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Autore: ambra_chiara    22/08/2014    1 recensioni
ATTENZIONE! CONTIENE SPOILER SUL SEGUITO: "IL TRONO DI FUOCO
"Ciao a tutti! Mi chiamo Ambra e sono una discendente di Cleopatra, seguo il sentiero di Sekmet e mi sono specializzata in poteri sanguigni, ovvero il controllo del sangue... tutto normale no?
Certo, soltanto che questa strana normalità verrà stravolta da una missione...
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Ciao a tutti! Questa è la mia prima storia su The Kane (mi manca ancora il terzo da leggere!) e spero che vi piaccia!
ringrazio tutti coloro che hanno la voglia di leggere, a presto!
ambra:_chiara
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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POV. AMBRA
 
Non potevo crederci… la testa mi scoppiava e la gola mi bruciava, non capivo… Fissavo il buco nero mentre una lacrima uscì involontariamente.
Da dietro Jaime mi abbracciò e disse: “Tranquilla… sono ancora vivi, se fossero morti Sekmet ci avrebbe mostrato i loro cadaveri, ce lo avrebbe detto, e invece ci ha mandati qui… per salvarli”
“Si, hai ragione” dissi asciugandomi il viso con il cappello mimetico.
Il vento soffiava fortissimo, mi venne la pelle d’oca perché avevo la maglietta sbracciata.
“Forse dovremmo scendere” dissi, Jaime mi mollò, cosa che (non avrei mai ammesso) ma mi dispiacque un poco perché oltre a scaldarmi, mi infondeva coraggio che in quel momento non avevo.
Il mago con un incantesimo, creò una sfera di fuoco che fece cadere per il cunicolo buio.
“C’è una scala a chiocciola!” dissi, lui annuì
“Illumino io il percorso” dissi, creando una piccola luce con la mano “Vado prima io”
“Sicura?” annuì e inizia a scendere
“certamente quando sono caduti Connor e Ginevra non c’era… questo buco è pieno di magia” disse Jaime, annuì ancora mentre continuavo a scendere.
Avevo molta paura… se fosse successo qualcosa a Gin o a Connor non me lo sarei mai perdonata, dovevo essere con loro, dovevo impedire a Ginevra di fare cose avventate… eppure non ho fatto nulla, sono semplicemente scappata.
No, non dovevo guardare indietro, solo avanti, dovevo aiutarli, a costo della mia stessa vita.
Quindi con passo felpato e con un nuovo coraggio in corpo, feci gradino per gradino finché non toccai terra.
Era buio pesto, solo io illuminavo il cammino, presi per il polso Jaime e continuai il percorso che continuava con una larga via sotterranea che procedeva dritta.
La terra sotto di noi era lastricata con piccoli ciottoli, i muri pieni di dipinti che rappresentavano scene di vita quotidiana del antico Egitto.
Non c’erano rumori, si sentivano soltanto i respiri miei e di Jaime e i nostri cuori che battevano in sincronia.
Contai i passi, venti… trenta… quaranta… cinquanta… sessanta… settanta… ottanta… finalmente raggiungemmo a una svolta verso destra, questa volta il tunnel era illuminato con delle torce posizionate sul muro, quindi spensi il mio dito.
“Ambra… qualsiasi cosa accada volevo dirti…” disse Jaime prospettando già il peggio e divincolandosi per stringere la mia mano nella sua, e notai che forse l’avevo stretto troppo forte… aveva i segni delle mie dita sul polso.
“Scusa… ti ho stretto troppo forte, comunque dimmelo quando saremo in superficie” gli risposi
“Tranquilla. Comunque se non torneremo mai più su?”
“Almeno morirò in compagnia” dissi guardandolo negli occhi e sorridendo lasciai la sua presa e continuai: “Non ci sarà mai un addio… anche dopo la morte, mi dispiace per te, ti cercherò” non aspettai una sua risposta, andai avanti con passo spedito, con più vigore.
Contai nuovamente i passi… dieci… venti… trenta... quaranta… cinquanta… sessanta… settanta… ottanta… novanta… a cento passi esatti il tunnel si bloccò.
C’era un enorme portone di legno, si vedeva che non era usato da secoli, ma ciò nonostante si vedeva anche che era ancora robusto e forte.
“Mi dispiace quasi spaccarlo” dissi “è un reperto archeologico…” Jaime fece un passo avanti, borbottò qualche parola in egizio e un geroglifico violaceo si presentò sopra il portone, spaccandolo, subito entrò molta luce, e ci misi un po’ ad abituarmi.
“Io ho sempre odiato la storia”
“Illetterato” lui sorrise e disse
“Prima le signore”
“Di la verità… te la stai facendo addosso vero?” chiesi con una punta di sarcasmo ma non nascondendo la paura che provavo io
“Si… tantissimo, tu? Sembri così sicura” disse togliendo la maschera di sicurezza che aveva indossato
“Sono una brava attrice. Andiamo insieme” Jaime annuì. Ci prendemmo per mano e attraversammo la porta che conduceva ad un enorme arena all’aperto.
Era stile romano, cosa assai strana secondo me.
E, in un lato dell’arena, c’erano Ginevra e Connor, legati come dei salami e mezzi svenuti.
“Ginevra!” urlai, stavo per correrle incontro,  ma Jaime mi prese per la vita, sollevandomi da terra come un cucciolo.
“Attenta…” poi mi posò a terra e prese una roccia, la fece rotolare verso i due e una serie di trappole si azionarono.
“Grazie” dissi a Jaime, lui mi mise una mano sulla spalla.
“Chi può averli rinchiusi qui?” domandai
“Io” disse una voce sugli spalti.
Mi voltai di scatto e vedi Sekmet, in tutto il suo velenoso splendore.
“Ma non eri nella sua testa?!” chiese Jaime.
Lei rise.
“Mia cara, posso andare ovunque io… non sono come gli altri, la guerra è ovunque, lo stesso vale per il sangue, quando un pezzo di me era dentro di te, l’altra parte era altrove… sono uno spirito libero”
“sarai uno spirito morto se non liberi Ginevra e Connor!” le urlai contro.
Lei rise di nuovo, sedendosi sugli spalti nel posto che spettava all’imperatore.
“Perché no? Tanto sono qui per attirare voi due” le catene che li reggevano si sciolsero, e come per magia si svegliarono.
Ginevra mi corse incontro, voleva abbracciarmi ma si trattenne… disse semplicemente: “Mi dispiace Am, non volevo, non volevo in nessun modo… avevi ragione tu”
“Non importa, scusa io, non dovevo abbandonarti, mi dispiace così tanto” ci abbracciammo mentre Sekmet rideva
“Le migliori amiche unite fino alla morte… mi fa venire la carie ai denti”
“Cosa vuoi?!” chiese Connor prendendo una spada da terra (faceva parte di una delle tante trappole)
“Voglio semplicemente la vostra amica Ambra”
“Mi hai già no?” dissi
“Non come corpo ospite… ma come sacrificio. Tu non te ne rendi conto ma sei una tra i maghi migliori della storia, inoltre una discendente di Cleopatra è semplicemente sublime. Non trovi geniale l’arena romana? Visto che per colpa della tua discendente il grande Egitto è controllato sotto i romani mi sembrava divertente svolgere la tua disfatta qui. Inoltre lo sai che hai anche sangue romano? Ma non approfondiamo questo particolare…” comparve davanti a me teletrasportandosi “Voglio il tuo sangue, il tuo potere, la mia vendetta per quell’orribile scherzo che mi ha fatto trasformare in quella dea dell’amore…”
“Scusa, ma credo che se tu voglia potere dovrai cercare da qualche altra parte” dissi sfidandola, anche se dentro di me tremavo
“A dire il vero prima di tutto avevo inquadrato Ginevra, lei si che era forte, sprizzava potere da tutti i pori. Per questo ho fatto trovare il libro a lei. Poi mi sono accorta che era la forza sbagliata che aveva: lei aveva la forza detta del cambiamento, guidata dall’orgoglio, dalla fiducia e della lealtà, un potere che ti permette di fare molteplici cose, ed essere sempre tra le migliori, ma ne ho a sufficienza di quella forza” Ginny alzò un sopracciglio come per dire: ‘sta’ qua si è fumata troppo papiro’ ma stette zitta.
“Quello che mi serviva era la forza che hai tu,  quella detta bianca, quella della positività, dello scherzo, del gioco, dell’allegria, della sincerità e della gioia di vivere… bè non ne ho molto… e pensavo non mi servisse, ma mi rendo conto sempre di più che è forse una delle energie più potenti che ci siano, e mi manca solo quella per essere perfetta”
“Ok… vado a chiamarti un hippie” dissi, ma dentro di me pensavo: ‘Che sto dicendo? Scappa scema!’.
“è questo che intendevo, ma prima voglio divertirmi un po’…” continuò la dea
“E ti pareva” borbottai a Ginny.
Sekmet si posizionò sulle gradinate
“La tua antenata si è suicidata con un serpente… vogliamo partire con quelli?” ringhiai senza neanche volerlo, un ringhio felino che non sorprese ne spaventò Sekmet, ma la divertì. Schioccò le dita e da una porta fece uscire serpenti giganti, il più grande lungo circa otto metri, quello più piccolo tre.
Erano circa una decina e noi quattro ci mettemmo spalla contro spalla.
“Mettetevi al riparo, scappate… io li tengo occupati” dissi
“Non dire stupidate Am, non ti lasceremmo mai sola” mi rispose Jaime
“Soprattutto ora che siamo tutti insieme” aggiunse Ginny.
Sorrisi e senza che praticamente me ne accorsi mi trasformai nella leonessa e saltai al collo del serpente più vicino, e sfortunatamente anche il più grosso.
  
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