Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Vekra    17/09/2008    4 recensioni
Sequel della one-shot "Voglia di pace".
E' cambiato tutto, o quasi. Ginny e Ron non fanno più parte della vita di Harry... altri amici e nuove conoscenze sono entrati nella routine dell'ultimo Potter. Ora non gli resta che difendere il suo diritto ad essere libero.
Dal capitolo 17: "... E questo è tutto. Non credo ti sarebbe piaciuta ma, sicuramente, le avresti saputo far abbassare la testa. Sì, ti saresti divertita. Anche con Dud, perché no. L’incolumità del tappeto ha la sua importanza...".
Dal capitolo 18 "... Vedere Andromeda in ogni suo gesto è piuttosto patetico, vero? In verità, vorrei solo che ci fosse lei e non questa quasi sconosciuta dall’aria simpatica...".
Dal capitolo 19 "... Non so se quella donna che cammina al suo fianco, e che spinge quella carrozzina nuova, sia la stessa che ha portato Jessica ad andarsene in Portogallo: lui non mi aveva mai fatto sospettare nulla e, dopo, sono stata ben felice di vederlo scomparire anche dalla mia vita...".
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Andromeda Tonks, Harry Potter, Nuovo personaggio, Padma Patil, Teddy Lupin
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
   >>
- Questa storia fa parte della serie 'La ricerca della libertà'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 1 - Il primo giorno
Disclaimer: Harry Potter e tutti i personaggi della saga sono di proprietà di JK Rowling e di chiunque possieda i diritti. Questa storia non ha alcun fine di lucro, né intende infrangere alcuna legge su diritti di pubblicazione e copyright.

NdA: Altro frutto della mia mente ossessionata dal mondo di mamma Row. Non ne sono pienamente soddisfatta, spero mi darete consigli per poterlo migliorare. Ringrazio di cuore chi ha recensito o aggiunto nei preferiti “Voglia di pace” e chi ha letto soltanto.


IL PRIMO GIORNO

6 settembre 2004
lunedì

Sono passati davvero cinque anni da quando Andromeda e Teddy sono diventati la mia famiglia. Cinque anni meravigliosi, cinque anni di vita non completamente ossessionata dall’ombra della morte. Non c’è giorno che non pensi a quanto avrei potuto perdere restando dai Weasley, restando con Ginny. Non voglio dimenticare tutto ciò che mi ha portato a vivere a Grimmauld Place, che mi ha dato Teddy e Andromeda. Perché posso finalmente provare a essere felice, anche se mi sono macchiato di troppe colpe per provare a essere libero. Condivido il tuo stesso destino, Dumbledore. Chissà se hai mai pensato a come sarebbe stata la vita dei sopravvissuti dopo la guerra. Chissà se hai mai sperato, al di là delle tue supposizioni. Ti saresti mai aspettato tutto questo? Sapevi così tante cose professore, conoscevi anche queste? Ammetto di avere provato pena per te. Perché hai vissuto solo, con l’unica compagnia dei tuoi segreti e delle tue menzogne, senza nessuno con cui essere completamente sincero. Che vita squallida deve essere stata la tua. Vivere con la consapevolezza di sapere e quella di non poter condividere. Ci vuole coraggio Dumbledore, per vivere come tu hai vissuto. Anch’io per un momento ho avuto quel coraggio, il coraggio di chi è lontano da tutto e da tutti. Ti ammiro professore… Perché sei morto tenendo fede ai tuoi principi, perché seppur sbagliando per te, non hai sbagliato per gli altri. Perché siamo vivi, perché io sono vivo. E senza il tuo aiuto non avrei avuto il piacere di avere quello che desideravo. Anche se l’ho trovato in persone diverse da quelle che credevo allora… Ma questo non mi ha impedito di sbirciare dalle porte della serenità. Un giorno magari le varcherò, e avrò al mio fianco qualcuno che mi renderà libero. Spero di essere fortunato Dumbledore, più di quanto lo sia stato tu. Ora tutta la mia fortuna sta in un bambino di sei anni. Un bambino che cambia il colore dei suoi capelli in base all’umore del momento, che adora il turchese e la carne al sangue e che, con un sorriso, è capace di sollevarmi dalle buie fosse dei miei sbagli. E, a volte, in due donne e un uomo dalla forza straordinaria. Non so cosa farei senza di loro. Forse mi sarei perso nel baratro dello sconforto e della disperazione e ora non sarei qui. Perché sarei stato completamente solo, di nuovo. Sì, ti ammiro professore…

***

Oggi io e Andromeda accompagneremo Teddy al suo primo giorno di scuola. Lo abbiamo iscritto a una scuola Babbana di Londra, vicino a Grimmauld Place. Così potrà conoscere il mondo di chi non può usare la magia senza futili pregiudizi. E, allo stesso tempo, Andromeda potrà usare il camino di Casa Black per tornare a casa col bambino senza insospettire i Babbani. Ho provato solo una volta a proporle di venire a vivere da me con Teddy. Non avevo nulla in contrario a quanto mi disse. Il bambino ha il diritto di vivere nel luogo dove è cresciuta Nymphadora Tonks. Nonostante questo, Andromeda non ha rinnegato del tutto la vecchia casa della sua famiglia. L’ho vista molte volte entrare nell’ingresso con espressione di sfida e orgoglio. La prima volta che venne qui, andò direttamente all’arazzo in salotto. Non la seguii, rimanendo con suo nipote fra le braccia e aspettandola in cucina. Quando se ne andò quella sera, potetti ammirare il suo nome e quello di Sirius finalmente ricomparsi al posto che spettava loro. Di solito passano la domenica per il the e poi rimangono a cena. Nemmeno la quotidianità di Hogwarts può essere paragonata a quanto sia piacevole vedere il mio figlioccio entrare dalla porta e abbracciarmi e Andromeda esporre la nuova qualità di the che ha deciso di propinarmi.

Una settimana fa ci siamo messi d’accordo perché lei e il bambino venissero a Grimmauld Place la sera prima del grande giorno. Andava tutto bene, finché Andromeda non ha avuto la fantastica idea di chiedermi come avessi intenzione di organizzarmi con il mio lavoro. È più forte di lei, adora rigirare il dito nelle mie povere piaghe. Ho cercato di rimandare la tortura temporeggiando sul fatto che mi sarei preso il tempo che sarebbe servito. Soddisfatta come non mai, ha sfoderato un sorrisetto da far invidia al miglior ghigno di Malfoy (perché mi dimentico sempre che quell’idiota è suo nipote?) e ha constatato, con voce angelica e innocente, che non sapeva che il Profeta fosse così magnanimo e generoso con i suoi giornalisti. Diciamo che non lo è soprattutto col sottoscritto. Pare che perda le staffe in momenti per niente opportuni e che il mio pessimo temperamento non sia molto gradito. Teoricamente non dovrei essere impertinente o irrispettoso di chi intervisto. Praticamente non mi faccio scrupolo di informarmi su cose che l’intervistato in questione vuole nascondere. Come ben sapete, non ho un buon rapporto con i segreti. Tuttavia non ho mai capito dove fosse il problema, tanto dopo si rifacevano pubblicando un articolo di come fossi stato sul punto di schiantare l’ennesimo incompetente del Ministero, che cercava di rifilarmi un’altra delle loro giustificazioni senza né capo né coda. Di sicuro le vendite non scendono mai, quindi di cosa si dovrebbero lamentare? Di nulla giusto? Invece no. Quando voglio prendermi un po’ di ferie sembra che stia chiedendo un anticipo ingiustificato. So già che il mio capo (che fa parte della schiera di coloro che vorrei schiantare o cruciare, a seconda dei casi) patteggerà per una settimana di straordinari per ogni giorno di ferie. E, purtroppo per me, lo sa anche Andromeda. Quindi non sapevo davvero cosa risponderle, con lei non avrebbe funzionato un silenzio falsamente dignitoso. Sicura di avermi in trappola, non si è fatta problemi a ripetere il solito discorsetto sull’importanza di mantenere il controllo. Ogni parola, detta come se riuscisse davvero a gustarsela fino in fondo, mi suonava come un vero è proprio tradimento. Non mi fu d’aiuto immaginarmi Hermione che annuiva, profondamente d’accordo con il mio supplizio. Fu molto utile, invece, ricordarmi che ero andato a trovare lei e la bambina un po’ di tempo prima e che ancora non parlavo con Andromeda. Il piccolo raggio di speranza ha fatto breccia nella solida barriera dell’innocua nonnina e sono finalmente riuscito a placarla, raccontandole della varietà di gorgoglii uscivano dalla boccuccia della neonata Rose Weasley. Stranamente, ripensandoci ora, non è stato poi così terribile.

Sono arrivati a casa ieri pomeriggio, Andromeda che si massaggiava delicatamente una tempia e Teddy che, dopo il consueto abbraccio, correva in giro più scatenato del solito. Ho sorriso al soffitto mentre sentivo Andromeda, dietro di me, ricordarmi che dovevamo parlare al bambino. Qualsiasi dissenso da parte mia non era ovviamente contemplato. Così sono andato a recuperare Teddy nei meandri di Casa Black, dicendogli che era il momento delle litanie assurde… ops, scusatemi, delle importantissime raccomandazioni di sua nonna. Il bambino ha ghignato e mi ha seguito obbediente in salotto. Una volta seduti tutti e tre sul divano, Andromeda gli ha ripetuto le solite cose, tipo non parlare del nostro mondo con i Babbani, ascoltare le maestre, non attaccar briga con gli altri bambini ed evitare di cambiare colore di capelli davanti a tutti. Come se il bambino non se le sorbisse tutti i santi giorni da qualche tempo a questa parte. Lui si è fatto tutto serio, ha guardato sua nonna con la sua miglior espressione innocente e ha detto che avrebbe fatto il bravo. Che peccato che mi trovassi a tiro della bacchetta di Andromeda, altrimenti avrei riso volentieri. Teddy mi ha rivolto un gran sorriso (di nascosto alla nonna) e poi è tornato a giocare, salutando gioiosamente Kreacher che era appena entrato.

L’elfo si sta lentamente abituando alla loro presenza in questa casa. I primi tempi li aveva bellamente ignorati ma, adesso, non devo più minacciare di vestirlo per fargli pulire le loro camere. E non brontola più sul disordine che lascia il bambino dopo le sue visite. Una volta l’ho beccato a sussurrare al medaglione di Regulus che Teddy gli ricorda lui da bambino. Anche Andromeda ha riso quando gliel’ho raccontato. Ora Kreacher addirittura lo guarda un secondo più del solito prima di tornare a sbrigare le sue faccende. Chissà quando lo sentirò bofonchiare apertamente che non è poi così male.

Mentre lo vedevo andar via mi sono voltato verso Andromeda. Aveva quell’espressione amareggiata, che ormai mi regala sempre quell’odiosa angoscia che non mi abbandonerà mai. Non ci ha messo molto prima di mormorare a se stessa che sua figlia sarebbe dovuta essere lì al suo posto. La solita fitta mi ha scosso. Maledetto senso di colpa, non mi lascerà mai in pace… Ed eccoli lì, stesi sul pavimento della Sala Grande senza un grammo di vita a scorrere dentro di loro. Remus, Tonks mi dispiace. Perdonatemi. Non sono riuscito a salvarvi. È colpa mia se non potrete mai conoscere quel bambino meraviglioso che è vostro figlio… Maledette lacrime andate via! Non mi devo compiangere! Non devo pensarci! Basta! Non posso farci nulla! Tutto quello che devo fare, è aiutare Andromeda a crescere quel bambino! Glielo devo… e non posso fare altro. Basta. Ho respirato a fondo. Ho respirato ancora. Mi sono accorto di aver stretto la mano di Andromeda. Guardo l’orologio, siamo rimasti così diversi minuti. Ho aspettato che, come me, lei si scuotesse e si asciugasse le guance prima di offrirle il mio aiuto per sistemare le sue cose insieme a quelle di Teddy. Ha annuito e siamo saliti di sopra.

Più tardi, mentre cenavamo, il bambino ci ha chiesto cosa rispondere se gli domandavano dei suoi genitori, visto che non doveva parlare della magia. Io e Andromeda ci siamo guardati per un momento, prima che lei prendesse la parola. Mi è sembrato strano che lei non abbia pensato prima ad affrontare l’argomento con il bambino. Ha usato un tono calmo e deciso mentre gli raccontava di quando eravamo andati a iscriverlo alla scuola elementare. Di come avesse detto alla segretaria che Remus e Dora Lupin erano morti in un incidente stradale, proprio perché i Babbani non devono venire a sapere di noi. Si è fermata solo dopo avergli ricordato che è comunque sbagliato raccontare bugie ma, in questo caso, non si poteva non farlo. Teddy ha annuito come se fosse la cosa più naturale del mondo e ha ripreso a dar battaglia alle verdure nel suo piatto, sotto lo sguardo vigile e leggermente tormentato di sua nonna.

***

Ora, piccola peste, ti guardo mentre lotti contro i bottoni della camicia e non posso fare a meno di pensare che vorrei che tu fossi davvero mio figlio. Perché sei forte e coraggioso, perché non piangi mai e non ti arrendi mai. Perché quando vedi me o Andromeda anche solo un po’ tristi, vieni da noi e cerchi distrarci e farci tornare il sorriso con un altro dei tuoi giochi. Perché hai accettato di non avere dei genitori come tutti gli altri. Perché sei il nostro orgoglio sempre e comunque. Teddy mi tira per la manica della camicia e mi chiede di vedere se allaccia bene le sue scarpe. Lo vedo mentre si concentra per fare un nodo preciso. Anche se è inutile che lo controlli, Andromeda gliel’ha insegnato tempo fa. Gli chiedo se è contento di andare a scuola, dove sicuramente si farà un bel numero di amici. Lui alza lo sguardo verso di me, dice di non esserne sicuro e mi chiede se mi piaceva andare a scuola. Mi accorgo di non avergli mai parlato dei Dursley. Andromeda, dove sei? Ho bisogno di te! Non me la sento di raccontare al Teddy di non aver mai avuto una vera famiglia fino a cinque anni fa. Non ora almeno. Decido per qualcosa di abbastanza neutro e gli rispondo che la scuola mi piaceva, ma non il cugino con cui ci andavo. Il bimbo mi pare un po’ allarmato. Quando gli domando cosa c’è che non va e lui mi chiede se verrà anche Victoire a scuola, scoppio a ridere. Si è preoccupato di dover andare a scuola con la sua “adorata cuginetta”! Anche se non sono parenti e sapendo che a lui non piace, mi sono sempre rivolto alla bambina con quel nomignolo. Mentre mi tengo lo stomaco, lo rassicuro che la bambina non ci sarà e lui, con una faccina più rilassata, dice che allora non dovrebbe essere troppo male. Andromeda entra nella stanza e ci chiede se siamo pronti. E senza aspettare risposta ci avverte che in cucina la colazione è pronta. Non riesce a resistere dallo scoccarmi un’occhiata inquisitoria (senza essere vista dal bambino). Io continuo a ridere. Quei due si comportano allo stesso modo ma in maniera completamente opposta! È bello sapere che avrò tutto il tempo per abituarmi a questo e che non me ne stancherò mai.

***

Camminare con loro, vicini, senza dire nulla perché non c’è nulla da dire. È questa la pace? È questo quello che volevo per me? Guardo Andromeda, alta, distinta e orgogliosa, sì, orgogliosa di essere lì, a dispetto di quelle parole pronunciate ieri in salotto. Guardo Teddy, piccolo, leggermente goffo e diviso fra la paura e l’eccitazione di conoscere qualcosa di nuovo. Mi sento al mio posto, mi sento bene, sono felice. Ma perché allora continuo a farmi tutte queste domande? Il bambino mi prende la mano. Gliela stringo cercando di fargli sentire la mia presenza. Andromeda fa lo stesso. Il bambino non sembra per niente più tranquillo. Io e sua nonna non diciamo niente, ormai siamo arrivati. È un bell’edificio di mattoni rossi, sembra un luogo accogliente. Ricordo la sensazione di meraviglia la prima volta che ho visto Hogwarts. Il mondo mi appariva allora non molto diverso da quello che si legge nelle fiabe. Ripenso con nostalgia a quell’innocenza. L’ho persa in quel cimitero e la morte è stata un’incredibile maestra. Non voglio questo per Teddy. Voglio dargli quegli strumenti di cui avrà bisogno per comprendere questo mondo. Voglio che sappia la verità, voglio che capisca. Così, forse, non sarà troppo brutto per lui quando si renderà conto di non essere più un bambino. Non voglio agire come Dumbledore. Forse sarà un errore, forse no. Forse ne farò altri. Ma questo no.

Entriamo nel cortile di fronte alla scuola. È pieno di famigliole, bambini con accanto uno o entrambi i genitori. Teddy ci stringe la mano, con un’espressione risoluta. È lui lo stesso bambino spaventato di prima? È lui che ora ci sorride? Dovremmo essere noi a sostenerti, piccola peste, non il contrario. Cavoli Andromeda, hai gli occhi lucidi, non puoi farmi questo! Se ti commuovi anche tu, io cosa devo fare? Su, su, che fine ha fatto l’orgoglio dei Black? Il bambino ti ha notato e ora ridacchia. Sa che non sei triste. Mi unisco a lui e tu, indispettita, distogli lo sguardo. Non cambierai mai, signorina Black. Intanto ci avviciniamo al cipresso che cresce in mezzo a quel giardino. Ricordo l’albero vicino al lago. Anche questa è nostalgia? Cos’è, inizia a mancarmi la mia vecchia casa? Penso troppo a Hogwarts in questo periodo. Pensieri diversi da quelli collegati ai miei sensi di colpa. Forse sto iniziando a superare tutto. Meglio così.

Al nostro fianco una donna è inginocchiata di fronte a quella che deve essere sua figlia, considerata la notevole somiglianza. Teddy da un po’ le sta guardando curioso. Andromeda non se n’è accorta, si sta guardando intorno. Anch’io allora mi sporgo leggermente per sentire cosa si stanno dicendo quelle due. Maledetta curiosità, il mio peggior difetto. Ma ora capisco perché anche il bambino si sia messo ad ascoltarle. Da quello che ho potuto afferrare dalla loro conversazione, la bambina, Katie, non ha più il papà. E non sapeva cosa dire e fare se gli altri le avessero chiesto di lui. Evidentemente si era sentita diversa alla vista di tutte quelle famiglie. La madre, che potrebbe avere la mia età, aveva cercato di tranquillizzarla. Sta usando lo stesso tono che Andromeda ha usato ieri sera quando ha risposto alla domanda di Teddy. Il bambino ora mi sta guardando e io annuisco alla sua muta richiesta. Teddy si avvicina alla bimba e le dice di non preoccuparsi, perché neanche lui ha più il papà però questo non li rende strani, perché anche loro hanno chi li vuole bene. Sorride alla madre della bambina, poi si volta e sorride a me e ad Andromeda. Poi tende la mano alla bimba e si presenta. Teddy Remus Lupin. Un’occhiata di Andromeda mi impedisce di ridacchiare dell’espressione meravigliata di Katie. Incrocio lo sguardo della madre della bimba. Si vede che è molto più sollevata e ha l’accenno di un sorriso sul volto. Incitata dalla madre, Katie si riprende e pronuncia il suo nome timidamente. Kathleen Quinn. Sua madre si alza e porge la mano prima ad Andromeda e poi a me. Si chiama Elizabeth Quinn. Avevo ragione, è proprio la sua mamma. Teddy non sembra accorgersi del timore di Katie e continua a parlarle come se niente fosse. La sfera emotiva di un cucchiaino… se lo potessi vedere ora Herm, cosa diresti? Non posso impedirmi di sorridere. Intanto Andromeda ed Elizabeth stanno intavolando una placida conversazione. A un certo punto, il volto della madre di Katie si incupisce. La donna deve averle detto che anche Tonks non c’è più. Elizabeth si volta verso di me e leggo chiaramente la sua voglia di chiedermi chi diavolo sia io. Forse lo zio da parte di madre? Ma il cognome è diverso… forse un amico di famiglia? Stare a guardarla è molto divertente. Ghignando le dico di essere il padrino di Teddy. Lei sorride ed annuisce. Andromeda sorride dolcemente. Perché mi sembra così minacciosa? Perché è una Black, idiota. È capacissima di riservarti delle belle sorprese. Apre la bocca per dire qualcosa. Si blocca e sorride di nuovo. Elizabeth la sta guardando incuriosita. La donna si rivolge a lei, mentre afferma, con qualcosa che sa di affetto e gratitudine, che non sa come avrebbe fatto a crescere Teddy se non ci fossi stato io a sostenerla nei momenti in cui tutto le sfuggiva di mano. So che in questo momento sto facendo concorrenza alle orecchie di Ron. Cerco di smentire, ma Andromeda mi zittisce con un altro sorriso dolce. Non mi rimane altro che continuare ad arrossire come un deficiente. Ora Elizabeth si sta trattenendo dal ridacchiare. Fantastico. Grazie tante signorina Black. Ma perché mi ha dovuto far apparire così importante? Per una volta che conosco qualcuno che non sobbalza a sentire il mio nome… Hey, ma che sta facendo adesso? Fantastico, sta osservando, sempre con quell’espressione curiosa, la mia cicatrice. Come non detto. Eccola infatti che dice che ricorda una saetta. Io borbotto che non so perché sia venuta così. Elizabeth la guarda ancora per un secondo e poi continua a chiacchierare con Andromeda.

I bambini parlottano tra di loro e Katie sembra aver abbandonato la timidezza di prima. È una bimba graziosa, ha un visetto tondo circondato da tanti riccioli castani e con un bel paio di occhioni scuri. Forse Herm le assomigliava da piccola. Stasera la chiamo, non la sento da una settimana, chissà come sta Rose… Poi magari vedo se George è libero, così andiamo a farci un giro. Molto bravo Harry, ti sei organizzato la serata. Però adesso torna con i piedi per terra e saluta Teddy che deve entrare insieme agli altri bambini. Gli scompiglio i capelli e gli do un bacio sulla fronte. Lui si strofina la parte oltraggiata con un adorabile broncio sul viso. Però non può non sorridere quando viene abbracciato dalla nonna. Le metto una mano sulla spalla mentre lo vediamo allontanarsi insieme a Katie. Quando sono entrambi scomparsi dietro le porte della scuola, mi volto verso Andromeda per offrirmi di accompagnarla a casa. Troppo tardi. Deve starle proprio simpatica Elizabeth, infatti l’ha invitata a prendere un caffè a Grimmauld Place. Per fortuna che è casa mia. Va bene che l’ho rimodernata un po’ e ora è visibile anche ai Babbani, ma è pur sempre una casa di maghi! Cosa le è saltato in mente? Ci prenderà per pazzi! Cerco di farle capire tutto questo senza farmi vedere da Elizabeth ma sfortuna vuole che lei mi veda mentre gesticolo in maniera strana alle sue spalle. Dopo quel “Tutto bene?” che mi ha rivolto pieno di preoccupazione vorrei solo sotterrarmi. E intanto Andromeda esibisce il suo ghigno made in Malfoy. Perché la nonna del mio figlioccio dove essere proprio lei? Ora che prende sottobraccio una Elizabeth esterrefatta per portarla a casa mia, ignorandomi completamente, vorrei solo strozzarla. Questo primo giorno me lo pagherai caro, signorina Black…
  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Vekra