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Autore: Utrem    17/08/2014    4 recensioni
Post VII stagione. Buffy non vuole più soffrire e si rifugia laddove crede d'essere circondata solo da ciò che è bene. Senza più i suoi amici, in procinto di sposarsi, dopo l'incontro con qualcuno riuscirà a riformulare le sue priorità non solo come cacciatrice, ma anche come persona.
Dal prologo: "Si era ripristinata in tempo. Stava bene, benissimo in verità, anche se era ovviamente scioccata dai pensieri aberranti appena avuti. Era stata evidentemente raccattata da una temporanea follia. [...] Equipararsi a una cacciatrice brancolante nella notte, perennemente sola, equivaleva a una condanna a una permanenza nell’ Inferno. Lei amava il suo Paradiso. Il suo imperfetto Paradiso. [...]"
Genere: Introspettivo, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Buffy Anne Summers, Nuovo personaggio, Un po' tutti, William Spike
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Normal again.


Quel torpore, quel delicato torpore, era unico e ineguagliabile.
Buffy lasciò sdrucciolare la schiena sudata sul materasso, come per far le fusa, gli arti che gradualmente, con moti lenti, facevano attorcigliare le coltri.
Si scoprì, ma solo un poco, perché potesse godere nuovamente della sensazione di un soffio caldo sul suo petto nudo. Poi liberò la mano dal groviglio delle coperte, la sollevò e la appoggiò sul dorso di Ryan, come era spesso solita fare. C’erano volte, però, in cui le sue dita erano più mobili, la sua pelle più malleabile e quel gesto assumeva un aspetto diverso: diveniva istintivo e magnifico.
Quella volta era merito suo.
Infatti, la sua accoglienza era stata gelida. Non accadeva di frequente e si premurava sempre di far trasparire il motivo. Ryan non si scomponeva mai: con grande calma smantellava la sua barriera d’indifferenza e iniziava a pretendere le sue domande. Allora lei si sfogava, facendo lunghi discorsi e cercando di non ignorare nessuna condizione. In reazione, lui si spiegava minuziosamente, sfoderando dettagli schiaccianti, che finivano per cambiare colore alla discussione. Raggiunto così il tanto agognato punto d’incontro si procedeva col sequel, ovvero i meritati festeggiamenti, che solevano protrarsi a lungo. Ryan si addormentava per primo, ma non era una regola rigida.
Buffy sbatté le palpebre, ancora tiepida e pervasa di sue carezze, quando avvertì una cosa. Un bitorzolo, un corpo estraneo sulla superficie liscia della sua schiena, aveva notizie per lei.
Come spinta da uno spasmo involontario, ritrasse la mano e fece una mezza giravolta sotto il peso del piumino per controllare l’ora.
Tre e mezza.
Emise un rantolo soffocato e si strabuzzò gli occhi con i pugni, la bocca aperta.
Se ne era completamente dimenticata.
Doveva cogliere un intervallo tra i sospiri ancora incerti di lui, vestirsi e scendere giù.
Così fece, reprimendo la sonnolenza e la scarsa voglia che ne derivava.
“Alla fin fine è solo questione di dargli il misurino e alleviargli la fame. Fatto ciò, posso tornarmene a letto” continuava a ripetersi scalino dopo scalino, reggendo la tazza fredda con mano tremante.
Arrivata a destinazione, bussò due volte con la mano libera, non troppo forte cosicché il sangue collezionato con tanto zelo non traboccasse.
“Spike! Sono io! Posso entrare?”
Seguì mezzo minuto di silenzio, al punto che Buffy era sul punto di incamminarsi nella direzione del parcheggio quando udì la risposta – un profondo grugnito che rassomigliava un “Sì”.
Inizialmente il suo tono di voce la sconcertò un po’, ma poi fece spallucce, consigliandosi di non farsi troppe domande, e si introdusse nell’appartamento.
Tuttavia, la sorpresa non tardò a reimpossessarsi di lei: infatti, notò che non si presentava né più pulito né meno caotico dell’ultima volta in cui vi era stata. Anzi, se si poteva considerare possibile, il disordine era aumentato ancor di più.
Passò velocemente in rassegna ogni angolo del soggiorno e vide che non c’era.
“Q-qui in camera” Fece capolino dal nulla un nuovo grugnito, ancora più soffocato e indefinito del primo.
Buffy corrugò la fronte, spazzando via la sua raccomandazione e cedendo ufficialmente le redini all’ansia.
Era a letto? Di notte? Perché non aveva risistemato l’appartamento? Rassettato i tappeti? Perché aveva rovesciato tanto drasticamente le proprie abitudini?
E perché parlava così?
Mozzato il capo d’un nuovo inquietante flusso di domande, si inoltrò furtivamente nella stanza, molto attenta a non far cigolare la porta.
Il buio era totale.
La luce era spenta e non c’erano finestre.
Tuttavia, Buffy riuscì a orecchiare un lieve ondeggiare di lenzuola, unito a un bizzarro gorgheggio, una serie di singhiozzi legati insieme.
Socchiuse la porta, così che potesse almeno intravederlo, e rimase molto più interdetta di quanto si sarebbe aspettata.
Spike giaceva inerte sul letto, gli occhi piantati sul soffitto, coperto sino alle narici;
era fermo, ma affatto tranquillo: Buffy, con l’aiuto della luce dell’altra stanza, scorse l’umidità nei suoi occhi e sul suo viso, imperlato di tensione e quieta sofferenza.
“Ehi…” iniziò, col tono più soffice e delicato che fosse in grado di emettere “Ti ho portato il sangue di maiale. E una cannuccia… come ti avevo promesso, quindi se vuoi, è qui. Ehm… dove te lo…”
“In frigo, in cucina” Spike terminò la frase, sforzando una pronuncia corretta. Insoddisfatto del risultato, passò i minuti seguenti a schiarirsi la gola e a battersi il petto con la mano.
Buffy esitò un po’, poi obbedì, richiudendo la porta dell’elettrodomestico con una sorta di smorfia. Ritornò dunque nella stanza con la stessa cautela di prima, incapace di staccare lo sguardo dal suo viso. Era sciupato e particolarmente pallido, quasi… malaticcio.
“Va tutto bene?” azzardò, rendendo di proposito la sua voce musicale e armoniosa.
Spike non rispose. Sospirò, il petto che assumeva definizione sotto le coltri.
“Al diavolo” mormorò sottovoce, dopo averle soffiate via dalle labbra. Inevitabilmente, ci ricaddero sopra, ma non le scostò più.
Tutto questo gettò Buffy in una inaudita spirale di preoccupazione. Non aveva la minima idea di quale problema avesse e la terrorizzava. La terrorizzava il solo pensiero che, di qualunque problema si fosse trattato, sarebbe stato compito uso occuparsene, e l’occuparsene avrebbe recato complicazioni, e…
“Cosa c’è, Spike?” ritentò con tono diverso, spazientito ed indignato.
Improvvisamente, lo vide tirare tutto da parte, fare leva sulle braccia e sollevare il busto nella sua direzione. Incrociò gli occhi con lei, con un’espressione di profondo disappunto.
Buffy adesso marcava ogni sua mossa, ogni suo piccolo, insignificante spostamento. Sentiva la minaccia palpitare, stringere quando si mostrava disattenta, rimandare quando faceva scattare lo sguardo di nuovo e lo fissava, senza battere ciglio, senza mancare nulla.
“Ho fatto un brutto sogno. Un incubo” spiegò placido, lasciando che la smorfia mutasse in un sorrisetto d’autocommiserazione.
Buffy non poteva crederci.
“Tutto qui?!” esclamò, incredula “Davvero?! Tutta questa sceneggiata per un incubo? Vuoi per caso che ti dia un bacino sulla fronte e ti rimbocchi le coperte?”
Spike rimase di stucco e la fulminò.
“Tu…oh, tu pensi che sarei rimasto infagottato qui tutto il giorno se fosse stato un semplice incubo?! Dio, Buffy, a volte sei così irritante! Chiaramente non era un incubo: è la cosa, quella cosa che affronterò in meno di due settimane, che inizia a lasciare impronte su di me”
“Impronte? Spiegati meglio” In realtà Buffy avrebbe preferito restare il più possibile lontana dalla questione, ma quel suo sguardo avvilito le strappava più compassione del dovuto. D’altronde, si persuase, finché era in giro tutto ciò che riguardava lui riguardava anche lei.
“C’era una sorta di messaggio, occultato nel sogno, anche se non saprei dirti con chiarezza quale fosse. Era troppo realistico, troppo ben pianificato per essere casuale. Inoltre, al mio risveglio, mi sono toccato i canini e ho scoperto… che… li avevo involontariamente sguainati”
Buffy piegò la testa da un lato, riflettendo sul fenomeno da lui descritto.
“Non lo hai fatto di proposito?”
“No! È stata la cosa! Sai cosa ne penso io?! Penso che mi voglia usare come bestia da guerra, così come aveva fatto il Primo! Pertanto, in questi giorni, me ne starò qui, immerso nell’ozio, senza vedere nessuno, affinché fallisca!” Spike sbottò, battendo colpi sul materasso ogni volta che metteva l’accento su una parola.
“Sei sicuro che sia così?” Buffy tentennava. Non era molto convinta dalla sua decisione e la considerava deleteria per il suo già seviziato stato d’animo.
“Non può essere altrimenti!” replicò Spike alzando i gomiti, indispettito dalla sua riluttanza ad accettare quanto aveva detto.
“Il Primo non ha mai cercato di manipolarti durante i sogni! Forse le sue intenzioni sono diverse. Cerca di descrivermelo, così ci possiamo ragionare meglio” Buffy insistette, malcelando un po’ d’ansia.
“Ehm…” Una rovente folata d’imbarazzo fece avvampare Spike, facendogli coprire nuovamente il petto. “Non penso sia necessario.”
“Cosa?! Certo che è necessario! Come credi che possa analizzare il comportamento di questa creatura o demone che sia se non prendo in considerazione tutti i dati disponibili?!”
“Il sogno era molto… potrebbe non piacerti” confessò Spike, in un soffio. “Io lo odio. Ci ho rimuginato tutto il giorno…”
“Spike, me lo devi raccontare, volente o nolente! Non hai nulla di cui vergognarti! Mi hai appena detto che non è dipeso da te!”
“Lo so, ma comunque… era… molto… intimo. Molto… personale. C’era mia madre, Drusilla e… c’ero io, ed io ero… c’era, c’era questa frase ricorrente: ‘Chi sei tu?’ e poi lei mi ha detto che non valeva la pena vivere per essere deriso da loro, per essere debole, e io li ho… li ho uccisi. Li ho uccisi. Sono stato io”
Spike parlò biascicando piano, senza osare guardarla in faccia, neppure per errore. Buffy, al contrario, lo fissò con molta intensità. Gli ossuti, appuntiti lineamenti del suo viso non ebbero mai un attimo di pace, tirandosi e rilassandosi senza posa, mentre il chiarore dei suoi occhi fu offuscato e annerito dalle tenebre della sua rivelazione.
Si morse il labbro e per un attimo guardò in basso. Avrebbe voluto chiedergli ulteriori dettagli per restringere il campo, ma una robusta empatia la frenava. Si limitò invece a dire:
“Coraggio, Spike. Da come mi hai spiegato, è stato tutta una macchinazione di quest’entità sconosciuta. Non è giusto che tu te ne attribuisca la colpa”
“Ma la colpa è mia! Io mi sono lasciato controllare!” sbottò lui d’un tratto, scuotendo le coperte nell’impeto “E lo sai perché? Lo sai perché? Perché mi sono rammollito. Mi sono ammosciato da quando sono sbucato da quella fogna. Ho perso tempo a piangere sulle bruciature, a contare i lividi, a maledire un Dio in cui non credo neanche e non mi ha mai neppure sfiorato l’idea che forse, forse stessi sbagliando. Sì, perché forse questa sarà una battaglia persa, ma mi presenterò per combattere, non per fuggire! Sai che ti dico, Buffy? Sono stufo di marcire qui dentro. Da domani inizierò ad allenarmi.”
La sua decisione improvvisa la sconvolse. Non le dispiaceva che il suo umore fosse migliorato, ma non riteneva neppure saggia un’inversione così radicale dell’atteggiamento.
“Sì, capisco, ma-“
“Comincerei adesso, ma sono ancora troppo malconcio. Le ferite stanno migliorando, comunque: entro domani sarò in forma. Ah, Buffy… mi aiuteresti?”
“Cosa?”
“Mi aiuteresti ad allenarmi?”
“Cosa?!” Questo secondo ‘cosa’ fu decisamente più vigoroso ed espressivo del primo, ma Spike lo interpretò col senso di quest’ultimo per sua convenienza.
“Lotteresti con me? All’arma bianca, principalmente, o con paletti, come preferisci. Allora, lo faresti?”
Buffy indietreggiò, la bocca semiaperta. Spike pendeva letteralmente dalle sue labbra e la implorava con acute acrobazie dello sguardo.
La proposta era impensabile. Il solo contemplarla le incrociò le viscere. Dopo due anni di inattività, di rifiuto… non poteva. Semplicemente non poteva.
Eppure aveva ragione. Aveva bisogno di allenamento e non c’era nessun avversario di prova auspicabile, oltre a lei. Se si fosse rifiutata, avrebbe dovuto rinunciarci e così perdere ogni stralcio di difesa di cui poteva disporre.
“D’accordo” acconsentì, con un’inavvertita striatura di tenerezza nel tono.
Spike sembrò non udire subito la sua risposta e per un po’ continuò a guardarla. Poi disse flebilmente:
“Grazie”
“Prego” rispose Buffy, altrettanto piano, gonfiando le guance in una specie di sorriso. Se ne sarebbe pentita, forse, probabilmente, ma aveva scelto ormai. Si sentiva spaesata: quello scambio di sguardi l’aveva un po’ stranita, al punto che non s’era accorta che Spike, nell’impeto della nuova risoluzione, si era scoperto eccessivamente.
“Non ti eccitare troppo, però” le scappò, e come chiarimento diede un’occhiatina d’infinitesimale durata, accompagnata da una risatina sardonica.
Spike comprese subito e s’affrettò a riparare alla nudità involontaria, il ghigno che le era tanto familiare stampato sul viso. Non poteva negarlo: un po’ le era mancato, tra tutti quei musi lunghi. Non lo aveva mai visto sorridere sinceramente, in quei giorni.
“Oooh, che scandalo! Be’, in effetti, ora che mi ci fai pensare, vedere due uomini diversi in deshabillé in meno d’un’ora può essere compromettente, nella tua condizione. Una disonorevole macchietta sul tuo certificato di castità. Ma non importa: sotto la scorza Ryan è un amabile mollaccione. Un paio di carezze e sarà di nuovo ai tuoi piedi… a meno che tu mi chieda espressamente di non parlargliene. Posso?”
“Spike!” Buffy lo interruppe, grattandosi a più riprese il mento con gli incisivi per reprimere il divertimento “Come hai fatto a capirlo?”
“Cosa? Ah…”
Tuttavia, Buffy non attese nemmeno la sua risposta, perché nel frattempo le era pervenuta un’illuminazione scioccante:
“O mio Dio! Ci hai spiato?! Ti prego, non dirmi che ci hai spiato, perché allora-”
“Spiato…  ma come diavolo avrei fatto?! E a che scopo, poi?! No, l’ho semplicemente intuito dal nuovo succhiotto che hai sul collo” Spike affermò, indicandolo sfrontatamente.
“Un… succhiotto?!” Buffy si toccò con frenesia e raggelò nello scoprire che effettivamente c’era.
“La ferita odora di fresco. Ah, e non fare l’innocentina, dato che probabilmente è stata una tua idea. Non che tu te ne debba vergognare! È risaputo: le vecchie abitudini sono dure a morire”
“Spike!” Stavolta, Buffy fece del suo meglio per apparire severa, e funzionò. “Non è appropriato che tu parli della mia vita sessuale con Ryan come se parlassi del meteo di oggi! Sono cose strettamente personali e, soprattutto, non sono affari tuoi!”
“Ehi, io dico sempre la verità. Non importa quanto sia scomoda.”
Quasi.
Scoppiò a ridere, irrefrenabilmente. Si schiaffeggiò le ginocchia e si scompigliò i capelli.
“Tu… dici sempre… la verità…! Ahahah! Fossi in te starei attento alle gambe: sono già abbastanza corte!”
“Aspetta… hai appena detto che sono basso?!” Spike esclamò impermalito, infilandosi rapidamente i jeans.
“Ahahah! Forse…!”
“Ah sì?! Oh, ma da che pulpito! Proprio tu, che quando compri gli abiti devi andare nella sezione per bambini!”
Al sentirlo, Buffy si rabbuiò e mise le braccia conserte, immettendo una buona dose d’ironia in ogni gesto per nascondere la ferita. Non se l’era aspettato.
Questa volta era il turno di Spike per ridere – e rise, facendo tintinnare allegramente la zip dei jeans mentre tentava di tirarla su, nonostante il conseguente tremore.
“Nella botte piccola c’è il vino buono” replicò poi, dopo essersi presa il tempo necessario a recuperare la sicurezza persa.
“Buffy, se bevessi sapresti che non conta tanto la bontà, quanto la quantità. Di una botte piccola non me ne faccio nulla”
“Buono a sapersi! La botte se ne va, allora. Troverai il sangue suino nel frigo. Buonanotte” Buffy si congedò, quando sentì Spike afferrarle il gomito.
“Ehi! Non te la sarai mica presa per la storia del vino, vero? Perché non era riferito-“
“No no, non darti pena! È solo che devo andare a letto ora: sono davvero stanca e domani ho una lunga ed impegnativa giornata di lavoro. Se non vado adesso, domani allo specchio farò la conoscenza con un bel paio di gigantesche occhiaie.”
“Oh… sono sicuro che te la caverai comunque. Voglio dire, un tempo avevi due lavori… lo ‘stress’ di adesso non è neanche comparabile!”
Buffy aggrottò la fronte e bruscamente si liberò dalla sua gentile presa. L’intento di Spike non era certamente quello di criticarla, ma Buffy si offese e, soprattutto, s’arrabbiò. Non solo con lui, ma con i vizi e i vezzi del suo nuovo ego, le comodità che l’avevano resa diversa da una cacciatrice. Le gioie, gli eventi, la pigrizia, la superficialità, la…
Fu un sentimento subitaneo, ma così intenso che la gelò in piedi e le arrotolò la lingua. Se ne era resa conto, aveva capito, ma l’orgoglio recondito in lei era ancora forte e vi lottava strenuamente contro, stravolgendola.
“Per fortuna non è più così” rispose, con tono piatto e occhi martoriati da sonno ed emozione. “Buonanotte, Spike”
“Buonanotte…” ricambiò lui con un sorriso intontito. Non pareva essersi accorto di niente, ed era un grande bene. Non era più in grado di trattenersi lì neppure per un secondo. Uscì dall’appartamento a lunghi passi, sbattendo la porta, e precipitò in un pianto ridondante e liberatore.



 Nota:
Il modo in cui Spike è tornato in vita è di mia invenzione. Può essere quindi considerato AU rispetto al differente sviluppo dell'evento che si ha in "Angel".
   
 
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