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Autore: Laylath    18/08/2014    1 recensioni
(Spin off di Un anno per crescere )
Più di venti anni prima che un gruppo di ragazzi intrecciasse i propri destini in un piccolo angolo di mondo, a New Optain, una pasticciera ed un poliziotto fanno il loro primo incontro.
Ecco la storia di Vincent e Rosie, i genitori di Vato.
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Vato Falman
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Un anno per crescere'
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Capitolo XXII

1887. Dieci anni di noi.

 

“Non ci posso credere – commentò Daisy – domani saranno dieci anni che sei sposata a Mister Rigidità. Come tu riesca ancora a sorridere nonostante la sua presenza quotidiana è un mistero.”
“Lo trovo meno rigido del solito – disse Alyce dando una gomitata complice alla sorella – ma forse dipende dal fatto che non è in divisa e quel maglione è parecchio abbondante.”
“E’ solo l’impressione… ecco, lo vedi? Guarda come si irrigidisce ancora alla perfezione! E’ come il primo giorno: sei una certezza nelle nostre vite, Vincent!”
“Daisy, Alyce, la volete smettere?” Rosie si mise una mano sulla tempia, cercando di ignorare il sordo ringhio del marito, seduto accanto a lei.
“In realtà stanno dimostrando che hanno sentito l’uno la mancanza dell’altra – ridacchiò Max, alzando il bicchiere – e devo ammettere che mi mancava la tavolata completa.”
“Decisamente – gli fece eco Luke – è stato fantastico che abbiate deciso di venire qui per parte delle vacanze di natale.”
“Sì, è vero, non ce lo possiamo permettere molto spesso – sospirò Rosie – ma del resto domani è il nostro decimo anniversario e volevamo passarlo in famiglia.”
“Io me ne sto già pentendo.”
“E dai, amore…”
Vincent lanciò un’occhiata rassegnata alla moglie, ma vedendola così felice in quell’abito azzurro chiaro tutta la sua rabbia nei confronti delle cognate svanì come neve al sole. E doveva ammettere che era felice pure lui di essere a New Optain per quei dieci giorni di vacanza che si erano concessi: nonostante le battute di Daisy e Alyce quella era anche la sua famiglia ed il senso di calore che provava nel stare a quella tavolata, in uno dei classici pranzi, era sempre lo stesso.
Dieci anni… domani saranno dieci anni.
Ma lei era sempre incredibilmente bella, i capelli neri che splendevano come il giorno del loro primo incontro. Certo qualcosa era cambiato, ma era più nell’espressione che nell’aspetto: quando l’aveva conosciuta Rosie McLane era una creaturina timida e impacciata, un piccolo e fragile fiore che lui aveva giurato di amare e proteggere per sempre. Ora era compagna, moglie, madre e ciascuna di queste caratteristiche si amalgamava perfettamente nel suo fisico snello e morbido, nel viso delicato, negli occhi scuri e sorridenti.
E’ possibile che io mi accorga di amarti più di prima?
 
“Siamo stupidamente infantili, te ne rendi conto?” Rosie sospirò  e alzò lo sguardo al soffitto.
“No, stiamo semplicemente recuperando un nostro personale rituale prima di andare a letto – ridacchiò Daisy, seduta dietro di lei nel letto della camera degli ospiti – e sono felice di constatare che i tuoi capelli sono sempre facili da pettinare: non te l’ho mai detto, ma farti la treccia era rilassante, quasi ipnotico.”
“Manca solo Alyce davanti a me in modo che le possa sistemare i boccoli… e a proposito, forse era meglio che io, Vincent e Vato fossimo andati a stare a casa sua. Tu e Max siete sempre affaccendati con la pasticceria e avere ospiti non è certo comodo.”
“Tu non sei un’ospite, sei mia sorella – la corresse Daisy – e poi a che serve un’altra camera? Certo abbiamo dovuto unire i due letti singoli per fare il matrimoniale e questo non è certo il massimo dell’agio, lo ammetto. Ma… ti volevo accanto a me, piccolo fiore, almeno per questi giorni in cui starete qui.”
“Sai benissimo che mi manchi pure tu – la donna si lasciò andare all’indietro, in modo da posare la testa sul petto della sorella – è l’unica parte della mia vita che cambierei: averti vicino, tu più di mamma, papà ed Alyce.”
“Per somma gioia del tuo maritino, vero? Scommetto che lui, Max ed Alan si stanno divertendo un sacco, ma sono sicura che i nostri uomini non faranno troppo tardi: non sono tipi da bagordi.”
“Sono stata felice di sapere che anche Alan ha finalmente trovato una brava ragazza. Hai detto che si chiama Nicole? E’ un bel nome.”
“Eh sì, spesso si incontrano proprio al negozio dato che è vicino alla merceria della sua famiglia; e lei è davvero carina e dolce, sotto diversi punti di vista mi ricorda te. Sono sicura che Alan te la presenterà in questi giorni… sai, ammetto che a volte ho pensato che era lui quello adatto a te.”
“Insomma! Prima con Nath, ora con Alan! Con quanti uomini mi volevi sistemare?”
“Tutti meno Mister Rigidità… e dai che scherzo! Ferma non ti agitare! Oh no – rise – la treccia si è disfatta. Ferma che ricomincio. E comunque ammetto che Vincent Falman ti ha reso felice, piccolo fiore, non potevo chiedergli di più.”
Un movimento alla loro destra le fece voltare, ma si tranquillizzarono nel vedere che le loro chiacchiere non avevano minimamente svegliato Vato: il bambino si era semplicemente girato nel sonno e aveva proteso un braccio sul cuscino.
“Quanto è cresciuto il mio pasticcino: ormai non è uno scherzo prenderlo in braccio. Tra un mese compie otto anni, non mi sembra vero.”
Il tono di voce di Daisy fu leggermente malinconico quando disse questa frase e Rosie fu rapida ad accorgersene. Come sentì le agili dita della sorella che finivano di legare il nastro che teneva la treccia si posò di nuovo contro di lei e non fu sorpresa di venire abbracciata con forza.
“Ci pensi ancora, vero?” le chiese, posando la guancia contro la sua.
“Ogni tanto, magari quando meno me l’aspetto – ammise lei – oh, Ally e Loris sono fantastici, lo sai bene. Ally ora passa alla pasticceria ogni mattina prima di andare a scuola: dice che a merenda vuole solo qualcosa di preparato da me. E Loris è così affettuoso e giocherellone… però, non è come averli a casa, no?”
“Se c’è una cosa che mi dispiace è di aver portato via Vato da te. E viceversa, non credere che lui non senta la tua mancanza.”
“In ogni caso lui non è davvero mio – ammise Daisy – ma insomma, ormai è chiaro che la vita va avanti… e poi ho una meravigliosa famiglia a cui pensare, no? Diciamo che il tempo per sentirmi triste è relativamente poco.”
“E diciamo che Max ha un grande ruolo in tutto questo, no?” chiese con malizia Rosie.
“Lui è… è semplicemente Max, lo conosci – la voce della maggiore esprimeva infinito amore, unito a un grande divertimento – è smielatamente cotto di me come agli inizi, sarebbe sempre capace di correre sino alla luna se glielo chiedessi. Quando credo che abbia esaurito le sue risorse ne esce fuori con qualche pensiero adorabile e stupido allo stesso tempo. Hai presente quei cagnoloni affettuosi che non ti lasciano mai?”
“E lui non ti lascia mai, davvero!”
“E meno male… piccolo fiore, forse è stato per merito tuo che ho ceduto alle sue richieste e di questo non finirò mai di ringraziarti.”
“Tra sorelle funziona così, no?”
“Eh già.”
“Papà… – Vato mosse leggermente la testa e aprì gli occhi – sei tornato?”
“Scusa, amore, ti abbiamo svegliato – Rosie gli accarezzò i capelli – papà è ancora fuori con zio Max, da bravo. Chiudi gli occhi e dormi: adesso la mamma spegne la luce e si sdraia accanto a te.”
“Effettivamente si è fatto tardi – bisbigliò Daisy, vedendo come il bambino si riaddormentava – siamo rimaste a spettegolare anche troppo. E’ meglio che anche noi andiamo a dormire, tanto penso che Max e Mister Rigidità non tarderanno ancora molto. Buonanotte, piccolo fiore.”
“Buonanotte… ah, Daisy! Posso chiederti un enorme favore?”
“Dimmi.” annuì lei, alzandosi dal letto.
“Dato che ormai pensi tu ad aprire il negozio, mi lasceresti le chiavi… come quando andavo io ad aprire, sai. Tu e Max venite verso le otto e un quarto e portate anche Vato.”
“Non c’è problema, ma che hai in mente?”
“Diciamo che ho una piccola nostalgia.”
 
“Buonanotte, ragazzi – salutò Alan – state certi che in questi giorni faremo almeno un’altra rimpatriata di squadra.”
“Contaci!” salutò Max, mentre lui e Vincent facevano un cenno al giovane in divisa.
Come lo videro girare l’angolo si incamminarono nell’atrio del palazzo ed iniziarono a salire le scale.
“Dimmi la verità – commentò Max dopo qualche gradino – sei maledettamente fiero di vedere il grado di tenente nella divisa di Alan. Il giovanotto della squadra si è fatto valere in tutti i campi della vita, vero?”
“Non lo nego – ammise Vincent con un sorriso – e sapere di aver in minima parte contribuito alla sua crescita mi rende molto felice. L’ho sempre considerato un bravissimo ragazzo ed un poliziotto molto valido: vederlo ormai sistemato è una grande cosa.”
“Sì, lo so, tra i due sono stato io la grande delusione, vero Vin?”
“Hai fatto la tua scelta – scrollò le spalle l’uomo, ricacciando indietro quel briciolo di rabbia che non sarebbe mai sparito del tutto – ed a venticinque anni eri decisamente adulto ed in grado decidere da solo. Ero il tuo superiore, non la tua balia.”
“Ma…? Dai, confessalo.”
“Confessare cosa? Sai benissimo che penso di Daisy McLane, non ne ho mai fatto mistero.”
“Ahah, ti stai irrigidendo.”
“Max Maffer, sei pregato di smetterla.”
“Agli ordini, capitano Falman – si mise sull’attenti l’altro proprio mentre arrivavano al pianerottolo – e posso avere l’onore di offrirti un ultimo bicchierino prima di andare a dormire? E’ la bottiglia di liquore per le grandi occasioni.”
“Se la metti in questo modo non vedo perché rifiutare.”
“Perfetto – la voce di Max si abbassò mentre chiudeva la porta alle loro spalle – tanto le luci sono tutte spente e considerato che è mezzanotte direi che sono tutti a dormire.”
In silenzio si accomodarono nel confortevole salotto. Max andò alla credenza e prese dal servizio buono due bicchierini per poi portarli al basso tavolino davanti al divano assieme a una bottiglia di vetro.
“Con questo si brinda per le cose più importanti – sorrise, versando una generosa dose di liquido rossastro nei bicchieri – come i dieci anni di matrimonio del mio migliore amico. E credimi, non posso che augurare ancora decine e decine di anni felici a te e a quel tesoro di Rosie.”
I due bicchieri si incontrarono con un lieve tintinnio che risuonò in tutta la stanza. I due assaggiarono il liquido denso e poi posarono i bicchieri.
“Auguro la medesima felicità a te e a Daisy, così come a tutta la famiglia McLane – disse Vincent infine – che siano benedetti, lo dico con sincerità.”
“Ottime persone, vero? Ti fanno sentire in famiglia come mai ti saresti aspettato. Non avrei potuto scegliere donna migliore di Daisy… non avrei potuto amare nessun’altra.”
Vincent annuì, concedendo alla sua dispettosa cognata la dote di aver reso veramente felice Max. Anche se non indossava più la divisa quel ragazzone restava comunque una delle persone più buone del mondo e si meritava ogni felicità possibile.
“Mi è dispiaciuto sapere che non potete avere figli.”
Non seppe perché disse quella frase: Rosie gli aveva detto dei problemi che lui e Daisy avevano dovuto affrontare. Per quanto spesso quella donna gli sembrasse insopportabile ci era rimasto sinceramente male.
Il destino era proprio beffardo: lui non aveva mai programmato di avere figli ed invece la vita gli aveva regalato Vato; Max aveva sempre parlato di avere decine e decine di rumorosi bambini ed invece sua moglie non era in grado di portare avanti una gravidanza.
“Lei ci pensa ancora, e come non potrebbe? – c’era una velata malinconia negli occhi scuri di Max – Ma io la amo con tutto me stesso. Certo, avrei voluto avere dei figli, sai che adoro le famiglie numerose, ma quanto è successo non mi fa rimpiangere assolutamente nulla del mio percorso.”
“Percorso…”
“Mh?”
“Pensavo – Vincent bevette un’altra sorsata di liquore – ho trentasei anni e domani festeggio il  mio decimo anniversario di matrimonio. Sai, è uno di quei momenti in cui, come si suol dire, uno tira le somme della propria vita… o qualcosa di simile.”
“Uh, uao! Sono discorsi profondi, Vin: forse è l’alcool che sta parlando per te… anche se hai bevuto relativamente poco.”
“Finiscila – sorrise il capitano con un gesto secco della mano – perché ogni volta devi fare lo spiritoso?”
“E allora mi dica, Vincent Falman, guardando indietro si pente di qualcosa?”
“No.”
Ed era vero: pensò alla sua infanzia ed adolescenza difficili, in cui aveva dovuto imparare ad essere indipendente, l’amore sincero di una famiglia che gli era stato negato da quella brutta febbre che gli aveva portato via i genitori. Ripensò ai suoi anni nel corso di polizia ed all’amicizia sincera che aveva stretto con Max ed Alan, un legame che ancora sopravviveva dopo più di quindici anni. E ripensò alla sua decisione, apparentemente sciocca, di andare in quella pasticceria una fredda mattina di gennaio, spinto dal ricordo di una timida pasticciera che gli aveva sorriso in modo così adorabile.
Da più di dieci anni quella donna era per lui una compagna, un’amica, una moglie. Il centro del suo mondo che gli aveva dato un figlio che lui amava con tutto se stesso.
“Assolutamente no…” ribadì con un sorriso.
Dopo aver terminato quell’ultimo sorso insieme, i due si diedero la buonanotte e raggiunsero le rispettive camere. Accendendo la luce con discrezione, Vincent si cambiò il più silenziosamente possibile, in modo da non svegliare Rosie e Vato che dormivano nel lettone.
Si sdraiò accanto a loro, il bambino che veniva così a trovarsi in mezzo: dormiva supino, un braccio disteso lungo il fianco.
Ammirò quel piccolo viso, così somigliante al suo: seguì con l’indice i lineamenti ancora dolci della fanciullezza, la linea del naso, le sopracciglia sottili. Salì quindi ad accarezzare la chioma bicolore, provocando un mormorio del bambino ed un lieve sorriso.
Certo non era il tipo di figlio che si era aspettato: timido, introverso, con quella precocità che sotto molti punti di vista era stata più un problema che un vantaggio. Forse fisicamente somigliava a lui, ma molto del suo carattere era di derivazione materna, sebbene Rosie ora fosse molto più sicura di se stessa.
Ma non l’avrebbe cambiato di una virgola: non avrebbe mai potuto fare a meno di quella vocina che diceva termini così assurdi per la sua età, di quegli occhi che spesso lo fissavano con timore, cercando la sua approvazione, del modo tutto particolare di affrontare le prime piccole problematiche della vita… tra spiegazioni accademiche ed orso di pezza.
“Papà?” mormorò Vato nel sonno.
“Sssh, sono tornato – lo baciò sulla guancia – dormi, figlio mio.”
 
“Vincent…” la voce sommessa di Rosie, le sue labbra che gli sfioravano l’orecchio lo fecero svegliare.
Aprendo gli occhi notò che era ancora buio e l’udito colse un suono tipico dell’inverno di New Optain: la neve che cadeva nelle fredde ore del primo mattino.
“Che c’è?” mormorò.
“Sssh, piano: Vato sta dormendo.”
Mentre diceva queste parole, la donna lo prese per mano e lo indusse a mettersi seduto: solo in quel momento il capitano si accorse che era già vestita e pettinata, un caldo abito di lana che avvolgeva il suo corpo snello.
“Che ore sono?” si alzò in piedi e la osservò accostarsi al letto per rimboccare le coperte a Vato.
“Sono le sette meno un quarto – dichiarò con un sorriso malizioso – forza, preparati: è importante. Ti concedo dieci minuti di tempo.”
“Ma perché?” iniziò lui, ma venne zittito da l’indice di lei che si posò sulle sue labbra.
“Fidati di me, capitano.”
Ormai desto, Vincent capì che era uno di quei momenti in cui sua moglie voleva essere assecondata. Considerato che era il giorno del loro anniversario e si era ripromesso di dedicarsi completamente a lei, decise di ignorare l’invitante e caldo letto, dove ancora Vato dormiva beatamente, e con uno sbadiglio recuperò il necessario per prepararsi e si recò in bagno.
 
“Rosie! Ma si può sapere che ti succede?”
Ma lei non rispondeva, continuava a correre nella città illuminata ancora dai lampioni, con la neve che cadeva sopra di loro, rendendo umidi i capelli. Ogni tanto si girava come ad assicurarsi che la seguisse, il suoi occhi che avevano la medesima vitalità di dodici anni prima, quando la vedeva arrivare ogni mattina per le loro…
Colazioni segrete!
Mentre quel lampo di intuizione attraversava la mente di Vincent, i due girarono l’angolo e si ritrovarono proprio davanti al negozio. Solo a quel punto lei si fermò, piegandosi leggermente per riprendere fiato.
“Accidenti – mormorò, mentre una nuvoletta di vapore si formava davanti alla sua bocca – non sono più in forma come quando avevo ventuno anni e correvo ogni mattina ad aprire il negozio.”
“Rosie McLane…” scosse il capo Vincent con un sorriso.
“E meno male che non ho scivolato sul ghiaccio come varie volte è successo – ridacchiò lei, rimettendosi dritta e frugando nella tasca del cappotto – o mi avresti afferrata al volo anche questa volta?”
“Certo che l’avrei fatto.”
“Sono le sette e mezza adesso, Vincent – aprì la porta ed il lieve scampanellio risuonò nella sala silenziosa – sono felice che dopo più di dieci anni tu sia qui per la nostra colazione segreta.”
La luce dei lampioni di strada illuminava il locale proprio come Vincent ricordava. La sala vuota faceva sempre lo stesso effetto ovattato che regalava tranquillità, tanto che i loro respiri e le piccole gocce d’acqua che cadevano sul pavimento erano gli unici rumori udibili.
Ma tu sei sempre qui, piccola e dolce pasticciera che mi hai rubato il cuore, che hai condiviso con me il caffè per non so quante mattine della mia vita… che mi hai regalato quel calore a cui ho sempre aspirato.
“Lo so – ammise lei, aiutandolo a levarsi il cappotto e andando ad appenderlo nell’appendiabiti – è stata un’idea un po’ assurda, ma…”
“Buongiorno, signorina.” lui le si affiancò e le rivolse un gentile cenno del capo.
“Buongiorno, signore – sorrise lei, arrossendo in quella maniera adorabile che lo faceva impazzire – scusi il ritardo, è molto che aspetta?”
“No, sono appena arrivato.”
“Si sieda, la prego – gli indicò il loro solito tavolo e poi si avviò verso la cucina – torno subito con il caffè.”
E lui si sedette in quella sedia, come aveva fatto infinite volte, come avrebbe continuato a fare anche se si trattava del tavolo della propria cucina. Assaporò l’aroma del caffè che iniziava a diffondersi nel negozio, lo stesso che l’aveva viziato nell’arco di nemmeno una settimana circa dodici anni prima.
E poi lei arrivò, con il grembiule stretto alla vita, come se fosse pronta ad avviare il negozio nell’attesa dei primi clienti, della propria famiglia che veniva a lavorare. Posò il vassoio sul tavolo e si sedette accanto a lui, provvedendo a servire il caffè nella solita maniera perfetta ed impeccabile.
“Sa, signorina – mormorò il capitano, mettendo una mano sopra quella minuta di lei – mi sono appena accorto che durante tutte le nostre colazioni segrete non le ho mai pagato nemmeno un caffè. Il conto è molto alto?”
Ed era vero: nemmeno la prima volta aveva pagato. Sembrava un pensiero così assurdo a distanza di anni.
Lei parve riflettere su quell’ultima domanda, ma poi ricambiò la stretta e mormorò:
“Tutta la tua vita… è l’unico pagamento che accetto.”
“Ce l’hai già, Rosie McLane. La possiedi da sempre.” sussurrò Vincent, accarezzandole la guancia prima di accostarsi alle sue labbra.
Ed il bacio che si scambiarono non aveva bisogno di altre parole.
Buon anniversario, amore mio.
  
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