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Autore: xX__Eli_Sev__Xx    22/08/2014    1 recensioni
[Seguito della One-Shot "You abandoned me"; spoiler X-Men DOFP]
Charles, Erik, Logan e Hank tornano a villa Xavier per tentare di localizzare Raven. Ad aiutarli ci sarà Charlotte Xavier, sorella di Charles, anch'essa mutante.
Durante le ricerche e gli allenamenti per migliorare i suoi poteri, Charlotte scoprirà cose che avrebbero dovuto rimanere nascoste, segreti mai rivelati e così potenti che sconvolgeranno totalmente la sua vita.
Nella corsa contro il tempo per salvare l'umanità e impedire al terribile futuro descritto da Wolverine di avverarsi, ognuno degli X-Men dovrà fare i conti con il proprio lato oscuro e mettere da parte l'orgoglio e l'odio per salvare, non solo le persone amate, ma l'umanità tutta.
Genere: Azione, Drammatico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Charles Xavier/Professor X, Dottor Henry 'Hank' McCoy/Bestia, Erik Lehnsherr/Magneto, James 'Logan' Howlett/Wolverine, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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The second chance


CAPITOLO NOVE

 
 Erano giorni che Charles tentava di localizzare Raven, ma la mutante sembrava scomparsa. Voleva uccidere Trask, ma nessuno sapeva quando e dove avrebbe colpito, considerando che era diventata un’esperta nel far perdere le sue tracce.
 «Forse se tenterà di uccidere Trask lo farà a Parigi, la prossima settimana.» azzardò Hank.
 «Davanti a tutta quella gente?» chiese Charles, perplesso. Mystica aveva già fatto mosse azzardate, ma una così stupida… non era da lei. «Sarebbe una mossa alquanto azzardata. Raven non ama essere teatrale. Anche perché sa bene che se dovesse agire così, metterebbe in pericolo tutti noi e lei ha sempre agito nell’interesse dei mutanti, anche se nel modo sbagliato.»
 «Sì, ma sarebbe un evento eclatante, farebbe vedere a tutti quanto i mutanti sono potenti.» intervenne Logan spegnendo il suo sigaro e osservando il professore. «Forse questa volta agirà in modo diverso, per mostrare al mondo che deve temerci.»
 Charles annuì. Forse avevano ragione. Dopotutto Raven era cambiata.
 
 Quando Erik vide la ragazza si fermò. Si trovavano sulla collina, quella su cui si allenavano ogni giorno, e lei lo stava osservando con il capo inclinato. Quando sollevò una mano per salutarlo, lui accennò un sorriso e avanzò.
 «Cosa facciamo qui?» domandò.
 Lei sorrise. «Non dovevamo allenarci? Mi hai dato appuntamento qui.»
 Erik non ricordava di averle dato appuntamento per allenarsi, ma annuì comunque.
Ad un tratto, però, ricordò e gli tornò in mente perché le aveva detto di aspettarlo lì. Doveva vederla.
 «Devo dirti una cosa, Blade.» esordì.
 La giovane sorrise. «Che cosa?»
 «Tutti i tuoi poteri…» esordì. «Non è strano che un mutante ne possegga così tanti?»
 «Lo so.» affermò lei «Charles ha sempre detto che ero diversa.»
 «Certo. Ti ha creata lui.» sfuggì dalle labbra di Erik. Ricordava bene quando Charles gli aveva confessato di aver sperimentato su sua sorella dei sieri per modificare il suo DNA. Voleva creare una creatura perfetta mescolando DNA di altri mutanti che aveva raccolto negli anni.
 «Come?» chiese lei stupita.
 «Ti ha creata lui. Ha modificato il tuo DNA utilizzando quello di altri mutanti.»
 Ma… fino al giorno precedente non lo sapeva. Il che era strano. Non sapeva per quale ragione, tutto d’un tratto, ricordasse quel particolare. Anche perché Charles non avrebbe avuto ragione di dirglielo dato che non gli aveva mai fatto conoscere la sorella prima di allora. Che senso aveva rivelargli una cosa del genere?
 Charlotte rise. Era una risata cristallina, musicale. «Me l’avrebbe detto.»
 «Io non credo che…» tentò di dire, ma il dolore al petto tornò. Gli mozzò il respiro e lo fece crollare in ginocchio di fronte a lei. Tutti i rumori, attorno a lui, gli sembrarono ovattati e tutto divenne sfocato. Magneto si resse la testa con le mani, ansimando. Tentò Di gridare per cercare aiuto, ma la voce gli morì in gola, prima di raggiungere le sue labbra. Nonostante gli sembrasse di avere la testa in una palla di cotone, udì perfettamente la voce di lei che lo chiamava, colma di preoccupazione.
 «Erik!»
 
 «Erik! Erik, svegliati!»
 Magneto si svegliò di soprassalto. Quando aprì gli occhi, vide che accanto a lui c’era Charlotte. Aveva gli occhi colmi di preoccupazione e lo stava scuotendo per tentare di svegliarlo e tirarlo fuori da quel terribile sogno.
 «Charlotte…» ansimò e si sollevò sui gomiti. «Co-cosa fai qui?» balbettò.
 «Ti ho sentito gridare dalla mia stanza.» spiegò lei. «Credevo stessi male, così sono venuta a controllare.»
 Lui scosse il capo e si poggiò una mano sulla fronte. «No. È… è tutto a posto.»
 «Non mi sembra.» ribatté la ragazza, osservandolo meglio.
 «Sto bene.» ripeté lui.
 Lei lo studiò per qualche secondo, incerta sul da farsi, poi gli porse qualcosa che aveva in mano. «Tieni.» disse dolcemente. «Bevilo. Starai meglio.»
 Erik prese il bicchiere colmo d’acqua, che la ragazza gli offrì e accennò un sorriso. «Grazie.» mormorò.
 Lei gli sorrise e uscì dalla stanza, lasciandolo solo.
 
 Il mattino seguente, Charlotte scese per fare colazione un’ora più tardi. Avrebbe dovuto allenarsi con Erik, ma con tutta la pioggia che stava cadendo era impossibile farlo all’aperto. Perciò si sedette accanto alla finestra, poggiando una tazza di latte sul davanzale ad osservare i fulmini e il vento che faceva muovere le fronde degli alberi nel giardino della villa.
La natura era così bella quando si scatenava nei suoi elementi… i fulmini, i tuoni, il vento… erano uno spettacolo meraviglioso, potente e sublime. Quasi le toglieva il fiato osservarli. Non c’era nulla di più potente della natura.
 
 Erik scese dal letto e aprì la finestra. Il vento gli sferzò il volto facendolo rabbrividire. Si vestì e decise di scendere al piano inferiore per fare colazione.
 Il sogno di quella notte l’aveva sconvolto. Charlotte, una creazione di Charles? Possibile? O era stato solo un sogno privo di significato? Era così confuso… certo, avrebbe potuto chiederlo a lei, ma se l’avesse saputo probabilmente glielo avrebbe detto, giusto? Quindi se anche fosse stato vero, lei non ne era a conoscenza. L’unica cosa che rimaneva da fare, anche sapendo che non avrebbe portato ad altro che a un furioso litigio, sarebbe stato chiederlo a Charles.
 
 «Charles?» chiese Erik, quando entrò nel suo studio, bussando alla porta, che era spalancata.
 «Cosa vuoi, Erik?» chiese il professore, bruscamente, sollevando lo sguardo dalla scrivania.
 «Devo parlarti.» rispose lui avanzando.
 «Spero sia una cosa rapida. Ho da fare e non ho tempo da perdere con te.»
 Erik sembrò non far caso alle sue parole e dopo aver chiuso la porta, avanzò e si sedette sulla sedia di fronte alla scrivania. Per un momento si limitò ad osservare il professore. Poi parlò. «Devo chiederti una cosa riguardo tua sorella.»
 Quando sentì nominare sua sorella, Charles si irrigidì, corrucciò la fronte, si raddrizzò sulla sedia, ma non parlò.
 «L’hai creata tu?» domandò Magneto, senza tergiversare oltre.
 Il professore gli rivolse uno sguardo stupito. «Co-cosa?» balbettò. «Ma che stai…? Come ti è venuto in mente?»
 «Hai utilizzato DNA di altri mutanti. Glielo hai iniettato, modificando il suo in modo da conferirle nuove abilità.» insistette Erik.
 Charles rimase immobile, impassibile.
 Perché non negava? Era forse tutto vero?
 Alla fine Xavier sospirò. «Come fai a pensare una cosa del genere?» chiese Charles, sporgendosi sulla sedia. «Ti sei completamente ammattito?»
 «L’ho sognato.» spiegò aggrottando le sopracciglia e rendendosi conto che quella risposta era alquanto insensata. «Non so come faccio a sapere che è vero. Ma è così, lo sento. E il fatto che tu non lo stai negando, me ne sta dando una conferma.»
 «Stai farneticando.»
 «Davvero?» lo stuzzicò. L’avrebbe fatto confessare. Sapeva che l’aveva creata lui – l’aveva sempre saputo, pensandoci meglio – e anche se l’altro avesse continuato a negarlo, non avrebbe cambiato la realtà.
 «Tu sei pazzo.» disse Charles, scuotendo il capo. «Come puoi anche solo pensarlo?»
 «Non lo penso. Lo so per certo.» ripeté ancora. «Sono sicuro che sia così, quindi non mentirmi, Charles.»
 Charles rise, una risata spenta, vuota, falsa. «Non sto mentendo.» ringhiò. «Io non sono te, ricordi?»
 «Infatti.» confermò. «Sei sempre stato un pessimo bugiardo.»
 «Vai fuori di qui, Erik.»
 «Lei lo sa?»
 Charles scattò in piedi e indicò la porta. «Vattene!»
 «È suo diritto saperlo.»
 «È una bugia. Dovrei raccontarle qualcosa di falso?»
 «Sai bene che è tutto vero.» insistette ancora Magneto.
 Charles inspirò profondamente per mantenere la calma. «Adesso mi hai veramente stancato.»
 «Devi dirglielo.» insistette Magneto.
 «Smettila, Erik! Sono tutte bugie!»
 Erik assottigliò la sguardo e scosse il capo. «Allora perché ti scaldi tanto? Che cosa nascondi, che non vuoi che tua sorella scopra? Se davvero credessi di non aver fatto nulla di male, lei lo saprebbe già.» disse, mettendosi in piedi a sua volta.
 «Non lo sa perché non è la verità.»
 «Non riuscirai a farmi cambiare idea.»
Charles ringhiò nuovamente, furioso come non mai. «Smettila. Immediatamente.» sillabò.
 «Di fare cosa?»
 «Così.» rispose il professore.
 «Voglio solo sapere la verità.»
 «La conosci già.»
 «Non è così.» replicò Erik, scuotendo vigorosamente il capo. «Perché non vuoi ammettere la realtà? Perché ti ostini a negarlo?»
 «Anche se fosse vero?» chiese, sorprendendo il signore dei metalli.
 «Allora sarebbe suo diritto saperlo.» concluse Erik. Sapeva di avere ragione. Su tutto.
 «Fortunatamente non sta a te decidere.»
 «Quindi ammetti che è vero.»
 Il professore si voltò e strinse i pugni. Le nocche sbiancarono e dovette resistere all’impulso di tirare qualcosa addosso al mutante. Sferrò un pugno sulla scrivania. «Esci di qui.»
 «Lo sapevo.» disse Erik.
 Charles strinse i denti. Sollevò una mano e puntò l’indice contro di lui. «Se provi a farne parola con lei… se provi anche solo ad accennarglielo, ti giuro che-»
 «Cosa, Charles? Mi uccidi?» lo sfidò. «Proprio tu… Il pacifista.» lo sbeffeggiò. Non aveva mai fatto male a nessuno, l’unica volta in cui si era sbilanciato era stato al Pentagono quando gli aveva sferrato un pugno. E poi adesso che non aveva più i suoi poteri non avrebbe nemmeno potuto costringerlo a fare ciò che voleva.
 «No, ma te ne pentiresti.» spiegò «Credo che Logan sarebbe felice di scorticarti vivo.»
 «Ma che paura.» disse, poi continuò. «Adesso voglio che mi spieghi come facevo a saperlo, considerando che non aveva mai incontrato Charlotte, prima di due settimane fa.»
 «Cosa vuoi che ne sappia, io?» esclamò l’altro.
 Erik scosse il capo divertito. «Ti ho già detto che sei un pessimo bugiardo?»
 «Perché ti interessa tanto, in ogni caso?»
 «Beh, vorrei sapere quello che mi sta succedendo.» replicò Magneto. «Continuo a fare questi strani sogni e ho l’impressione che ci sia tu dietro tutto questo. Chissà come mai.»
 Charles scosse il capo e sentì un moto di rabbia travolgerlo improvvisamente. «Lo vuoi sapere davvero?» chiese, socchiudendo gli occhi e sporgendosi leggermente in avanti.
 «Mi sembra ovvio, Charles
 Lui scrollò le spalle. «D’accordo. L’hai voluto tu.» se davvero voleva sapere tutto, glielo avrebbe detto e se si fosse infuriato sarebbe stato ancora meglio. Gliel’avrebbe fatta pagare per ciò che gli aveva fatto, almeno in parte. Sarebbe stata una piccola vendetta per ciò che gli aveva fatto passare. «Ti sta semplicemente tornando la memoria.»
 «Cosa?» domandò Erik, incredulo.
 «Scommetto che hai avuto l’impressione di aver già incontrato Charlotte.»
 Magneto annuì, perplesso, gli occhi spalancati.
 «Be’, è così.» aggiunse il professore. «Due anni fa, quando vi avevo portato qui per allenarvi e prepararsi per la battaglia contro Shaw, c’era anche lei.»
 «No.» ribatté Erik, scuotendo il capo. «È impossibile, me lo ricorderei.»
 «Allora come ti spieghi il fatto che conosca Hank?»
 Magneto si bloccò. Abbassò lo sguardo. «Ma… allora perché non me lo ricordo? Dovrei ricordarla… eppure…» disse dopo un momento di riflessione. «E anche lei sembra non ricordare nulla.»
 «Perché ve l’ho fatto dimenticare, mi sembra abbastanza ovvio.» sputò fuori Charles.
 Erik realizzò. Charles aveva ragione: era tutto così ovvio… Charlotte non poteva conoscere Hank senza averlo incontrato due anni prima, perché anche Charles lo aveva incontrato per la prima volta allora. E insieme a lui, Charles e Raven doveva esserci anche Blade. Era così ovvio che non riuscì a capire perché non potesse esserci arrivato prima. Ecco spiegato il perché di quelle strane sensazioni, di quei sogni, e perché fosse sicuro di saper già tutto su di lei…
«Perché?» domandò soltanto, troppo sconvolto per chiedere qualsiasi altra cosa.
 Charles lo osservò per un momento poi avanzò di qualche passo e sospirò. «Perché avevo capito. Avevo capito che tu-»
Ad un tratto la porta dello studio si aprì, interrompendo il professor X.
 Logan entrò con passo deciso, ignorando il fatto di averli interrotti. «Hank ha localizzato Raven.» disse «È a Parigi.»
 Charles senza attendere altro lo seguì fuori dalla studio diretto al laboratorio di Hank.
 Ed Erik rimase solo.
 
 Magneto uscì di corsa dalla villa, sentendo la mente sull’orlo di un esplosione. Stava piovendo a dirotto, ma non gli interessava. Ciò che gli aveva detto Charles era… non riusciva a capire come e soprattutto perché avesse deciso di fare una cosa del genere.  
 Per un momento gli mancò l’aria. Era furioso.
 Come aveva osato? Come si era permesso di entrare nella sua mente per fargli dimenticare tutto, qualsiasi cosa volesse cancellare? E poi perché? Che cosa aveva capito? Se Logan non li avesse interrotti forse Charles gli avrebbe spiegato ogni cosa, ma Wolverine aveva rovinato tutto.
 
 Charlotte osservò il cortile della villa. La pioggia aveva ormai allagato il giardino e sul piccolo laghetto le gocce formavano dei cerchi concentrici che si dissolvevano lentamente incontrandosi. Era uno di quei temporali che capitavano solo in primavera, la furia della pioggia e del vento mescolate era qualcosa di spettacolare.
 Ad un tratto scorse una figura avanzare sotto la pioggia. Tentò di mettere a fuoco chi potesse essere il pazzo che aveva deciso di uscire con un tempo del genere. Aggrottò le sopracciglia e lo riconobbe. Era Erik ed era immobile, forse in attesa di qualcosa, con le braccia distese lungo i fianchi e i pugni chiusi.
 La pioggia cominciò a cadere più fitta. Un lampo squarciò il cielo illuminando il paesaggio circostante e il tuono arrivò subito dopo facendo tremare, con il suo rombo, i vetri della casa.
 Charlotte poggiò la tazza vuota nel lavello e raggiunse l’atrio. Doveva andare da lui e dirgli di rientrare, era troppo pericoloso rimanere all’esterno con quel tempaccio.
 Aprì la porta e il vento, troppo freddo per essere primaverile, la fece rabbrividire. Uscì e si richiuse la porta alle spalle. Corse verso Magneto, ancora immobile e ormai bagnato fradicio, fermandosi alle sue spalle.
 «Erik!» lo chiamò. Lui sembrò non sentirla. «Erik!» lo chiamò ancora, alzando la voce per sovrastare il rumore della pioggia. Quando lui si voltò, la ragazza rimase senza fiato: sembrava sconvolto. Era pallido e aveva la mascella serrata, le labbra ridotte a una linea sottile e quasi invisibile. «Cosa fai qui fuori?» chiese quando fu a pochi passi da lui.
 La pioggia produceva un fruscio simile a quello delle foglie mosse dal vento e copriva le parole di lei, rendendole quasi incomprensibili, ma lui capì.
 «Vattene.» rispose infatti, lapidario.
 «Non finché non rientri.»
 «Lasciami solo.» disse, cominciando ad allontanarsi.
 Lei gli andò dietro. Non poteva lasciarlo lì. «Erik!» lo chiamò ancora. Ma cosa gli prendeva?
 Lui si voltò di scatto. «Ho detto vattene!»
 «No!» ribatté lei avanzando ancora «Dimmi che cos’hai!»
 «Non sono affari tuoi, ragazzina!»
 «Ho un nome!» strillò di rimando.
 Erik ringhiò. «Non mi interessa! Ti ho detto che devi andartene!»
 «Stai male, lo vedo, non sono stupida!» lui riprese a camminare per tentare di allontanarsi da lei e la ragazza lo seguì, continuando a parlare. «Dimmi che cos’hai. Voglio aiutarti!» le gocce di pioggia scendevano lungo la sua schiena facendola rabbrividire.
 Lui si irrigidì e poi, inaspettatamente di voltò, l’afferrò per un braccio e la tirò a sé.   «Quante volte ti devo ripetere di lasciarmi solo?!» ringhiò, strattonandola. E un flash gli balenò nella mente. C’erano lui e Charlotte nel giardino, lei lo stava rincorrendo, lo pregava di rimanere, di non lasciarla. Poi lui la tirava a sé, la baciava, la stringeva tra le sue braccia… Sentì un potente dolore allo stomaco, poi tornò alla realtà, ansimando e abbassando lo sguardo.
 
 Charlotte si stupì della sua reazione. Non l’aveva mai visto perdere la calma in quel modo. Da quando era arrivato non aveva mai perso le staffe. I loro volti erano così vicini che lei riuscì a scorgere le sfumature dei suoi occhi.
 «Non mi importa quante volte me lo ripeterai. Non ti lascerò qui fuori.» affermò. Poi sentì il corpo di lui tremare violentemente e il suo respiro accelerare. Non tentò di dimenarsi o liberarsi dalla sua stretta, anche se cominciava a farle male. «Erik, che succede?»
 «Che ti importa?» chiese lui.
 «Voglio aiutarti.»
 «Non voglio il tuo aiuto.»
 «No, ma ne hai bisogno.»
 «Che ne sai?» chiese scuotendo il capo.
 «Vedo che sei sconvolto. Non sono cieca. Né stupida.»
 Lui rise, sarcastico. «Che ne vuoi sapere tu?» chiese. «Non sai nulla di me, non mi conosci.»
 «Hai litigato con Charles?» domandò Charlotte, come se non l’avesse sentito.
 Lui la liberò dalla sua presa, allontanandola da sé e costringendola a indietreggiare. «Come ho già detto, non sono affari tuoi.»
 «Vuoi spiegarmi cosa succede tra te e Charles?» esclamò lei, alzando la voce.
 Lui la squadrò e poi volse lo sguardo.
 «Erik.» lo incalzò lei. «Cosa sta succedendo?»
 Senza far caso a ciò che lei gli stava dicendo, si voltò e ricominciò a camminare.
 Charlotte sentì la rabbia crescere dentro di lei. Voleva una spiegazione. Perché non poteva parlarle ed essere meno enigmatico? «Erik!» lo chiamò ancora. Gli corse dietro e lo afferrò per un braccio e non appena lo toccò, un immagine le balenò nella mente, colpendo la sua mente in maniera così potente da farla indietreggiare. Si resse la testa fra le mani e la vista le si oscurò. Davanti agli occhi cominciarono a scorrere delle immagini, mescolate, una in successione all’altra, come al cinema.
 
 Era una giornata di sole. Erik stava avanzando nel cortile di villa Xavier e la ragazza vide che una Charlotte di qualche anno più giovane gli stava andando dietro.
 «Erik!» lo chiamò.
 Lui si voltò. «Cosa vuoi?» chiese rivolgendole uno sguardo interrogativo.
 «Non puoi andartene!» esclamò lei, avvinandosi sempre di più.
 «Davvero?»
 «Non puoi lasciarmi sola. Non puoi lasciarmi solo perché Charles-»
 Lui la interruppe. «Charles è mio amico.»
 «Lo so.» disse lei «Ma la vita è la nostra.»
 Lui sospirò. «Forse lui ha ragione…» riprese «…ti farei solo del male.»
 «Come puoi dire questo?» sbottò «Come puoi anche solo pensarlo? Non mi hai mai fatto del male. Da quando ti ho conosciuto… sono finalmente stata felice di…» non poté concludere la frase perché Erik aveva già poggiato le labbra sulle sue. Le cinse i fianchi con le mani e lei gli circondò il collo con le braccia, alzandosi in punta di piedi per coprire la distanza che li separava e approfondire quel bacio.
 
 Tutto si dissolse in meno di qualche secondo.
 A Charlotte sfuggì un gemito.
 Era di nuovo nel giardino, ma stava piovendo e Erik era di fronte a lei, uno sguardo interrogativo sul volto. Ma cosa diavolo era stato?
 Prima di potersi porre altre domande, cadde in ginocchio. Le sue ossa produssero un rumore secco sulla ghiaia del vialetto. Si prese la testa fra le mani e lacrime calde e salate le bagnarono le guance.
 «Charlotte?» la chiamo Erik, stupendosi di quella reazione.
 Lei si portò le mani alle orecchie. Sentiva delle voci: la sua, quella di Charles, di Hank, di Erik… e altre che non sapeva distinguere… le immagini scorrevano davanti ai suoi occhi come flash… indistinte, aggrovigliate, confuse, prive di ogni senso e significato…
 «Charlotte» ripeté lui, inginocchiandosi accanto a lei. «Cosa succede?»
 Lei scosse il capo e dovette poggiare una mano a terra per non cadere. Tentò di allontanare le immagini, di respingerle, ma non ci riuscì. Queste ritornavano come un fiume in piena, comparendo una dietro l’altra, sempre più veloci.
 Erik la scrollò, prendendola per le spalle. «Charlotte!» abbassò lo sguardo per osservare il suo viso e il sangue gli si gelò nelle vene. Le sollevò il volto con due dita: stava sanguinando dal naso e le pupille erano tanto dilatate da aver quasi completamente coperto l’iride. «Oh, mio Dio…» sussurrò. Poi, senza attendere oltre, la sollevò tra le braccia, stringendola contro il suo petto.
 Charlotte gli circondò il collo con le braccia, poggiando il capo nell’incavo del suo collo. «Erik…» mormorò con voce impastata. Delle macchioline argentee comparvero agli angoli degli occhi e poi tutto si fece nero.
 
 Erik corse all’interno della villa. «Charles!» gridò una volta nell’atrio. «Charles!» si inginocchiò a terra e adagiò il corpo della ragazza sul pavimento sorreggendole le testa, una mano poggiata dietro il suo collo.
 Dopo qualche secondo, Logan, Charles e Hank lo raggiunsero. Il professore stava strillando. «Ti sembra il caso di gridare in questo modo?» ringhiò. Poi, quando vide la sorella inerme tra le sue braccia, andò loro incontro e si inginocchiò a terra. «Cos’è successo?» domandò accarezzandole la fronte.
 Erik scosse il capo. «Non lo so.» spiegò. Stava ancora tremando per il freddo. «Stavamo parlando ed è caduta a terra reggendosi la testa…»
 «Stavate parlando?» la paura invase Xavier.
 «Non credo che sia il momento di parlarne, Charles! Fa’ qualcosa, piuttosto!»
 Hank si avvicinò. «Charles…» sussurrò «Sta sanguinando.» disse e indicò il volto di lei.
 «Oh, mio Dio…» si lasciò sfuggire il professore. «Prendi il siero contro le emorragie. Presto!»
 Hank annuì e corse nel laboratorio.
 «Cosa le sta succedendo?» domandò Logan, immobile, paralizzato di fronte a quella scena.
 «Credo abbia un’emorragia cerebrale.» spiegò il professore, prendendo il volto di lei tra le mani. «Charlotte… sorellina, resisti…» sussurrò.
 Hank fu di ritorno in meno di qualche secondo. Porse una siringa all’amico e lui le fece un’iniezione nel braccio.
 Poi le accarezzò una guancia con la mano e sospirò. «Portiamola in camera sua.»
 
ANGOLO DELL’AUTRICE
Ciao a tutti! Come va? Scusate per il ritardo!
Eccovi il nono capitolo! Spero vi piaccia, è il più lungo, credo, di quelli che ho finora pubblicato… ;D
A Domenica con il prossimo! ^.^
Eli
[Revisionato il 22/02/2016]

 
   
 
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