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Autore: purple eyes    19/08/2014    7 recensioni
Non riesco a credere in quello che mi è successo in meno di un mese. Sono senza un padre, mi sono innamorata di un ragazzo che non ricambia i miei sentimenti e che tra l’altro è lo stesso ragazzo di cui è innamorata la mia migliore amica. Mia madre ha un compagno mafioso e violento che farebbe di tutto pur di arrivare ai suoi scopi. Sono vittima di bullismo... La mia vita fa schifo!
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caitlin, Justin Bieber, Nuovo personaggio, Pattie Malette, Ryan Butler
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Capitolo 37

Sorry mom...

Quegli occhi ambrati che ho già visto troppo volte, che hanno incrociato le mie iridi azzurre, che mi hanno fatto innamorare sono lì davanti a me, ma questa volta non appartengono a Justin. Una ragazza dalla corporatura minuta, con i capelli color grano sosta davanti a me in attesa di una risposta da parte mia che non arriva. Indossa un pantaloncino stracciato, una canotta verde militare e ai piedi un paio di anfibi neri.

I suoi occhi mi scrutano continuamente, facendomi venire la pelle d’oca. Questa ragazza mi sembra di conoscerla, anche se sono sicura di non averla mai vista in vita mia. Tutta questa situazione è assurda, i suoi occhi fissi su di me mi inquietano. E’ come se ci fossero gli occhi di Justin a guardarmi, ma al posto del suo corpo, c’è quello di una ragazzina che avrà all’incirca quattordici - quindici anni.

Il mio corpo trema, appena lei si siede sul letto di fianco a me e cerca di avvicinarsi, ma io mi scosto, rotolando dall’altra parte. “Calmati non voglio farti del male” La sua voce è così tranquilla, così calma, fredda, ma soprattutto così familiare. Quando l’ho sentita parlare la prima volta avevo già avuto qualche sospetto, ma poi ho lasciato perdere, pensando di essermi sbagliata, così i suoi occhi color caramello mi hanno distratta.

Tutto questo ha un nonché di sovrannaturale e il mio corpo non smette di tremare e di essere scosso da milioni di brividi. Come faccio ad avere paura di una ragazzina dal viso angelico e dagli occhi tristi? Il mio corpo continua a rimanere fermo e sembra essere infastidita dalla situazione e lo capisco subito dal suo sbuffo.

“Guardami” Esclama alzandosi dal letto e facendo segno con le mani sul suo corpo. “Non sono armata, sono solo una che ti vuole aiutare” Aggiunge, penetrandomi di nuovo con i suoi occhi caramello. Deve smetterla di guardarmi. Non capisce che non ho paura di lei perché potrebbe essere armata o altro, tutto quello che mi fa paura sono la sua voce e il suo viso dai lineamenti così familiari. E’ una ragazza bellissima, un angelo che potrebbe trasformarsi in un diavolo da un momento all’altro.

“Chi sei?” Farfuglio esponendo la domanda che mi è ruotata in testa sin da quando l’ho vista, mentre il suo viso sembra rilassarsi al suono della mia voce che finalmente le sta parlando. “Non so se sia una buona idea dirtelo in questo momento” Annuncia scuotendo la testa, facendo aumentare la confusione nella mia testa.

“Perché? Se vuoi veramente aiutarmi dimmi dove sono e chi diavolo sei!” Urlo alzandomi di scatto dal letto, ma ricado subito dopo a causa di tutte le botte che ho preso. Il dolore allo stomaco è stato surclassato dai miei pensieri, ma non ho dimenticato che sono stata picchiata. “Hai bisogno di aiuto” Mi viene incontro la ragazzina misteriosa che cerca di aiutarmi.

“Voglio prima sapere chi sei” Ribatto ancora una volta fulminandola con lo sguardo, prima che si avvicini al mio corpo. Sospira prima di sedersi sul letto e guardarmi rassegnata. “Non penso sia il momento più adatto per dirtelo. Posso però dirti dove sei” Dice abozzando un sorriso, mentre io annuisco insicura. La voglia di sapere chi è mi sta logorando il cervello, ma anche la voglia di sapere dove sono e che cosa è successo non smette di ronzarmi in testa.

“Sei stata rapita” Dice in un sospiro, mentre io le faccio uno sguardo ovvio, incitandola a continuare. “Ti hanno dato un sonnifero per farti addormentare dopo averti stordita con il cloroformio e ti hanno portata a Tenerife” Sussulto sentendo il nome della città che mi ha nominato Alex. Sono in Spagna, dall’altra parte del mondo con delle persone che mi vogliono fare del male. Avevo ragione a pensare che qua ci fosse il fuso orario.

Le mie speranze iniziano a svanire e delle lacrime mi si formano agli angoli degli occhi.
Tenerife.
La città rimbomba nella mia mente come un eco sotto la voce della ragazzina misteriosa che non smette di fissarmi preoccupata, quando ad un tratto tutti i fili si ricollegano al mio cervello. “Sei tu la ragazzina che mi chiamava sempre al telefono?” Domando con gli occhi sbarrati.

Tutto questo sembra un film dell’orrore, un incubo dal quale non uscirò mai. La mia testa gira dalla troppa confusione, vogliosa di sapere e di capirci qualcosa. “Si” Afferma incontrando i miei occhi, mentre il mio cuore smette di battere per qualche secondo. Ecco perché la sua voce mi era così familiare. “Tu hai chiamato Justin in quel modo, quindi lo conosci, io…”                                                                                                                

“Non conosco nessun Justin” Biascica, come se non fosse sicura delle sue parole, mentre io socchiudo la bocca in cerca di risposte. “Conosci sua sorella?” Chiedo un’altra volta, guardando il viso di quella ragazzina, che mi fa accelerare i battiti del cuore e ad un tratto capisco tutto. “Sei tu Jazmine?” Mi metto le mani davanti alla bocca, mentre lei mi guarda con occhi lucidi come se volesse dire qualcosa, ma dalla sua bocca non esce nulla.

Non può essere vero.

Lei non può trovarsi qui, non può essere lei, ma la sua somiglianza con Justin è una cosa impressionante. Continua a non rispondermi guardandomi con uno sguardo di supplica; non vuole che le faccia più domande, ma io devo sapere, non smetterò di farle domande fino a quando non mi avrà detto tutta la verità.

“Ti prego rispondimi, puoi fidarti di me” Avvicino la mia mano alla sua per rassicurarla. Lei la guarda deglutendo per qualche secondo, sta per aprire bocca quando ad un tratto Tom fa di nuovo irruzione nella stanza facendo tremare il mio corpo.

“Kayla, ti ho proibito di vederla, esci immediatamente fuori di qui” La ragazzina sussulta alla voce minacciosa dell’uomo e non può fare a meno di annuire sconsolata, facendo aumentare la confusione nella mia testa. Kayla? No, deve esserci un errore. La sorella di Justin, si chiama Jazmine, ma se il nome Kayla fosse tutta una copertura di Tom? Ci sono troppe coincidenze.

Quella ragazzina sembra avere l’età di Jazmine, la somiglianza con Justin, per non parlare di quella chiamata in cui lei lo chiama ‘Bibo’. Potrei anche sbagliarmi e magari mi sto illudendo come sempre, ma questa volta la realtà sembra essere più forte della speranza. Devo vederci chiaro.

La voglia di uscire da qui cresce a dismisura, ma anche la voglia di scoprire chi è la ragazza mi tortura le meningi. Una cosa è certa. Non uscirò da qui fino a che non avrò scoperto chi è quella ragazzina misteriosa dallo sguardo inquietante. “Ciao meraviglia, ti sono mancato?” Mi domanda con un ghigno sulle labbra, mentre io faccio una smorfia di disgusto alla vista del suo volto e della sua cattiveria.

“Chi è quella ragazzina?” Sul mio viso non appare nessuna espressione e all’udire la mia domanda, il ghigno scompare dalle sue labbra, lasciando posto ad un espressione seria e sconcertata. I miei dubbi aumentano alla vista del suo viso preoccupato e il mio cuore inizia a battere più veloce, appena lui si avvicina al mio corpo inerme. “Kayla” Risponde, facendo tornare il ghigno sul suo volto, mentre io scuoto la testa. “Non è vero” Ribatto urlando.

“So che è la sorella di Justin” Continuo non del tutto sicura delle mie parole. So che forse potrei sbagliarmi, ma posso sempre usare il trucco che usano i poliziotti per far confessare l’assassino. Fingere di sapere la verità, così che la vittima cada nella tua trappola. L’espressione di Tom però muta da quella maliziosa a quella arrabbiata, mentre io deglutisco rumorosamente, quando sento il suo corpo più vicino al mio.

Mi sento strattonare per il mento e i miei occhi si sgranano, quando scopro di essere faccia a faccia con l’uomo che odio di più al mondo. “Non ti azzardare mai più a rispondermi in quel modo troietta! Chiaro?” Digrigna i denti, mentre stringe con forza il mio mento, facendomi gemere per il dolore. “Chiaro?” Ripete più forte, mentre una lacrima sfugge al mio volere e il dolore mi costringe ad annuire rassegnata.

“Brava bambina” Mormora, portando la mano che fino a quel momento aveva stretto il mento, sulla guancia, carezzandola con le nocche, mentre io non faccio che provare disgusto per quel tocco così ruvido che mi fa stringere gli occhi per non guardare. “Meriti un premio, bimba”



Pov Justin.


“Niente… Doveva essere in viaggio per l’Europa, ma non riesco ad intercettare dove” Sbatto la mano sul tavolo nervoso, imprecando, prima di mettermi le mani tra i capelli. E’ passato più di un giorno da quando Jes è stata rapita da quel bastardo e abbiamo provato a intercettare la sua chiamata al cellulare, ma non abbiamo trovato nulla, perché evidentemente il coglione si stava muovendo quando mi ha chiamato.

Sono così disperato, sono stato in piedi tutta la notte insieme agli altri che stanno cercando di capirci qualcosa come me. Alex è distrutta, come me d’altronde. Sono passate più di ventiquattro ore dall’accaduto e per quanto ne so le avrebbero potuto fare del male o chissà che cosa. Non oso nemmeno immaginare qualcuno che le metta le mani addosso e che le faccia del male.

Se dovesse succederle qualcosa non me lo perdonerei mai. In fondo è stata colpa mia se è stata rapita; se io non le avessi detto di raggiungermi, lei ora starebbe al sicuro a casa di Ryan e io l’avrei raggiunta così avremmo potuto coccolarci e invece no! Sono solo uno stupido che non ha saputo aspettare per rivederla dopo quella notte meravigliosa che abbiamo passato.

“Justin?” Mi richiama Ryan interrompendo i miei pensieri, mentre io alzo lo sguardo dal tavolo e aspetto che parli. “So a cosa stai pensando amico, ma smettila di darti la colpa inutilmente, non è stata colpa tua va bene?” Stringo i pugni lungo i fianchi, mentre guardo Ryan disperato in cerca di aiuto. Dalla porta sbuca Cait sconsolata e triste, sia per Jes e forse anche perché non l’ho trattata benissimo.

Le vado incontro con l’intento di farmi perdonare e la guardo deglutendo negli occhi, mentre lei abbassa il capo. “Scusami Cait, non volevo… Quando sono arrabbiato dico di tutto, mi conosci ormai” Sono pentito davvero per come l’ho trattata, ma quando sono arrabbiato mi comporto molto male e sfogo la mia rabbia su chiunque, persino alle persone a cui voglio bene.

Anche con Jes, l’ho fatto parecchie volte e mi sento ancora male per questo. Cait mi guarda, per poi annuire non del tutto sicura, mentre io le faccio un debole sorriso per poi abbracciarla. Mi ci voleva un abbraccio da una persona importante per me. Avevo bisogno di abbracciarla per farmi perdonare da quello che le ho detto, sigillando il ‘litigio’ con un abbraccio, ma avevo anche bisogno di conforto dato che nessuno ha avuto il tempo di darmelo con tutti i pensieri in testa e come biasimarli?

Quello che sta più male, sono io… Anche se Alex sembra essere diventata un vegetale. E’ seduta sul divano da quando è successo tutto e nessuno riesce a smuoverla. Ci abbiamo provato io e Simon, ma rimane sempre lì ferma come un pezzo di ghiaccio indistruttibile al calore.

Mi stacco dall’abbraccio di Cait, pizzicandole la guancia, mentre riporto lo sguardo su Ryan che è concentrato al suo computer. “Dovresti andare da Alex” Affermo attirando immediatamente la sua attenzione. “Ci penso io qui Ryan, anche io me la cavo abbastanza” Dice Cait con un sorriso rassicurante, mentre Ryan sospira rassegnato e annuisce, prima di sparire dalla porta della cucina per andare in soggiorno.

Cait si è già seduta al posto di Ryan e la raggiungo sulla sedia accanto, mentre la osservo trafficare con i tasti grigi del vecchio computer. I genitori di Ryan e Cait lavoravano insieme ed erano membri dell’FBI, per questo se la cavano abbastanza con il computer e con le intercettazioni.

Magari mio padre avesse avuto il tempo di insegnarmi i segreti del suo mestiere e invece no, Dio me lo ha portato via, facendomi perdere le tappe più importanti della mia vita con lui. Scuoto la testa ritornando a concentrarmi su Cait che ha un’espressione terribilmente seria in volto.

Ad un tratto vedo il mio cellulare illuminarsi e vibrare incessantemente, così lo stacco immediatamente dal cavo che lo lega al computer senza neanche guardare chi è. “Pronto?” Il mio respiro è affannato e il mio tono speranzoso, ma la paura nel cuore è immensa. E’ terribile provare delle emozioni tutte insieme; sento come se lo stomaco si stesse corrodendo.

“Moccioso” Di nuovo la sua voce roca e divertita arriva fastidiosa al mio orecchio come lo stridulo delle unghie su una lavagna. “Tom… Dove sei?” Chiedo disperato passandomi una mano tra i capelli, mentre Cait si è già alzata dalla sedia con uno sguardo preoccupato che non le avevo mai visto. “Vuoi parlare con lei?” Ridacchia divertito, facendomi stringere i pugni dalla rabbia e aumentare la preoccupazione di sentirla parlare.

“Si” Supplico deglutendo, mandando giù quel nodo in gola che non vuole saperne di andarsene. “Dolcezza, parla” Il mio cuore inizia a battere più veloce e in questo momento non sono più tanto sicuro di voler sentire la sua voce sofferente, ci starei troppo male. “Justin” Il mio nome sussurrato da lei, esce dalla sua bocca come una supplica, come se mi stesse supplicando di salvarla e non posso fare a meno di avere un colpo al cuore.

“Amore mio” Sussurro facendo un leggero sorriso, come se mi vedesse e potessi tranquillizzarla solo con quello. Dei singhiozzi si fanno spazio dall’altra cornetta e subito il sorriso scompare dalle mie labbra, facendomi contrarre la mascella. “Verrò a prenderti piccola, te lo prometto” I singhiozzi si fanno più forti, mentre il mio cuore soffre ancora di più e stringo gli occhi come se volessi evitare di volerla sentir piangere perché mi sento distrutto e impotente.

Lei è chissà dove in pericolo, mentre io sono qui in una casa – al sicuro - con il cuore a pezzi. “Justin sono a Te-“ La sua voce viene interrotta da un’altra più grossa. Quella di Tom. “Sta zitta troia!” L’eco di un rumore sordo, ma potente, si fa spazio nel mio orecchio, seguito dall’urlo di Jes, che mi fa salire il sangue al cervello. “Cosa le stai facendo Tom?” Urlo disperato, mentre Cait inizia a piangere coprendosi la bocca con le mani.

La mia preoccupazione aumenta, mentre continuo ad urlare contro Tom sentendomi un incapace buono a nulla. Non posso fare niente per aiutarla, le sta mettendo le mani addosso e io sono qui attraverso uno stupido telefono a supplicarlo. “La tua puttana parla troppo” Digrigno i denti al nome che le ha dato, ma non ribatto, sarebbe peggio, così cerco di supplicarlo e di calmarlo.

“Non farle del male” Stringo gli occhi per il nervoso, mentre Cait viene più vicino a me. I singhiozzi continuano a sentirsi indisturbati e i battiti del mio cuore sembrano diminuire rapidamente. “Per favore Tom! Dimmi dove cazzo sei!” Lo scongiuro, mentre un’altra risata mi arriva nelle orecchie. “Trovami ragazzino” Sogghigna, prima che io senta il classico ‘tu-tu’.

Cait, mi osserva biasciando uno ‘stronzo’ avendo sentito tutta la conversazione. “Porca puttana!” Urlo scaraventando il telefono contro il muro, rompendo lo schermo, ma in questo momento me ne frego. La rabbia pervade il mio corpo, così come la mia preoccupazione. “Cazzo Justin, il telefono no!” Piagnucola Cait, andando a raccogliere l’oggetto.

“E’ fondamentale! Adesso possiamo finalmente scoprire dove si trova quel bastardo.” Aggiunge con un leggero sorriso sulle labbra, mentre riattacca il telefono al computer. “Spero che la scheda non sia danneggiata” Inizia a premere tasti e a muovere il mouse in modo circolare, mentre io la osservo, sentendo l’ansia corrodermi il petto.

Sono immobile davanti a lei, scosso ancora dalla chiamata di quel bastardo. Sarebbe stato meglio se non mi avesse chiamato; ora sto ancora peggio di prima. Sentire la sua voce distrutta, mi ha ucciso il cuore. Se solo potessi tornare indietro nel tempo e impedire quella maledetta chiamata che l’ha fatta rapire… Mi trascino sulla sedia, prendendomi la testa tra le mani.                     

Passano i minuti e io mi sento sempre più inutile. Cait sta cercando di scoprire qualcosa da circa un’ora e io sono qui a disperarmi e a pensare un modo per trovarla. “Justin!” Urla la voce di Cait interrompendomi dai miei pensieri. “Ho trovato le coordinate della chiamata.” Mi alzo di scatto dalla sedia andandole in contro con la faccia sul computer, dove lampeggia la scritta della città più pericolosa al mondo.

“Tenerife” Sussurro più a me stesso che a lei con il cuore in gola. Scuoto la testa e esco di casa correndo, ignorando le urla di Cait e di Ryan che mi intimano di fermarmi. Comincio a correre finchè non arrivo a quella vecchia casa dalle pareti giallo ocra, che non vedevo da tempo ormai. La casa dove ho vissuto con Tom.

Estraggo le chiavi dalla tasca del giubbotto nero di pelle che indosso e le infilo con foga nella serratura, avendo fretta di entrare. Spalanco la porta, non preoccupandomi di chiuderla e mi dirigo nella stanza di Tom. Inizio a frugare negli armadi e sotto il materasso del letto, per poi passare ai cassetti. Li apro uno alla volta, finchè non arrivo all’ultimo dove c’è una scatola nera.

La prendo, per poi aprirla lentamente, trovandoci dentro ciò che cercavo: la pistola. La rigiro nelle mani deglutendo, rendendomi conto di quello che voglio fare. Solo una volta ho preso in mano quella pistola. Lui mi ha costretto a farlo per i soldi della droga che doveva recapitare a Toronto.

Mi mandò a minacciare quel povero ragazzo che tremava davanti ai miei piedi con un’espressione di terrore sul volto. Non dimenticherò mai quel ragazzo così terrorizzato per colpa mia. Mi diede i soldi tremando e poi scappò via. Quando vidi mia madre le raccontai tutto e mi fece giurare davanti a lei che non avrei mai più usato questa pistola.

Chiudo gli occhi ricordando gli occhi scioccati di mia madre, prima di prendere il telefono e comporre il numero di Ryan. “Justin!” Esclama rispondendo dopo il secondo squillo. “Ma dove sei fini…”  
“Prepara i biglietti, partiamo per Tenerife!” Lo interrompo con un tono incredibilmente serio. “Woah, woah, amico stai calmo non essere precipitoso, sei solo agitato”                                                                   

“Ti ho detto di prendere quei fottuti biglietti aerei, se non vuoi venire con me, non me ne frega un cazzo, partirò da solo” urlo con rabbia, mentre sento un respiro affannato dall’altra parte. “Ricordati che non ti lascerò mai da solo. Sono il tuo migliore amico e verrò con te.” Abbozzo un sorriso riconoscente anche se lui non può vedermi.

“Vengo anche io” Dice la voce di Simon che arriva come un sussurro attraverso la cornetta come se fosse lontano. Sorrido ancora una volta sentendo finalmente di potermi fidare di lui. “Bene, preparo i biglietti e le valige” Annuisco anche se lui non può vedermi e chiudo la chiamata.

Ripongo il cellulare nella tasca del pantalone, prima di emettere un lungo sospiro frustato. Guardo la pistola, controllando che dentro ci siano i proiettili. “Perdonami mamma, ma è arrivata l’ora di rompere quella promessa per salvare la ragazza che amo”.



*SPAZIO AUTRICE*
Ehyla ragazzeeee! Sono qui a d aggiornare, con il 37 capitolo e fidatevi che non siamo ancora lla fine, perchè mancano ancora un pò di capitoli... quello che posso dirvi è che questa storia avrà un lieto fine ve lo assicuro, ma dovete avere un pò di pazienza... Ringrazio chi ha recensito lo scorso capitolo chi ha messo la storia tra i preferiti-seguiti-ricordati e bhè nulla... Risponderò presto alle vostre recensioni.. Ora vado perchè Caterina non vede l'ora di leggere il capitolo e quindi smetto... Baciii a tutte e miraccomando continuate a recensire :)
Baciiiii
-Mirea xoxo
  
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