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Autore: Kaiyoko Hyorin    22/08/2014    2 recensioni
[Estratto dal primo capitolo]
Non fece in tempo a realizzare quell'unico fugace pensiero che ella si accorse di avere i suoi occhi scuri puntati addosso, cosa che ne aumentò drasticamente la soggezione che provava nei suoi confronti ed a stento riuscì a impedirsi di sussultare nuovamente, preda di un imbarazzo senza pari.
“P-perché mi fissa in quel modo?!”
[Fine Estratto]
Era iniziato come un lavoretto di revisione e invece mi sono ritrovata a stravolgere completamente la trama, creando qualcosa di nuovo ed inaspettato! Ad oggi è l'opera più lunga che abbia scritto e spero che il risultato sia valso lo sforzo, augurandomi che risulti comunque una lettura gradevole, a prescindere! Vi auguro una buona lettura!
Attenzione: aggiunto OOC per il cambiamento caratteriale a cui i personaggi vanno incontro nel corso dell'intera storia, in accordo con la trama, senza comunque arrivare ad uno "stravolgimento" nel vero senso della parola; quindi non spaventatevi!
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Kei Hiwatari, Nuovo personaggio
Note: Lime, OOC, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Unione d'affari'
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3. Una passione sopita


Kei era disteso sul proprio letto con le mani intrecciate dietro la nuca e lo sguardo perso sul soffitto. Si era disfatto di quegli abiti che non riusciva a farsi piacere, troppo da damerino per uno come lui, nonostante il modo in cui riusciva a indossarli non fosse minimamente paragonabile ad uno di questi.
La cosa gli procurava una certa soddisfazione, come si sentiva soddisfatto ogni qual volta che incrociava il disappunto di suo padre.
Che gli era saltato in mente a quel vecchio?! Una moglie??
È una totale assurdità!” esclamò fra sé e sé, corrucciandosi in volto.
Sin da piccolo la sua famiglia l'aveva indirizzato, obbligato a fare cose di cui con il passare del tempo si era pentito. A partire dall'esperienza in Russia.
Voltò appena il capo in direzione del comodino alla sua sinistra, all'interno del quale vi aveva posto Dranzer. Ormai era cresciuto e aveva smesso di partecipare a qualunque tipo di competizione sul Beyblade. Quello sport che da sempre era stata la sua unica passione aveva perso il suo fascino nel momento in cui, molto tempo prima, era riuscito a strappare la vittoria che aveva bramato da tempo all'odiato rivale.
Ormai, all'età di vent'anni, non provava più alcun interesse a disputare incontri. Una trottola che gira, per quanto 'magica', non suscitava più la stessa attrattiva di un tempo. Eppure, ancora dopo anni, era l'unica cosa che lo faceva sentire meno solo, meno oppresso da quel mondo in cui si era trovato sin dalla sua nascita. L'impero degli Hiwatari non era altro che una maledetta prigione dorata.
Una prigione che minacciava di chiuderglisi addosso, soffocandolo.
Non mi farò abbindolare da nessuno!” rifletté nuovamente, deciso a non cedere alle provocazioni del suo vecchio. Sollevandosi a sedere sul bordo del letto scoccò un'occhiata all'esterno della porta-finestra che dava sul suo balcone personale “No, non ci sto, padre!
Si allungò per aprire il cassetto e, raccolto il proprio bey, se lo infilò in una tasca dei jeans prima di avvicinarsi alla cassettiera e tirarne fuori una maglia a maniche corte, nera fatta eccezione per una scritta rosso sangue stampata a caratteri volutamente rovinati sulla schiena: I shall bend you.
Come spinto da un impulso a lui esterno si mosse quindi verso la porta della propria camera e stava per aprirla quando, dalla sua sinistra, captò il soffuso rombo dei bassi dell'impianto stereo che proveniva dalla camera accanto.
Esitò, mentre distinse l'attacco di una canzone che ben conosceva.


I feel shook
Everytime I close my eyes and travel into the place in the back of my mind
It's A place where memories hide and my thoughts combine
I see places and thousands of faces all at the same time..


Era Shook, una delle canzoni che sentiva rappresentarlo maggiormente, specialmente in quel momento. Inutile dire che fosse anche una di quelle in cima alla sua playlist personale.
– Tsk.
Non era il caso di sorprendersi per una coincidenza simile, lo sapeva. Con un movimento deciso aprì la porta e sgusciò all'esterno, passando oltre la stanza nella quale dovevano aver fatto accomodare la sua nuova fidanzata senza degnarne la porta di uno sguardo. Doveva uscire da quelle quattro mura, doveva respirare un po' d'aria. Era questo che continuava a pensare mentre scendeva le scale, diretto sul retro della sontuosa dimora di famiglia, cercando di soffocare l'iniziale senso di affinità che iniziava a farglisi spazio all'interno del petto.


Il vago chiarore del mattino filtrò attraverso le tende della porta-finestra, serpeggiando lentamente ma inesorabilmente sino al letto ove Yukiko ancora sonnecchiava. Quando il filo di luce arrivò a posarsi sul suo viso, non impiegò molto tempo la ragazza a destarsi, infastidita dal fascio luminoso e dalla sua invadenza.
Voltandosi dall'altra parte si accoccolò di nuovo sui cuscini, aspettandosi con una certa irritazione il precipitarsi di sua madre nella sua stanza, come ogni mattina. Quando ormai era trascorsa mezz'ora tuttavia, la mancata irruzione della donna e della sua voce alta e squillante le fece aprire un occhio, perplessa.
Quella non era la sua stanza.
Intontita si sollevò a sedere, abbracciando con lo sguardo di smeraldo la camera, visione che l'aiutò a ricordare.
Ah già. Allora non era stato solo un brutto sogno.
Facendo una smorfia rammentò la cena della sera prima, consumata da sola, seduta ad un enorme tavolo nella sala da pranzo. In realtà non era stata da sola, c'erano anche il signor Hiwatari e il figlio, ma fra il silenzio e la distanza a separare i commensali, era come se non vi fosse stato nessuno.
Si allungò verso il comodino, andando a prendere la trottola blu scuro che vi aveva appoggiato sopra il giorno precedente, dopo averla estratta da una delle sue valigie. Osservandola con sguardo malinconico, si lasciò sfuggire un sospiro, prima che i suoi stessi pensieri venissero interrotti da un improvviso bussare alla porta.
Sussultando il bey quasi le finì per cadere sul pavimento, ma fu abbastanza agile da rinsaldare la presa e nasconderlo di getto sotto il cuscino. Soltanto poi, con voce un po' incrinata dall'emozione, si rivolse al nuovo arrivato.
– Sì?
– Signorina Natsuki? Sono Shu, la cameriera.. le ho portato la colazione – fece una vocina gentile dall'altro lato della porta.
Yukiko si sorprese un poco della novità: colazione a letto. La stavano trattando proprio bene.
– Entra pure – le disse, tirandosi su la coperta sino al petto.
Non era sicura di voler mostrare a qualcuno il suo pigiama, nemmeno ad una cameriera, ed il motivo era piuttosto semplice: era un pigiama molto ampio e un po' vecchio, fuori misura per lei, con una stampa a topolini sulla maglia. Un abbigliamento che definirlo anti-sesso sarebbe stato un delicato eufemismo, ma lei ci era affezionata. Quello era il pigiama di suo padre.
Aveva fatto carte false per impedire a sua madre di buttarlo via, nonostante le toppe e il resto, ed era divenuto quasi fonte di conforto. Quando la ragazza sentiva il bisogno di un abbraccio come quelli che sapeva infonderle quell'uomo, se lo metteva addosso. E lo portava sempre con sé, ovunque andasse. Per questo se l'era messo la sera precedente.
La porta si schiuse permettendo a una ragazza non troppo più grande di lei di farsi avanti con in mano un vassoio colmo di vivande, che appoggiò sulla scrivania. Ben presto la mora venne di nuovo lasciata sola, mentre nell'ambiente andava diffondendosi un piacevole profumo di caffé appena fatto.
Tirò nuovamente fuori il proprio Beyblade, reggendolo sul palmo della propria mano destra mentre con lo sguardo lo guardava assorta.
– E adesso, Night?
Nessuna risposta, ovviamente, solo un riverbero del bit al centro e lei si lasciò sfuggire un nuovo sospiro. Avrebbe fatto meglio a cambiarsi e fare colazione. Poi, una volta che fosse stata a pancia piena, avrebbe deciso cosa fare quel giorno.


Non ne poteva più di quei domestici. Da tempo aveva la chiara convinzione che lo tenessero d'occhio, probabilmente sotto suggerimento di suo padre. Niente di improbabile, anzi, lo sarebbe stato il contrario.
Fece fare un giro per il prato a Dranzer, osservandolo segnare sul terreno umido dei solchi al suo passaggio. Doveva trovare il modo di mandare in fumo i piani del suo vecchio. Ma come?
Far girare Dranzer se non altro lo aiutava a calmarsi e fare mente locale. Era una situazione fin troppo spinosa tuttavia perché questo bastasse a fargli venire in mente qualcosa. Se non ci fosse riuscito, poteva dire addio alla sua già esigua libertà.
– Non scherziamo! – sbottò spazientito da quel pensiero.
Il volto della sua futura moglie gli balenò alla mente in un flash che ritraeva l'istante in cui si era soffermato a osservarla in macchina, con quello sguardo perso nel vuoto. Non credeva che gli sarebbe stata di qualche aiuto, nonostante fosse chiaro come il sole il fatto che nemmeno lei fosse d'accordo con lo svolgersi degli eventi.
– Da una ragazzina come quella non posso aspettarmi nulla.
– Chi sarebbe la ragazzina?!
Kei sobbalzò sollevando lo sguardo sull'oggetto di quell'ultima riflessione, richiamando istintivamente il proprio bey. La trottola gli tornò dritta in mano, come attratta da una forza invisibile, e il blader se lo ficcò in tasca mentre rivolgeva un'occhiata penetrante alla nuova arrivata.
– Che cosa fai qui?
Yukiko scese dal muretto a secco sul quale si era appollaiata, facendo tintinnare la catena che aveva allacciata ai jeans. Indossava una bandana rossa sulla fronte, mentre aveva legato i capelli bicolori in una coda di cavallo. Il modo in cui lo stava guardando, con quel leggero sorrisetto ironico, lo sorpresero quasi quanto il fatto di non averla sentita avvicinarsi. I muscoli gli si tesero automaticamente, sulla difensiva.
– A quanto pare la stessa cosa che avevi in mente tu.. – gli rispose lei con un'alzata di spalle, avvicinandoglisi di qualche passo.
A fasciarle il busto aveva una canottiera aderente di un grigio piombo, sopra la quale indossava una tuta dai polsini cremisi. Neri erano anche i suoi jeans, culminanti a zampa di elefante su un paio di scarpe da ginnastica nella Nile bianche e grigie.
Vestita in quel modo gli appariva totalmente diversa dal giorno precedente, cosa che contribuì ad innervosirlo ancor di più.
– Non so di cosa tu stia parlando.
– Mi spiace ma non me la dai a bere – ribatté lei, ampliando il proprio sorriso. In quel momento a Kei tornò in mente l'espressione che aveva avuto sua madre alla riunione, durante le trattative, e percepì un brivido salirgli lungo la spina dorsale.
Questa non può essere la stessa ragazza di ieri!
– Posso capire che tu sia sorpreso – continuò lei, imperturbabile, estraendo la mano destra da una delle tasche della felpa. Quando la sollevò, rivolgendogli il bey blu scuro che teneva fra le dita, i pezzi del puzzle iniziarono a combaciare gli uni con gli altri nella mente del dranzerblader – ..non sono molte le occasioni per me di far risvegliare Night dal suo sonno e quest'occasione è qualcosa di irripetibile, perciò.. battiti con me.
– Tsk, e perché dovrei? – ribatté lui di rimando, limitandosi a esternare un'espressione tanto fredda quanto scostante. Non gli piaceva la piega che aveva preso la cosa e non era intenzionato in alcun modo a perder tempo in uno scontro.
– Come perché? – ripeté lei, inarcando un sopracciglio e perdendo quel sorriso di sfida, cosa che se non altro permise al dranzerblader di riacquistare un po' più di fiducia in sé. Fiducia che aumentò quando la confusione dell'altra si fece strada nelle sue parole – Kei Hiwatari, fu campione mondiale di Beyblade, che non accetta una sfida?
– Esatto. Non ho interesse nel battermi con te – rimase fermo nella sua posizione, incrociando ambo le braccia sul petto. La fissò con uno sguardo che voleva sfidarla a contraddirlo – ..il Beyblade non è altro che un gioco da bambini.


Quelle ultime parole la congelarono sul posto.
Non poteva credere di avergliele sentite dire veramente. Sentì montare dentro di sé un'avversione verso il ragazzo che aveva di fronte tale da farla dubitare di aver mai provato qualcosa del genere in diciannove anni di vita.
E poi l'illuminazione le fece battere un pugno sul palmo dell'altra mano.
– Ma certo! Hai paura.
Lo vide spalancare appena un poco di più gli occhi color vinaccio, perdendo per quella frazione di secondo la sua proverbiale imperturbabilità, cosa che indusse la mora a rincarare la dose.
– Ahaha! Il grande Kei che ha paura di una ragazza! Non posso crederci! – esclamò ridendo, tenendosi la pancia per il divertimento.
Una barzelletta, ecco cos'era quel pensiero. Eppure il diretto interessato non rise affatto, anzi, la fissò con una serietà tale da smorzare quello scoppio d'ilarità.
– Bene! – esordì con fermezza, tornando a impugnare il suo Dranzer – Ti farò rimangiare ogni parola, mocciosetta! Preparati!
Yukiko sfoggiò un nuovo sogghigno, mettendosi in posizione.
– Fatti avanti, principino!
Quando si parlava di Beyblade, si sentiva quasi un'altra persona. Quella piccola trottola le infondeva una carica, un'energia che le davano la spinta per affrontare qualunque tipo di situazione. La consapevolezza di non essere affatto debole poi era quel che la portava a sfoggiare quel lato di sé che solitamente teneva accuratamente sottochiave in fondo al suo animo, un animo che rifiutava di venire soggiogato dal volere altrui. Quando si trattava di un incontro non le importava contro chi si stesse battendo, l'unica cosa che le importava era vincere.
Per questo non soffocò l'irritazione al tono del dranzerblader ma la sfruttò per dare slancio al proprio inizio, mettendo tutta la sua energia nel proprio lancio. Voleva toglierli  quel sorrisetto dalla faccia, vederlo sconfitto da lei stessa e ammirare l'espressione che gli avrebbe scorto sul volto, di sorpresa e sgomento, quando avrebbe compreso - troppo tardi - di averla sottovalutata.
– Vai Night, attacca! – gridò la ragazza, spronando il proprio Beyblade a fare la prima mossa.
– Dranzer, evitalo! – ordinò Kei di rimando. Un millesimo di secondo troppo lento: l'attacco dell'avversaria andò a segno, più veloce di quanto il moretto avesse previsto. Dranzer venne scalzato dalla sua posizione di una buona manciata di centimetri ed atterrò sul terreno erboso sbandando per un paio di rotazioni, prima di tornare stabile. Ripreso il controllo, lui ripartì al contrattacco, senza tuttavia a colpire l’avversaria, che si scansò all’ultimo secondo.


Di fronte a lei Kei si stava davvero innervosendo. Aveva sbagliato i suoi calcoli e questo avveniva molto di rado. Doveva tenere sempre alta la guardia, anche se era stato un campione mondiale. Il solo fatto di dover combattere di nuovo, per di più contro quella ragazza, gli faceva saltare i nervi. Le avrebbe fatto abbassare la cresta, non poteva permettersi di prenderlo per il culo in quel modo.
Fu questo a farlo decidere: non si sarebbe tirato indietro, avrebbe fatto sul serio.


– Che succede? Sei in difficoltà o sbaglio? – lo stuzzicò la ragazza, vedendolo in crisi.
Yukiko provava un senso di esultanza incontrollabile ed era su di giri, non riuscendo in alcun modo ad evitare di rivolgergli un sorriso del tutto compiaciuto di sé. Era comunque ben consapevole della necessità ti stare in guardia: in fondo, quello che aveva di fronte, era un avversario temibile e non sarebbe stato saggio fare il suo stesso errore…
Proprio in quel momento Dranzer sferrò la sua offensiva, che andò a segno. Night venne scaraventato contro la base del tronco di un albero, ma subì l’impatto molto meglio del previsto e subito dopo ritornò al centro della radura, dove stava fermo il suo avversario.
Accidenti… devo stare più attenta o un altro di quegli attacchi potrebbe mandarmi fuori gioco!” Pensò la blader, scrutando il volto del ragazzo che le stava a pochi metri di distanza.
– Non sei poi così male, devo ammetterlo… – se ne uscì lui di punto in bianco – …ma ci vuole ben altro per battermi! Attacca Dranzer, Tempesta di Fuoco!!! – esclamò Kei, sferrando il suo attacco decisivo.
– Adesso Night, attacco Stella Cometa! – fece Yukiko in risposta, sferrando a sua volta il suo attacco più potente.
I due bey si scontrarono con inaudita potenza e si sollevò un discreto polverone. I due dovettero ripararsi gli occhi con le braccia a causa dell’onda d’urto e solo dopo che il terriccio terminò di depositarsi al suolo, poterono avvedersi dell’esito dell’incontro. Si era formato una sorta di cratere poco profondo e i due bey erano al centro di esso, fermi entrambi, uno vicino all’altro.
La sfida era finita in parità.


– Allora? Niente male per una ragazzina, vero?
Kei celò ogni emozione dietro uno sbuffo infastidito, senza degnarla di un solo sguardo mentre si faceva avanti per recuperare il proprio bey. Con un saltello raggiunse il centro della depressione, chinandosi brevemente per raccogliere Dranzer.
Era in uno stato pietoso: l'anello d'attacco era scalfito in più punti e ad un esame più attento si scorgevano diverse crepe che avrebbero potuto ridurlo in pezzi se l'incontro fosse proseguito. Inoltre, il meccanismo motore era notevolmente incrinato ed andava al più presto risistemato.
Quando alzò lo sguardo sulla sua avversaria, notò che nemmeno la sua trottola era messa meglio: entrambi i bey non potevano disputare un altro incontro.
In realtà Kei non si sentiva irritato in alcun modo. Certo, era affezionato a Dranzer, ma poteva ripararlo con facilità. Inaspettatamente, durante quella sfida si era fatto prendere la mano, riassaporando quelle emozioni che da anni non lo avevano più sfiorato. Aveva percepito di nuovo la propria passione per quello sport, un sentimento che lo aveva colto impreparato e indotto a dare il massimo.
Era strano, ma era come se avesse ritrovato una parte di sé.
Un vago sorriso gli si delineò in volto, prima di dar le spalle alla ragazza e avviarsi di nuovo verso quella che era, suo malgrado, casa propria.
Non è solo una ragazzina, in fondo..




...continua

[ANGOLO AUTRICE]
Ecco, come promesso, il nuovo capitoletto!
A gran voce era stato chiesto un incontro giusto? Ebbene, spero ne siate rimasti soddisfatti u.u l'ho tenuto a grandi linee tale e quale quello originale, fatta eccezione per alcune battute, quindi spero sia venuto bene.
Ne sta venendo fuori quasi una Songfic ma vi assicuro che l'intenzione non era quella! E' che di solito mi lascio ispirare un po' dalla musica e certe scene le vedo davvero bene con un po' di musica di sottofondo, quindi se avete voglia di provare, potete poi dirmi cosa ne pensate XD e se non vi convince è lo stesso, non siete obbligati insomma!
Ho cercato inoltre di dare un senso al Kei dell'età adulta, cosa che non so se mi sia riuscita proprio coerentemente in relazione al suo carattere originale, dal quale ho comunque cercato di non deviare. Fatemi sapere, mi raccomando!!
Intanto vi saluto, al prossimo capitolo! ^_*
Kaiy-chan
   
 
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