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Autore: Windancer    20/08/2014    2 recensioni
Sfiorò con le dita il profilo del fucile, ancora poggiato a terra vicino alla branda, sarebbe stato così semplice anche allora, così dannatamente semplice, un colpo solo e tutto il dolore e il senso di colpa sarebbero svaniti, per sempre, nessuno avrebbe pianto per lei, e presto anche il suo ricordo sarebbe scomparso.
Genere: Angst, Drammatico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Riza Hawkeye, Roy Mustang
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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NdA:

Salve a tutti!  Eccomi a pubblicare a pubblicare per la prima volta in questo fandom. Sono veramente elettrizzata. Ho amato tanto Fullmetal Alchemist e tutti i suoi personaggi e questo altro non è che un piccolissimo tributo ad uno dei miei personaggi preferiti. L’ho sempre ammirata nel corso della serie e spero qui di aver colto almeno un po’ la sua personalità, ho voluto qui raccontare un momento di riflessione e tormento personale durante la guerra di Ishval e spero possa essere di vostro gradimento.

Scusate il titolo orrendo ma non me ne venivano altri in mente xD

Questa one shot sarà seguita da una seconda, prossimamente, incentrata invece sul personaggio di Roy in quello stesso periodo. Rimanete sintonizzati ;)

Fate la felicità dell’autrice recensendo ^///^

 

Disclaimer: I personaggi della ff non mi appartengono né la storia è stata scritta a scopo di lucro ma solo perché scrivere è una mia passione J

  

Shadows of the Heart

One: Riza Hawkeye

 

Riza Hawkeye non amava mostrare in pubblico le sue emozioni. Non era stato sempre così, ma gli orrori della guerra avevano alzato muri invalicabili intorno a lei e difendersi da sguardi indiscreti era diventato una necessità.

Quando rimaneva sola però niente bastava a proteggerla dagli incubi che la tormentavano:  li vedeva, ogni notte, i volti della gente che aveva ucciso, uomini, donne, anziani, bambini.

Dio, a quanti bambini aveva sparato senza neanche chiedersi quale fosse il loro nome? Nome, e lei che diritto aveva di portarne uno?

Le sentiva sempre nella sua testa, le urla di terrore dopo un colpo di cannone, i gemiti strozzati prima di esalare l’ultimo respiro. La chiamavano, la imploravano di risparmiarli, di avere pietà per i bambini.

Ti prego, ti prego! Non farci ancora del male. Dicevano, i volti contorti dal dolore in smorfie mostruose, ma lei continuava a sparare imperterrita.

La cosa peggiore era sognare continuamente i loro occhi. Occhi ingenui, vite innocenti strappate via in un momento e poi globi vuoti che la fissavano condannando il suo crimine.

Assassina, era quella la parola giusta con cui chiamarla.

Là un po’ tutti lo erano ma preferivano essere definiti soldati, che buffo quando la guerra che combattevano tanto animatamente non era altro che il sipario dietro al quale venivano commessi i più atroci delitti.

Assassini, spietati, dannati per sempre.

Una pallottola ben assestata era sufficiente nella maggior parte dei casi.

La bravura di Riza era leggendaria, chi non aveva mai sentito nominare l’Occhio di falco? La donna che in barba alle leggi era stata mandata sul campo di battaglia prima di terminare l’accademia e uccideva come se non avesse fatto altro nella vita.

Al mattino si appostavano in alto, il cappuccio ben calato sulla fronte, avvistato il bersaglio bastava una leggera pressione sul grilletto.

Ancora una volta, e un’altra, e un’altra ancora.

Alcuni cadevano subito, non si rendevano conto di essere morti finché non erano distesi ormai al suolo, incapaci di respirare, muoversi.

A fine giornata i cadaveri tappezzavano il campo nemico.

Non era così che doveva andare!  si ripeteva ogni notte dopo la fine del turno di guardia, prima di concedersi qualche ora di riposo, prima di tornare ad essere una macchina assassina.

Ah no? Non sembrava ti importasse molto di quelle persone.

Eccola che ritorna, la vocina petulante nella sua testa, sperava fosse andata via una volta per tutte ma si era rivelata tenace come pochi.

Non è vero, non è vero! mormorò ancora sottovoce, se qualcuno l’avesse sentita ora sarebbe stata certamente sottoposta a uno di quei controlli psicologici che avrebbe tanto preferito evitare.

Sì invece! Hai fatto la tua scelta, li hai uccisi!

Spalancò gli occhi ora Riza, era vero, era stata lei e solo lei, niente avrebbe potuto cancellarlo.

Che cosa ti avevano fatto?

Io… ho eseguito gli ordini.

Già, che cosa le avevano fatto? E che diritto aveva lei di togliere loro la vita?

Ti nascondi dietro ai tuoi superiori, ma gli ordini possono essere rifiutati,  e poi chi è stato a premere il grilletto? Chi?

Io! Io maledizione! E ora taci!

Le sembrò di udire una risata. Che stesse diventando matta?

Poi tutto tacque. Finalmente silenzio, si risistemò sulla branda, usando il braccio destro come cuscino.

Sperò di addormentarsi in fretta, la ronda della mattina toccava a lei l’indomani e si sarebbe dovuta svegliare molto presto per cui era stata mandata a riposare un po’ insieme ad altri commilitoni, ad un tratto però la vocina tornò all’attacco.

Scommetto che non riesci a dormire eh?

Ancora tu! Lasciami in pace. Strinse i denti cercando di scacciare ogni altro pensiero.

Non essere permalosa, in fondo sai che ho ragione.  Continuò quella, divertita.

Noi combattiamo per la salvezza del paese. Disse all’improvviso. Non voleva dargliela vinta.

Bugiarda!

Non puoi mentire a te stessa Riza: guarda le tue mani, non le vedi? Sono lorde di sangue, del sangue degli Ishvalan che hai ucciso senza pietà.

Le sfuggì un sussulto, si portò una mano alla gola, il caldo soffocante le rendeva difficile respirare.

Non rispose.

Era vero, tutto quanto. Aveva ucciso, pensando fosse facile dimenticare che quelle persone la guerra non sapevano neanche cosa fosse.

Guerra, no, sterminio, puro e semplice.

Aveva ucciso, tante persone erano morte e lei era viva.

Viva! Era ancora viva. Non era giusto.

Le si mozzò il fiato in gola.

Mostro

Lo sono.

Non cercò di ribattere stavolta.

Un ultimo soffio e la voce scomparve per quella notte.

Era ancora agitata e le tremavano le mani.

Sentì l’impulso di sciacquarle, ma per quanto facesse il rosso non andava via. Non sarebbe mai andato via davvero. Le sfregò con forza fino a farsi male.

Sfiorò con le dita il profilo del fucile, ancora poggiato a terra vicino alla branda, sarebbe stato così semplice anche allora, così dannatamente semplice, un colpo solo e tutto il dolore e il senso di colpa sarebbero svaniti, per sempre, nessuno avrebbe pianto per lei, e presto anche il suo ricordo sarebbe scomparso.

Improvvisamente un rimbombo fuori catturò la sua attenzione, la voce del generale li richiamava tutti all’attenti, i nemici avevano teso un agguato ed era necessario elaborare una strategia di contrattacco.

Afferrò l’arma, assicurandosi che fosse carica e scostò con un braccio un lembo della tenda  prima di uscire.

Alzò gli occhi al cielo, il sole aveva iniziato la sua parabola discendente.

Così bello e sconosciuto, lo vide colare a picco nel mare di sabbia, lento, inesorabile.

E desiderò annegare con esso.

 

I wish for this night-time to last for a lifetime
The darkness around me
Shores of a solar sea
Oh how I wish to go down with the sun
Sleeping
Weeping
With you
(Sleeping Sun- Nightwish)
  
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