due occhi blu spalancati dal terrore.
 
 

                                                         ***
 
 

I passi risuonavano nel corridoio buio, mentre lo percorreva spedito.
La paura gli attanagliava lo stomaco.
La grande porta nera si spalancò, emettendo un cigolio sinistro.
Come sempre, la stanza era immersa nell’oscurità.
Una candela era posta al centro e pareva galleggiasse nel vuoto. La debole fiammella lottava contro le tenebre, rischiarando appena il luogo angusto e sciogliendo la cera rossa che colava come sangue lungo il piccolo lume.
La porta si richiuse alle sue spalle e la fiammella vibrò appena.
Si inchinò, poggiando il ginocchio destro sul pavimento freddo e abbassando il capo, in segno di sottomissione.

“Mio Padrone” esordì.
“Sono qui per informarla che la ragazza è scappata. I Vendicatori l’hanno aiutata a fuggire e i miei uomini non sono riusciti a fermarli.”
Poiché il silenzio si protrasse troppo a lungo, l’uomo continuò.
“Mi dispiace, Padrone. Troverò il modo di rimediare, lo giuro.”

“Erik.”
Una voce possente scaturì dall’oscurità.

Erik sollevò il capo e tremò alla vista di due occhi rossi come il sangue che lo guardavano dal fondo della stanza.
La fiammella oscillò, come se tremasse anch’essa, e subito dopo si espanse fino a schiarire tutto l’ambiente circostante.
La creatura dagli occhi vermigli aveva il volto nascosto da una maschera di metallo nero, che rifletteva la luce della candela. Sedeva su un trono di cemento, ricoperto da drappi di seta rossa.

“Sai che non apprezzo coloro che falliscono.”

Erik deglutì a fatica, sentendo la gola secca.
“Ne sono consapevole, Padrone. La prego, lasci che mi redima per l’oltraggio commesso al suo onore.”

La creatura si alzò dal trono e si avvicinò al soldato, camminando con estrema eleganza e leggerezza.
“Mio caro Erik, dovresti anche sapere anche che non concedo una seconda possibilità.”

Il soldato sudò freddo e alcune lacrime gli solcarono le guance coperte dalla maschera.
“Vi prego, risparmiatemi. Vi scongiuro” supplicò con voce tremante.
“Io le prometto che-” le parole gli si bloccarono in gola, assieme al respiro, quando la lama di una spada trapassò il suo cuore.
Erik cadde a terra esamine, ed una pozza di sangue si allargò sotto il suo corpo. Gli occhi erano spalancati dal terrore.

Il Padrone, con la spada stretta in un pugno, guardò l’uomo, sorridendo sadico sotto la maschera.
“Schifosi e deboli umani” sibilò.
La fiamma della candela si affievolì di colpo e l’oscurità tornò sovrana.

“Adesso tocca a voi, cari Vendicatori.”
 
Il suono di una risata demoniaca risuonò forte tra le pareti della stanza.
 
 
 
 
 

Note
Eccoci arrivati alla fine del sesto capitolo.
Sono accadute diverse cose che definirei piuttosto anomale, ma siamo solo all’inizio!
Anthea è un nome greco e significa “fiore”.
Allora che ne pensate? Sta venendo fuori qualcosa di decente?

Ringrazio DalamarF16 per aver recensito la storia <3

Grazie anche a tutti quelli che la seguono e anche a chi legge solamente :D

Alla prossima ;)
Ella
   
 
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