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Autore: GalwayRain    20/08/2014    5 recensioni
[STORIA TEMPORANEAMENTE SOSPESA CAUSA REVISIONE]
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«Hai avuto un incidente in macchina e sei ferito, quindi devi restare immobile finché non arriva il medico» gli disse poggiando delicatamente il panno sulla ferita, «ma cosa diavolo ci fai tu qui?»
Lui la guardò perplesso. «Tu chi sei?»
«Ma cosa dici? Sono Luna, non mi riconosci?» domandò di rimando puntando gli occhi nei suoi. Un sospetto le nacque dentro, stringendole la bocca dello stomaco. «Sai dirmi come ti chiami?»
«Io...io sono...» cercò di mettere in fila qualche parola ma lo sforzo di pensare sembrava molto più doloroso della ferita stessa.
«Come ti chiami?» domandò ancora lei col cuore in gola.
«Non lo so.»
Genere: Angst, Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Astoria Greengrass, Draco Malfoy, Luna Lovegood | Coppie: Draco/Astoria, Draco/Luna
Note: OOC | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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Disclaimer: I personaggi qui citati sono di proprietà di J.K.Rowling, quindi non miei. Tutto ciò che è scritto è frutto della mia fantasia e non è né a scopo di lucro, né diffamatorio.



 

Accadono cose che sono come domande.
Passa un minuto, oppure anni, e poi la vita risponde.
- Alessandro Baricco




 

01. Clifden




Seduta su un masso in mezzo alla torbiera irlandese del Connemara, osservò la vegetazione che la circondava, rigogliosa e dai colori autunnali. Sorrise lievemente accarezzando con la punta delle dita il muschio che ricopriva l'enorme masso e ne prelevò un campione; con delicatezza lo mise all'interno di un'ampolla e ripose il tutto nella borsa incantata che portava sempre con sé. All'interno di essa vi era tutto ciò che le serviva per le proprie ricerche. D'altronde, non era forse quello il motivo per cui si era spinta tanto lontana da casa?

Era solo quello?

La piccola città costiera che aveva scelto per ricominciare dopo la Seconda Guerra Magica, Clifden, si trovava nel Connemara, nella Contea di Galway. Contava a malapena tremila anime, ma era un posto tranquillo e tutto da scoprire. La città viveva di pesca e turismo. Città allegra ed estremamente isolata dal resto della contea, poteva vantare paesaggi mozzafiato. Inoltre, dalla costa alle torbiere dove ora lei si trovava, il territorio cambiava completamente e così anche la fauna e la flora.

Alzò lo sguardo sull'ambiente selvaggio che la circondava e, per l'ennesima volta, si stupì nel trovarlo così ricco di vitalità. I colori che lo dipingevano variavano dal giallo dorato al verde autunnale, fino ad arrivare ad un bel bordeaux sanguigno. Tutto trasudava una pacata serenità in grado di risanare gli animi feriti e anche se il tempo lì sembrava essersi fermato, quasi dilatato all'infinito, nulla emanava staticità. Almeno, non per lei. In luoghi come quelli riusciva a vedere la vita fiorire, sbocciare ed esplodere con gioia inaudita. Quasi poteva sentirla toccarle il viso in un piccolo gesto affettuoso.

Chiuse gli occhi godendosi la brezza intrisa di profumo d'acqua. Non quella dei vari laghi e acquitrini che la circondavano, bensì quello della pioggia in arrivo. In effetti era sbagliato parlare di "profumo d'acqua", era l'inconfondibile profumo della pioggia quello che permeava l'aria. I densi nuvoloni all'orizzonte, verso i Twelve Bens* che chiudevano il paesaggio come se fossero una cornice naturale, non lasciavano spazio per conclusioni errate: nel giro di poche ore sarebbe arrivato un acquazzone settembrino e, se si fosse attardata ulteriormente, lei stessa sarebbe rimasta coinvolta.

Tuttavia non si mosse, non aveva voglia di tornare già a casa. Voleva raccogliere altri campioni, passeggiare ancora in quella vasta distesa dotata del dono di farti sentire piccolo e indifeso, eppure immenso nella libertà. Rimase dunque immobile nel silenzio, gli occhi chiusi e i lunghi capelli biondi sciolti, accarezzati dalla leggera brezza. Un piccolo sorriso le increspò le labbra quando sentì del tramestio, rumore di uccelli che spiccano improvvisamente il volo e un cane abbaiare giocoso. Riaprì gli occhi solo per ritrovarsi sotto il naso un pastore belga Groenendael che la fissava scodinzolando, orgoglioso.

-Li hai fatti scappare tutti, mh?- gli disse allungando una mano per accarezzargli il vellutato manto nero. In risposta lui le poggiò il muso su una gamba e la guardò quasi con aria colpevole, anche se un guizzo vispo degli occhi smentì il suo gesto. Lei rise e lo grattò dietro un orecchio. -Se continuerai così non scopriremo nulla su di loro, sono così timidi i Wagglehorn*- aggiunse alzando gli occhi al cielo. Le immense nubi cariche di pioggia erano sempre più vicine. Forse, tutto sommato, sarebbe stata coinvolta nell'acquazzone in ogni caso.

-Andiamo ora-

Si alzò e si incamminò lungo un piccolo sentiero che percorreva serpeggiando la torbiera, scendendo poi verso Clifden. Ci sarebbero volute un paio d'ore di cammino, ma lei, Luna Lovegood, non aveva alcuna fretta. Percorreva la propria strada con lentezza, guardandosi attorno e fermandosi di tanto in tanto ad osservare più attentamente qualche pianta curiosa. Il pastore belga, al suo fianco, non si allontanava mai più di un metro da lei. Anzi, la teneva costantemente d'occhio, come se avesse paura di perderla senza possibilità di ritrovarla. Lei gli sorrideva di tanto in tanto e gli sfiorava il pelo lungo con la punta delle dita.

Non aveva mai avuto intenzione di prendere un cane, né lui sembrava essere nato per trovare un umano che facesse al caso suo. Semplicemente si erano trovati a vicenda. Proprio lì, nella torbiera, ormai un anno prima: quel pomeriggio stava effettuando uno dei suoi primi sopraluoghi, si era trasferita da solo una settimana a Clifden e dopo aver sistemato la piccola casetta che aveva acquistato, si era concessa una lunga passeggiata per scoprire la propria nuova terra. Il vento ululava forte nelle sue orecchie, scompigliandole i capelli con prepotenza, ma a lei non interessava e camminava, camminava, completamente persa nella contemplazione di un paesaggio mai visto. Il mare e l'immenso fiordo a costeggiare la città a ovest, colline, monti e torbiere ad est di essa si estendevano per chilometri e chilometri senza il minimo accenno di cambiamento nel paesaggio. Persa così, fu riscossa da un leggero uggiolare. Per un secondo pensò di aver già trovato un Ricciocorno -cosa ne sapeva lei, infondo, di quale fosse il verso di quella strana creatura?- e si mise subito a guardarsi attorno. Apparentemente non vi erano nascondigli, in realtà un osservatore attento avrebbe potuto vedere che i grandi ammassi rocciosi nascondevano tane profonde e sicure, come anche le radici dei pochi alberi che spezzavano il paesaggio qua e là e i cespugli irti e folti. Quando sentì nuovamente quel verso -doveva trattarsi per forza di un Ricciocorno- si avviò con cautela verso tre enormi massi che, quasi appoggiati l'uno sull'altro, formavano una piccola grotta. Si inginocchio e, senza pensarci troppo, infilò la testa all'interno. In mano stringeva la bacchetta dalla punta illuminata. Sbatté le palpebre un paio di volte trovandosi davanti una creatura mai vista in precedenza. Una palla di pelo non meglio identificata. Tremante. Uggiolante. Con la punta dell'indice la toccò e l'essere guaì talmente forte da spaventarla e, nel tentativo di alzarsi in piedi d'istinto, sbatté la testa contro il soffitto naturale della minuscola grotta. Si portò una mano alla nuca, digrignando i denti e assottigliando gli occhi nel dolore, ma non fece altro per scappare. L'essere si era voltato un poco lasciandole la possibilità di vederne il muso e, soprattutto, gli occhi neri, profondissimi. Per interi minuti che le parvero ore, rimasero a fissarsi senza emettere nemmeno un respiro.

-Ti sei perso?- domandò allungando delicatamente una mano per sfiorargli con delicatezza il lungo pelo arruffato, da cucciolo, morbido come una nuvola di cotone.
L'essere rispose con un basso uggiolio e poi si raggomitolò nuovamente, nascondendo il muso contro il fianco, affondandolo nel pelo. Tremava e Luna capì che era troppo piccolo per sapersi muovere. Troppo piccolo per resistere al freddo dell'inverno irlandese. Con fatica entrò completamente nella grotta e, con dolcezza, per non spaventarlo di nuovo, lo prese fra le braccia mentre cercava di accomodarsi. Con la schiena appoggiata alla scomoda parete di pietra, la testa piegata in avanti e le ginocchia raccolte al petto, poggiò il cucciolo sul proprio ventre e lo avvolse nel proprio golfino di lana.
-Ti terrò caldo finché non tornerà la tua mamma, okay? Ma non ti porterò con me, sappilo. Non ho tempo per prendermi cura di te- mormorò osservandolo mentre lui poggiava il muso sulla sua pancia calda con un sospiro.

Non riusciva a prendersi cura di se stessa, figurarsi se ci sarebbe riuscita con una palla-di-pelo.


La notte trascorse tranquilla e la mattina dopo la madre dell'essere -che in seguito Luna scoprì essere un cane, che nome curioso- non arrivò. La ragazza si sentiva completamente intorpidita: si era addormentata in quel buco umido e freddo, passando l'intera nottata nella stessa posizione. I muscoli gridavano vendetta ad ogni movimento e le ossa le dolevano. Sospirando guardò il cucciolo ancora appallottolato contro di lei e si arrese all'evidenza: non avrebbe più potuto liberarsi di lui. Non avrebbe più potuto restare sola con i propri incubi.

La prima cosa che fece tornata in città con il cucciolo avvolto nel golfino, fu andare da quello che i babbani chiamavano "veterinario". A lezione di babbanologia le avevano insegnato che chi esercitava quella professione si occupava di curare gli animali e, non essendo del tutto convinta che quell'essere tutto pelo fosse una creatura magica -non aveva sputato né fuoco né veleno, d'altronde-, aveva pensato che forse il veterinario locale avrebbe potuto aiutarla a fare luce sulla sua specie.

Mr O' Connell, veterinario da ormai vent'anni, lo visitò e le disse che era un pastore belga Groenendael. La madre doveva averlo abbandonato perché troppo piccolo rispetto agli altri cuccioli e quindi con scarse probabilità di sopravvivenza, dichiarando poi che difficilmente avrebbe superato la notte senza le cure materne e il suo latte. Luna si rifiutò di crederci, colta da uno sprazzo d'ira. Non poteva credere a nulla di quello che l'uomo aveva detto. Palla-di-pelo non poteva morire, non dopo che lei aveva passato una notte intera in un buco umido per tenerlo al caldo. Non poté evitare la similitudine che le illuminò la mente: lui era come lei, solo al mondo, abbandonato, ritenuto incapace di sopravvivere alla vita e ai suoi dolori.

Ringraziò l'uomo e corse a casa dove accese il camino. Creò una sorta di tana con coperte e cuscini e vi depose il cucciolo tremante, facendo poi apparire con un grazioso colpo di bacchetta una brocca piena di latte tiepido. In vano cercò di nutrirlo. Arrabbiata e confusa si stese insieme a lui, lasciando che gli si accoccolasse contro.

-Perché non mangi?- gli domandò mordendosi poi il labbro inferire. -Tu puoi farcela, sai? Se solo mangiassi… potresti farcela e vivrai una bella vita. Io mi prenderò cura di te, te lo prometto-

Per ore lo osservò, constatando che non sembrava godere di ottima salute. Spesso poi uggiolava ed emetteva suoni strazianti, come un pianto d'addio. Quasi scoppiò a piangere lei stessa, incapace di sopportare una perdita simile, di vederlo arrendersi. Doveva poter credere che per quell'esserino ci fosse un lieto fine, che non finisse tutto così. Che vi fosse felicità anche dopo un abbandono. Che la forza per andare avanti esistesse.

-Ci deve essere speranza- mormorò guardando l'esserino con gli occhi liquidi per via delle lacrime.

Allora, decisa a tenere con sé Keeran, così aveva deciso di chiamare palla-di-pelo perchè "Non può chiamarsi palla-di-pelo, devi trovargli un nome adeguato", prese una pezza di stoffa, la immerse nel latte e gliela fece annusare. Il cucciolo sembrò incuriosito e per un lungo momento non fece nulla. Quando anche quel tentativo sembrava ormai un buco nell'acqua, il cucciolo cominciò a succhiare avidamente il latte intrappolato fra le fibre della stoffa e lei rise. Rise di nuovo. Incapace di fermarsi, di fermare il proprio sollievo. Si addormentò con lui e la mattina seguente rise ancora nel trovarlo lì, vivo, che cercava di muoversi per la stanza traballando sulle tozze zampette incerte.

Un forte tuono la riscosse dai propri pensieri e arricciò il naso, indispettita. Forse non si sarebbe mai abituata davvero alla velocità con cui il tempo cambiava lì in Irlanda, e forse non avrebbe mai smesso di infradiciarsi a causa di un acquazzone che non era riuscita di nuovo ad evitare. In molti si sarebbero già abituati al clima incerto, ai suoi repentini cambiamenti. Non lei che viveva in un mondo tutto suo fatto di ricerche, scoperte e fuga.

Lei non si sarebbe mai abituata.

-Conviene affrettare il passo, Keeran, o finiremo nel mezzo della tempesta- disse affrettando il passo. Le era capitato già una volta di restare bloccata in mezzo ad un temporale, trovando miracolosamente riparo in una capanna abbandonata. Certo, faceva un freddo terribile e lei era completamente zuppa di pioggia, ma almeno aveva un tetto -instabile- sopra la testa a proteggerla. A scaldarla poi aveva pensato il pastore belga senza il quale Luna non andava più da nessuna parte.

Sorrise quando in lontananza vide un vecchio furgoncino blu, arrugginito e malridotto. Anche a distanza di un centinaio di metri il rumore metallico e poco rassicurante del motore le giungeva forte e chiaro. Keeran, che a sua volta aveva riconosciuto il mezzo, la precedette correndo verso il proprietario, il quale si accucciò per dedicare qualche carezza alla palla-di-pelo.

-Mr McRyan, salve!- lo salutò la ragazza con il consueto tono di voce misto fra il sognante e lo sbadato.

McRyan sorrise alla giovane e con leggera fatica si rimise in piedi. Non lo si poteva definire anziano, ma nemmeno di primo pelo. Uomo sulla sessantina, decisamente energico, John McRyan era il proprietario della maggior parte delle imbarcazioni da pesca attraccate al molo di Clifden. Aveva i capelli screziati di bianco e il volto segnato dal sole, abbronzato e con profonde rughe d'espressione attorno agli occhi e alle labbra. Nel stringergli la mano, Luna poté sentire i calli sulle dita, calli da lavoro, calli formatisi nel corso degli anni. A terra, poco distante da loro, giacevano gli attrezzi da lavoro dell'uomo. Il cofano del furgoncino redivivo era aperto.

-Non dovresti essere ancora in giro, è in arrivo una brutta tempesta- disse l'uomo accennando alle nuvole sempre più nere ed incombenti. Originario di Clifden ed esperto pescatore, nessuno riusciva a prevedere meglio di lui i cambiamenti climatici e la portata dei temporali. Di conseguenza, se lui parlava di una tempesta, beh, sarebbe stato davvero qualcosa di terribile. Improvvisamente Luna ebbe fretta di andare a chiudersi nella sua casetta di pietra.

-Mi sono attardata troppo cercando i...- si interruppe appena in tempo prima di nominare i Wagglehorn; non si sarebbe mai abituata nemmeno a quello -...ehm, nuovi tipi di muschio, sono certa di averne visti alcuni verso i Twelve Bens- concluse, salvandosi a pochi passi dal precipizio. Non sapeva mentire, odiava mentire. Ma vivere in una cittadina di babbani comportava anche quello.

L'uomo rise e le diede una leggera pacca sulla spalla.

-Monta sul furgone, piccola, ti riporto a casa- le disse gioviale.

McRyan era una delle prime persone ad averle dato un caloroso benvenuto. Anzi, ad essere proprio onesti era la prima persona che aveva incontrato mettendo piede in città. Quello che più le rendeva piacevole passare il tempo con l'uomo era che lui non la giudicava stramba, non la giudicava affatto. Come suo padre. Benché il corpulento pescatore avesse la fama di essere un tipetto parecchio scontroso -tanto quanto Luna si era, stranamente, guadagnata il titolo di solitaria- con lei era sempre stato molto gentile. Il perché, Luna non l'aveva mai capito. O scoperto. Ma non ci pensava mai molto, le faceva piacere avere un volto amico accanto. Insieme a Mrs Milly, sua moglie.

-Lei è troppo gentile con me, si rovinerà la reputazione- ridacchiò lei con leggerezza infinita, una carezza di velluto.

-Non lo diremo in giro, allora- rispose lui cominciando a ritirare i propri attrezzi. -E' stata una fortuna che questo trabiccolo abbia deciso di fermarsi proprio qui-

-Magari voleva solo fare una pausa, ha l'aspetto stanco- gli disse come se fosse la cosa più ovvia del mondo che un furgoncino si sentisse stanco. Ricevendo una sonora risata come risposta, face salire Keeran sull'arrugginito cassone posteriore.

-Ora stai seduto qui e fai il bravo, d'accordo?- bisbigliò prendendogli il naso umido fra due dita. Il cane scodinzolò ed emise un leggero latrato.

McRyan li osservò: restava sempre stupito nel vedere l'eccezionale modo di comunicare che avevano affinato canide e umana.

-Bene- concluse lei stampandogli un bacio sul muso prima di salire sul lato passeggeri del furgoncino.

Quando anche l'uomo fu al suo posto e mise in moto il diabolico aggeggio, Luna frugò nella borsa e ne estrasse l'ampolla contenente il campione di muschio raccolto poco prima.

-Ne ho trovato un altro, molto lontano dalla fonte originale- gli disse. Teneva l'ampolla fra pollice ed indice e scrutava il contenuto con occhio critico, tenendo la boccetta di vetro a mezz'aria. -Questo tipo di muschio si sta diffondendo molto velocemente per tutta la torbiera-

-Speriamo non sia dannoso o i pastori locali daranno fuoco all'intera torbiera pur di liberarsene, se anche solo una delle loro pecore dovesse andare gambe all'aria- brontolò l'uomo litigando con il cambio manuale che, ormai invecchiato quanto lui, faticava ad ingranare le marce. Con uno stridio violento il cambio gli permise di inserire la terza e il furgoncino scattò in avanti, sforzando.

-Oh, no, non lo farebbero mai- disse lei con completa innocenza. Nonostante tutto, tutto quello che aveva visto e passato, non poteva credere che qualcuno potesse davvero distruggere così tanta natura senza prove concrete. -E se il muschio fosse velenoso, le pecore non lo mangerebbero, non sono certo come i loro proprietari. Sanno cosa possono mangiare e cosa no- aggiunse con un tale candore che l'altro non poté trattenersi dal ridere.

-Hai appena dato degli idioti a tutti i bifolchi della zona con una tale dolcezza da farlo quasi sembrare un complimento- le disse battendo una mano sul volante. La sua risata accresciuta dall'espressione sconcertata di lei.

-Mh, comunque sono certa che non è velenoso- affermò decisa, cambiando argomento. Non le interessava molto parlare dei pastori locali. Spesso se la prendevano con lei pensando che Keeran andasse a spaventare le loro pecore. Quel cane era un tale coccolone che non sarebbe riuscito a far paura nemmeno ad un gattino rachitico.

-Vorrei solo scoprire perché proprio ora, in questo preciso momento nel tempo e nella storia, questo muschio sta trovando una così enorme diffusione- mormorò più a se stessa che al pescatore. Dopo alcuni minuti di silenziosa osservazione, ripose la boccetta nella borsa e ne estrasse un'agenda di pelle ormai logora. Vi annotò sopra le proprie considerazioni e niente esisteva più. Solo lei, i suoi pensieri e la pagina bianca. Tuttavia il silenzio nell'abitacolo non era pesante. McRyan era ormai abituato a quel genere di comportamento da parte della bionda e non ci faceva più molto caso. In realtà lo trovava tenero. Da quando l'aveva conosciuta non aveva potuto fare a meno di pensare che fosse una ragazza molto particolareeccentricalibera. Eppure sembrava portare un pesante fardello e non poteva impedirsi di credere che fosse in fuga da qualcosa. O qualcuno. Chi, altrimenti, si sarebbe mai trasferito volontariamente in un paese di provincia, isolato da tutto il resto della contea? Checché se ne dicesse, e in molti consideravano Clifden la capitale della regione, restava un piccolo centro sperduto nella torbiera.

Mentre il furgoncino proseguiva più o meno lentamente, più o meno a tentoni, arrampicandosi quasi con difficoltà sul piccolo sentiero sterrato e sconnesso, il paesaggio si modificava quasi impercettibilmente. Una delle caratteristiche di Connemara era l'ingente presenza di laghi, stagni e corsi d'acqua che ne percorrevano e chiazzavano l'intero territorio. I Twelve Bens, le Dodici Cime, sembravano quasi voler custodire quella piccola oasi di pace chiudendo la città ad Est. Un lungo fiordo invece correva lungo tutta la zona costiera, che pure non era ancora visibile dal furgoncino. I sentieri che si potevano percorrere nella contea erano infiniti e completamente immersi nella natura selvaggia. Lì la contaminazione dell'uomo era stata minima. Lui, nativo di Clifden, non poteva non esserne innamorato. Ma Luna? A quella domanda lei soleva rispondere con un candido sorriso e niente più.

-Oh, ci lasci pure qui- disse all'improvviso la ragazza, riscuotendosi dai propri pensieri. Non si era accorta di quanto vicina a casa fosse, di come il tempo fosse volato da quando si erano messi in marcia. -Ora possiamo andare a piedi-

-Non se ne parla, ti porto direttamente sotto casa, non vorrei che l'acquazzone scoppiasse mentre sei ancora per strada- rispose risoluto l'uomo.

-Ci vogliono solo trenta minuti a piedi, da qui, e se lei dovesse entrare con il furgoncino nel sentiero che porta a casa mia non ne uscirebbe più, se iniziasse davvero a piovere così presto-

-Va bene- sospirò lui frenando di colpo: anche il freno non era più quello di un tempo, -Ma devi promettermi che chiamerai subito Milly quando arrivi, e chiudi bene le porte e gli scuri, si sta alzando il vento. Ricordi cos'è successo a Roger, vero?- aggiunse con eccessiva enfasi. Roger, il vicino di casa di McRyan, era quasi rimasto impalato sul divano di casa sua da un attrezzo da lavoro lasciato da qualche parte incustodito e che, a causa della furia del vento, si era trasformato in una sorta di proiettile, sfondando la finestra del salotto. Roger, ovviamente, aveva dimenticato di chiudere gli scuri.

-Glielo prometto, non si preoccupi- gli sorrise e con totale naturalezza si allungò sul sedile per schioccargli un bacio delicato sulla guancia. -Grazie mille, da parte di entrambi- mormorò prima di uscire.Con un leggero fischio la ragazza incitò il cane a scendere dal pick-up.

-Allora mi raccomando- disse un'ultima volta prima di ripartire lungo la stradina, poco dopo che lei ebbe chiuso la portiera.

Luna lo salutò con la mano e poi si incamminò con passo leggero sulla stradina laterale che conduceva nel mezzo della torbiera, verso le Dodici Cime. Aveva comprato una piccola casina di pietra isolata dal resto del centro abitato -distava un'oretta a piedi da Clifden-, composta da una camera da letto, un piccolo atrio-salotto-cucina, bagno e un antro di tortura che a chiamarlo ripostiglio gli si faceva un complimento. Però le bastava, non aveva bisogno d'altro. Inoltre la rimessa aveva anche un capanno degli attrezzi esterno alla casa che la ragazza aveva sistemato, trasformandolo in una sorta di "laboratorio" magico simile a quello di sua madre. Privo di agenti esplosivi, però.

Fischiettando sottovoce guardò il cielo e sentì una prima goccia bagnarle la fronte. Sì, si sarebbe orribilmente infradiciata anche quella volta. Sbuffando prese dalla borsa incantata un mantello nero che indossò immediatamente, tirandosi il cappuccio sulla testa. Se fosse stata fortunata sarebbe riuscita ad arrivare a casa prima che il mantello fosse zuppo.

-Corri- disse al cane accelerando il passo fino a raggiungere una leggera corsa. Lo sport non era mai stato il suo forte. La corsa campestre meno che mai.

Quando cominciò ad intravedere la propria casa profilarsi all'orizzonte, circa venti minuti dopo, non solo il mantello era completamente carico d'acqua, lo erano anche le sue ossa. Sentiva l'umidità penetrarle sottopelle, diramandosi lungo ogni fibra del suo corpo. Aveva freddo e le dita quasi non le sentiva più, completamente intirizzite dall'acqua gelata. Il vento ululava forte schiaffeggiandole il viso.

Aveva il fiato corto per la corsa ma decise di provare ad accelerare ancora in un ultimo sforzo, quando una luce come di fari catturò la sua attenzione. E non solo la sua: Keeran cominciò a correre nella direzione dei fari, abbaiando come impazzito. cercò di chiamarlo per riportarlo indietro ma il vento era troppo forte e la sua voce si perdeva in esso.

-Keeran, non ti permettere mai più di...- cominciò a rimproverarlo una volta raggiunto, ma la voce le morì in gola vedendo una macchina, una macchina babbana, riversa all'interno di uno stagno profondo. Il muso del veicolo era quasi completamente immerso nell'acqua, il vetro infranto, e lentamente l'intero mezzo stava affondando.

Senza pensarci troppo si avvicinò per sincerarsi che all'interno non vi fosse nessuno ma non era così. La constatazione le strappo una leggera imprecazione a stento trattenuta fra i denti. Un uomo giaceva riverso sul volante, privo di conoscenza. Era ormai buio e la pioggia talmente fitta che quasi non si vedeva ad un palmo dal naso, quindi non riuscì a stabilire se l'uomo fosse ferito gravemente o meno. Afferrò con entrambe le mani la maniglia della portiera che si rivelò bloccata e piegata verso l'interno dell'abitacolo a causa di quello che doveva essere stato un forte impatto. Valutò seriamente l'idea di andare a chiamare aiuto ma la macchina affondava sempre più velocemente, resa più pesante dall'acqua dello stagno che vi penetrava all'interno dal vetro infranto del parabrezza. Estrasse dunque la bacchetta e senza dir nulla fece spalancare l'ostinata portiera. Coprì l'uomo con un mantello di scorta che teneva nella borsa, sincerandosi che il capo fosse ben coperto, e poi lo fece levitare fuori dall'auto.

-Keeran, corri a casa ora, ci vediamo lì, capito? Corri a casa!- lo incitò e si smaterializzò, aggrappandosi allo sconosciuto con ambedue le mani, solo quando lo vide correre nella direzione della casupola di pietra.

In un batter d'occhio si ritrovò nel piccolo salotto della casa e quasi fu schiacciata dal peso del ragazzo. Accese il camino con un colpo di bacchetta e poi, con non poca fatica, depositò l'uomo misterioso sul divano lì vicino. Gli lanciò un'occhiata ma decise di non toccarlo, non prima che un medico qualificato avesse stabilito che era prudente spostarlo ulteriormente.

Si avviò quindi al vecchio telefono a parete e compose rapidamente il numero di Mrs Milly e McRyan, che ormai conosceva a memoria.

-Oh, finalmente sei arrivata! Stavo per venire a cercarti, ragazzina- sbraitò il pescatore, furioso, ma lei lo interruppe per spiegargli quanto accaduto. -Non fare nulla, sarò lì col medico in meno di quindici minuti- le disse riattaccando senza aggiungere altro. E cosa mai avrebbe potuto fare? Non era di certo un medimago, lei. Lanciò un'occhiata all'uomo e arricciò il naso vedendo un copioso rivolo di sangue scivolare da sotto il cappuccio fino al pavimento. Come diceva Madama Chips? Fermare l'emorragia, doveva fermare l'emorragia. Si guardò attorno in cerca di un panno e si ritrovò a sobbalzare quando lo sportello per cani che aveva fatto installare di fianco alla porta si chiuse con uno schiocco improvviso. Sospirò internamente di sollievo vedendo Keeran zuppo d’acqua ma sano e salvo, nonostante la tempesta si fosse fatta ormai terribile.

Andò quindi a prendere un panno pulito nel piccolo cucinino in stile antico e tornò dallo sconosciuto. Tese una mano per tirare giù il cappuccio e vedere l'entità della ferita ma si ritrovò a balzare indietro urlando quando lo sconosciuto si alzò a sedere di scatto, gridando qualcosa di sconnesso. Lo vide guardarsi attorno confuso e le ci volle qualche secondo per riacquistare la lucidità necessaria ad accorgersi che il cappuccio non lo copriva più.

Capelli biondi, non troppo corti, un leggero filo di barba ad abbellirgli i duri lineamenti del viso ora sporco di sangue. Occhi grigi come il cielo prima della tempesta.

-Tu...- mormorò quasi senza fiato, ancora scossa dallo spavento.

Anche lui ora la guardava ma non sembrava presente. Non c'era.

-Dove mi trovo?- le chiese facendo poi una smorfia, sentendo una forte fitta trapanargli il cervello. Si portò una mano alla testa e sgranò appena gli occhi nel trovarsi le dita sporche di sangue. -Cos'è successo...cosa...- bofonchiò cercando di alzarsi ma Luna fu subito al suo fianco e lo costrinse a rimettersi sdraiato.

-Hai avuto un incidente in macchina e sei ferito, quindi devi restare immobile finché non arriva il medico- gli disse poggiando il panno sulla sua ferita, utilizzando tutta la delicatezza di cui era capace.

Lui la guardò ancora un po' perplesso ma la lasciò fare, nonostante il dolore aumentasse gradualmente man mano che si sentiva scivolare via dalle nebbie dello svenimento.

-Tu chi sei?- le chiese in un mormorio.

-Ma cosa dici? Sono Luna, non mi riconosci?- domandò di rimando puntando gli occhi nei suoi, aggrottando le sopracciglia. Un sospetto le nacque dentro, stringendole la bocca dello stomaco. -Sai dirmi come ti chiami?-

-Io...io sono...- cercò di rispondere il ragazzo ma lo sforzo di pensare sembrava molto più doloroso della ferita stessa.

-Come ti chiami?- domandò ancora lei col cuore in gola.

-Non lo so- fu solo un sussurro impercettibile, ma le esplose nelle orecchie come un tuono.

Non sai più chi sei, Draco?, fu il suo ultimo pensiero prima di vederlo svenire nuovamente.









*I Twelve Bens sono un complesso montagnoso di dodici pittoresche cime situate nel Connemara.
*I Wagglehorn sono creature di mia invenzione.


Note dell'Autrice:

Finalmente siamo giunti al momento della pubblicazione del primo capitolo. Sono consapevole che questo pairing non sia fra i più amati -e che quindi non dovrei nutrire immense speranze riguardo a questa storia-, eppure personalmente non posso evitare di amarlo. Da molto tempo meditavo di scrivere qualcosa su di loro, magari una semplice one-shot, e invece l'idea per HOC mi è piombata addosso in una giornata di pioggia. Non ho potuto evitare di scrivere immediatamente il primo capitolo. Sì, diciamo che sono passati un paio di mesi da quando ho cominciato questo lavoro.
Ad ogni modo, ringrazio a priori chiunque vorrà leggerla e lasciarmi un parere =)
Vorrei ringraziare la mia carissima amica Silvia, compagna di plot di cui non potrei proprio fare a meno. Grazie di cuore, ti voglio bene.
Per quanto riguarda l'aggiornamento della storia, conto di postare almeno un capitolo ogni 7/10 giorni, impegni universitari permettendo. A questo proposito, se volete seguire gli aggiornamenti della storia, il suo sviluppo e magari avere qualche spoiler, potete seguire il processo creativo tramite la mia pagina https://www.facebook.com/galwayrainpage



GalwayRain

   
 
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